Il rapporto dei popoli nativi con la natura

by gabriella
capoSeattle

Capo Seattle – 1852

Un documento illustrativo del rapporto dei popoli nativi con la natura – celebre e controverso perché secondo alcune fonti non autentico, ma della cui bellezza nessuno dubita – è la lettera che il capo indiano Seattle avrebbe inviato nel 1852 al presidente degli Stati Uniti Franklin Pierce che voleva negoziare con i nativi il possesso della terra.

Quando il Gran Capo di Washington manda a dire che desidera acquistare la nostra terra, egli chiede molto da noi. Il Gran Capo manda a dire che ci riserverà un’area in modo che noi possiamo vivere comodamente. Egli sarà il nostro padre e noi saremo suoi figli.

Così noi considereremo la Vostra offerta di comprare la nostra terra. Ma non sarà facile.

Perché questa terra è sacra per noi. Questa acqua scintillante che scende nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua ma il sangue dei nostri antenati. Se vi vendiamo la terra dovrete ricordare che è sacra, e dovrete insegnareai vostri figli che è sacra, e che ogni immagine spirituale riflessa nella chiara acqua dei laghi parla di avvenimenti e ricordi nella vita del mio popolo.

Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre. I fiumi sono nostri fratelli, spengono la nostra sete. I fiumi trasportano le nostre canoe e alimentano i nostri figli. Se vi vendiamo la nostra terra dovrete ricordarvi e insegnare ai vostri bambini che i fiumi sono nostri fratelli, e vostri, e che dovrete d’ora innanzi riservare ai fiumi tutte le gentilezze che riservereste a ogni fratello.

siouxSappiamo che l’uomo bianco non comprende il nostro modo di pensare.

Un pezzo di terra è per lui uguale a quello vicino perché egli è lo straniero che viene di notte e prende dalla terra tutto ciò di cui ha bisogno. La sua avidità divorerà la terra e lascerà dietro a sé solo il deserto. Io non lo so. I nostri modi di pensare sono diversi dai vostri.

La vista delle vostre città fa male agli occhi dell’uomo rosso, forse perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce. Non c’è luogo tranquillo nelle città dell’uomo bianco. Nessun luogo per ascoltare l’aprirsi delle foglie in primavera o il fruscio delle ali di un insetto. Ma può darsi che questo sia perché io sono un selvaggio e non capisco.

Già il solo fracasso sembra un insulto alle orecchie. E come si può chiamare vita se non si riescono ad ascoltare il grido solitario del capriolo e le discussioni delle rane di notte attorno ad uno stagno? Io sono un uomo rosso e non capisco.

L’indiano preferisce il sommesso suono del vento che increspa la superficie dello stagno e l’odore del vento stesso, purificato da una pioggia di mezzogiorno o profumato dai pini.

L’aria è preziosa per l’uomo rosso perché tutte le cose dividono lo stesso respiro, la bestia, l’albero, l’uomo, tutti dividono lo stesso respiro. L’uomo bianco non sembra notare l’aria che respira. Come un uomo in agonia da molti giorni egli è insensibile alla puzza.

Ma se vi vendiamo la nostra terra dovrete ricordare che l’aria per noi è preziosa, che l’aria divide il suo spirito con tutta la vita che sostiene. Il vento che diede al nostro avo il suo primo respiro riceve anche il suo ultimo sospiro. E se vi venderemo la nostra terra dovete tenerlo separato e considerarlo come un posto dove persino l’uomo bianco possa andare a sentire il vento addolcito dai fiori di prateria.

Così considereremo la Vostra offerta di acquistare la nostra terra. Se decideremo di accettare, io porrò una condizione: l’uomo bianco dovrà trattare le bestie di questa terra come sue sorelle. Io sono un selvaggio e non capisco altro modo.

Cosa è un uomo senza le bestie? Se tutte le bestie se ne fossero andate, l’uomo morirebbe di grande solitudine di spirito perché qualunque cosa succeda alle bestie, presto succede all’uomo. Tutte le cose sono collegate.

Dovrete insegnare ai Vostri bambini che la terra sotto i loro piedi è la cenere dei nostri avi. Affinché essi rispettino la terra dite ai Vostri bambini che la terra è ricca delle vite della nostra razza. Insegnate ai vostri bambini ciò che noi abbiamo insegnato ai nostri bambini: che la terra è nostra madre.

Qualunque cosa succeda alla terra, succede ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra sputano su se stessi.

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all’uomo ma l’uomo appartiene alla terra. Questo noi sappiamo. Tutte le cose sono collegate come il sangue che unisce una famiglia.
Tutte le cose sono collegate.

Qualunque cosa succeda alla terra succede ai figli della terra.
L’uomo non ha tessuto la trama della vita: egli è un filo.
bisonteQualunque cosa egli faccia alla trama egli lo fa a se stesso.

Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico, non può essere esonerato dal destino comune. Potremmo essere fratelli, dopo tutto. Vedremo.

Noi sappiamo una cosa che l’uomo bianco potrebbe scoprire un giorno: il nostro Dio è lo stesso Dio. Ora potreste pensare che voi lo possediate come desiderate possedere la nostra terra, ma non potete. Egli è il Dio dell’uomo e la Sua misericordia è uguale per l’uomo rosso e per l’uomo bianco.

Questa terra è per Lui preziosa e trattarla male è accumulare disprezzo sul suo Creatore. Anche i bianchi dovranno passare, forse prima di tutte le altre tribù. Contaminate il Vostro letto e una notte soffocherete nei vostri rifiuti. Ma nel vostro perire voi splenderete, incendiati dalla forza del Dio che vi ha portato su questa terra e per qualche speciale scopo vi ha dato il dominio sulla terra e sull’uomo rosso.

Questo destino è per noi un mistero, perché noi non sappiamo quando i bufali saranno tutti massacrati, i cavalli domati, gli angoli segreti della foresta appesantiti con l’odore di molti uomini e la vista delle colline opulenti deturpata dai cavi. Dov’è il boschetto? Sparito. Dov’è l’aquila? Sparita.

La fine della vita è l’inizio della Sopravvivenza.

 

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