Archive for ‘Economia’

9 Settembre, 2012

Paul Krugman, I governi non intendono affrontare la crisi ma smantellare i programmi sociali

by gabriella

Un articolo di Paul Krugman (Nobel 2008 per l’economia), uscito in questi giorni sul New York Times, spiega perché le politiche di austerity sono insensate dal punto di vista economico, ma utili a smantellare i programmi sociali su scala globale.

 

L’agenda dell’austerity

Il tempo giusto per le misure di austerità è durante un boom, non durante la depressione.

Questo dichiarava John Maynard Keynes 75 anni fa, ed aveva ragione. Anche in presenza di un problema di deficit a lungo termine (e chi non ce l’ha?), tagliare le spese quando l’economia è profondamente depressa è una strategia di auto-sconfitta, perché non fa altro che ingrandire la depressione.

Allora come mai la Gran Bretagna (e l’Italia, la Grecia, la Spagna, ecc. NDR) sta facendo esattamente quello che non dovrebbe fare? Al contrario di paesi come la Spagna, o la California, il governo britannico può indebitarsi liberamente, a tassi storicamente bassi. Allora come mai sta riducendo drasticamente gli investimenti, ed eliminando centinaia di migliaia di lavori nel settore pubblico, invece di aspettare che l’economia recuperi?

Nei giorni scorsi, ho fatto questa domanda a vari sostenitori del governo del primo ministro David Cameron. A volte in privato, a volte in TV. Tutte queste conversazioni hanno seguito la stessa parabola: sono cominciate con una metafora sbagliata, e sono terminate con la rivelazione di motivi ulteriori (alla ripresa economica NDR).

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22 Agosto, 2012

Wolfgang Streek, Alle origini politiche del disastro finanziario. La crisi del 2008 è iniziata quaranta anni fa

by gabriella

Dall‘inflazione al debito pubblico al debito privato. Wolfgang Streeck, direttore dell’Istituto Max-Planck per lo studio delle società di Colonia, spiega in un testo chiarissimo le tre tappe della storia del fallimento delle politiche di mercato nel secondo dopoguerra: la Grande Recessione.

Il testo che segue è una versione abbreviata di un’analisi pubblicata sulla New Left Review, n° 71, Londra, settembre-ottobre 2011 (traduzione dal francese di José F. Padova).

Giorno dopo giorno, gli avvenimenti che segnano la crisi ci insegnano che ormai i mercati dettano la loro legge agli Stati. Falsamente democratici e sovrani, questi ultimi si vedono prescrivere i limiti di ciò che possono fare per i loro cittadini e suggerire quali concessioni devono esigere da questi. Per quanto riguarda le popolazioni s’impone una constatazione: i dirigenti politici non servirebbero gli interessi dei loro concittadini ma quelli di altri Stati o di organizzazioni internazionali – quali il Fondo monetario internazionale (FMI) o l’Unione Europea (UER) – al riparo dalle costrizioni del gioco democratico. Il più sovente questa situazione è descritta come la conseguenza di un inconveniente sullo sfondo della generale stabilità: una crisi. Ma è veramente questo il caso?

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20 Agosto, 2012

Argentina, Diario del saccheggio

by gabriella

Alla dignità e al coraggio di coloro che resistettero in quegli anni

Fernando E. Solanas

La storia dell’Argentina degli anni zero è quella di una guerra monetaria nella quale la parità del peso con il dollaro ha giocato un ruolo simile ai meccanismi di approfondimento delle diseguaglianze regionali della zona euro.

Il film dedicato da Fernando Solanas ai giorni del saccheggio insiste però soprattutto sui meccanismi di corruzione e di formazione del “debito odioso” (particolarmente nel 3° video) che hanno strangolato il paese. Il regista mostra un popolo che cerca di difendersi dagli effetti delle manovre di Cavallo e De la Rua e dalle loro conseguenze estreme: nell’ultimo spezzone le prime piccole vittime della fame nel nord dell’Argentina.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Q7bOj_Y2Etc&feature=relmfu]

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20 Luglio, 2012

Rodolfo Ricci, Italia, ratificato il Fiscal Compact. Ora non ci resta che uscire dall’euro

by gabriella

Nel più ampio silenzio mediatico che si sia mai registrato (assenza di servizi radiotelevisivi pressoché totale, autocensura  della quasi totalità dei giornali), la Camera dei Deputati ha ratificato oggi, con grande zelo e senza alcun dibattito significativo, con l’opposizione di 65 parlamentari di Italia dei Valori e Lega e con l’astensione di altri 65 parlamentari, il cosiddetto “Fiscal Compact”, che entrerà in vigore il prossimo gennaio a condizione che almeno 12 paesi lo abbiano ratificato (al momento erano solo 9, Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia).

L’Italia è quindi il decimo paese. Come si vede non ci sono ancora né Francia, né Germania, paese in cui la Corte Costituzionale si è riservata di emettere, entro Settembre, la propria sentenza sulla compatibilità o meno con la Grundgesetzt (Legge fondamentale). Il «fiscal compact» prevede infatti, come punti centrali, “l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la ‘regola aurea’ per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo”, provvedimento che limita definitivamente e rende permanente, almeno per i prossimi 20 anni, la sovranità dei singoli paesi che lo accettano, in materia di politica economica e sociale.

