Si uniscono a delfini, pappagalli e primati, nella lista degli animali di cui sappiamo che comprendono il concetto “numerico” di zero.
Una capacità non scontata, che possiedono anche i bambini piccoli ma che per essere formalizzata ha richiesto migliaia di anni alle società umane.
Zero, chi lo capisce è bravo
Lo zero, spiega Andreas Nieder in un pezzo di Perspective che accompagna il paper scientifico, è un concetto assolutamente cruciale nella matematica e nella cultura scientifica più in generale.
Eppure, come si accennava, è piuttosto complicato da afferrare: gli esseri umani cominciano a capire che anche il “nulla” può essere una quantità numerica, minore dell’uno, solo intorno ai quattro anni di età.
Ragion per cui, fino a qualche tempo fa, si pensava che il concetto di zero fosse ben al di là della portata cognitiva degli animali non umani; tale idea, però, è stata smentita da diversi studi, condotti soprattutto su
uccelli e primati, che hanno mostrato che tali animali non solo sono in grado di comprendere il concetto di numero, ma riescono a collocare lo zero all’estremo inferiore di una immaginaria linea numerica.
Sono furbe queste api
Lo studio appena pubblicato aggiunge al novero delle specie in grado di “afferrare” lo zero anche le api.
Per comprenderlo, gli scienziati, coordinati da Scarlett Howard, hanno dovuto mettere a punto un esperimento piuttosto complesso: anzitutto, hanno attratto gli insetti verso un muro che conteneva diversi riquadri bianchi, ciascuno dei quali aveva, sulla sua superficie, un numero diverso di forme nere, variabile tra due e cinque.
Alle api sono stati poi insegnati i concetti di “maggiore” e “minore”, premiandole ad esempio con il cibo quando volavano verso il riquadro con un maggiore numero di forme.
A questo punto, i ricercatori hanno introdotto due nuovi riquadri, fino a quel momento sconosciuti per le api, che contenevano rispettivamente una e nessuna forma nera, corrispondenti cioè ai concetti di uno e zero. E in questo modo, osservando il comportamento degli insetti, si sono resi conto che questi erano in grado di capire che lo “zero” era il minore tra tutti i numeri.
In particolare, le api si sono mostrate molto determinate nel comprenderlo quando si trovavano a confrontare il riquadro senza forme con un riquadro con quattro o cinque forme, ossia quando la differenza con lo zero era maggiore. Esattamente lo stesso che accade durante l’apprendimento del medesimo concetto negli esseri umani.
Parola all’esperto
“Lo studio in questione è importante”, spiega a
Repubblica Giorgio Vallortigara, professore di neuroscienze al Center for Mind/Brain Sciences dell’Università di Trento e autore di diversi studi sulla cognizione animale (è stato lui, tra le altre cose, a dimostrare
che i pulcini sono capaci di “contare” fino a quattro e che
i piccioni sanno riconoscere le parole),
“perché mostra per la prima volta che anche le api, oltre ad alcuni vertebrati, sono in grado di comprendere il concetto di zero come numero approssimato. Cosa che, in linea di principio, non era facile dimostrare: in prima istanza si potrebbe pensare, infatti, che le api e gli altri animali distinguano semplicemente tra ‘riquadro vuoto’ e ‘riquadro con forme'”.
In realtà, continua l’esperto, le cose non stanno così:
“A farci capire che le api sono in grado di comprendere quantitativamente il concetto di zero o di insieme vuoto è il cosiddetto effetto distanza: il tempo di reazione nel ‘riconoscere’ lo zero è tanto minore quanto più grande è l’altro numero con cui lo si confronta”.
Il che vuol dire che effettivamente le api (così come gli esseri umani) sono in grado di capire che lo zero è “più vicino” all’uno che non al cinque.
“Lo studio”, conclude Vallortigara, “ci fa inoltre capire che basta un sistema nervoso molto semplice, composto da appena un milione di neuroni, per sostenere il concetto di numerosità e quello di zero”.
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