Leggere Solone è fondamentale per capire il processo di democratizzazione e di laicizzazione in opera già nella società greca alle origini della civiltà occidentale.
In Atene divina, alla lor patria,
io molti ricondussi, che stati erano
venduti illegalmente, alcuni a termine
di legge, ed altri ancora che esuli
erano andati per fuggire i debiti,
e per il lungo errar, neppur parlavano
più l’attico idioma; ed altri ancora a sconcia
servitù qui soggetti, che tremavano
al cenno dei padroni, io resi liberi.
Forza unendo e Giustizia, in equa tempera,
col potere delle leggi seppi compiere
le mie promesse, e per i grandi e per gli umili
leggi ho sancite con giustizia equanime.Solone, L’opera compiuta
Indice
1. La legge scritta come «limite e misura» all’arbitrio dei potenti
2. La crisi della themis nell’opera di Esiodo e Solone
3. L’areté da Esiodo a Solone
4. Massima virtù è creare eunomie
5. L’elegia L’opera compiuta
1. La legge scritta come «limite e misura» all’arbitrio dei potenti
Il legislatore e poeta ateniese Solone (VI secolo a.C.), fu considerato già dai suoi contemporanei un esempio di saggezza e di buon governo.
Platone lo incluse tra i sette sapienti della Grecia, mentre la storia lo ricorda, più specificamente, per aver dato ad Atene la legge scritta con la quale il saggio arconte stabilì «il limite» all’arbitrio degli aristocratici e «la misura» entro la quale il loro potere si sarebbe di lì in poi esercitato.
Ne L’opera compiuta, Solone non canta le gesta degli eroi, né la virtù del lavoratore, ma la virtù della legge che instaura la giustizia e l’armonia tra gli uomini.
[…] col potere delle leggi seppi compiere
le mie promesse, e per i grandi e per gli umili
leggi ho sancite con giustizia equanime.
Consapevole della grandezza della propria opera, Solone esalta l’intervento legislativo con il quale oppone la giustizia di una costituzione scritta alla prepotenza dei nobili, e l’equilibrio tra le classi al disordine e alla guerra civile.
Senza l’intervento riequilibratore della legge, infatti, il popolo si sarebbe sollevato contro la prepotenza, spogliando gli aristocratici del potere per deporlo solo dopo aver restituito ai ricchi le loro violenze (sbattendolo dalla crema):
Se invece un altro, un uomo maligno e avido,
come io lo presi, avesse il pungolo,
frenato certo non avrebbe il popolo,
né deposto il poter, pria che, sbattendolo,
la crema tolta non ne avesse.
In quali provvedimenti consistesse il «limite e la misura» che Solone aveva fissato con la sua legge è spiegato dallo stesso arconte:
In Atene divina, alla lor patria,
io molti ricondussi, che stati erano
venduti illegalmente, alcuni a termine
di legge, ed altri ancora che esuli
erano andati per fuggire i debiti,
e per il lungo errar, neppur parlavano
più l’attico idioma; ed altri ancora a sconcia
servitù qui soggetti, che tremavano
al cenno dei padroni, io resi liberi.
Quello di Solone è, in altre parole, uno dei più importanti interventi legislativi di cancellazione del debito e di divieto di riduzione in schiavitù dei debitori insolventi della storia antica.
Con la sua costituzione, l’arconte ateniese si inserisce infatti in una tradizione di cancellazione del debito e di riequilibrio normativo in difesa della pace sociale che risale a prima del codice di Hammurabi (1762 a. C.).
2. La crisi della themis nell’opera di Esiodo e Solone
Come ha sottolineato Werner Jaeger, Solone reagisce quindi al conflitto sociale che era divampato in Ionia quasi due secoli prima e che si riaccendeva in modo intermittente ogni volta che, per cause comuni (avversità climatiche, guerre, razzie), i contadini non riuscivano a pagare i tributi ai proprietari terrieri e i nuovi ceti nati dai commerci marittimi non potevano rimborsare i propri debiti.
