Banksy ha pubblicato un breve filmato che lo ritrae mentre dipinge i muri degli edifici distrutti a Gaza.
L’artista si filma in prima persona, mentre entra a Gaza passando dai tunnel sotterranei che collegano la striscia all’Egitto, fingendo di proporre una nuova destinazione turistica allo spettatore occidentale:
“Make this the year you discover a new destination”,
o di illustrare le opportunità economiche che si aprono in un paese raso al suolo dove non è ancora stato consentito di far entrare del cemento.
Fra gli edifici distrutti dall’esercito israeliano durante l’ultima operazione militare si ergono i graffiti dell’artista, donne che piangono, bambini che giocano su una giostra costruita attorno a una torre di vedetta dell’esercito di Tel Aviv e un gattino che osserva un cumulo di rifiuti nascosto fra i detriti della città distrutta. Il video si conclude con la frase, scritta su un muro crivellato dai colpi:
If we wash our hands of the conflict between the powerful and the powerless we side with the powerful, we don’t remain neutral.
Se ci laviamo le mani del conflitto fra potenti e oppressi stiamo dalla parte dei potenti e non possiamo rimanere neutrali.
Il coda al testo, l’ultimo lavoro di Bansky: l’albergo fuori dal muro che promette la peggior vista al mondo.
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L’ultima opera di Bansky: albergo con vista sul muro
Una guesthouse che garantisce la “peggior vista al mondo”, quella della barriera creata dagli israeliani per scongiurare aggressioni palestinesi. L’artista di strada inglese, già autore di precedenti incursioni nel West Bank e a Gaza, l’ha arredata con le sue opere. Inaugurerà il prossimo 11 marzo.
Tra le altre caratteristiche dell’esercizio, una suite presidenziale e un museo dedicato alle opere a tema politico dell’artista, che ha l’impronta di un “gentleman club” del periodo coloniale inglese cui è stata assoggettata l’area. Al suo interno, una cavità che ospita una figura umana che riproduce in scala 1:1 Arthur James Balfour, riprodotto mentre firma la “Balfour declaration”, il documento sulla futura spartizione dell’Impero Ottomano, una volta finita la Prima Guerra Mondiale, che getta le basi della nascita dello stato israeliano.
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