Archive for ‘Economia’

28 Novembre, 2012

Domenico Moro, Disoccupazione e rigidità salariale

by gabriella

Stralcio la parte relativa a disoccupazione e riforme di un articolo più ampio di Domenico Moro consultabile su Economia e Politica.

La Bce di Mario Draghi ritiene che la principale causa della disoccupazione strutturale non sia la crisi ma l’eccessiva rigidità salariale. La soluzione, quindi, sarebbe garantire maggiore flessibilità salariale proseguendo con le “riforme del mercato del lavoro”, come quelle che si stanno portando avanti in Italia (riforma Fornero), Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna.

Peccato, che ad oggi, il potere d’acquisto dei lavoratori si sia ridotto senza che la disoccupazione abbia smesso di crescere. Il punto è che oggi in Europa, come negli Usa, si tende a ricostituire un ampio esercito industriale di riserva”, che consiste di lavoratori a tempo che possano essere agevolmente inseriti e dismessi a seconda dei cicli di una economia che è destinata a mantenersi per chissà quanto tempo a un bassissimo tasso di crescita e molto lontana dalla piena occupazione.

Visto che le riduzioni salariali e del costo del lavoro non hanno mai creato maggiore occupazione, l’obiettivo reale delle riforme del mercato del lavoro è quello di contrastare la sempre più agguerrita concorrenza mondiale comprimendo i salari di milioni di lavoratori a livelli di sussistenza o addirittura al di sotto di tale livello. Archiviata la società del benessere e dei consumi, con buona pace dei teorici della “decrescita felice”, fa ritorno sulla scena sociale la figura del working poor o “povero che lavora”, ricattabile e disposto ad accettare condizioni e ritmi di lavoro peggiori. Del resto, che importa se il salario reale cala? Non è il mercato interno che interessa alle grandi imprese multinazionali ma quello mondiale. È il modello tedesco ad affermarsi. Peccato che, se tutti fanno così, sarà il mercato mondiale a crollare, così come sta crollando quello dell’area euro. Uno scenario che potrebbe diventare presto realtà, specialmente se gli Usa, dopo le elezioni presidenziali, rinunciassero allo strumento dello stimolo fiscale per affrontare il fiscal cliff.

24 Novembre, 2012

Jacques Sapir, Il costo del federalismo nell’Eurozona

by gabriella

In questo articolo, l’economista francese (École des hautes études en sciences sociales – EHEES) illustra l’impraticabilità economico-finanziaria delle retoriche del “più Europa”, evidenziando come le ipotesi di integrazione europea siano pura fantasia non appena si consideri l’entità dei flussi di trasferimento che sarebbero necessari a realizzarla. Non solo, ma l’analisi di Sapir mostra come le sole possibilità di sopravvivenza dei paesi del sud Europa siano nella svalutazione competitiva (uscita dall’euro) o in questi imponenti flussi di trasferimento in grado di ristabilire le condizioni di competività nell’eurozona. Solo per colmare il divario d’istruzione tra Italia e Germania in una singola fascia d’età, ad esempio tra i giovani diciottenni, l’Italia dovrebbe investire il 2% del PIL.

Qui, le opinioni di Sapir e dell’Economist sulla prossima crisi dell’eurozona, quella francese.

Ora sull’ipotesi “Federale” si sprecano fiumi di inchiostro. E’ presentata come “la” soluzione alla crisi dell’euro, le alternative essendo o un drammatico impoverimento dei Paesi “del sud” dell’Euro o un crollo dell’euzona [1] .Alcuni non esitano ad aggiungere che quest’ipotesi era già implicita nelle imperfezioni oggi riconosciute della zona euro [2] . Tuttavia, non sembra che si abbia una reale comprensione di ciò che comporta la formazione di una “Federazione europea”,  in particolare dal punto di vista dei flussi di trasferimento.
Per contro, cominciamo a sentirne lo stress, e in particolare l’abbandono della sovranità fiscale. La volontà della Germania di sottoporre i bilanci a una decisione preventiva di Bruxelles, naturalmente, va in questo senso [3] .
12 Novembre, 2012

Lorenzo Dorato, Quelle liberalizzazioni incostituzionali

by gabriella

Esemplarmente chiaro questo testo sul conflitto tra l’orientamento filoconcorrenziale dei trattati europei e quello mirato alla limitazione e alla regolazione della concorrenza di cui è espressione la Costituzione italiana.

