Archive for ‘Pedagogia’

13 Gennaio, 2014

Gabriele Boselli, La povertà degli INVALSI geometrico demonstrata

by gabriella

Da tempo non leggevo un articolo così bello sulla scuola. Lo legga chi si chiede a cosa serve la vetusta istituzione e a cosa (cioè CHI) dovrà servire in futuro, a cosa servono i test Invalsi e perchè l’OCSE ha deciso che dobbiamo somministrarli.

Per una valutazione delle scuole e di chi vi lavora
Rielaborazione di omonima pubblicazione dell’Autore uscita nel n. 30, annata 2011 di Encyclopaideia (Bononia University Press, Bologna) intorno a una possibile valutazione “di sistema” scientificamente attendibile e condivisibile dalle scuole

di Gabriele Boselli
consigliere CNPI

I paragrafi 13 e 14 della famosa “lettera dell’Europa” al governo italiano (scritta –pare- su bozza del destinatario di allora)  pongono in ulteriore evidenza il problema della valutazione. Sulla stampa scientifica e professionale e sui siti il tema è assai dibattuto  ma forse poco approfondito a livello epistemologico. Nel contempo, sempre più spesso vengono diffuse dai media sintesi assai negative sul valore della scuola italiana, derivate da ricerche che tengono conto solo degli aspetti più facilmente valutabili del rendimento scolastico, quelli esecutivi, automatici o in cui comunque la capacità di pensiero critico e creativo,  in un’ottica di visione seriale e pseudo-oggettiva dei processi educativi, non ha spazio. Una lettura attenta dei testi originari di simili importanti (che hanno una grossa portata nell’orientamento dell’ opinione pubblica) ricerche di sistema mostra poi una rappresentazione dei fenomeni più complessa ma pochi leggono le ricerche in originale e il danno d’immagine è comunque compiuto.

1. Sostenere la richiesta di valutazione, ma opporre alla prassi mediatica e al “pensiero amministrante”  ufficiale il rigore epistemologico

L’essenziale –è nota la frase di A. De Saint Exupery- “è invisibile agli occhi”. Ma il sistema vive esclusivamente nel visibile e nel tassonomizzabile e ne richiede imperiosamente un qualche simulacro. E’ dunque vero –la retorica politica lo impone- che qualcosa in materia di valutazione occorre fare: ma è necessario che sia fatto disinteressatamente, onestamente, scientificamente Soprattutto scientificamente, tenendo conto della complessità del tema e dell’ipercomplessità dell’epoca, non rinchiudendosi nei confini rituali di quello che Heidegger avrebbe forse additato come pensiero calcolante o amministrante (1)..
La ricerca pedagogica italiana prevalente in materia mi appare bloccata da una quarantina di anni sui lavori di M. Gattullo e B.Vertecchi; il primo, purtroppo, è morto da quindici anni e forse –data la sua matrice bertiniana- avrebbe cambiato idea; il secondo è vivo ma non ha proceduto oltre e i suoi allievi dominano il campo docimologico con i loro dogmatismi. Sarebbe ora di ripartire: l’istanza di scientificità (vedi anche di quegli anni i lavori di De Bartolomeis e della Becchi) potrebbe trovare ora risposte in modelli epistemologici diversi da un galileismo fuori tempo e fuori campo.
La ricerca mondiale sulle scienze dell’educazione ha recepito la lezione husserliana della Crisi delle scienze europee. Studi importanti sono ad esempio condotti nell’ambito del Wordl Phenomenolgy Institute di Vancouver diretto da A.T.Tymieniecka; in Italia dal gruppo di Encyclopaideia di Bologna (M.Tarozzi e M.Artoni), dal Centro di fenomenologia e scienze della vita di Macerata  (F.Totaro e D.Verducci), dal Centro italiano di ricerche fenomenologiche di Roma (A.Ales Bello).

(1)    Lo scenario di sociologia della cultura in cui il problema va considerato può essere quello disegnato da Saskia Sassen in un testo del 2006 che una volta sarebbe stato chiamato “fondamentale”: Territorio, autorità, diritti, ora presso Bruno Mondadori, 2008.
La globalizzazione dell’economia indebolisce le tradizioni culturali ed esige in ogni luogo del mondo una uniformità, informaticamente amministrabile, di processi valutativi che costituiscano il vero “programma ineludibile” delle strutture scolastiche. Vengono indebolite e denazionalizzate le teleologie su base filosofica e le prassi valutative intese come tradizioni di atti ermeneutici si perdono nell’embricazione asimmetrica con modelli resi forti (per il potere che li impone) di teaching for testing.

