Era parecchio che non leggevo una dimostrazione platonica così frizzante e convincente. L’occasione è la garbata lettera di un giovane universitario che chiede al professore di indicargli della letteratura di indirizzo opposto a quello da lui difeso, nonché l’opinione su un tema già affrontato.
Bagnai coglie l’occasione per demolire con la consueta divertita irruenza le tesi comuni sulla liceità di ogni opinione (cioè dell’errore e della menzogna) senza cadere nell’aristocratica condiscendenza verso il giovane o l’ignorante: che il giovane si faccia saggio e l’ignorante studi è infatti necessario in democrazia.
Ho evidenziato in rosso i passaggi cruciali, in verde i miei commenti.
Una domanda lecita (?)
Ricevo da un lettore questa lettera, che commento brevemente e offro alla vostra discussione:
Professor Bagnai buonasera.
Prima osservazione al volo: la correlazione fra le due domande non è spuria (e gli esperti del settore capiranno)…
Mi sono già espresso sulla seconda domanda dando un giudizio articolato, mi spiace per chi non lo ha letto con sufficiente attenzione, ma non voglio tornare su questa storia. […] per il resto il mio giudizio politico sull’uso della MMT nel panorama italiano rimane quello che ho espresso a suo tempo, e non mi pare che i fatti mi spingano a una revisione. Sul piano scientifico… be’, per quello passiamo alla prima domanda.
Il cordiale lettore esprime un atteggiamento comune, atteggiamento che vuole essere di apertura mentale, di equilibrio, di “pastrufaziana latitudine di visuali” (per chi sa cosa sia), e che invece a me sembra il non plus ultra della superficialità e della supponenza. Sì, forse sono un po’ cattivello, ma seguitemi un attimo…
Intanto, non sto parlando del fatto che il simpatico laureando in materia non affine mi abbia preso per la sua segretaria. Quella è una piccola bavure che possiamo perdonare alla sua giovinezza (che di per sé non è un difetto: dipende molto dall’uso che se ne fa). No, mi riferisco a un’altra cosa.
Mettiamola così. Come si sentirebbe il giovane laureando se io gli ponessi questa domanda:
Buon giorno, giovane e brillante laureando, lei è tanto bravo e bla, bla, bla… Vorrei porle una domanda: sento dire da alcuni che le infezioni batteriche si curano con gli antibiotici, ma vorrei sentire un parere contrario. Potrebbe produrmi una lista di testi che dimostrino che le infezioni batteriche invece si curino col cortisone? Sa, io non so niente di chimica, né di biologia, né di anatomia, né di fisiologia, ma vorrei farmi un’idea con la mia testa (della quale peraltro ignoro contenuto e funzionamento).
Il brillante laureando si farebbe due risate e nemmeno mi risponderebbe… ma questo solo perché il contenuto della sua testa (if any) gli impedirebbe di capire che la domanda che lui mi ha posto è, trasportata nella mia disciplina, esattamente quella che io ho ipoteticamente posto a lui! Ora, credo che chiunque abbia letto un libro senza figure e quindi sia una persona di cultura, e non il diligente detentore di un sapere meramente tecnico, abbia gli strumenti critici per capire da sé cosa c’è che non va in questo approccio. Per gli altri, faccio, come di consueto, il disegnino.
La prima cosa che non va è piuttosto banale: la scienza esiste! Ne consegue che nessuno, che non sia un cialtrone, può sostenere che la cosa migliore da fare se ti prendi un’infezione batterica sia imbottirsi di Bentelan, e parimenti nessuno, che non sia un cialtrone, può sostenere che la cosa migliore da fare per paesi diversi e in diversi stadi di sviluppo sia aderire ad un’unione monetaria.
E infatti ricordo che:
(1) la lista dei contributi scientifici che avevano ammonito sui pericoli di questa scelta meramente politica è sterminata (e salvo prova contraria quelli di avviso opposto sono minoritari e, come nel caso di “Spennacchiotto” Rose e dei teorici dell’OCA endogena, prontamente sbriciolati dalla critica motivata dei colleghi – perché la scienza esiste);
(2) qualsiasi contraddittorio serio io abbia dovuto affrontare si è svolto secondo il noto modello “Bagnai ha ragione ma x”, dove x è qualsiasi cosa non c’entri nulla né con l’economia né con i problemi che abbiamo di fronte (sogni europei, politica che vola alto, e simili). L’esempio più brillante è qui ma potrei produrne altri;
(3) sarebbe facile dimostrare (e ci dedicheremo a questo nella campagna d’inverno) che i sostenitori del cortisone nella cura delle malattie infettive, pardon, i sostenitori dell’euro, sono in perenne contraddizione (un esempio qui) e soprattutto in conflitto di interessi per la propria contiguità a interessi lobbistici di vario tipo.
