Tratto da B. Malinowski, Argonauti del Pacifico occidentale, Newton Compton, Roma, 1973, pp. 100-102, 110 e 107-108.
Il kula è una forma di scambio di carattere intertribale ad ampio raggio che viene effettuato da comunità situate in un vasto cerchio di isole che formano un circuito chiuso. Questo circuito lo si può vedere nella carta qui riprodotta, dove è rappresentato dalle linee che uniscono un certo numero di isole a nord e a est dell’estremità orientale della Nuova Guinea. Lungo questa strada viaggiano continuamente articoli di due specie, e solo di queste due specie. Uno di questi due tipi di oggetti, delle lunghe collane di conchiglie rosse chiamate soulava, si muove sempre nel senso delle lancette dell’orologio; l’altro tipo, dei braccialetti di conchiglia bianca chiamati mwali, si muove nella direzione opposta. Ciascuno di questi oggetti, viaggiando nella propria direzione lungo il circuito chiuso, incontra sulla propria strada oggetti dell’altra categoria con cui viene continuamente scambiato. Ogni spostamento degli oggetti kula, ogni particolare delle transazioni è fissato e regolato da una serie di norme e di convenzioni tradizionali e alcuni atti del kula sono accompagnati da un elaborato rituale magico e da cerimonie pubbliche. […]
Lo scambio cerimoniale dei due articoli costituisce l’aspetto principale e fondamentale del kula. Ma associato ad esso e sotto la sua protezione troviamo un gran numero di attività e di caratteristiche secondarie. Così accanto allo scambio rituale dei braccialetti di conchiglie e delle collane, gli indigeni svolgono un commercio ordinario, barattando da un’isola all’altra una grande quantità di beni utili, che sono indispensabili e che spesso è impossibile procurarsi nel distretto dove vengono importati. Inoltre vi sono delle altre attività preliminari al kula o associate ad esso, come la costruzione delle canoe d’alto mare per le spedizioni, certe forme notevoli di cerimonie funebri e i tabu preparatori.
II kula è quindi un’istituzione estremamente complessa e vasta, sia nella sua estensione geografica sia nella molteplicità dei fini che persegue. Essa salda insieme un numero considerevole di tribù e abbraccia un vasto complesso di attività interconnesse e che agiscono l’una sull’altra in modo da formare un tutto organico. […]
Cerchiamo adesso di gettare uno sguardo d’insieme sugli effetti delle regole che governano le relazioni. Vediamo che lungo l’anello del kula vi è tutta una rete di relazioni e che il complesso di queste relazioni forma naturalmente un tessuto solo. Degli uomini che vivono a centinaia di miglia di distanza l’uno dall’altro, sono uniti da una relazione diretta o mediata, effettuano scambi reciproci, si conoscono l’un l’altro e in certe occasioni si incontrano in un grande raduno intertribale. Gli oggetti dati da una persona raggiungono con il tempo l’uno o l’altro dei lontani compagni indiretti, e non solo gli oggetti kula, ma vari oggetti di uso domestico e doni minori.
E facile vedere che sulla strada del kula viaggiano non solo oggetti di cultura materiale, ma anche costumi, canti, motivi artistici e influenze culturali in genere. E’ una vasta rete di relazioni intertribali, una grande istituzione che comprende migliaia di uomini tutti uniti dalla comune passione per lo scambio kula e, secondariamente da numerosi legami e interessi minori. […]. Perché, dunque, questi oggetti sono considerati preziosi? a che cosa servono? […] Poiché è sempre meglio accostare l’ignoto mediante il noto, riflettiamo per un momento se noi stessi non abbiamo dei tipi di oggetti che svolgono un ruolo analogo e che sono posseduti e usati nella stessa maniera.
Quando, dopo un’assenza di sei anni trascorsi nei Mari del Sud e in Australia, ritornai in Europa e feci la mia prima visita turistica al Castello di Edimburgo, mi furono mostrati i gioielli della corona. II guardiano ci raccontò tante storie: come erano stati portati da questo o da quel re, da questa o da quella regina in tale e talaltra occasione; come alcuni di essi erano stati trasportati a Londra con grande e giusta indignazione di tutto il popolo scozzese; come erano stati restituiti e come adesso tutti potevano essere soddisfatti, perché erano al sicuro sotto chiave e nessuno poteva toccarli.
Mentre li guardavo e riflettevo quanto fossero brutti, inutili, sgraziati e perfino di cattivo gusto, ebbi la sensazione che qualcosa del genere mi era stata raccontata da poco e che avevo visto parecchi oggetti di questo tipo che mi avevano fatto un’impressione simile. Mi apparve allora dinanzi la visione di un villaggio indigeno costruito sul suolo corallino e di una piccola, traballante piattaforma eretta provvisoriamente sotto una tettoia di pandano (albero tropicale), circondata da una quantità di uomini bruni e nudi, uno dei quali mi mostrava delle lunghe collane sottili e rosse e dei grandi oggetti bianchi logori, rozzi a vedersi e unti al tatto. Con reverenza egli li nominava e ne raccontava la storia: da chi e quando erano stati portati, come avevano cambiato di mano e come il loro temporaneo possesso fosse un chiaro segno dell’importanza e della gloria del villaggio.
L’analogia fra i vaygua (“oggetti di valore”) europei e quelli trobriandesi va precisata maggiormente. I gioielli della corona, infatti, troppo preziosi e troppo scomodi da portare, rappresentano la stessa cosa dei vaygua in quanto sono posseduti semplicemente per il piacere di possederli e la proprietà, con la fama che ne deriva, è la fonte principale del loro valore. Inoltre, sia i cimeli di famiglia sia i vaygua sono amati per il significato storico che hanno assunto. Per quanto brutto, inutile e privo di valore, secondo l’opinione corrente, possa essere un oggetto, se è apparso sulla scena della storia ed è passato per le mani di personaggi storici, divenuto un inesauribile veicolo di importanti associazioni sentimentali, non può che essere prezioso per noi. Questo sentimentalismo storico, che ha una gran parte nel nostro interesse generale per lo studio degli avvenimenti del passato, esiste anche nei Mari del Sud. Ogni oggetto kula veramente bello ha un suo nome proprio e una sua storia o leggenda che fa parte delle tradizioni indigene. I gioielli della corona o i cimeli di famiglia sono insegne di rango e simboli di ricchezza rispettivamente, e, da noi in passato, in Nuova Guinea fino a pochi anni fa, rango e ricchezza andavano insieme. La principale differenza è che i beni kula sono posseduti solo per un periodo di tempo, mentre il tesoro europeo per avere valore pieno deve essere posseduto in permanenza.
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