19 Febbraio, 2017
by gabriella
Albert Camus (1913 – 1960)
La natura sovraindividuale, “metafisica”, della rivolta nell’esordio de L’homme revolté . Uno stralcio del saggio di Cristina Cecchi su Camus e Holloway pubblicato da Micromega.
«Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi».
La rivolta è una negazione che afferma. È un No che libera da per rendere liberi di. È destruens e construens in un unico movimento. Il No può essere pronunciato silenziosamente oppure ad alta voce; in ogni caso, il primo destinatario di questo messaggio è l’individuo stesso che lo emette. Il No consegue a una subitanea presa di coscienza e stabilisce il limite che l’individuo non può tollerare venga oltrepassato senza che i suoi propri diritti siano violati. Perciò è negazione e insieme affermazione:
«Così, il movimento di rivolta poggia, ad un tempo, sul rifiuto categorico di un’intrusione giudicata intollerabile e sulla certezza confusa di un buon diritto, o più esattamente sull’impressione, nell’insorto, di avere “il diritto di…”. Non esiste rivolta senza la sensazione d’avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione» [Albert Camus, L’uomo in rivolta, 1951]
La rivolta è il moto che nasce dalla ripulsa provata al cospetto di una condizione ritenuta ingiusta e che si sviluppa per opporre ciò che è preferibile a ciò che non lo è. Si insorge non solo per rivendicare una condizione migliore per se stessi: la rivolta, benché nasca in quanto c’è di più strettamente individuale nell’umano, è superamento dell’individuo in un bene ormai comune, perché affermazione di un diritto che trascende il singolo; l’insorto agisce, anche a costo della sua stessa vita, in nome di un valore (relativo, ovviamente) che sente di condividere con tutti gli umani.
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25 Gennaio, 2017
by gabriella
Giulio Cesare Vanini (1585 – 1619)
La potenza della parola, la forza della confutazione, l’ateismo del filosofo italiano salito al patibolo diciannove anni dopo Bruno. Tratto da Giulio Cesare Vanini, Morire allegramente da filosofi, a cura di Mario Carparelli, Saonara, Il Prato, 2011.
L’ateismo, per me, non è un risultato, e
tanto meno un avvenimento, –
come tale non lo conosco: io lo
intendo per istinto. Sono troppo curioso,
troppo problematico, troppo tracotante,
perché possa piacermi una risposta grossolana.
Dio è una risposta grossolana, una indelicatezza
verso noi pensatori –, in fondo è solo
un grossolano divieto che ci vien
fatto: non dovete pensare!
Nietzsche, Ecce homo
Il 9 febbraio 1619, a Tolosa, Giulio Cesare Vanini è condotto al rogo per essere giustiziato come «ateo e bestemmiatore del nome di Dio». All’aguzzino che deve accompagnarlo al patibolo dice, con fierezza, in italiano:
Andiamo, andiamo allegramente a morire da filosofo.
Come scrisse Schopenhauer, che considerò Vanini suo predecessore,
certamente fu più facile bruciare Vanini che riuscire a confutarlo; per ciò, dopo che gli fu tagliata la lingua, si preferì condannarlo a morte sul rogo [Schopenhauer, Parerga e paralipomena].
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16 Gennaio, 2017
by gabriella
Alcuni articoli sulle ragioni della diseguaglianza e sull’aumento vertiginoso della concentrazione di ricchezza (e conseguente aumento della povertà) dal 2007 ad oggi. Apre la raccolta Wealth inequality in America, un’illuminante infografica che mostra la difficoltà del pubblico a percepire l’entità della diseguaglianza economica. A seguire un articolo sull’Indice di Gini, uno strumento statistico di misurazione della diseguaglianza.
In coda, una cronaca dell’impoverimento mondiale, realizzata con contributi tratti da quotidiani, rapporti Istat e Oxfam e trasmissioni televisive, organizzati in ordine cronologico: 2009 – 2013 – 2014 – 2015 – 2016 – 2017 . Il Corriere del 28 aprile 2017, La concentrazione della ricchezza? Oggi come il Medioevo.
Wealth Inequality in America
Un video TDC evidenzia l’enorme distanza tra la differenza di ricchezza reale e quella percepita dagli americani, mostrando come l’opinione pubblica abbia difficoltà a rappresentarsi l’ampiezza della diseguaglianza economica e, conseguentemente, a valutare l’equità delle politiche di distribuzione della ricchezza (fiscalità generale, servizi sociali, ecc.).
https://scuola2030.indire.it/
http://asvis.it/goal10
L’indice di Gini
Il coefficiente di Gini, introdotto dallo statistico italiano Corrado Gini[1], è una misura della diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato come indice di concentrazione per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza [nell’immagine, la rappresentazione delle diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza di tutti i paesi del mondo nel 2009].