Ciò che era accaduto in Ionia, con la sua prolungata guerra civile, ha un’influenza decisiva sull’opera di Solone, come su quella – di un secolo precedente – di Esiodo.
Là, infatti, si erano create le condizioni economiche e sociali per la rivoluzione culturale in cui si inserisce la riflessione dei due poeti, cioè la crisi dell’autorità dei nobili basata sul volere divino (themis) e l’elaborazione di una nuova visione della giustizia (dike), basata sul contributo umano al mantenimento dell’armonia stabilita dagli dèi.
Prima del sesto secolo, la giustizia era Themis, sposa di Zeus e personificazione del diritto inteso come ordine naturale. Il suo nome significava “irremovibile”, perché l’ordine sociale fissato dagli dèi era eterno ed immutabile. Per questa ragione, il potere degli aristocratici riceveva da Themis la sua giustificazione.
3. L’areté da Esiodo a Solone
In Esiodo era comparsa per la prima volta l’idea che gli uomini potevano contribuire a mantenere l’ordine divino con il lavoro, alleato della provvidenza.
E’ però Solone ad affidare la giustizia interamente alla capacità degli uomini di darsi leggi giuste.
Se areté è, dunque, per Esiodo la capacità di realizzare la giustizia e l’armonia tra gli uomini con il comportamento operoso, opposto alla hýbris e per questo benedetto dagli dèi, per Solone la più alta virtù è il valore degli uomini che si danno giuste regole di convivenza e vivono in armonia rispettandole.
Se non avessi dato la legge giusta (eunomie) alla città, sottolinea infatti Solone,
d’assai gente sarebbe Atene or vedova.
4. Massima virtù è creare eunomie
Areté è ora creare eunomie, la buona legge e conformare ad essa il proprio comportamento. Solone è certo del trionfo della legge giusta sulla prepotenza e sul disordine, sempre più visti come violazione di un ordine di tipo umano, piuttosto che divino.
Per questo per Solone, la hýbris non è un castigo degli dèi, ma dysonomìe, illegalità, disordine sociale e politico, a cui l’arconte oppone la legge capace di contenere il potere e l’arbitrio dei nobili.
La vecchia giustizia (themis) è in realtà un’ingiustizia, essa
è come una tela di ragno: trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi trafiggono la tela e restano liberi.
con eunomie, invece, ricchi e poveri sono uguali davanti alla legge – pur mantenendo le loro differenze sociali.
mappa
Tra il settimo e il sesto secolo, assistiamo quindi con Esiodo al passaggio da una concezione aristocratica ad una concezione democratica (in quanto centrata sul demos) della giustizia e, con Solone, quello da una concezione religiosa della giustizia ad una visione del tutto umana, laica, della legge. Non più dono degli dèi (o figlia di Zeus), ma buona azione legislativa.
Con Solone l’areté eroica diventa perciò etica civile, un modo di essere della vita individuale e politica in tempo di pace. Eccellente è allora, chi vive secondo le leggi e chi dedica il suo tempo alla loro formazione, cioè al bene della polis (politica).
Ad Atene si fa strada così, già dagli inizi del VI secolo, un’educazione che è educazione del cittadino. Il secolo successivo (V), i filosofi, a cominciare dai sofisti, ne faranno già un’educazione dell’uomo, la paideia, che rivolge a tutti i cittadini quanto Fenice aveva insegnato a principe (Achille), perché divenisse «autore di gesta e artefice di discorsi».
