In una delle interviste rilasciate dagli Occupy Wall Street, e riprese dal servizio di RaiNew24 di ieri, uno dei portavoce sosteneva che loro, cioè il 99% (“We are 99%”=se siamo ancora un paese democratico, questa volontà deve diventare legge), protestano contro l’avidità dell’1% che ha distrutto il capitalismo dei piccoli produttori per ingrassare la finanza speculativa di Wall Street.
Chiamato a commentare questa accusa (sempre riferito da RaiNews24) il governatore Mario Draghi (già Vice presidente e Managing Director di Goldman Sachs) ha osservato bonariamente che “i giovani hanno ragione”, per aggiungere poi che “hanno trovato nella finanza il capro espiatorio”.
Qualcosa non torna: “i giovani hanno ragione MA la finanza non è responsabile”, dunque si stanno sbagliando, gli Occupy Wall Street hanno scelto male il bersaglio, dovrebbero occupare .. non so .. la White House … no, no, il problema è globale .. allora la sede del Republican Party .. no, per la stessa ragione .. ci sono, dovrebbero prendersela con Goldman Sachs, una delle sei banche più grandi del mondo, la cui gigantesca liquidità (quella in bilancio e quella “ombra”) e in grado di piombare su Wall Street e affondare un paese sovrano come la Grecia o l’Italia (cioè di vendere miliardi di titoli pubblici che non possiede – short selling – in un click e far salire di un punto gli interessi in 10 secondi, ponendo sulle spalle del contribuente greco e italiano miliardi di interessi mai spesi per strade, scuole, ospedali ..).
Ma non basta. Venerdi scorso i tg nazionali hanno dato la notizia che l’inflazione nell’ultimo trimestre è ormai al 3%. Bisogna chiedersi perchè. Certo, l’ultima finanziaria ha portato l’IVA al 21%, ma non ha ancora potuto produrre effetti così vasti. Stipendi e salari sono bloccati. Cosa fa crescere l’inflazione allora? Ho l’impressione che la causa si chiami “future“, cioè l’acquisto speculativo (vale a dire scommettendo sul rialzo del prezzo) di materie prime e beni di prima necessità.
Attraverso i future, gli edge fund (i fondi speculativi) acquistano grano, riso, petrolio per rivenderlo il giorno dopo, lucrando sull’aumento di prezzo causato proprio da questi enormi acquisti (vediamo così che Wall Street non “scommette” sul rialzo/ribasso, ma lo “produce”. Così, anche il lessico tecnico comincia a diventare fuorviante, perchè non descrive più ciò che accade realmente). La stessa partita di grano, lo stesso barile di petrolio sono perciò oggetto di una serie di vendite e acquisti che ne gonfiano il prezzo e generano così 2 fenomeni:
1. Le materie prime (leggi: cibo e carburante) diventano inaccessibili a consumatori e piccoli produttori;
2. L’inflazione cresce enormemente, anche se nessuno (salvo le banche) compra più.
In pratica, le banche “comprano” più volte tutto il cibo e il carburante disponibile e quando hanno finito di speculare sul loro prezzo lo lasciano “al mercato”, perchè la gente mangi e faccia il pieno per andare al lavoro.
In questo modo, nella parte del mondo ricca e sviluppata giovani e famiglie soffrono e si impoveriscono (con la crescita dell’inflazione e la stagnazione dei salari si riesce a comprare sempre meno), in quella povera, la fame dilaga perchè riso, grano e beni di prima necessità hanno prezzi superiori alla capacità di acquisto della maggior parte della gente.
La storia riferita sotto e ripresa da Repubblica, è un’ottima esemplificazione di questa dinamica: la pastorizia sarda non è competitiva, in passato ha avuto accesso a prestiti che non può rimborsare, le banche pignorano .. inizia così anche Furore, il romanzo in cui John Steinbeck racconta la tragedia dei Joad, una famiglia contadina schiacciata dai debiti nell’America della Grande Depressione, che lungo la strada per la California conosce l’inferno.
« E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore. Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s’avvicina l’epoca della vendemmia».