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14 Gennaio, 2017
by gabriella
Michel Foucault (1926 – 1984)
Forse, un giorno, non sapremo più esattamente che cosa ha potuto essere la follia. Resterà soltanto un enigma di questa Esteriorità. Quale era dunque, ci si domanderà, questa strana delimitazione che è stata alla ribalta dal profondo Medioevo sino al ventesimo secolo e forse oltre?
Perché la cultura occidentale ha respinto dalla parte dei confini proprio ciò in cui avrebbe potuto benissimo riconoscersi,in cui di fatto si è essa stessa riconosciuta in modo obliquo?
Perché ha affermato con chiarezza a partire dal XIX secolo, ma anche già dall’età classica, che la follia era la verità denudata dell’uomo, e tuttavia l’ha posta in uno spazio neutralizzato e pallido ove era come annullata?”
Michel Foucault
Tratto da Filosofico.net. Si veda anche la serie di articoli dedicati alla mostra parigina Malinconia: genio e follia in Occidente.
Michel Foucault, con la Storia della follia (opera pubblicata nel 1961 e inizialmente concepita come la sua tesi di dottorato, il cui titolo originale era: Folie et déraison. Histoire de la folie à l’âge classique), presenta il suo progetto più ambizioso ed acclamato: tracciare una grande genealogia della follia, attraverso la ricostruzione del suo profilo storico e l’attualizzazione di un’immagine che, oltrepassando gli sterili confini di una cronologia elencativa dei singoli eventi, giunge a ricoprire un piano della conoscenza molto più vasto e pregnante di quanto non possa sembrare. La metodologia di ricerca che qui viene utilizzata, infatti, risulta essere decisamente paradigmatica dell’autore, in quanto fungerà da modello ermeneutico per alcuni dei suoi più importanti scritti successivi, tra cui la Nascita della Clinica e Sorvegliare e punire.
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4 Gennaio, 2017
by gabriella
Secondo l’Oxford Dictionaries è la parola dell’anno 2016. Ma di cosa parliamo esattamente? La verità, quella assoluta, è un argomento difficile da maneggiare. E mentre il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella parla delle bufale nel web e della necessità di una rete di organismi nazionali per identificare e rimuovere le notizie false, altri, come alcuni nostri ascoltatori, criticano il fatto che il vero e il falso vengano gestiti dalle istituzioni, perché si rischierebbe una sorta di “fascismo 2.0”. Come arginare le bufale? Come appurare, ai tempi della rete e dei social network, la verità?
La puntata del 2 gennaio 2017 di Tutta la città ne parla [con Giovanni Pitruzzella, Nadia Urbinati, Massimo Mantellini, Stefano Laffi e Dario Antiseri], un articolo di approfondimento e critica dell’informazione di Contropiano.it ed uno sulla propaganda in relazione alla guerra in Siria [attenzione: il programma radiofonico si apre automaticamente, disattivarlo manualmente].
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15 Dicembre, 2016
by gabriella
La risposta di Jung ad un’amica che gli chiedeva conforto nel lutto per la morte del marito: una meditazione sulla futilità della consolazione e sulla bellezza misteriosa della vita.
Mia cara amica,
lei si chiede, e mi chiede, come possa la vita continuare dopo un evento così doloroso come solo può esserlo il distacco dall’amato, dalla persona cioè alla quale abbiamo unito il nostro desiderio e con la quale abbiamo affidato tutto noi stessi nelle mani del futuro. E’ questo è un interrogativo al quale, debbo confessarle, non so dare risposte.
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8 Dicembre, 2016
by gabriella
Otto domande sulla gnoseologia kantiana.
1. Spiega perché Kant parla di «rivoluzione copernicana» a proposito della sua filosofia
Kant parla della sua filosofia come di una rivoluzione copernicana, nella quale viene abbandonata l’idea che gli oggetti siano dati fuori di noi e poi siano da noi conosciuti ed affermata la tesi che essi invece si regolano sul nostro modo di conoscere, cioè sulle forme a priori della sensibilità e dell’intelletto, per poter essere oggetto d’esperienza e di conoscenza per noi .
