Curdi, iracheni, siriani ammassati in una landa desolata a quaranta chilometri dal porto, in attesa di raggiungere la terra promessa, il Regno Unito. Il reportage de La Repubblica da la “Jungle”, il nuovo inferno dei viventi.
“Di solito ci occupiamo di missioni in zone di guerra o paesi dove non c’è più uno Stato. Non avremmo mai pensato di dover intervenire in Francia, nel 2016”.
“Ci sono stati casi di rosolia, di scabbia. Le patologie più diffuse sono respiratorie e vivendo in queste condizioni è difficile guarire. La notte la temperatura scende anche a meno sei gradi”.
Con l’emergenza di quest’estate, quando l’Europa ha scoperto il nuovo esodo alle porte, anche il governo socialista si è dovuto rassegnare a occuparsi di questo non luogo della disperazione. La popolazione della giungla è aumentata fino a cinquemila persone. La zona di container inaugurata nella bidonville due settimane fa è una prima concessione dello Stato. I funzionari dell’Office français de l’Immigration et de l’Intégration (Ofii) girano tra le baracche per convincere i profughi a spostarsi in centri di accoglienza per i richiedenti asilo.
“Ma la maggior parte non vuole restare in Francia, spera ancora di poter andare nel Regno Unito. Cerchiamo di spiegare loro che si trovano in un’impasse”
spiega Didier Leschi, direttore dell’Ofii.
Angélique porta cibo, vestiti e coperte ai profughi della Jungle. È una delle tante volontarie di Calais che testimonia ancora solidarietà.
“C’è questa leggenda degli immigrati violenti, ma sono una donna e vengo da anni nella giungla senza aver mai avuto problemi”.
La gente del Nord ha sempre avuto un cuore grande. I famosi “ch’tis”, i terroni della Francia, hanno una tradizione prima comunista e poi socialista. Qualcosa però sta cambiando, e molto velocemente. Marine Le Pen ha rischiato di vincere la presidenza della regione un mese fa. In alcune città, come Grande-Synthe, il Front National ha superato il quaranta per cento. Sono anche nate alcune associazioni anti-immigrati, come “Calaisiens en colère” e “Sauvons Calais” con militanti xenofobi che si fronteggiano con i No Borders, movimento di anarchici soprattutto tedeschi e olandesi insediati nella Jungle che portano aiuto ai profughi e organizzano blitz di rivendicazione spesso violenti.
Il sindaco Natacha Bouchart ha chiesto di mobilitare l’esercito dopo che una manifestazione di migranti è sfociata nell’assalto ai traghetti.
Calais è il capolinea dell’Europa. È anche un viaggio nel futuro di un continente che pensa di risolvere il problema dell’immigrazione alzando nuove barriere. Se e quando finirà Schengen, altre giungle nasceranno alle frontiere.
“Per noi il lavoro è molto frustrante” confessa Angélique Muller di Msf. “Sappiamo che la soluzione può arrivare solo dai governi”.
A fine febbraio sarà inaugurata una tendopoli a un chilometro dalla cloaca di Grande-Synthe. L’organizzazione fondata durante la guerra in Biafra da un gruppo di medici tra cui Bernard Kouchner ha deciso di investire oltre due milioni di euro per dare rifugio a millecinquecento persone. Sarà un campo profughi come quelli che si vedono accanto alle zone di guerra. In quarant’anni di attività, Msf non ha mai dovuto fare niente di simile in Francia.
“L’abbiamo concepito come un intervento temporaneo, ma potrebbe durare più a lungo” ammette Muller, capo del progetto. È un crudele gioco dell’ipocrisia: “Continuando a costruire muri in Europa aumenteranno soltanto le vittime”.
In primavera, Angélique prenderà qualche settimana di riposo. Di solito, quando finisce una missione deve fare un lungo volo. Questa volta, per tornare a casa a Nancy, le basterà prendere un treno.
Stoccolma, Puniremo i bambini di strada nordafricani
Hanno indossato maschere e passamontagna assalendo di notte alcuni migranti nella piazza di Sergels Torg, a Stoccolma. Secondo la polizia svedese ad agire sarebbero state tra cinquanta e cento persone. Su alcuni volantini distribuiti dagli aggressori si legge:
”I bambini di strada nord-africani riceveranno la punizione che meritano”.
Le autorità, che subito dopo l’accaduto hanno arrestato tre persone, secondo il quotidiano Aftobladet sospetterebbero di alcuni gruppi radicali neonazisti. Lo scorso anno 163mila rifugiati hanno presentato domanda di asilo in Svezia: il ministro dell’Interno Anders Ygeman ha annunciato che il Paese vuole espellere circa la metà dei migranti.
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