22 Novembre, 2013
by gabriella
L’introduzione di Ugo Fabietti a Razza e storia, elaborato da Claude Lévy-Strauss per la Conferenza generale Unesco contro i pregiudizi razziali. Seguono le prime pagine del testo [cioè i paragrafi Razza e cultura, Diversità delle culture, L’etnocentrismo, Culture arcaiche e culture primitive] con mie annotazioni, segnalate in verde.
Non inclusi i paragrafi L’idea di progresso, p. 113, Storia stazionaria e storia cumulativa, p. 117, Il posto della civiltà occidentale, p. 123, Caso e civiltà, p. 126, La collaborazione delle culture, p. 134, Il doppio senso del progresso, p. 140]. Claude Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Torino, Einaudi, 1967, pp. 99-144.
Un manifesto antirazzista
Razza e storia nasce a seguito di una iniziativa dell’Unesco, organizzazione sorta nel 1945 all’interno delle Nazione unite con l’obiettivo principale di promuovere la collaborazione fra le nazioni nell’ambito dell’educazione, della scienza e della cultura. Nel 1949 l’Unesco prepara una Conferenza generale basata su tre risoluzioni relative alla lotta contro i pregiudizi razziali: 1) «Ricercare e riunire i dati scientifici riguardanti i problemi razziali»; 2) «Dare ampia diffusione ai dati scientifici così raccolti»; 3) «Predisporre una campagna di educazione fondata su tali dati». All’iniziativa dell’Unesco vengono invitati rappresentanti di discipline diverse: dalle scienze umane e sociali alla genetica alla biologia.
Razza e storia costituisce il contributo di Lévi- Straus alle riunioni convocate dall’Unesco. Il saggio, pubblicato per la prima volta nel 1952 in una collana promossa dalla organizzazione stessa, ha avuto poi varie edizioni e un’ampia circolazione. A distanza di anni rimane un manifesto antirazzista attuale, importante, inoltre, per lo spirito divulgativo con cui l’autore tocca aspetti cruciali della ricerca antropologica. Lévi-Strauss precisa nozioni come “civiltà”, “cultura”, “società”e considera in modo critico quelle di “differenza razziale“, “etnocentrismo”, “progresso”.
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22 Novembre, 2013
by gabriella
Oleg Shuplyak, Due tipi della stessa razza
Due testi utili all’analisi del dispositivo razzista: lo stralcio iniziale della recensione di Maurizio Iacono, L’eterno ritorno del diverso al libro di Alberto Burgio, La guerra delle razze e il nuovo ordine mondiale [Il Manifesto, 6 luglio 2001] e una scheda sul libro di Burgio, Gabrielli, Il razzismo. Qui, Il razzismo è una brutta storia, una ricerca condotta dagli studenti di alcune scuole superiori sui temi dell’integrazione razziale e della lotta al razzismo.
Che cos’è la naturalizzazione? E’ quel processo che fa sembrare come naturali fenomeni ed eventi che sono storici. Qual è l’effetto della naturalizzazione? Far apparire eterne e immodificabili situazioni, relazioni, condizioni in modo da legittimarle nella loro conservazione e permanenza. Il processo di naturalizzazione è qualcosa che risulta dalla trasfigurazione di un bisogno reale, il bisogno di essere rassicurati attraverso una perversione del senso di permanenza e di stabilità. Questo, invece di accompagnarsi al mutamento, si trasforma in un’immutabilità garantita dalla natura e da ciò che appare naturale. Da questo punto di vista, dire che la schiavitù esiste per natura e dire che gli uomini sono eguali per natura esprimono lo stesso errore epistemologico: entrambe le affermazioni delegano a un legge esterna, naturale quel che appartiene ai rapporti storici fra gli uomini. Per solito tuttavia la naturalizzazione ha funzionato e funziona soprattutto per far soggiacere le alterità e le diversità al mantenimento e alla perpetuazione delle disuguaglianze.