Dorato spiega come si è giunti al completo rovesciamento della prospettiva costituzionale nel quale l’intervento attivo dello stato nel sistema economico è dichiarato “distorsivo” (fuori dalla logica concorrenziale di mercato) ed è divenuto del tutto residuale e limitato a quei settori economici che la Commissione ancora giudica non rilevanti. In tutti gli altri casi è semplicemente classificato come anticoncorrenziale e pertanto sanzionabile. Allo stesso modo vengono giudicate lesive della libera circolazione dei capitali tutte quelle norme di limitazione della libera concorrenza esistenti nei mercati privati protetti e fortemente regolamentati.

Gli obiettivi di liberalizzazione dei mercati (e in subordine logico quelli di privatizzazione) – definiti a partire dalle direttive dell’Unione europea della fine degli anni ‘80, principio anni ‘90 – si sono imposti come preminenti rispetto ad altri obiettivi di politica industriale ad essi divenuti subordinati, a scapito così di quella flessibilità discrezionale che aveva caratterizzato l’approccio delle politiche pubbliche di intervento nei sistemi produttivi nel trentennio immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale (e in parte già dagli anni ’30 del novecento).

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7 Novembre, 2012

Roberto Petrini, Matematica e Autisme-economie

by gabriella

La crisi economica ha riaperto la questione del rapporto tra matematica ed economia. La teoria mainstream ha fondato l’“equilibrio del sistema” su complesse costruzioni matematiche. Ma è incappata in clamorosi scivoloni: l’economia, infatti, non è una scienza esatta, ma una scienza storico-sociale.

Nel giugno del 2000 un gruppo di studenti di economia pubblicò sul web una petizione. I capi d’accusa che il documento formulava contro il modello di insegnamento dell’economia erano due: a) l’assenza di realismo; b. l’uso incontrollato e fine a se stesso della matematica. Il risultato – scrivevano gli studenti – era che l’economia stava correndo il rischio di diventare una scienza «autistica»: di qui l’esigenza impellente di bloccare questa nefasta tendenza. Da quell’appello nacque un vero e proprio movimento dal nome suggestivo ed evocativo: «Autisme-Economie».

Ma non sono solo gli studenti a denunciare il disagio dell’eccesso di matematizzazione dell’economia: già nel settembre del 1988, in una lettera a “Repubblica”, i maggiori economisti italiani lanciarono un severo ammonimento: “Economisti di varia tendenza e provenienza”, scrissero Paolo Sylos Labini, Giorgio Fuà, Giacomo Becattini, Onorato Castellino, Sergio Ricossa, Siro Lombardini e Orlando D’Alauro,

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2 Novembre, 2012

Luigi Cavallaro, Una Repubblica fondata sull’ozio

by gabriella

Questo bell’articolo di Luigi  Cavallaro  spiega attraverso la logica economica, spesso controintuitiva, la natura ideologica dei concetti di risparmio e austerità e prende posizione nel dibattito critico a favore di Keynes (qui la tesi contraria).

Risparmio, austerità. Il mantra dell’Unione Europea ha valore per gestire un bilancio familiare, ma non indica nessuna possibile uscita dalla crisi. Un percorso di lettura a partire da un volume dell’economista greco Yanis Varoufakis.

«Ha una ricetta per salvare le casse dello stato?», chiesero una volta ad Alberto Sordi. «È una ricetta semplicissima», rispose l’Albertone nazionale: «Si chiama risparmio. Si prendono i conti dello stato e si dice per esempio: tu, magistrato, guadagni un milione al mese di meno; tu, deputato, due milioni di meno; tu, ministero, devi diminuire le spese per la carta, il telefono, le automobili (il che sarebbe anche positivo per il traffico e l’inquinamento), e così via, informando mensilmente gli italiani, alla televisione e sui giornali, dei risparmi ottenuti. Allora si potrebbero chiedere sacrifici a tutti: diventerebbe una gara a chi è più bravo».

