Street Art a Gaza
Banksy ha pubblicato un breve filmato che lo ritrae mentre dipinge i muri degli edifici distrutti a Gaza.
L’artista si filma in prima persona, mentre entra a Gaza passando dai tunnel sotterranei che collegano la striscia all’Egitto, fingendo di proporre una nuova destinazione turistica allo spettatore occidentale:
“Make this the year you discover a new destination”,
o di illustrare le opportunità economiche che si aprono in un paese raso al suolo dove non è ancora stato consentito di far entrare del cemento.
Fra gli edifici distrutti dall’esercito israeliano durante l’ultima operazione militare si ergono i graffiti dell’artista, donne che piangono, bambini che giocano su una giostra costruita attorno a una torre di vedetta dell’esercito di Tel Aviv e un gattino che osserva un cumulo di rifiuti nascosto fra i detriti della città distrutta. Il video si conclude con la frase, scritta su un muro crivellato dai colpi:
If we wash our hands of the conflict between the powerful and the powerless we side with the powerful, we don’t remain neutral.
Se ci laviamo le mani del conflitto fra potenti e oppressi stiamo dalla parte dei potenti e non possiamo rimanere neutrali.
Il coda al testo, l’ultimo lavoro di Bansky: l’albergo fuori dal muro che promette la peggior vista al mondo.
In Time
“è rubare se è già stato rubato?”
In Time presenta un futuro presente in cui la moneta è diventata il tempo. Gli uomini sono geneticamente programmati per raggiungere i venticinque anni di vita, dopo i quali dovranno lavorare (o rubare) per accumulare tempo di vita sul proprio orologio biologico dal quale prelevare per tutte le loro necessità: un caffè costa tre minuti di vita, una notte in una suite di lusso un anno.
In questo contesto, presentato come l’esito prossimo venturo di un capitalismo darwinista in cui sopravvive il più adatto, i poveri muoiono giovani, mentre i ricchi sono potenzialmente immortali.
Il protagonista, Will, è il figlio premuroso di una madre, apparentemente venticinquenne, che compie cinquant’anni quel giorno. La storia si sviluppa con l’incontro del protagonista con un uomo ricco che salverà dai ladri di tempo in un pub del quartiere degradato in cui vive.
A questo gesto generoso, di pura, gratuita umanità (uno dei meriti del film consiste appunto nel rammentarci che tutto ciò che è davvero umano è gratuito, cioè dono) l’uomo, stanco di vivere, risponderà riversando tutto il proprio capitale biologico sul timer del salvatore. Prima di andare all’appuntamento con sua madre, Will regala così una parte del suo secolo di vita a un amico e ad una bimba di strada, ma la tragedia incombe perché l’aumento improvviso dei prezzi di trasporto (che, come mostra il film, non è casuale, ma è parte della mortifera strategia di dominio dei ricchi) impedisce a sua madre, a corto di vita, di salire sull’autobus per incontrare il figlio che può darle del tempo. Quando non la vede scendere, Will capisce e le corre incontro, ma è troppo tardi.
E’ a questo punto che, solo al mondo e carico di vita, decide di recarsi nella Time Zone, il quartiere dei ricchi, dove darà inizio alla sua battaglia.
L’abbazia di Sant’Eutizio, il Santuario di Macereto.
L’abbazia di Sant’Eutizio, uno dei luoghi del Progetto natura che dedichiamo alle nostre prime classi, è stata danneggiata dalla scossa del 26 ottobre: è crollato, infatti, il bellissimo rosone della facciata. Macereto ha, invece, resistito.
L’Abbazia di Sant’Eutizio si trova a Preci in Valnerina a circa 18 Km. da Norcia. Fu fondata dai monaci Siriani (i Padri del Deserto) nel V secolo ed è stata la culla del monachesimo occidentale poiché San Benedetto da Norcia si recava spesso da questi monaci che sono stati i suoi padri spirituali. L’abbazia sorse quindi su questo luogo dove era un oratorio eretto alla Vergine Maria, poi ampliato e il cui complesso venne restaurato nel 1236.
L’esterno è caratterizzato da una facciata originale, opera di Mastro Pietro, con un bel portale romanico ed un rosone chiuso dai simboli degli Evangelisti. L’interno, ad una navata, con il presbiterio rialzato e la cripta divisa da due colonne, custodisce un pregevole tempietto scolpito nel 1514 da Rocco di Tommaso da Vicenza dove sono custodite le spoglie di Sant’Eutizio; un coro ligneo del XVI secolo opera dell’artista locale Antonio Seneca ed una pietra scolpita dell’VIII secolo appartenente alla primitiva chiesa dedicata a Maria Vergine.
