
Piero della Francesca, Polittico di Sant’Antonio (1460-70) – Galleria Nazionale dell’Umbria
La seconda tappa della formazione per docenti Percorsi storico-artistici nella città di Perugia, ha toccato la Galleria Nazionale dell’Umbria.
Il percorso comincia tra Duecento e Trecento, tra la magnificenza degli affreschi di Benedetto Bonfigli nella cappella dei Priori e la Madonna con Bambino di Duccio di Buoninsegna.
Prosegue con il tardogotico perugino di Gentile da Fabriano e si inoltra tra i capolavori di esponenti del Rinascimento come Beato Angelico, Benozzo Gozzoli e Piero della Francesca.
Cara ai perugini che la chiamano col vecchio nome di Pinacoteca, la Galleria Nazionale dell’Umbria, è stata aperta al pubblico nel 1878, appunto come Regia Pinacoteca, quando si separò dall’Accademia di Belle Arti.
Il primo nucleo della collezione esposta a Palazzo de’ Priori viene, infatti, dal patrimonio dell’Accademia che aveva sede a Palazzo Murena e nella quale, in epoca napoleonica, erano confluite le opere delle congregazioni religiose soppresse.

Beato Angelico, Polittico Guidalotti (1447-9 ca)
Là, gli studenti potevano studiare le opere provenienti dalle requisizioni, tra le quali il Polittico di Piero della Francesca, la Pala dei Guidalotti di Beato Angelico e la Pala di Santa Maria de’ Fossi di Pinturicchio.

Pinturicchio, Santa Maria dei Fossi (1496-98)
La successiva requisizione del patrimonio ecclesiastico, avvenne con l’unità d’Italia del 1860, ma il patrimonio dell’Accademia continuò ad ingrandirsi anche negli anni successivi rendendo necessario il trasferimento nei nuovi spazi espositivi di Palazzo de’ Priori (1879).
Sala 1. Il Medioevo del Maestro di San Francesco

Maestro di San Francesco, Croce dipinta, 1272
Nella prima Sala è esposta la Croce del Maestro di San Francesco, importante artista medievale, nonostante il suo nome non sia noto, attivo prima di Cimabue.
L’opera, datata 1272, proviene dalla Chiesa di San Francesco al Prato che ospita le spoglie del Beato Egidio (morto nel 1261 e primo divulgatore del culto francescano, con i suoi Dicta e la costituzione del Romitorio di Monte Ripido). È alta 5 metri per una larghezza di 3 e 5, dimensioni che impedirono che potesse entrare integra a Palazzo de’ Priori: si nota infatti il taglio verticale sul braccio sinistro praticato nel 1863 in occasione della collocazione nella Sala.
Straordinariamente espressiva, la Croce mostra ai piedi del Cristo un san Francesco inginocchiato che rappresenta la più antica raffigurazione del santo come alter Christus, immagine vivente di Cristo.
Lo sfondo su cui si staglia la figura del crocefisso, ritrae le geometrie e i decori della tela perugina, importante patrimonio artigianale della città.
Sala 2. Il trecento di Duccio da Buoninsegna

Duccio da Buoninsegna, Madonna dei domenicani (1304-1310 ca)
La Madonna dei domenicani è la parte centrale di un Polittico commissionato nel 1304 dai frati domenicani al maestro toscano Duccio da Buoninsegna per rilanciare in città il loro ordine, la cui immagine era oscurata da quella del rivale ordine minore di San Francesco al Prato. Il lavoro fu finanziato dagli introiti dell’indulgenza plenaria indetta da papa Benedetto XI.
Un’analisi a raggi infrarossi eseguita nel 1993 ha rivelato che originariamente la mano sinistra della Vergine era rappresentata con le dita chiuse sulla veste del Bambino. Il dito indice è stato poi allungato dall’artista forse per portare l’attenzione sui piedini su cui verranno piantati i chiodi al momento della Crocefissione, o forse su un elemento perduto, posto al di sotto della tavola, che potrebbe aver ospitato la firma del Maestro.
Il velo che avvolge insieme il bambino e la Vergine è un riferimento alla letteratura religiosa tardomedioevale, secondo la quale il velo con cui la Madonna coprì Gesù denudato prima della crocifissione sul Calvario era lo stesso in cui aveva avvolto il Figlio al momento della nascita.
Questo accessorio può, dunque, essere interpretato sia come un attributo dell’Incarnazione che la prefigurazione della Passione di Cristo.
La sala ospita anche i frammenti di una fontana ormai perduta, realizzata nel 1281 da Arnolfo di Cambio, che si trovava nell’area del mercato (in pede fori, ai piedi di p.za IV Novembre) dove si trova attualmente la più contenuta p.za della Repubblica.