Insomma: se non esistono lavori seri che sostengano l’opportunità dell’uso del cortisone in certe circostanze, né dell’euro in Europa, non posso certo scriverli io per offrirli al prudente apprezzamento del giovane laureando! Se non ci sono un motivo ci sarà, e non mi sembra sia difficile capirlo. Difficile capire come mai una persona che si sta laureando in una scienza “dura” non abbia quegli strumenti critici che gli consentano una “metalettura” del dibattito. Non ci dovrebbe voler molto per rendersi conto del pantano di contraddizioni che istwine evidenzia nel link riportato sopra, o sbaglio? Ma non entro in questo.
Nella domanda quindi vedo molta superficialità, ma si sa, io sono strano. La seconda cosa che non va è più grave: la definirei (IMAO) una sterminata supponenza [e qui arriva la confutazione (anti)sofistica, fate attenzione. NDR] Posto anche che un dibattito in economia ci sia (e non c’è, perché abbiamo visto che i giochi erano chiusi fin dall’inizio, e gli stessi politici hanno con continuità affermato che nella scelta dell’euro non c’era alcuna logica di ordine economico, ma solo un logica di ordine politico, che loro espongono come valore positivo – “il sogno europeo, la fine delle guerre, combattere uniti contro la Cina…” -, ma che in realtà è semplicemente il desiderio di lasciar mano libera al capitale finanziario), bene, posto che un dibattito in economia ci sia, come puoi tu, che di economia nulla sai, che nessuna formazione hai, che non sai di economia politica, di scienza delle finanze, di statistica economica, di econometria, di storia economica, ecc. pensare di farti un’idea “con la tua testa”? Pensare cioè di risolvere con la tua intuizione non informata un eventuale dibattito che (se ci fosse) coinvolgerebbe le migliori menti del campo da decenni? [e qui sembra la solita azzerata aristocratica, ma attenzione .. NDR] E chi sei? Einstein? Ma nemmeno lui si arrischiava troppo in campi diversi dal suo, per quanto ne so. Così non faccio io, così non fa alcuna persona intelligente, e così non dovresti fare tu. Se entrassi nella tua futura farmacia con una ricetta “decisa con la mia testa” e da me scritta sulla carta del fornaio, cosa faresti? Fammi sapere, che magari divento tuo cliente…
Non so se vedete la sterminata supponenza, fondata, ovviamente, su una parolina semplice semplice, sul più lurido dei pronomi:
IO
Nella richiesta, che a molti di voi, lo so, purtroppo sembrerà anche logica, del brillante IO di turno leggo soprattutto due cose: un profondo disprezzo per la materia che insegno, che all’IO di turno (come ai tanti ingenGNIeri) sembrerà facile, perché al livello al quale riescono a percepirla sui giornali non ci sono quelle formulette pseudo-complesse che per loro sarebbero vera garanzia di scientificità; e poi, naturalmente, ci leggo anche una fiducia eccessiva nelle proprie capacità, che saranno anche provate e valide nel campo di indagine che IO si è scelto, ma che non possono infrangere una dura legge di Natura (matrigna): non omnes possumus omnia.
Non credo che a me verrebbe mai in mente di risolvere “con la mia testa” un dibattito sulla natura dei neutrini dopo aver letto la Fisica di Aristotele e un libro di Feynman, così, per dire…
Eppure questo atteggiamento, palesemente assurdo, è diffuso, diffusissimo. E le sue radici non sono difficili da rintracciare. Semplicemente, come ho più volte detto (ma lo ripeto volentieri) questo è il risultato di 20 anni (e più) di monopolio dell’informazione a senso unico. Un monopolio per lo più berlusconiano (certo, chi lo nega), ma funzionale comunque agli stessi interessi che gli pseudoavversari, e oggi pseudoalleati di Berlusconi (i PDni), fieramente difendevano e difendono. Per rendere accettabile agli elettori “di ampie vedute” (come il nostro brillante IO) la situazione, era necessario nasconderla sotto le vesti di una esornativa e sterile par condicio. La drammaturgia del contraddittorio (finto) diventava lo strumento attraverso il quale convincere i “brillanti” e “colti” piddini che l’opinione che gli veniva inculcata in realtà erano loro che se la stavano facendo, assistendo a un “dibattito”, e decidendo “con la propria testa” [i piddini sono l’equivalente dei politici con cui se la prendeva Platone che fa dire a Socrate nel Protagora: Non é una vergogna che gli uomini debbano essere governati dai retori, i quali “continuano le loro lunghe arringhe come pentole di rame che, appena percosse, continuano a risuonare, finché una mano vi si posi sopra?” [329]. NDR]
Porelli…
La par condicio, il contraddittorio, se volete, è la definitiva vittoria della cultura dell’emozione e dell’immagine su quella del ragionamento e della logica, è la definitiva vittoria dei libri “con figure” sui libri “senza figure”. Perché? Ma è semplice! Perché è la negazione di un dato fondamentale: l’apprendimento è un atto individuale ed interiore, è la morte del proprio io ignorante, sostituito da un io meno ignorante, e morire è un atto faticoso e solitario. Non è mettersi alla finestra a guardare due che litigano per motivi che ignori, e decidere che parteggi per quello che urla di più o di meno: questo io lo definirei piuttosto un atto facile ed esteriore. Per questo motivo mi sono spesso sottratto a futili ordalie, come in questo caso. Semplicemente, chi ha bisogno di assistere al dibattito fra una persona intelligente e un cialtrone per convincersi che il cialtrone è un cialtrone, non mi sembra sia molto intelligente, mi sembra invece molto condizionato dalle logiche del mondo dell’informazione (in particolare televisiva). [applausi, NDR]
Ma il 99% dei piddini è convinto – perché è stato convinto – che le cose vadano così, che chiunque acceda ai libri con figure possa e anzi debba farsi un’opinione con la propria testa, assistendo a un dibattito spettacolarizzato e orientato.