L’idea di razza e il razzismo appartengono sicuramente all’ambito della naturalizzazione. Ed entro tale contesto Alberto Burgio sta conducendo un’intelligente ricerca filosofica e storica che è anche una lotta contro il razzismo. Burgio, in questa direzione, è al suo secondo libro. In precedenza aveva pubblicato L’invenzione delle razze. Studi sul razzismo e revisionismo storico (manifestolibri, 1998) di cui ora esce quello che egli stesso aveva definito il complemento ideale, La guerra delle razze. L’ipotesi teorica centrale dei due libri è che l’ideologia razzista, in ogni sua variante, si colloca
su un dispositivo ideologico unitario: la trascrizione in termini naturalistici delle identità storiche, la loro naturalizzazione.
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22 Novembre, 2013
by gabriella
Giuseppe Bottai, Ministro dell’Educazione Nazionale
Razzismo e società italiana
Nella scuola di primo grado, coi mezzi acconci alla mentalità dell’infanzia, si creerà il clima adatto alla formazione di una prima, embrionale coscienza razzista, mentre nella scuola media il più elevato sviluppo mentale degli adolescenti, già a contatto con la tradizione umanistica attraverso lo studio delle lingue classiche, della storia e della letteratura, consentirà di fissare i capisaldi della dottrina razzista, i suoi fini e i suoi limiti. La propagazione della dottrina continuerà, infine, nella scuola superiore dove la gioventù studiosa, col sussidio delle cognizioni umanistiche e scientifiche già acquisite, potrà approfondirla e prepararsi ad esserne, a sua volta, divulgatrice e animatrice.
Giuseppe Bottai, 6 agosto 1938
È opinione diffusa, e prevalente nel circuito di informazione giornalistico e televisivo odierno, che il razzismo in Italia sia un elemento sostanzialmente estraneo all’identità nazionale. Gli opinionisti che si spingono a proiettare lo sguardo indietro nel tempo concedono al massimo il riconoscimento dell’aberrazione delle leggi del 1938, salvo addebitarne la responsabilità non tanto al fascismo quanto ad una specie di imposizione dell’alleato nazista; così facendo attribuiscono implicitamente al razzismo di Stato la natura di parentesi che, essendo il risultato di una forzatura esterna, una volta dissolto l’agente responsabile non poteva altro che chiudersi nel 1945 senza strascichi.
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22 Novembre, 2013
by gabriella
L’intervista de La Repubblica a Santino Spinelli in occasione della pubblicazione di Rom, genti libere.
Alzare il velo del pregiudizio è necessario per conoscere realtà di cui spesso non sappiamo nulla se non quel poco che appare, deformato, dagli stereotipi e dalle mezze verità. Utile per svelare tutto quello che è doveroso sapere sui Rom, è appena uscito il libro di Santino Spinelli, in arte Alexian, un italiano Rom, musicista e compositore, poeta, attore e saggista, oltre che docente di Lingue e processi interculturali all’Università di Chieti. Il suo Rom, genti libere, storia arte e cultura di un popolo misconosciuto, (Dalai editore) è il frutto di ben venticinque anni di studi e ricerche ed è un libro illuminante ma non certo facile, anzi per certi versi perfino ruvido, severo nei confronti di chi identifica grossolanamente i Rom con gli zingari e ambizioso nel suo proposito di restituire l’identità “invisibile” alla sua gente.
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13 Novembre, 2013
by gabriella
WASP
La reazione a Razza e storia e le conseguenze culturali del lavoro di Lévi-Strauss.
