Considera tutto ciò e porgi ascolto al diritto,
dimentica ogni violenza.
Ché tale è il costume che Zeus ha prescritto agli uomini:
i pesci e le fiere e gli uccelli alati si divoreranno fra loro, poiché non v’è tra loro diritto.
Ma agli uomini diede egli il diritto, sommo tra i beni.
Le opere e i giorni (Erga kài hemérai), vv. 274-278
Indice
1. La virtù popolare e il rovesciamento dell’aretè omerica 2. Il protagonismo del demos ionico 3. Le Opere e i giorni: la virtù del lavoro contro la hybris 4. L’ordine divino e l’intervento degli dèi nelle cose umane 5. La virtù del demos è la virtù dell’umanità
Critico della politica e della vita associata, Rousseau ha condotto una riflessione globale sui problemi della vita civile, dedicando gli sforzi più significativi alla costruzione degli strumenti politici ed educativi per modificare tale realtà.
Indice
1. I temi antiilluministi del Discorso sulle scienze e sulle arti
2. La critica della civiltà del Discorso sull’origine della diseguaglianza
2.1 La diseguaglianza è contraria alla legge di natura 2.2La contestazione delle visioni dello stato di natura di Locke e Hobbes
2.2.1Lo stato di natura in Locke 2.2.2Lo stato di natura in Hobbes 2.2.3 Lo stato pre-civile secondo Rousseau
3. L’Emilio
3.1 Libri I. L’infanzia e l’educazione negativa 3.2 Libro II. La fanciullezza e l’educazione positiva
3.2.1 L’autoregolarsi della libertà: dipendenza dalle cose e dipendenza dagli uomini 3.2.2 Contro Locke: l’illusione del ragionare coi fanciulli 3.2.3 L’esempio del maestro 3.2.4L’apprendimento della lettura
3.3Libro III. L’educazione dai dodici ai quindici anni
3.3.1 La nobiltà del lavoro manuale
3.4 Libro IV. L’adolescenza e l’educazione alla socialità 3.5 Libro V. La giovinezza
Questo bell’articolo del linguista Raffaele Simone sull’uso colonialista della parola, uscito su Domani del 23 febbraio 2025, passa in rassegna la preparazione retorica, o glottofagia, delle vecchie e nuove politiche di aggressione coloniale, dalle più note relative al Golfo del Messico e al Canale della Manica, oggetto dei poteri onomastici di Trump, alle meno conosciute, come quella del Monte Denali o dell’Alto Adige.
Dietro l’insistenza nel parlare di “Golfo d’America” e la scelta di togliere di nuovo il nome nativo del monte Denali in Alaska, c’è la stessa forma mentis che da secoli appartiene ai colonialisti: intaccare, alterare e magari distruggere gli oggetti simbolici di un popolo o di una cultura.
Prim’ancora di insediarsi, Donald Trump aveva annunciato, tra gli altri suoi propositi sconcertanti, che avrebbe ridenominato Golfo d’America quello che, fin dal Seicento, nelle carte nautiche spagnole si chiamava Golfo del Messico, come tuttora si chiama. E in effetti a questo tema ha dedicato uno dei suoi primissimi ordini esecutivi, anche se è stato osservato che in realtà i suoi “poteri onomastici” non possono andare oltre il confine degli Stati Uniti.
Dal numero 230 di Areale, la newsletter gratuita di aggiornamento sui temi della crisi climatica che Ferdinando Cotugno tiene dalle pagine di Domani, traggo la tristissima notizia che le balene stanno soffrendo la fame e la sorprendente novità dei lupi etiopi diventati impollinatori.
Rachel Carson, zoologa e ricercatrice, è stata una pioniera dell’ambientalismo. A lei si deve, tra le altre cose, la scoperta dei danni per l’uomo e per gli insetti del DDT. Il riferimento di Cotugno è a Primavera silenziosa.
Nell’autunno del 1962, Rachel Carson ci insegnò che l’inquinamento chimico dell’agricoltura americana aveva reso silenziosi i campi e la primavera.
Nella primavera del 2025, abbiamo scoperto che la crisi climatica ha reso silenziosi anche gli oceani e che le balene non cantano più, perché quando i cetacei hanno fame non cantano. E hanno fame perché il riscaldamento degli oceani ha ridotto il loro nutrimento, come una mensa in cui non cucina più nessuno.