Inutile sottolineare a chi faccia comodo questa convinzione: ovviamente, al potere!
E voi mi direte: però la richiesta è anche lecita: in fondo esprimeva solo un desiderio di informarsi, lecito, legittimo in democrazia. Sono pienamente d’accordo: penso anch’io che la domanda di informarsi possa essere lecita, e, anche se forse non lo avete notato, sono due anni che lavoro come un mulo in splendida solitudine per soddisfarla. Il mio punto non è assolutamente quello di dire che certi temi devono restare di competenza degli addetti ai lavori: tutto il mio lavoro di questi ultimi anni lo dimostra (mentre i miei critici di destra e di sinistra concordemente insistono sul sostenere che “il popolo non è pronto” e che questi temi “sono troppo difficili” e quindi devono occuparsene loro e non ha senso fare divulgazione – che peraltro non avrebbero gli strumenti culturali per fare, come alcuni goffi tentativi hanno dimostrato).
Il mio punto è un altro, un po’ sottile (quindi non mi offenderò se non verrà capito, prometto): da un lato c’è la questione metodologica (il teatrino del contraddittorio non è metodologicamente ammissibile come strumento di creazione di una verità scientifica, e diventa poi impraticabile se dall’altra parte c’è – come purtroppo in questo caso – il nulla scientifico), e dall’altro c’è una questione politica. A un certo punto la scelta dell’euro, come quella del nucleare, come quella del maggioritario, come ogni scelta che una democrazia moderna deve affrontare (e dovrebbe far affrontare ai propri elettori) diventa una scelta politica. Certo, informarsi è essenziale. Ma se ci mettiamo nella strada di ritenere che ogni scelta debba essere presa dopo essersi appropriati del contenuto tecnico sottostante temo che il tasso di astensionismo raggiungerebbe il 100%.
All’amico in questione io riassumerei il mio ragionamento politico in questo modo: caro, tu sei maggiorenne, e voti. Pensi che l’euro ti faccia bene? Vedi prosperità intorno a te in questo momento? Bene, appoggia pure le forze che lo sostengono. Pensi il contrario? Bene, appoggia le forze che si oppongono. Non ce ne sono? Poffarbacco! Non me ne ero accorto… Non pensi che questo segnali un grosso problema? Ma comunque, amico caro, vedi, rimane il fatto che:
(1) siamo in democrazia,
(2) tu devi fare delle scelte politiche (che in questo caso specifico non puoi fare perché lo spazio politico è occupato interamente da un unico schieramento),
(3) io non devo e non voglio convincere nessuno, nemmeno te.
Non che tu non sia abbastanza importante, no, tutt’altro: anzi, sono convinto che per te sarai importantissimo. Ma semplicemente perché non mi interessa. Ti piace l’euro? Tienitelo. Non ti convincono i “miei” ragionamenti perché sono troppo convincenti? Che brillante paradosso, complimenti! E allora convinciti del contrario. Di base, sono fatti tuoi.
Io non devo convincerti, e tu non chiedermi di metter su un teatrino per convincerti. Ti convincerà la violenza dei fatti. A me interessa lasciare una testimonianza, non catturare consenso. Questo ho fatto, e ora scusatemi, ho da fare: da capire (in solitudine) [qui dissento. In realtà, le cose essenziali, cioè la giustizia, si capiscono soltanto “in compagnia”. NDR].
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