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18 Luglio, 2012

Giovanni Arrighi, Lu Zhang, Dopo il neoliberismo. Il nuovo ruolo del sud del mondo

by gabriella

Questo capitolo sulla Cina è contenuto nel libro che raccoglie gli ultimi scritti di Giovanni Arrighi [Cap. 5 di Capitalismo e (dis)ordine mondiale, a cura di Giorgio Cesarale e Mario Pianta, Manifestolibri, 2010]. Arrighi e Zhang vi analizzano il declino delle politiche neoliberali del Washington consensus e le radicali differenze con il possibile ordine futuro di un Beijing consensus.

Questo capitolo analizza quel che si può chiamare la “strana morte” del Washington consensus, con particolare riferimento al rafforzamento economico della Cina e a un cambiamento fondamentale nelle relazioni tra il Nord e il Sud del mondo1. Ciò che è “strano” riguardo questa morte è che essa sia avvenuta in un momento in cui le dottrine neoliberiste promosse dal consensus godono di un’autorità apparentemente incontrastata. Proprio per questa ragione, questa morte è stata poco notata, e le sue cause e conseguenze rimangono avvolte in una gran confusione.

Parte della confusione sorge dalla persistente influenza sulla politica mondiale di vari aspetti del defunto consensus. Come notato da Walden Bello, “il neoliberismo [rimane], semplicemente per forza d’inerzia, il modello standard per molti economisti e tecnocrati che… non hanno più fiducia in esso”. Inoltre, nuove dottrine stanno emergendo, principalmente nel Nord del mondo, che tentano di rianimare aspetti del vecchio consensus in forme più realistiche ed accettabili2. La nostra analisi non esclude né la residuale influenza del neoliberismo, come modello “standard”, né la possibilità di una sua rinascita in forme nuove. Semplicemente essa evidenzia che la contro-rivoluzione neoliberista dei primi anni Ottanta, della quale il Washington consensus è stato parte essenziale, ha fallito, creando le condizioni per un’inversione delle relazioni di potere tra il Nord e il Sud del mondo che sta già cambiando sia la politica mondiale che la teoria e la pratica dello sviluppo nazionale.

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3 Luglio, 2012

Catastroika

by gabriella

Un documentario greco torna a riflettere sui grandi esperimenti di privatizzazione degli anni ’90, dalla Russia di Yeltsin alla Germania Est dopo la riunificazione, per commentare quanto sta accadendo in Grecia e probabilmente presto in Italia.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Koa1SWGHhnM]

Era l’inizio del 1989 quando l’accademico francese Jaques Rupnik si sedette alla scrivania, per preparare un report sullo stato delle riforme economiche nell’Unione Sovietica di Mikhail Gorbaciov. Il termine che usò per descrivere il rantolo dell’impero fu Catastroika. Ai tempi di Yeltsin, quando la Russia istituì forse il maggiore e fallimentare esperimento di privatizzazione della storia dell’umanità, il Guardian diede al termine inventato da Rupnik un significato diverso. Catastroika divenno sinonimo della completa distruzione del Paese per mano delle forze che governano il mercato, della svendita dei beni pubblici e del rapido deterioramento degli standard di vita dei cittadini. Ora, l’unità per misurare la “catastroika” era diventata la disoccupazione, l’impoverimento sociale, il declino delle aspettative di vita, così come la nascita di una nuova casta di oligarchi che prende le redini di una nazione. Qualche anno dopo, la produzione di uno sforzo analogo nella privatizzazione massiccia delle proprietà pubbliche nella Germania riunificata (presentato ora come modello per la Grecia) creò milioni di disoccupati e alcuni dei più grossi scandali nella storia dell’Europa. E’ questa “Catastroika” che si sta abbattendo sulla Grecia, e forse presto sull’Italia.

23 Giugno, 2012

Emiliano Brancaccio, Deglobalizzare per evitare la “mezzogiornificazione” del sud Europa

by gabriella

In questa interessante intervista, Emiliano Brancaccio (professore di Economia all’Università del Sannio) esamina le previsioni estive di crollo dell’euro e le ipotesi d’uscita dalla grande recessione. A suo avviso, l’unico modo per evitare la “mezzogiornificazione” del sud Europa è proteggere gli asset produttivi locali e frenare la libera circolazione di merci e capitali, cioè deglobalizzare come stanno già facendo Argentina, Usa, Brasile, Cina e Russia.

Prima dell’intervista, un intervento di Brancaccio ad Omnibus del novembre 2011.

DOMANDA. Nonostante le elezioni in Grecia, che si ritenevano fondamentali per il futuro della zona euro, siano state vinte dai conservatori di Nuova Democrazia, gli attacchi speculativi ai titoli di stato continuano. A quanto pare, dunque, a rendere traballante l’euro non sono la sinistra radicale o i movimenti di protesta, bensì una fragilità sistemica interna. Non è così?

