Il piccolo saggio Processi alle streghe (Procès de sorcières) è tratto dalla versione francese dei racconti radiofonici per ragazzi (Lumières pour enfants), realizzata da Walter Benjamin dal 1929 al 1932 per le radio di Berlino e Francoforte. L’intellettuale racconta con semplicità e raccapriccio la storia della repressione di maghi e streghe, sapienti e scienziati di un tempo in cui le scienze teoriche non erano ancora separate dalle scienze applicative o tecniche, il rinascimento appunto. Nel farlo rovescia il rapporto, oggi chiarito dagli storici, tra eresia e stregoneria trascurando, a vantaggio della scorrevolezza di un racconto per ragazzi, gli elementi di chiarificazione politica della caccia alle streghe. Traduzione mia.
Sono stati Hansel e Gretel a presentarvi la vostra prima strega. Come la vedevate? Una donna nel bosco, brutta e pericolosa che è meglio non incontrare. Non avete cercato di sapere se era dalla parte del diavolo o del buon Dio, da dove venisse, né cosa facesse o non facesse. Ebbene, la gente ha fatto come voi per secoli. In generale, credeva alle streghe come i bambini piccoli credono alle favole. Ma come i bambini, anche i più piccoli, non confondono la vita con le storie, le persone dei secoli passati non si sognavano di modellare la loro vita su questa convinzione. Si accontentavano di proteggersi dalle streghe con semplici amuleti, ferri di cavallo sopra le porte, immagini sacre portate addosso, o qualche formula magica. Lo stesso succedeva nell’antichità e nel primo cristianesimo, durante il quale non era cambiato granché perché il nuoco credo opponeva la fede al timore per forze del male. Avendo Cristo vinto il diavolo ed essendo disceso gli inferi, i suoi seguaci [122] non avevano nulla da temere dalle potenze malefiche. Tale era il credo del primo cristianesimo, c’erano molte donne poco raccomandabili, ma erano sacerdotesse di dee pagane e non si credeva nei loro poteri magici. Si imputava loro piuttosto di essere così imbrogliate dal diavolo da attribuirsi poteri magici.
In pochi decenni, intorno al 1300, questo è completamente cambiato e nessuno può spiegarselo. Ma il fatto è indiscutibile: mentre per secoli la credenza nelle streghe era coesistita con tutte le altre superstizioni, senza provocare danni, a metà del XIV secolo si è cominciato a vedere streghe e stregonerie ovunque e molto rapidamente, la caccia alle streghe fu quasi universale. Era nata una teoria dei fatti e delle gesta delle streghe. Tutti sapevano tutto dei loro incontri, dei loro poteri e contro chi erano diretti. Senza dubbio, non capiremo mai veramente cosa è successo. Il poco che sappiamo è ancora più sorprendente.
Per noi, la superstizione è una questione di gente semplice, è presso di lei che la crediamo più profondamente radicata. La storia della credenza nella stregoneria dimostra che non è affatto sempre così. Questo quattordicesimo secolo che ci mostra il profilo più mostruoso, più rigido e la più formidabile di questa convinzione, è stato un secolo di sviluppo scientifico. Le Crociate erano cominciata; esse portavano dall’Arabia, molto più avanti dell’Europa del tempo, nuove teorie scientifiche, in particolare nelle scienze naturali. E per quanto incredibile possa sembrare, queste teorie stimolarono la credenza nelle streghe. Ecco come: nel Medioevo, [123] le scienze speculative o descrittive, che noi chiamiamo teoriche, non erano ancora separate dalle scienze applicate, la nostra tecnica, per esempio. Ora, scienza applicata e magia, erano la stessa cosa o quasi. Si sapeva così poco sulla natura. Esplorare o usare i suoi poteri segreti passava per magia. A meno che non stesse lavorando per scopi malefici, questa magia era permessa e per distinguerla dalla magia nera, la si chiamava semplicemente bianca, la magia bianca. Così, tutto ciò che veniva scoperto sulla natura finiva direttamente o indirettamente per giovare alla credenza magica, quella che crede nelle stelle, nell’arte di fabbricare l’oro, etc. E l’interesse per la magia bianca, finì per alimentare quello per la magia nera.