Molto suggestive le grotte del V secolo dove vivevano gli eremiti e il precorso naturalistico e storico da cui si diparte con un sentiero (grazie ad un intervento di Legambiente) fino a Norcia, nell’incantato scenario della Val Castoriana. Da segnalare che in quest’abbazia nacque la scuola di chirurgica preciana, sorta come diretta emanazione delle conoscenze e delle arti curative introdotte nella Valle Castoriana, intorno al V secolo. Presso il complesso monastico si formò una delle prime scuole di microchirurgia specializzata.
Dario Fo
«Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi» [dalla motivazione dell’attribuzione del premio Nobel per la Letteratura nel 1997].
Per quel poco che abbiamo da vivere, è meglio essere generosi che avari, gioiosi che magonosi. Ritroviamo la gioia di chiamarci compagni, non solo perché dividiamo il pane, ma perché dividiamo la gioia e la volontà di dileggiare i potenti con uno sberleffo. E allora, allegri bisogna stare, perché celebriamo la vita. L’unico grande mistero buffo della nostra esistenza.
Dall’orazione funebre di Carlo Petrini
Il grammelot in Mistero buffo, la denuncia in Morte accidentale di un anarchico, la critica sociale in Ho visto un re, qui interpretata da Enzo Jannacci e Giorgio Gaber.
Troppo in fretta ti sei invecchiato, non hai fatto in tempo a diventare saggio.
Shakespeare, Re Lear
Troppo in fretta mi son invecchiato, non ho fatto in tempo a liberarmi della leggera imbecillità della giovinezza!
Ruzzante
Vermeer e Bosch in Aprile
Nella nostra settimana di permanenza in Olanda, la Stradina di Delft tornerà al Rijks Museum e sarà in programma una grande mostra a Den Bosch, città natale di Hieronymus Bosch, dedicata al pittore.
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#MiraViderePotes ~
Perugia dall’alto filmata da Giampaolo Pauselli, Francesco Bastianelli e altri settanta concittadini.
Il signor G
Cito il signor G in 5H durante una lezione di filosofia e colgo sguardi interrogativi: allora eccolo qui.
Denis Diderot, Il libero servo Rameau. Rousseau, Il bisogno innalzò i troni, le scienze e le arti li hanno rafforzati
Il nipote di Rameau di Denis Diderot, capolavoro satirico della seconda metà del Settecento è la parabola grottesca di un musico fallito, cortigiano convinto, amorale per vocazione avvolto in un lucido cupio dissolvi. Nella sua imbarazzante assenza di prospettive edificanti, nella riduzione della vita a pura funzione fisiologica riesce in maniera paradossale a ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e delle possibilità di redimerla. Rameau si è offerto attraverso i secoli come un nitido archetipo di libero servo, innocua foglia di fico per padroni a tolleranza variabile. Scorgiamo dietro la sua perversità le paure del filosofo del perdere se stesso e i propri riferimenti etici nell’affrontare un primo embrione di libero mercato delle idee che intuiva stesse nascendo in quel turbolento e fervido scorcio di secolo. Rameau manca dai nostri teatri dagli inizi degli anni Novanta, un ventennio di profonde mutazioni nel corpo della nostra società civile, le sue contorsioni intellettuali quindi assumono nuovo e violento impatto e nuovi motivi di aspro divertimento (Terni, Teatro Secci – 1 e 2 novembre 2011).
Con piece come Il nipote di Rameau, che Diderot scrive tra il 1762 e il 1763, il ‘700 pensa il proprio tempo funzionalisticamente (con un secolo d’anticipo su Marx e un paio su Talcott Parsons), inquadrando lucidamente la funzione di legittimazione del potere da parte degli intellettuali. Era stato Rousseau, una decina d’anni prima, ad aprire il dibattito. Nel primo dei suoi Discours (il Discorso sulle scienze e sulle arti), in aperta rottura con il suo tempo che pensava se stesso in termini di éclairement (lumi, rischiaramento) e di superamento di ignoranza e superstizioni, il ginevrino aveva sostenuto infatti che
«l’epoca presente è il regno della falsità»,
le lettere e le arti non sono mezzi di illuminazione ma di occultamento dell’ingiustizia, perchè
«stendono ghirlande di fiori sulle catene»
di cui gli uomini sono carichi,
«soffocano in loro il sentimento di quella libertà originaria per la quale sembravano nati, fan loro amare la schiavitù e ne formano i cosiddetti “popoli civili”».
Il filosofo può così concludere che «
«il bisogno innalzò i troni: le scienze e le arti li hanno rafforzati».
Bisogna aspettare Foucault (1926-1984) perchè si chiariscano le modalità di quel dressage (disciplinamento, creazione di “corpi docili”) a cui Rousseau si riferiva in termini di “civilizzazione” dello spirito autentico de l’homme naturel.
L’opera omnia di Diderot è accessibile dal sito di Gallica, in lingua originale.
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