LA PROTESTA
L’ultima sfida dei pastori sardi
“Giù le mani dalle nostre fattorie”
A causa dei debiti in 10mila rischiano di perdere tutto. Rifiutano di dare le terre agli speculatori attratti dalle promesse di condono. Ora le banche presentano il conto dei prestiti agevolati della fine degli anni ’80
di ANTONIO CIANCIULLO
ROMA – Hanno dispiegato un cordone di sicurezza impenetrabile. Hanno assediato la zona con camionette, elicotteri, poliziotti, guardia di finanza. Hanno fatto irruzione e li hanno catturati. A essere trascinati via dalla loro casa, a Terra Segada, nel Sulcis Iglesiente, non sono stati i capi di una cellula terroristica ma la famiglia di Angelo Sairu, agricoltori colpevoli di non conoscere le trappole della finanza internazionale e di essersi fidati degli amministratori locali. Più di 10 mila coltivatori e pastori si trovano nelle stesse condizioni a causa dei debiti contratti con le banche: rischiano di perdere tutto, di dover lasciare le loro terre agli speculatori che, sostenuti dalle promesse di condono, già pianificano il sacco di intere aree della Sardegna.IL MOVIMENTO 1
Il conto presentato dalle banche nel 2011 si riferisce a una vicenda antica. Nel 1988 la Regione Sardegna promosse, con la legge 44, prestiti agevolati per rilanciare l’economia interna, per permettere a chi faticava nei campi di comprare una mungitrice o di rifare il tetto alla stalla. Un’intenzione buona, ma incompiuta: i funzionari dimenticarono che l’Italia fa parte dell’Europa e che bisognava verificare la compatibilità della norma con il quadro legislativo comunitario. Nel 1994 l’Unione europea ha bocciato la legge considerando illegittimi gli aiuti economici.
Da allora è cominciato il calvario che ha spinto i pastori allo sciopero della fame, al “movimento dei forconi”, agli scontri del dicembre scorso con la polizia a Civitavecchia. “L’errore commesso dalla Regione nel 1988 ha portato a quadruplicare i tassi di interesse, con debiti cresciuti in maniera drammatica”, precisa Paolo De Castro presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo. “Tra il 2007 e il 2008, quando ero ministro delle Politiche agricole, assieme all’ex presidente della Regione Sardegna Renato Soru eravamo arrivati a delineare un’intesa con le banche per superare il problema. Cambiati governo centrale e regionale, la possibilità è sfumata”.
“Noi non ci arrendiamo: la militarizzazione della Sardegna è inaccettabile”, accusa Felice Floris, leader del Movimento dei pastori. “Sono stati i funzionari della Regione a sbagliare, non noi: perché non chiedono i soldi a loro? È una vergogna assediare le fattorie con gli eserciti. Magari per poi girarle, con vendite pilotate, agli speculatori che vogliono massacrare l’isola”.
Mentre le campagne sarde rischiano di essere svendute all’asta, la tensione continua a crescere anche perché ai vecchi debiti se ne aggiungono di nuovi. Quelli derivanti dall’offensiva lanciata da Equitalia: un’ondata di contestazioni fiscali, in molti casi discutibili, che portano a sequestri anche di prime case condotti a tempo di record, nell’arco di poche settimane, prima che un giudice riesca a pronunciarsi su un eventuale ricorso.
“I cannoni di Equitalia sono puntati su 80 mila aziende e partite Iva: credo che molto presto la rabbia esploderà con forza perché la situazione è insostenibile e già sette persone si sono impiccate per la vergogna di assistere alla distruzione di quel piccolo benessere che avevano ereditato dai padri e dai nonni”, spiega Gavino Sale, presidente di Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna. “E la minaccia va oltre il rischio dei singoli. Ci sono vicende bancarie molto oscure e migliaia di ettari che fanno gola agli speculatori: proprietà anche sulla costa che possono essere comprate a 1 e rivendute a 10 o 20”.
“La Sardegna possiede un patrimonio straordinario non solo in termini di bellezza ma anche di potenzialità economiche legate al cibo di eccellenza, alla qualità dell’artigianato, all’espansione di un turismo soft”, osserva il presidente onorario del Fai Giulia Maria Mozzoni Crespi. “Non si può utilizzare la vicenda dei debiti per far saltare gli equilibri sociali e ambientali dell’intera isola”.
Tratto da: http://www.repubblica.it/ambiente/2011/10/16/news/l_ultima_sfida_dei_pastori_sardi_gi_le_mani_dalle_nostre_fattorie-23306499/?ref=HREC1-6
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