Ma altre scienze contribuirono al terribile sviluppo della credenza nella stregoneria. Studiando la magia nera, i filosofi – tutta gente di Chiesa, all’epoca – si posero la questione che noi non possiamo più comprendere oggi, ma se ci arriviamo ci farà rabbrividire. Si trattava di verificare scrupolosamente in cosa la magia delle streghe si distinguesse dalle altre pratiche magiche. Restava inteso da molto tempo – i papi l’avevano dichiarato a più riprese – che tutti i seguaci di magia erano, senza distinzione, degli eretici, vale a dire la gente non crede in Dio o ci crede diversamente. Ma si voleva sapere in cosa i maghi e le streghe si distinguevano dagli altri praticanti di magia nera. Gli eruditi prepararono a questo scopo ciò che sarebbe potuto rimanere un nonsense divertente, se un centinaio di anni più tardi, al culmine della [124] caccia alle streghe, non fossero arrivati due uomini che presero sul serio tutte queste farneticazioni, le raccolsero e ne fecero un modello per la ricerca maniacale della verità nelle accuse di stregoneria. Si tratta dello Hexenhammer e nessun altro testo avrà causato tanta miseria di questi tre volumi. E che diceva delle streghe? Una cosa essenziale: che avevano fatto un patto con il diavolo. Rinnegato Dio e promesso obbedienza al diavolo in cambio di tutti i tipi di benefici – terreni naturalmente – ma essendo il diavolo è uno spirito bugiardo, non avevano realizzato niente e nulla si sarebbe mai avverato. Si stabilì un lungo elenco di ciò che le streghe erano capaci grazie al diavolo, di come esse facessero e di quali riti erano tenute a osservare.
Voi tutti dovete conoscere il Walpurgishalle o l’Hexenplatz di Thale, o il volume delle leggende di Harz, non dirò nulla nemmeno di Blocksberg, dove le streghe si riunivano il 1 maggio, a cavallo su manici di scopa uscendo dai camini, preferisco dirvi alcune cose più strane, non essendo forse nei vostri libri di leggende. Quando dico strano, voglio dire per noi. Perché trecento anni fa tutti credevano normale che una strega alzando la mano verso il cielo in campo aperto provocasse una grandinata o che il suo sguardo ammaliasse le mucche, il cui latte era trasformato in sangue, o che esse forassero un salice in modo che dalla corteccia spuntassero vino o latte, o si trasformassero in gatto, lupo o corvo. Così una volta sospettati di stregoneria, si poteva dire o fare qualunque cosa [125], non esisteva nulla che non rafforzasse questo sospetto, e tutto ciò che stava accadendo a casa e nei campi, negli atti e discorsi, in chiesa o al gioco, veniva messo in relazione con la stregoneria da malintenzionati, bestie o folli. Ed espressioni come: Hexenbutter (per la produzione di escrescenze vischiose), Hexenringe (nascita di funghi ad anello) Hexensckwamme, Hexenmehl, etc. testimoniano oggi che i fenomeni naturali più innocui sono stati messi in rapporto con questa credenza.
Se volete avere un’introduzione, una visione d’insieme, una guida al modo di vita delle streghe, fatevi prestare il Macbeth di Shakespeare e scoprirete che il diavolo era visto come un maestro severo a cui le streghe dovevano raccontare i misfatti che avevano commesso in suo nome. All’epoca tutti ne sapevano quanto Shakespeare di streghe. I filosofi certamente ne sapevano ancora di più. Essi fornirono delle prove dell’esistenza delle streghe, così illogiche che non avrebbero passato un esame di terza. Ecco quello che uno di loro scrive nel 1660:
“Negare l’esistenza di streghe, significa negare l’esistenza degli spiriti, perché le streghe sono spiriti. Ma negare l’esistenza degli spiriti è quello di negare Dio, perché Dio è spirito. Così negare la strega è negare Dio. “
L’errore e l’assurdità sono gravi in se stessi. Ma non appena si introduce l’ordine e la logica, diventano addirittura pericolosi. Così è stato della credenza nella stregoneria, nella quale l’ostinazione degli studiosi ha causato più miseria della superstizione. Abbiamo già parlato di scienziati e filosofi. Ma c’era di peggio: i giuristi. E [126] veniamo così ai processi alle streghe, il più terribile flagello del tempo insieme alla peste. Si propagarono come lei, come l’infezione si estesero da un paese all’altro, fino a giungere al loro apice, per diminuire temporaneamente, non risparmiando né bambini né vecchi, né ricchi né poveri, né avvocati né sindaci, medici o scienziati o canonici; tutti dovevano salire sul rogo, sia ecclesiastici o incantatori di serpenti e giocolieri, non parliamo poi delle donne, in numero infinito, di ogni età e condizione.
Non possiamo quantificare le vittime accusate di stregoneria, ma si ritiene siano state più di centomila, se non dieci volte tanto. Ho già menzionato la terribile Hexenhammer, pubblicato nel 1487 e che ha subito innumerevoli edizioni successive. Scritto in latino, era il manuale degli inquisitori.