Arnolfo di Cambio, Frammento della Fontana degli assetati, 1281
Le cinque sculture rappresentano il bisogno d’acqua e il diritto universale ad accedervi, reso con due figure femminili che si trascinano verso la fonte, quella di un malato che si protende verso di essa torcendo il busto e le figure di due giuristi a simboleggiare le autorità comunali che hanno patrocinato l’opera pubblica.

il giurista laico scorre col dito lo Statuto
I due giudici sono rappresentati l’uno intento a scorrere col dito il segno della lettura come nella pratica medievale, l’altro con la chierica dei dominicani: laici ed ecclesiastici reggono la magistratura cittadina che assicura il diritto all’acqua e realizza un bene pubblico per renderlo effettivo.
La fonte era adornata da sculture in bronzo del Grifo e del Leone ad indicare, come le figure dei giuristi, che l’opera era stata voluta dal buon governo cittadino.
Lo smantellamento della fontana fu completato già nel 1308, forse per carenza di approvigionamento dell’acquedotto perugino. Alcuni elementi della fontana vennero impiegati per la costruzione della scalinata della Chiesa di Sant’Ercolano, anch’essa poi demolita nel 1524.

Grifone bronzeo con gioco d’acqua
Completano la sala, due formelle della Fontana Maggiore che mostrano l’iconografia di Roma: la lupa e i gemelli, Rea Silvia e il Dio Marte. Una statua, dedicata a Roma caput mundi che simboleggia il potere papale e, non a caso, reca i segni delle sassate dei perugini e un Grifone bronzeo con un gioco d’acqua. Il grifone, simbolo cittadino, era un simbolo funerario etrusco ispirato a un animale immaginario metà acquila e metà leone.
Sala 3. Il Rinascimento ritrae il Medioevo
La Cappella dei Priori, ancora consacrata, è stata interamente affrescata a metà del ‘400 da Benedetto Bonfigli con il ciclo delle Vite di sant’Ercolano, uno dei patroni della città, e di san Ludovico di Tolosa.
Gli sfondi delle scene ritraggono il panorama cittadino medievale e rinascimentale.
Il prezioso pavimento originale in maiolica invetriata è di Giacomo di Marino detto il Cavalla, il coro ligneo di Gaspare di Giacomo da Foligno e Paolino da Ascoli.
Secondo gli accordi con i committenti, la sala fu affrescata da Bonfigli per metà, per essere sottoposta al giudizio di Filippo Lippi, Domenico Veneziano e Beato Angelico e ottenere il pagamento del primo intervento e l’autorizzazione al completamento che fu concessa.

Benedetto Bonfigli, Vita di san Lodovico da Tolosa (1450) – frammento della vestizione
Il lato destro si apre con la consacrazione, alla presenza di Bonifacio VIII, di Lodovico da Tolosa, figlio dell’alleato di Perugia Carlo d’Angiò e futuro vescovo di Marsiglia, che scelse il saio francescano scontentando il padre, ritratto accigliato mentre volge le spalle alla scena.

Benedetto Bonfigli, Vita di san Lodovico da Tolosa (1450) – frammento del miracolo sullo sfondo della città turrita con la bellissima Chiesa di sant’Isidoro che non esiste più
Seguono la scena del Miracolo di San Lodovico, il naufragio di un mercante che recupera il tesoro in un pesce, la quale ha per sfondo Perugia e non Marsiglia, quella del Miracolo della guarigione di Giovanni figlio di Filippo VI di Francia e, infine, le Esequie del santo.
Accanto alla scena delle esequie di un santo francescano è posto il ciclo della vita di sant’Ercolano, un santo laico, primo patrono della città e defensor civis, ucciso dai goti di Totila durante l’assedio della città nel 540.

Tradimento del chierico, presa di Perugia da parte di Totila, decapitazione di Sant’Ercolano e ritrovamento del suo corpo incorrotto
L’affresco ritrae l’episodio finale dell’assedio durato tre anni, con lo stratagemma escogitato dal santo di gettare l’ultimo vitello ingrassato dalle mura, così da ingannare i barbari sulla disponibilità di cibo della città. La storia, raccontata da papa Gregorio magno (San Gregorio), sostiene che i goti, allora, tolsero l’assedio ma, informati dell’inganno da un chierico traditore, tornarono indietro. Entrati dalle scalette di sant’Ercolano, ben riconoscibili nell’affresco, catturarono il santo, lo scuoiarono vivo e lo decapitarono, uccidendo con lui anche un bambino.
Sant’Ercolano fu sepolto sul luogo del sacrificio con il piccolo ucciso. Le sue spoglie, esumate 40 giorni dopo intatte, senza segni di tortura né di decapitazione, furono prima traslate a san Pietro, poi al Duomo di san Lorenzo.
Il ciclo di affreschi ritrae ritrae la città com’era alla metà del ‘400, con le bellissime chiese di sant’Isidoro, della quale resta la facciata in P.za della Repubblica, e dei Serviti, rasa al suolo da Paolo III Farnese in occasione dell’edificazione della Rocca Paolina.