Era il 1995 e c’era ancora la lira, ma quella ricetta di politica economica ha lasciato il segno. Si dovrebbe chiamarla Sordinomics, in omaggio alla lingua madre della «scienza triste», perché non c’è dubbio che ad essa si ispirano le prescrizioni dell’Unione europea e, qui da noi, il loro esecutore (alias l’esecutivo) e i suoi tanti corifei, che non mancano un solo giorno d’informarci non solo dei risparmi ottenuti, ma soprattutto di quelli che si potrebbero ottenere se solo non avessimo sul groppone una «casta» di nullafacenti affamati e corporativi.

 

Nel paese delle banane

In effetti, è una constatazione di senso comune supporre che un individuo che si sia indebitato oltre il limite consentitogli dal proprio reddito debba ridurre i propri consumi e risparmiare di più per ripagare gli interessi e il capitale preso a prestito. Ma non sempre il senso comune equivale al buon senso: in generale, anzi, è sbagliato ritenere che ciò che vale per l’individuo singolo debba valere per la società nel suo complesso. Lo spiegò magistralmente Keynes nel 1930, nel corso di un’audizione al Macmillan Committee, ricorrendo ad un paradosso che né il compianto Sordi, né i corifei del governo, né il governo stesso (per non dire dei suoi mandanti europei) debbono aver compreso.

Supponiamo – disse all’incirca Keynes – che si dia una comunità che possieda solo piantagioni di banane. Il lavoro dei suoi membri consiste solo nel coltivarle: essi producono banane e consumano banane, in una quantità tale da garantire l’equilibrio tra le remunerazioni dei lavoratori occupati e il prezzo delle banane vendute. In questo Eden, viene improvvisamente lanciata una campagna per il risparmio: «Se non diminuiamo il consumo delle banane, ipotecheremo il benessere delle generazioni future», ammoniscono alcuni, e altri di rincalzo: «Stiamo distruggendo la capacità del pianeta di produrre banane, di questo passo non dureremo!». I lavoratori sono tipi un po’ bonaccioni e si fidano: il consumo delle banane prenderà quindi a diminuire. Ma siccome sul mercato l’offerta di banane è rimasta nel frattempo invariata, il prezzo di esse scenderà, consentendo ai lavoratori di acquistare esattamente la stessa quantità di banane di prima e per giunta pagandole di meno. A questo punto i lavoratori (e specialmente il loro partito, che è fatto persone altrettanto bonaccione) si convincono che sta andando tutto benissimo: la campagna per il risparmio non solo preserverà le generazioni future e lo stesso pianeta dai rischi di un consumo eccessivo e imprevidente, ma ha pure ridotto il costo della vita: cosa desiderare di meglio?

Sfortunatamente, non siamo ancora alla fine della storia. La diminuzione del prezzo delle banane, infatti, ha causato perdite gravissime agli imprenditori che conducono le piantagioni. Costoro allora cercheranno di rifarsi e allo scopo negozieranno con i sindacati dei lavoratori riduzioni del salario e licenziamenti collettivi. Non riusciranno però a evitare le perdite, perché riducendo le loro spese in salari ridurranno anche i redditi dei lavoratori e la loro possibilità di consumare banane. Il prezzo delle banane scenderà così di nuovo e da capo si avvierà un altro ciclo di perdite, riduzioni dei salari e licenziamenti, fino a quando tutti resteranno senza lavoro, la produzione delle banane si interromperà definitivamente e l’intera popolazione morirà di fame.

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29 Ottobre, 2012

Claus Peter Ortlieb, La sinistra keynesiana e i suoi desideri

by gabriella

Ortlieb offre una convincente analisi delle ragioni per cui le politiche pro-sociali che vorrebbero riportare i livelli di redistribuzione al periodo precedente la rivoluzione neoliberale, sono impraticabili, prendendo posizione nel dibattito critico contro Keynes.

In Germania, stavolta, saranno guai per i ricchi. La coalizione “Per una ripartizione equa” ha lanciato un’iniziativa, chiamando, non senza una certa audacia grammaticale, ad una giornata d’azione nazionale:

“C’è una via d’uscita alla crisi economica e finanziaria: redistribuzione! Noi non vogliamo più soffrire per la mancanza di prestazioni sociali e di servizi pubblici, e non vogliamo che la grande maggioranza della popolazione venga penalizzata. E’ piuttosto la ricchezza eccessiva, e la speculazione finanziaria, che deve essere tassata. Non si tratta solo di denaro, ma anche di solidarietà concreta in questa nostra società.”