Vissuto interamente nell’800, il genio di Nietzsche ha condizionato potentemente il 900, con la sua lettura dell’Occidente e i grandi temi della morte di Dio, dell’Übermensch (il superuomo, nel senso dell’oltrepassamento di sé), della volontà di potenza e dell’eterno ritorno dell’uguale.
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1. La fine, la grandezza, la strumentalizzazione, la rilettura critica 2. La nascita della tragedia
2.1 L’apollineo e il dionisiaco
3. Socrate e la morte della tragedia 4. Il prospettivismo 5. Le Considerazioni inattuali
5.1 La seconda Inattuale: Sull’utilità e il danno della storia per la vita 5.2 Terza e quarta Inattuale: Schopenhauer come educatore, Richard Wagner a Bayreuth
6.La filosofia del sospetto.Il Nietzsche illuminista di Umano, troppo umano 7. La filosofia del mattino
7.1 La morte di Dio 7.2 La diagnosi del nichilismo dell’Occidente
8. Il pensiero meridiano e i temi di Zarathustra
8.1Il superuomo 8.2L’eterno ritorno dell’uguale
9.La volontà di potenza 10. Filosofare col martello
L’esistenza non può essere pensata senza movimento e il movimento non può essere pensato sub specie aeterni […]
Infatti, nella misura in cui il pensiero è eterno c’è una difficoltà per l’esistente. L’esistenza è come il movimento: è molto difficile avere a che fare con essa. Se li penso li abolisco e quindi neanche li penso più. Sembra pertanto che sia esatto dire che c’è qualcosa che non si lascia pensare: l’esistere. Ma la difficoltà ritorna, e ciò per il fatto che il pensatore esiste, e il pensare pone insieme l’esistenza […]. L’esistere è per l’esistente il suo supremo interesse e l’interessamento ad esistere è la sua realtà. Ciò in cui consiste la realtà non può essere esposto nel linguaggio dell’astrazione. La realtà è un inter-esse tra l’unità ipotetica dell’astrazione di essere e pensiero […].
Dio non pensa, Egli crea; Dio non esiste, Egli è eterno. L’uomo pensa ed esiste e l’esistenza separa pensiero ed essere, li distanzia l’uno dall’altro nella successione […].
Kierkegaard, Postilla conclusiva non scientifica
Indice
1. L’enigma Søren 2. La filosofia tra scrittura e vita 3. Le possibilità e la scelta
3.1 La vita estetica: il gioco delle possibilità
3.2 Dall’estico all’etico: la scelta
4.Lo scacco dell’etica
4.1 La contraddizione tra etica e religione 4.2 L’angoscia come dimensione dell’esistenza
5.Il pensatore soggettivo e la dialettica dell’esistenza
1. L’enigma Søren
Nella vita di Søren Kierkegaard c’è un grande scarto tra la esiguità degli avvenimenti esteriori e la complessità di un’esperienza interiore che rimane in più punti indecifrabile, nonostante le migliaia di pagine del Diario e i numerosissimi spunti autobiografici presenti nelle opere.
Nel 1948, George Orwell scrisse un romanzo distopico ambientato nel 1984 che fu ascritto al genere della fantascienza.
La società immaginata da Orwell era dominata dalla sorveglianza universale del «grande fratello» ed il regime autoritario fondava il proprio controllo imponendo una lingua semplificata, pensata per scongiurare ogni forma di pensiero libero e divergente.
Sotto, i passi più significativi.
Ogni de-gradazione individuale e nazionale si manifesta subito
con una degradazione rigorosamente proporzionata al linguaggio.
Joseph De Maistre, Serate di Pietroburgo. Secondo colloquio
Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani.
Italo Calvino, Lezioni americane
Fine specifico della neolingua non era solo quello di fornire … un mezzo espressivo che sostituisse la vecchia visione del mondo e le vecchie abitudini mentali, ma di rendere impossibile ogni altra forma di pensiero
G. Orwell, 1984; Appendice, I principi della Neolingua
La libertà è la libertà di poter dire 2 + 2 = 4.
Se questa libertà è garantita, tutto ne segue
G. Orwell, 1984
[…] Accanto a questo si sviluppa […] la tendenza a non credere all’esistenza di una verità oggettiva,
perché tutti i fatti devono adattarsi alle parole e alle profezie di qualche führer infallibile
G. Orwell, Lettera del 1944 in cui illustra le tesi che cinque anni dopo inserisce in 1984.
Piero della Francesca, Polittico di Sant’Antonio (1460-70) – Galleria Nazionale dell’Umbria
La seconda tappa della formazione per docenti Percorsi storico-artistici nella città di Perugia, ha toccato la Galleria Nazionale dell’Umbria.