Pietro Perugino, Pala dei Decemviri, (1495-96) Musei Vaticani
Gli spazi vuoti della Capella dei Priori, ora chiusi da due vetrate, ospitavano i ritratti degli altri due patroni della città, San Costanzo e San Lorenzo. Nel 1495, sull’altare della Cappella fu collocata la Pala dei decemviri di Pietro Perugino, ora ai Musei Vaticani.
Sala 4. L’accordo medievale tra le magistrature civili ed ecclediastiche
La sala è un ex terrazzo con finestre e torre, poi inglobato nel palazzo, che reca scolpiti grifi col santo anello, conservato nella Cattedrale di San Lorenzo.
La leggenda vuole che si tratti dell’anello donato da Giuseppe alla Vergine in occasione del loro sposalizio. In realtà, si tratta di un gioiello in quarzo calcedonio risalente al I secolo e mostrato alla devozione popolare dal 29 luglio al 3 agosto di ogni anno.
Per il resto dell’anno, il Santo Anello è custodito presso l’altare settecentesco in una cassaforte aperta da 14 chiavi, conservate per metà dalle autorità religiose della città e l’altra metà da quelle civili, a simboleggiare l’accordo, su cui veglia la Vergine, tra il Municipio che possiede l’anello e la Chiesa che lo custodisce.
Sala 5. I patroni della città

Da sx, il diacono San Lorenzo, Sant’Ercolano e San Costanzo
La sala ospita le statue dei tre patroni della città, san Costanzo, san Lorenzo e sant’Ercolano, originariamente collocate nella lunetta soprastante l’architrave del portale laterale del palazzo dei Priori, in un contesto, quindi, non religioso ma civile. Le statue sono prive delle mani, danneggiatesi nel tempo, che tenevano gli stendarti dei visitatori illustri.
Nel 1326, i Priori affidarono all’architetto senese Ambrogio Maitani il progetto del portale orientale del Palazzo, per il quale l’artista immaginò un complesso iconografico intrecciato di figure allegoriche e tralci vegetali, al centro del quale pose le statue dei tre santi patroni.
Le figure dei tre personaggi, scolpite a tutto tondo e originariamente dipinte e dorate, sono identificabili dai loro attributi: il diacono, primo da sinistra, è san Lorenzo, al centro sant’Ercolano, è riconoscibile dal grifo rampante sulla veste, mentre il vescovo a destra rappresenta San Costanzo, inserito tra i patroni della città nel 1310.
San Lorenzo era un arcidiacono romano responsabile dell’amministrazione dei beni della Chiesa romana da distribuire ai poveri. Messo a morte, con i vescovi e il papa dalla persecuzione di Valeriano del 258, fu martirizzato il 10 agosto dopo aver rifiutato di consegnare i beni destinati ai poveri all’imperatore. Arso vivo su una graticola, secondo la “passione” raccolta da sant’Ambrogio, il fuoco della carità che gli ardeva fu più forte di quello che lo ardeva fuori.
La statua di sant’Ercolano è più grande delle altre, ad indicare la particolare venerazione della città per il suo difensore.
San Costanzo, probabilmente primo vescovo di Perugia e per questo primo patrono, fu martirizzato durante sotto l’imperatore Antonino. E’ ricordato il 29 gennaio, festa patronale a Perugia.
Sala 6 La difesa della città

sant’Ercolano abbraccia la città
Nel dossale di Montelabate è raffigurato sant’Ercolano che protegge la città tra le braccia raccolte. Il dipinto rappresentato il fulcro urbanistico e politico della Perugia medioevale con i principali palazzi di piazza IV Novembre, un tempo nota come piazza Grande: il Palazzo de’ Priori, il Duomo e il suo campanile dodecagonale distrutto.
È la civitas Dei con le sue emergenze civili e religiose tra cui svettanno le antiche torri di quella che era, prima di Paolo III Farnese, la città turrita.
Sala x Beato Angelico e la Pala di Perugia
Il polittico, noto come Pala Guidalotti, dipinto da Beato Angelico nel 1438, raffigura la Madonna in trono con Bambino e gli angeli, i santi Domenico e Nicola di Bari e i santi Giovanni Battista e Caterina d’Alessandria, considerati opera dei collaboratori dell’artista.

Beato Angelico, Pala Guidalotti 1438 (particolare della predella) San Nicola
Nella prima metà dell’800 il polittico venne smembrato e alcuni pannelli della predella sono oggi nella Pinacoteca Vaticana.
Nella scena che raffigura il Miracolo di San Nicola, le figure dei cattivi presentano danneggiamenti da lancio di pietre dei perugini.
Sala 13 L’Annunciazione di Piero della Francesca
Nella sala 13 si trova il capolavoro simbolo della Galleria Nazionale dell’Umbria: il polittico di Sant’Antonio di Piero della Francesca.
L’opera fu commissionata a Piero della Francesca nel 1478 dalla madre superiora del Convento di sant’Antonio in Corso Garibaldi. La monaca era una nobildonna della famiglia perugina dei Baglioni.
Il capolavoro di Piero raffigura la Vergine col bambino e i santi xx sovrastata dalla scena dell’Annunciazione, prima magistrale realizzazione rinascimentale del principio della prospettiva, nella rappresentazione del portico e dei gradini dietro le colonne d’oro.
Le aureole dei santi e della Madonna hanno perso la pesante materialità medievale e sono dipinte a specchio. Le predelle celano le grate dietro le quali le monache del convento di clausura potevano seguire la Messa.
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