Ieri, anche nella scuola in cui lavoro si è tenuto un collegio docenti straordinario per decidere le forme di protesta attraverso cui la seconda scuola superiore dell’Umbria per numero di iscritti, intende opporsi alla decisione del governo di portare a 24 ore l’orario di cattedra a parità di stipendio – peraltro già bloccato nella progressione stipendiale prevista da un contratto scaduto nel 2009.
Davanti all’enormità della decisione governativa con la quale, per la prima volta nella storia italiana, si vorrebbe sospendere un contratto di lavoro per mezzo di una legge finanziaria imponendo lavoro gratuito, il collegio ha deciso di sospendere le attività aggiuntive [cioè il lavoro docente che si aggiunge a quello pomeridiano “funzionale alla didattica” (preparazione lezioni, verifiche, correzioni ecc.) retribuito forfettariamente, e consistente in altro lavoro extra-18 (corsi di recupero, accompagnamento delle classi in viaggio di istruzione, funzioni strumentali, coordinamento delle classi ecc.)], fino alla data dello sciopero del 24 novembre.
In pratica, si è deciso di smettere di lavorare gratis o con compensi da rimborso spese per dieci giorni, bloccando di fatto la scuola che sul lavoro volontario e pressoché gratuito dei docenti vive da tempo.
Va anche detto che per prendere la sofferta decisione di astenersi dal lavoro aggiuntivo per poco più di una settimana, peraltro a maggioranza, il collegio ha discusso per oltre due ore un documento che passava in rassegna solo una parte delle decisioni criminali che hanno stravolto la scuola pubblica da tre anni in qua (per limitarci ai più recenti) e che, ciò nonostante sembrava un bollettino di guerra. Oltre alle 24 ore, si è rammentato infatti al collegio il blocco della progressione stipendiale, il taglio dei fondi per il miglioramento dell’offerta formativa (con cui attiviamo, tra le altre cose, i corsi di recupero) e il tentativo di approvazione alla chetichella del ddl Aprea-Ghizzoni che mette la scuola alla mercé delle decisioni di privati e fa strame della libertà di insegnamento.
Davanti alla situazione rappresentata, che inquadrava (ribadisco) solo alcuni dei provvedimenti con cui ha preso forma lo smantellamento dell’istruzione pubblica in questo paese, i docenti si sono chiesti con la massima serietà se sia il caso di cancellare lo stage della 4D o la gita della 5E, e non hanno preso nemmeno in considerazione l’ipotesi di dichiararsi in mobilitazione permanente e di scioperare il giorno dopo, tanto che verrebbe da dirsi che meritano tutto quello che accade e anche di più, se non fosse che in gioco non c’è affatto l’orario di lavoro o la retribuzione di una categoria professionale, ma il diritto allo studio dei giovani italiani, ormai, pare, vittime predestinate del primo potente che si alza la mattina.
Si dovrà aspettare il 24, data di uno sciopero della scuola che rischia di mobilitare ancora una volta solo insegnanti e studenti – quasi che la scuola non fosse una questione di libertà e cittadinanza – per vedere se il sonno profondo di una categoria incapace di rappresentarsi il problema dell’adeguatezza tra mezzi e fini e di difendere persino la propria busta paga, sarà destato dal vagito del sindacato più asservito e connivente d’Europa: quello che ha aderito controvoglia ad uno sciopero europeo che è il primo a boicottare e quello che ha scambiato gli interessi della propria controparte per gli obiettivi dell’azione sindacale.
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