5. L’elegia L’opera compiuta
[1] In Atene divina, alla lor patria, io molti ricondussi,
che stati erano venduti illegalmente alcuni,
a termine di legge, ed altri ancora, che esuli erano andati,
per fuggire i debiti, e per il lungo errar,
neppur parlavano più l’attico idioma;
ed altri ancora a sconcia servitù qui soggetti,
che tremavano al cenno dei padroni, io resi liberi.[2] Forza unendo e Giustizia, in equa tempera,
col potere delle leggi seppi compiere
le mie promesse, e per i grandi e per gli umili
leggi ho sancite con giustizia equanime.[3] Se invece un altro, un uomo maligno e avido,
come io lo presi avesse il pungolo,
frenato certo non avrebbe il popolo,
né deposto il poter, pria che, sbattendolo,
la crema tolta non ne avesse. Immobile
fra le due parti io stetti, al par d’un termine.Ché, se quanto i nemici un di bramavano voluto io prima avessi,
indi, al contrario, ciò che questi altri in danno lor pensavano,
d’assai gente sarebbe Atene or vedova.
Da ogni banda, però, posti forti argini, m’aggirai, lupo in mezzo a molti cani.
5.1 Analisi del testo
[1] Solone celebra l’introduzione ad Atene di una legge basata su uguaglianza e giustizia e il suo effetto immediato che permette il rientro in patria di quanti erano fuggiti per debiti al fine di evitare la riduzione in schiavitù. A tutti questi poveri, a quelli emigrati da così tanto tempo da aver scordato la propria stessa lingua (l’attico idioma è la lingua di Atene, capoluogo dell’Attica) e a quelli rimasti ad Atene alla mercé dei propri padroni, la legge ha ridato la libertà.
[2] Unendo in modo equilibrato la Giustizia e la giusta fermezza (Forza) contro l’arroganza (hýbris), l’arconte ha potuto mantenere la promessa di dare ad Atene la sua Legge: la polis si fa respublica, cosa pubblica di tutti i cittadini che d’ora in avanti sono trattati da eguali e con uguale giustizia, indipendentemente dalla loro condizione e dal censo – che comunque non cambiano.
[3] Nel terzo paragrafo, Solone fa notare che se al suo posto di legislatore onesto, imparziale e mosso dal senso di giustizia, fosse stato un uomo avido e spregiudicato sarebbe stata la guerra civile: senza giustizia, infatti, non sarebbe stata frenata la sete di vendetta del popolo e non sarebbe stato deposto il potere arrogante dei ricchi, essendo impossibile frenarli se non togliendoli di mezzo (se sbattendo il potere, la crema non avesse tolta).
Atene avrebbe pianto molti morti se l’azione legislativa dell’arconte non avesse voluto solo il potere come gli aristocratici che, ciechi, a loro danno, intendevano perseguire il loro esclusivo interesse. Egli ha rifiutato di dare loro un ingiusto vantaggio sugli altri, ma per riuscire nell’opera, egli ha dovuto fronteggiare con fermezza le due parti e porsi fra di loro come un limite invalicabile, accettando con coraggio (come un lupo) la minaccia delle fazioni (molti cani).
Esercitazione
1. Spiega perché con il passaggio da un’economia basata sul latifondo a un’economia basata sul commercio nascono nuovi ceti sociali.
2. Spiega quali sono (secondo l’intepretazione di Jeager) le ragioni socio-economiche che preparano la legge di Solone ad Atene nel secolo successivo. Spiegane anche il perché.
3. Spiega cosa sono in questo contesto Dike e Themis e perché la nuova concezione della Dike prende il posto della Themis.
4. Spiega chi erano i nobili e con quale argomento giustificavano il loro predominio sociale.
5. Spiega quale rimedio Solone oppone alla hybris e qual é la differenza con Esiodo.
6. Spiega il significato dei termini nomos, eunomie, dysonomie.
7. Indica qual è l’obiettivo delle riforme di Solone.
8. Indica a quale principio si attenne Solone nel regolare il conflitto sociale e perché.
9. Leggi il brano dell’elegia L’opera compiuta e l’analisi del testo proposta nel sito e sintetizza in max 10 righe il significato del brano.
10. Indica come cambia il concetto di areté in Solone e cosa finisce per identificare.
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