In tal modo, la coalizione reclama un’imposta permanente sulle fortune eccessive dei contribuenti eccezionali, alfine di “finanziare in tutta equità la spesa pubblica e sociale indispensabile e ridurre il debito”, senza dimenticare la “lotta costante contro l’evasione fiscale ed i paradisi fiscali, ed in favore della tassazione delle transazioni finanziarie, contro la speculazione e contro la povertà, dappertutto nel mondo”.

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28 Ottobre, 2012

La crisi economica spiegata ai bambini

by gabriella

A costo di qualche semplificazione questo video americano, doppiato in italiano, aggira le letture interpretative correnti, puntando il dito su (alcuni de)i meccanismi fondamentali della crisi. Naturalmente, ciò che manca a questa creazione divulgativa è una riflessione convincente (vale a dire sociologica) sul perché il buon senso e la buona amministrazione stentano ad affermarsi. Hic Rodhus, hic salta!

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=TFLvVaC3p2w&feature=related]

Qui un altra lettura americana:

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=AsoYXIDVQQw]

14 Ottobre, 2012

La sussidiarietà spiegata dai lombardi (alla massaia di Voghera)

by gabriella

Se c’è ancora chi pensa che la sussidiarietà sia quella bella cosa che permette ai servizi di avvicinarsi ai cittadini e ai privati cittadini di contribuire direttamente (terzo settore, volontariato) alla loro erogazione, ascolti con attenzione la limpida spiegazione del suo funzionamento offerta dal capogruppo della Lega alla Camera (il quale omette di aggiungere che la devoluzione leghista è la radicalizzazione di questo meccanismo, ma come é noto, nessuno è perfetto) in un’intervista raccolta da Mauro Sanna per l’inchiesta sulla sanità lombarda messa in onda da RaiNew24.

Sanità lombarda. Come moltiplicare le spese coi bilanci in pari

L’onorevole Cé parte dall’osservazione che negli ultimi dieci anni la spesa sanitaria delle regioni è aumentata, a parità di prestazioni, dal doppio al triplo. Dopo aver valutato l’incidenza dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento delle patologie croniche conclude correttamente che deve esserci un problema strutturale. Questo problema prende il nome di “corruzione” per una percentuale scandalosa ma non determinante sul raddoppio o la triplicazione dei costi in questione, e di “sussidiarietà” per la restante parte, quella decisiva.

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5 Ottobre, 2012

Pasquale Cicalese, Banche e industria contro la Riforma Bassanini del titolo V

by gabriella

Secondo Cicalese, uno degli errori insostenibili della classe dirigente italiana degli ultimi vent’anni è stata la riforma del Titolo V della Costituzione, preceduta dal decreto legislativo n° 112/98 (cosiddetto Bassanini bis), che ha causato l’aumento incontrollabile dei costi dello stato e le possibilità di furto del denaro pubblico del nostro paese, uno dei più corrotti al mondo.

Un autentico delirio: la politica energetica, infrastrutturale, industriale e le sovvenzioni alle imprese sono state tutte regionalizzate, una parcellizzazione delle risorse che ha provocato un autentico cortocircuito. Metteteci la formazione professionale, fatta da quegli autentici enti parassitari, compresi i sindacati ufficiali, che sono gli enti di formazione, metteteci pure che per stabilire se un cittadino ha diritto all’invalidità passa da strutture regionalizzate, metteteci poi la spesa sanitaria e la politica agraria, anch’esse regionalizzate, e il delirio è servito.

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5 Ottobre, 2012

Dal terrore alla violenza estrema, Colloquio internazionale di Belgrado 8-10 dicembre 2011

by gabriella

Raccolgo gli interventi al Colloquio internazionale di Belgrado dedicato al passaggio dal terrore alla violenza estrema che caratterizzerebbe le società neoliberali e che Etienne Balibar colloca dubitativamente, nella sua relazione introduttiva, tra la constatazione, la profezia e l’avvertimento.

L’intervento introduttivo di Etienne Balibar

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