RISPOSTA: Lo sviluppo dei movimenti di protesta può accelerare la crisi della zona euro, ma le determinanti di questa crisi dipendono dai conflitti tra capitali europei e dalle tensioni che questi provocano sulla tenuta dell’Unione monetaria europea. Come più volte la signora Merkel ci ha ricordato, l’Unione è stata edificata su basi competitive. Il fondamento dei Trattati europei non è certo la solidarietà tra i popoli, ma la concorrenza tra capitali. Nel corso degli anni tale concorrenza è andata accentuandosi, e ha provocato una crescita degli squilibri nei rapporti commerciali tra paesi europei. La Germania, in particolare, ha accumulato surplus commerciali verso l’estero, vale a dire eccessi sistematici di esportazioni sulle importazioni. Di converso, l’Italia e gli altri paesi periferici dell’Unione hanno accumulato deficit commerciali, cioè eccessi di importazioni sulle esportazioni.  Questi squilibri hanno determinato un accumulo di crediti verso l’estero da parte della Germania e una corrispondente crescita dei debiti verso l’estero da parte dei paesi periferici dell’Unione. Debiti, è bene ricordarlo, sia pubblici che privati. Prima del 2008 la crescita economica mondiale trainata dalla finanza statunitense rendeva questi squilibri tollerabili. Ma da quando il regime di accumulazione globale trainato da Wall Street è entrato in crisi, le divaricazioni interne all’Unione monetaria europea si sono rivelate insostenibili. E le politiche restrittive che sono state finora adottate non hanno contribuito ad attenuare le divaricazioni. Anzi, in alcuni casi le hanno accentuate.

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16 Giugno, 2012

Alberto Bagnai, L’omodossia dei mercati spiegata da Voltaire

by gabriella

In questo delizioso saggio voltairiano di teoria della crisi, Bagnai-Candide spiega la grande recessione. 

L’obscurité n’est pas un défaut quand on parle à des bons jeunes gens avides de savoir, et surtout de paraître savoir.

L’oscurità non è un difetto quando si parla con dei bravi ragazzi
avidi di sapere, e soprattuto di sapere apparente.

Stendhal, Promenades dans Rome, 17 mars 1828.

1. Introduzione

Accolgo con vivo piacere l’invito a contribuire a questo numero dedicato al governo del sistema monetario europeo e internazionale. Se posso permettermi un po’ di leggerezza, mi solleva il fatto che qualcuno sia ancora interessato a raccogliere le opinioni di un economista, in un periodo nel quale la scienza economica è particolarmente discreditata per non aver saputo prevedere lo scoppio della crisi, e per non averne saputo scongiurare le conseguenze. Non credo che questi rilievi siano del tutto corretti: esempi illustri di analisi “profetiche” non mancano. Ammetto però che da qualche tempo gli scambi più proficui su questo tema mi capita di averli con studiosi esterni alla mia professione: storici,  geografi, giuristi. Questo dipende in parte dal mio percorso, che mi rende insofferente verso l’omodossia economica (non chiamerei “ortodossia” il cosiddetto pensiero mainstream, che è certamente unanime – omos – ma, visti i risultati, probabilmente non del tutto corretto – orthos). I benefici di questi scambi interdisciplinari dipendono però soprattutto dal fatto che essi costringono a riorganizzare le proprie categorie, a cercare nuove strade di trasmissione del proprio sapere “tecnico”, a reagire a stimoli imprevisti. Un esercizio utilissimo, da compiere con umiltà e con quel senso di responsabilità che deriva dal costituirsi rappresentante della categoria verso un mondo “esterno”. Il che obbliga a porsi due domande ben precise: in che modo posso aiutare la riflessione dei colleghi che hanno seguito altri percorsi (e farmi aiutare nella mia)? E in che modo posso fornire loro una rappresentazione critica ma non distorta dei risultati e delle aporie della mia disciplina?

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12 Giugno, 2012

Volos: la dracma? no il trueque

by gabriella

Le epoche di crisi di solito fanno germinare soluzioni ingegnose dirette a superare le difficoltà. Nel caso della città greca di Volos (una piccola località di 100.000 abitanti) la creazione della cosiddetta Rete di Interscambio e Solidarietà, due anni fa, non è derivata tanto dalla grave situazione economica che attraversa il Paese, ma dalla necessità di articolare un’alternativa da opporre all’attuale sistema economico [30 maggio 2012].

L’idea di fondo è partita dalle molteplici esperienze di comunità di trueque [1], che scambiano prodotti e servizi senza utilizzare alcuna moneta. Nel caso di Volos l’idea è stata perfezionata con la creazione di un modello di interscambio, il TEM (Unità Alternativa Locale, in greco), e di un avanzato sistema informatico così semplice nel suo funzionamento quanto efficace nei risultati.

“L’euro ce l’ha solo chi lavora, il TEM ce l’hanno tutti”.

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12 Giugno, 2012

Debtocracy

by gabriella

[Cliccare sul simbolo CC per attivare i sottotitoli in italiano].


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