La pubblicazione, nel 1952, di Razza e storia non passò inosservata. Accanto alle lodi per un testo che affrontava in maniera diretta e ampia lo spinoso problema del rapporto tra “razza”e civiltà, vi fu chi espresse decise riserve che furono però – è bene precisare subito – il segno di una fondamentale incomprensione di gran parte della cultura francese di allora. C’erano stati la Seconda guerra mondiale e l’Olocausto; il colonialismo era morente; i problemi demografici e alimentari ricevevano allora, per la prima volta nella storia, un’attenzione mondiale. Non si trattava più soltanto di studiare sperdute umanità nel cuore delle foreste o dei deserti. Studiare piccole comunità marginali era certamente ciò che lo stesso Lévi-Strauss aveva fatto in Brasile ma a questo studio e a queste ricerche egli dava un respiro e un taglio problematico più ampio di quello che aveva fino ad allora caratterizzato l’antropologia nel suo Paese e altrove.
Il rapporto tra culture, il posto dell’uomo nella natura, il diritto che l’Occidente si era assunto di farsi “tutore” delle altre forme di vita sociale e culturale, erano temi “nuovi” per la discussione intellettuale e la preparavano ad altri dibattiti e confronti. E Lévi-Strauss parlava infatti dell’antropologia come di un argine che poteva opporsi all’inarrestabile avanzata planetaria dell’Occidente; avanzata che minacciava di negare la conoscenza e la comprensione – proprio in Occidente – delle umanità “altre”. Erano in pochi, allora, a capirlo davvero.
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29 Ottobre, 2013
by gabriella
In questi giorni, un vecchio video pubblicitario [Le Trèfle, Le papier a un grand avenir] sta facendo incetta di gradimenti su fb. La ragione per cui piace tanto è che sintetizza in modo geniale un punto di vista sul rapporto tra natura e spirito, uomo e donna, carta e tecnologia. A voi l’analisi semiotica del testo (multimediale).
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=KbMOLg-2SFw]
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16 Ottobre, 2013
by gabriella
Sui funerali del boia delle Ardeatine, un uomo da sotterrare, non seppellire, in un punto qualunque della crosta terrestre. Tratto da Il Manifesto, 16 ottobre 2013. In coda l’epigrafe di Piero Calamandrei contro Kesserling, mandato libero a otto anni dalle stragi di Marzabotto e delle Fosse Ardeatine.
Vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo,
dice Antonio, nel Giulio Cesare di Shakespeare. Ma finge, e la sepoltura si trasforma in sovversivo elogio funebre. Allo stesso modo, apertamente, gli eredi neonazisti di Erich Priebke non vengono a seppellirlo ma a pretendere di lodarlo.
La questione della sepoltura si è posta subito dopo il ritrovamento dei corpi degli uccisi alle Fosse Ardeatine. Mi raccontava la signora Vera Simoni, figlia del generale Simone Simoni (torturato a via Tasso e ucciso alle Fosse Ardeatine) che il generale John Pollock, comandante delle truppe alleate dopo la liberazione di Roma, aveva pensato che, visto che i corpi erano già sotterrati, si potevano lasciare lì e costruirci sopra un monumento. Ma sua madre, e altre vedove delle Ardeatine, si opposero: noi vogliamo il riconoscimento di tutti, uno per uno, dissero. Da lì cominciò il tremendo lavoro del professor Attilio Ascarelli, dei suoi collaboratori, e dei familiari in lutto, per tirar fuori i corpi dalla terra, riconoscerli, e finalmente seppellirli. Sotterrare non è lo stesso che seppellire: di mezzo, scrive Ernesto de Martino, c’è il pianto e c’è il rito, che servono a far passare la perdita in valore.
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21 Agosto, 2013
by gabriella
In una giornata paleolitica nella Rift Valley, l’invenzione del matrimonio esogamico e del corteggiamento di Edward ed Ernest, rispettivamente primo scienziato e primo filosofo della (prei)storia. Tratto da Roy Lewis, The Evolution Man (1960); trad. it. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene, Milano, Adelphi, 1992, pp. 87-106.
« Bene, ragazzi » fece papà. « Vi devo una spiegazione. Ma non fatevi venire strane idee, come quella di prendermi a sassate. Non provateci! Siete a tiro, io ho un sacco di munizioni e non avreste alcuna possibilità».