Inquisitori – o interroganti – si chiamavano i monaci che avevano ricevuto direttamente dal Papa poteri discrezionali per combattere l’eresia. Essendo le streghe sempre considerate eretiche, erano gli inquisitori ad occuparsene. Ma lungi dal lasciar adempiere ad altri questo compito esecrabile, altre giurisdizioni competevano per partecipare alla caccia alle streghe. C’erano giurisdizioni religiose e secolari. Le seconde erano peggiori. Il vecchio diritto canonico ignorava tutto di roghi e a lungo l’unica sanzione per le streghe era la scomunica o la prigione. Nel 1532, Carlo V istituì un nuovo codice, il Karolina che puniva la stregoneria con il rogo. La sentenza, tuttavia, era soggetto alla condizione che ci fosse stato pregiudizio. Molti avvocati e principi trovano la legge [127] troppo clemente e si attennero al diritto sassone che permetteva di bruciare le streghe che avevano causato alcun pregiudizio.
La confusione nata da queste molteplici giurisdizioni era tale che non era più questione né di legge, né d’ordine. Ma, essendo viste le streghe come possedute dal demonio, nella lotta contro l’onnipotenza del diavolo tutto era permesso. Per quanto orribili o assurde fossero le cose, mai i giuristi del tempo mancarono di formule latine per designarle. E si chiamò la stregoneria crimen exceptum, un crimine d’eccezione, il che significava un crimine da cui l’imputato non poteva, in realtà, difendersi. Egli era immediatamente trattato come colpevole. E anche se aveva un avvocato, questo non poteva fare molto, secondo il principio che un avvocato troppo zelante è esso stesso sospetto. D’altronde, la stregoneria era solo una questione per specialisti, da regolare tra gli avvocati. Il più formidabile dei loro principi è stato questo: la confessione, anche senza prove, era sufficiente in un crimine di stregoneria.
Sapendo che la tortura era all’ordine del giorno nel processo, immaginiamo quanto queste confessioni valessero. Più sorprendente nella storia è che ci sono voluti duecento anni per gli avvocati per capire che una confessione con la tortura non aveva alcun valore. Può darsi che a forza di leggere tutte queste cose improbabili, tutte queste sottigliezze orribili, essi non capissero più le cose più semplici. Ma erano sicuri di aver capito le insidie del diavolo. Quando un accusato, ad esempio, rimane ostinatamente in silenzio, sapendo che ogni parola, anche la più banale, l’avrebbe precipitato nella sventura, gli avvocati lo definivano una [128] «bocca cucita dal diavolo», intendendo con questo che il maligno aveva stregato l’imputato, impedendogli di parlare. Le pretese prove di stregoneria, che permettevano a volte di abbreviare il procedimento, non erano migliori. La prova delle lacrime, per esempio. Una persona torturata che la sofferenza non faceva piangere, dimostrava così che era stata assistita dal diavolo, e ci vollero di nuovo duecento anni perché i medici avessero il coraggio di dichiarare che l’essere umano non piange quando soffre troppo.
La lotta contro il processo per stregoneria è stata uno dei più grandi lotte per la liberazione dell’umanità. E’ iniziata nel XVII secolo e ci ha messo un centinaio di anni, di più in alcuni paesi, per trionfare. Il suo punto di partenza non fu, come spesso accade, una presa di coscienza ma la necessità. Alcuni principi videro le loro terre spopolate in pochi anni, con le persone che si accusavano l’un l’altra sotto tortura. Un solo processo poteva interessare centinaia di persone lungo più anni. Alcuni principi iniziarono allora a proibire tali prove. E la gente, a poco a poco, prese il coraggio di pensare di nuovo. Gli uomini di chiesa e filosofi scoprirono che la credenza nelle streghe non esisteva nella Chiesa primitiva, che Dio non avrebbe concesso il diavolo tale potere sugli uomini. Gli avvocati si resero conto che non potevano fidarsi ancora delle calunnie, delle confessioni rese sotto tortura. Voci di medici si alzarono a dire che esistevano malattie che incoraggiavano le persone a farsi passare per maghi o streghe, senza che lo fossero davvero. Infine, il senso comune si manifestò per ricordare che le registrazioni delle prove brulicavano di contraddizioni e che la [129]
stessa credenza nelle streghe non era libera. Di tutti i libri scritti in quel periodo contro i processi per stregoneria, uno soltanto è diventato famoso. Quello del gesuita Friedrich von Spee. Era stato il confessore delle streghe condannate al rogo. A un amico che gli chiedeva perché i suoi capelli erano diventati bianchi così in fretta, lui rispose:
Perché ho accompagnato tanti innocenti al rogo.
Il suo libro Wamungsschrift über die Hexenprozesse non ha niente di particolarmente sovversivo. Anche Friedrich von Spee crede all’esistenza delle streghe. Ma in realtà non crede in fantasie terribili che hanno permesso per secoli, per far passare chiunque come strega o mago. Di per sé, il libro è contro l’atroce guazzabuglio tedesco-latino di migliaia e decine di migliaia di documenti, è un grido indignato e commosso, il cui impatto dimostra quanto sia importante mettere l’umanità più in alto che l’erudizione e la perspicacia.
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