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1 Dicembre, 2016
by gabriella
“Cultura, non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la nostra mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, i nostri rapporti con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri (…).
Cultura è la stessa cosa che la filosofia… ciascuno di noi è un poco filosofo: lo è tanto più quanto più è uomo… Cultura, filosofia, umanità sono termini che si riducono l’uno nell’altro (…). Cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque lo voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a se stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzarsi di capire; ogni giorno di più l’organismo di cui siamo parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, dì volontà; non addormentarsi, non impigrire mai; dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo le necessità, a difenderla o a sacrificarla.
La cultura non ha altro significato” [Antonio Gramsci, Quaderni del Carcere].
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1 Dicembre, 2016
by gabriella
Due interventi sulla riforma costituzionale di Salvatore Settis e Gustavo Zagrebelsky.
Settis ha scritto Costituzione. Perché attuarla è meglio che cambiarla (2016) in cui analizza articolo per articolo la portata della trasformazione voluta dall’esecutivo. L’esito del referendum, ha scritto,
«riguarda il nostro futuro, la possibilità che ci si possa battere ancora, sperando di vincere, perché l’orizzonte dei diritti profilato dalla nostra Costituzione possa essere attuato, oppure, viceversa, che ci si debba rassegnare al fatto che la distanza tra governi e cittadini, politiche e diritti, aumenti ancora inesorabilmente. Possiamo immaginare quel che commenterebbe Brecht: “Non aspettarti nessuna risposta oltre la tua”».
Zagrebelsky ha invece steso in quattordici punti una sorta di manuale di decostruzione delle retoriche del SI che diventa una vera e propria guida per comprendere la democrazia e l’autoritarismo e i motivi per cui la libertà deve essere difesa dagli attacchi interessati dei più forti.
Si, perché
«le questioni costituzionali non sono mai solo tecniche» – osserva nelle conclusioni – «a ogni modifica della collocazione delle competenze e delle procedure corrisponde una diversa allocazione del potere».
Qui, per l’appunto, un articolo di Micromega che ci ricorda come la riforma della Costituzione sia stata ritenuta necessaria alla prosecuzione del saccheggio da parte di JP Morgan e dell’alta finanza.
A Catania uno studente universitario mette in difficoltà il ministro Boschi sulla riforma costituzionale.Tutte le news ► http://www.tecnicadellascuola.it/
Publié par La Tecnica della Scuola sur jeudi 19 mai 2016
Salvatore Settis, Attuarla è meglio che cambiarla
L’appendice al volume di Salvatore Settis, Costituzione. Perché attuarla è meglio che cambiarla, Torino, Einaudi, 2016.
Download (PDF, 748KB)
Gustavo Zagrebelsky, Cambiare la Costituzione significa cambiare i rapporti di potere tra componenti dello stato
1. Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da vent’anni (o trenta, o anche settanta, secondo l’estro)
Noi diciamo che da quando è stata approvata la Costituzione – democrazia e lavoro – c’è chi non l’ha mai accettata e, non avendola accettata, ha cercato in ogni modo, lecito e illecito, di cambiarla per imporre una qualche forma di regime autoritario. Chi ha un poco di memoria, ricorda i nomi Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, Giovanni Di Lorenzo, Junio Valerio Borghese, Licio Gelli, per non parlare di quella corrente antidemocratica nascosta che di tanto in tanto fa sentire la sua presenza nella politica italiana. A costoro devono affiancarsi, senza confonderli, coloro che negli anni hanno cercato di modificare la Costituzione spostandone il baricentro a favore del governo o del leader: commissioni bicamerali varie, “saggi” di Lorenzago, “saggi” del presidente, eccetera. È vero: vi sono tanti che da tanti anni aspettano e pensano che questa sia finalmente “la volta buona”. Ma questi non sono certo “gli italiani”, i quali del resto, nella maggioranza che si è espressa nel referendum di dieci anni fa, hanno respinto col referendum un analogo tentativo, il tentativo che, più di tutti gli altri sembrava vicino al raggiungimento dello scopo. A coloro che vogliono parlare “per gli italiani”, diciamo: parlate per voi.
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8 Novembre, 2016
by gabriella
Mercoledì 16 Novembre
dalle 17 alle 19
presso la sala Walter Binni, in Via delle Prome (di fronte alla Biblioteca Comunale Augusta di Perugia)
Marco Casucci
introduce il tema
Su alte vette: Thomas Mann, Schopenhauer e Nietzsche
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