« Be’, insomma, la faccenda è molto semplice, e non c’è bisogno di scaldarsi. Ci ho pensato su un bel po’ e ne ho anche parlato a fondo con le vostre madri. Voi quattro avete passato la pubertà: siete adulti, a tutti gli effetti. Tu, Oswald, devi avere almeno quindici anni; Ernest ha forse un anno meno; lo stesso Alexander e Wilbur. Siete cacciatori ben addestrati; ve la sapete cavare nella foresta, nella savana e in montagna. Siete stati addestrati abbastanza bene nell’arte di lavorare la selce, anche se soltanto Wilbur è veramente bravo. Siete in grado di mantenervi; inoltre – vantaggio del tutto eccezionale per ragazzi della vostra età — sapete dove ci si procura il fuoco selvatico e come lo si mantiene acceso. Ora, per il bene della specie, è tempo che vi troviate delle compagne e formiate delle famiglie vostre; e questo è il motivo per cui vi ho portato qui. A meno di cinquanta chilometri più a sud c’è un’altra orda… ».
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21 Agosto, 2013
by gabriella
Dopo la dimostrazione genetica arriva la prova storica dell’incontro tra noi e il Neanderthal.
Scoperto il cranio umano che segna il passaggio dai Neanderthal all’uomo moderno. Risale a 55.000 anni fa, è stato trovato in Israele, a Manot, e aiuta a ricostruire la storia delle migrazioni dall’Africa verso il continente euro-asiatico, avvenute nel periodo compreso fra 40.000 e 60.000 anni fa. Pubblicata su Nature, la scoperta si deve al gruppo coordinato da Israel Hershkovitz dell’università di Tel Aviv.
Dopo che la genetica ha già dimostrato che il 4% del Dna dell’uomo moderno deriva dai Neanderthal, arriva la prova storica di questo incontro.
“Il Dna ci dice che c’è stato un incrocio e quindi una coesistenza fra Neanderthal e Sapiens ma non ci dice quando” osserva la paleontologa Laura Longo, dei Musei Civici Fiorentini. Questo fossile invece, sottolinea “è la prima prova che in Medio Oriente 55.000 anni fa, come si immaginava, vi è stata una coesistenza fra le due popolazioni”. Oltre a questo, aggiunge, esiste solo un altro fossile che testimonia l’incrocio fra Neanderthal e Sapiens, è stato scoperto in Italia a Riparo Mezzena (Verona) e risale a 39.000-40.000 anni fa.
Un’altra evidenza genetica dell’incontro tra Neanderthal e Sapiens sapiens
La scoperta dell’Homo Naledi
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11 Agosto, 2013
by gabriella
La rivista Socio-anthropologie ha ripubblicato nel 2000 un estratto commentato di un saggio ormai classico di Maurice Godelier che illustra le forme economiche e non economiche di circolazione dei prodotti sociali, con particolare attenzione al funzionamento del potlatch. In J. Copans, S. Tornay, M. Godelier, C. Backès-Clément, L’anthropologie : science des sociétés primitives ?, Paris, Editions E.P., 1971, 225-237.
Formes non marchandes de circulation du produit social
(…) Pour analyser ce domaine, il faut d’abord partir d’une distinction entre catégories de produits. Cora Dubois a distingué, de façon trop rigide mais utile, deux catégories de biens : les biens de subsistance et les biens de prestige qui circulent dans les sociétés primitives et paysannes. D’une façon générale, dans les sociétés primitives, les biens sont classés en catégories hiérarchisées, et leur échange et leur circulation sont fortement cloisonnés. On ne peut par exemple échanger un bien de subsistance contre un coquillage précieux. Paul Bohannan a employé le terme « multicentrée » pour caractériser la structure économique des sociétés primitives, à la différence du marché et de la production marchande. Chez les Tiv du Nigeria, les biens étaient répartis en trois catégories : biens de subsistance, biens de prestige (esclaves, bétail, métal), femmes.
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