Il percorso comincia tra Duecento e Trecento, tra la magnificenza degli affreschi di Benedetto Bonfigli nella cappella dei Priori e la Madonna con Bambino di Duccio di Buoninsegna.
Prosegue con il tardogotico perugino di Gentile da Fabriano e si inoltra tra i capolavori di esponenti del Rinascimento come Beato Angelico, Benozzo Gozzoli, Piero della Francesca, Bartolomeo Caporali, Pinturicchio e Perugino.
Cara ai perugini che la chiamano col vecchio nome di Pinacoteca, la Galleria Nazionale dell’Umbria, è stata aperta al pubblico nel 1878, appunto come Regia Pinacoteca, quando si separò dall’Accademia di Belle Arti.
Il primo nucleo della collezione esposta a Palazzo de’ Priori viene, infatti, dal patrimonio dell’Accademia che aveva sede a Palazzo Murena e nella quale, in epoca napoleonica, erano confluite le opere delle congregazioni religiose soppresse.
La successiva requisizione del patrimonio ecclesiastico, avvenne con l’unità d’Italia del 1860, ma il patrimonio dell’Accademia continuò ad ingrandirsi anche negli anni successivi rendendo necessario il trasferimento nei nuovi spazi espositivi di Palazzo de’ Priori (1879).
Nove anni fa, Christian Raimo ha scritto per Internazionale questa importante riflessione sull’idiozia latente delle indicazioni che talvolta noi docenti diamo quando forziamo la richiesta di individuazione dei “collegamenti multisplinari” al punto di farne un gioco di libere associazioni, cioè poco più di una passeggiata narrativa tenuta insieme da legami deboli: una battaglia che pensavo di condurre in solitaria, fino a quando non ho letto questo articolo.
Maggio è il mese della febbre delle tesine. Ossia: i più di cinquecentomila studenti che tra un mese affronteranno l’esame di stato, ovvero quello che chiamiamo la maturità, devono preparare una breve ricerca di una quindicina, una ventina, di cartelle che, a partire da un certo argomento, s’impegni a toccare più materie possibile. I ragazzi per lo più vanno nel panico: cercano di arrangiarsi. Se hanno cominciato a chiedere lumi già al primo quadrimestre, arrivati a questo punto dell’anno mostrano schemi strampalati con un sacco di frecce.
“Porto il Mistero: così ci metto il velo di Maya in Schopenhauer, l’enigma di Edipo in greco, il codice Enigma in storia, e i numeri irrazionali in matematica, che ne dice prof?”.
Placido Rizzotto era un giovane contadino che dopo aver visto la seconda guerra mondiale e aver combattuto la guerra partigiana, si era messo alla testa delle rivolte contadine per l’occupazione delle terre incolte a Corleone, in Sicilia.
Placido combatteva contro l’ingiustizia millenaria dei feudatari e dei loro squadristi che ogni mattina, sulla piazza del paese, chiamavano i lavoratori a giornata ad uno ad uno, escludendo quelli che avevano alzato la testa e non avevano mostrato rispetto.
Portato via sulla piazza del paese il 10 marzo 1948, senza che nessuno osasse uscire a difenderlo, fu gettato, forse ancora vivo, in un dirupo inaccessibile a Roccabusambra, poco fuori Corleone.
Aveva appena tenuto un discorso memorabile alla Camera del Lavoro, nel quale aveva spiegato ai braccianti che lo ascoltavano che il nemico da combattere non erano il padrone o la mafia, ma la paura e l’ignoranza che cementano un potere ingiusto.
Quando le sue ossa sono state ritrovate, 64 anni dopo la sua scomparsa, il 9 marzo 2012, avevo la radio accesa e scrivevo il testo di una lezione introduttiva su Platone.
Sentendo leggere passi del suo ultimo discorso, mi sono accorta che Placido aveva capito, senza aver mai letto un dialogo platonico, il problema di “pensare la città giusta” e usava proprio le stesse parole di quell’uomo vissuto duemilacinquecento anni prima, per spiegare ai suoi compagni che l’ignoranza e la paura sono ciò che tiene in piedi l’ingiustizia.
Per questo la lezione introduttiva su Platone contiene un frammento di quel discorso [dal minuto 3:34]:
Nel video seguente, la sua storia raccontata da Pippo Fava nell’ultima intervista rilasciata prima di essere, a sua volta, ucciso [la versione integrale qui e qui].
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