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12 Gennaio, 2014

BES: vestire di inclusione una politica che giustifica l’esclusione

by gabriella

scuola in declinoCon la direttiva 17.12.2012 sui Bisogni Educativi Speciali, il MIUR ha richiamato l’attenzione su quella parte rilevante del disagio scolastico non legata a deficit cognitivo o a disturbi d’apprendimento (DSA) certificati. Gli studenti con bisogni educativi speciali sono, infatti, bambini e ragazzi, in condizioni di difficoltà (linguistica, psicologica o sociale) non includibili nelle prime due voci.

Un documento dell’Università di Bologna, evidenzia gli anacronismi (l’Unesco ha raccomandato già dal 2000 di sostituire l’espressione Bisogni Educativi Speciali con Educazione per tutti e non si tratta di un problema nominalistico), le arretratezze (il paradigma biomedico a cui i BES fanno riferimento attribuisce tutte le difficoltà d’apprendimento all’individuo, mentre il modello relazionale o “comunicativo”, decisamente più aggiornato, le interpreta come il prodotto dell’interazione tra l’individuo e il suo contesto), ed infine l’ipocrisia di una direttiva che invita la scuola a farsi carico della complessità educativa e sociale, senza specifico supporto economico, organizzativo, formativo: non sono infatti previste risorse per gli strumenti didattici, il numero di alunni per classe resta di 27/35, né si prevede l’assegnazione di insegnanti di sostegno o di formazione per gli insegnanti.

In questo contesto, la direttiva 2012 sui BES può ben essere definita, come osserva Ivana Prete nell’ultimo intervento, come uno strumento che «vela di inclusione una politica che giustifica l’esclusione» per quanto, paradossalmente, in quel teatro dell’assurdo che è ormai la scuola, capita persino di doverlo difendere.

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3 Gennaio, 2014

Pierluigi Pellini, Perché gli studi umanistici oggi

by gabriella

Un bell’intervento di Pierluigi Pellini sulla crisi della cultura umanistica e la debolezza della sua autodifesa, costretta a muoversi all’interno del paradigma dell’utile o di un suo immaginario superamento. Tratto da Le parole e le cose.

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Bibliothéque Nationale de France

bonheur de dames

Che i saperi umanistici non servano a niente non è tesi nuova: la sosteneva per esempio, in data 1883, un personaggio di Zola, il commerciante Octave Mouret, proprietario del grande magazzino che dà il titolo al tredicesimo dei Rougon-Macquart, Au Bonheur des dames.

La tirata di Mouret, rivolta nel romanzo a un amico d’infanzia, riscuote l’evidente plauso dell’autore (a suo tempo bocciato all’esame di maturità):

dovrai ammettere che i tuoi diplomi non ti hanno dato nulla di quello che cercavi… Lo sai che il mio caporeparto alle sete prenderà più di dodicimila franchi quest’anno? Proprio così! Un ragazzo di un’intelligenza lucida che si è accontentato di imparare a leggere, scrivere e far di conto… Da me i semplici commessi intascano dai tre ai quattromila franchi, più di quello che guadagni tu; oltretutto, la loro formazione è costata meno della tua e nessuno li ha lanciati nel mondo con la promessa di conquistarlo… Certo, il denaro non è tutto. Però, se devo scegliere tra i poveri diavoli infarciti di scienza che invadono le professioni liberali per fare la fame e i ragazzi pratici, armati per la vita, che conoscono a fondo il loro mestiere, no, non ho il minimo dubbio a schierarmi dalla parte di questi ragazzi, perché loro sì che l’hanno capita l’epoca in cui viviamo!

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2 Gennaio, 2014

Ruth Benedict, L’educazione dei bambini in Giappone

by gabriella

Tratto da Il crisantemo e la spada, 1946.

Anche l’educatore occidentale più premuroso non riuscirebbe ad immaginare quali siano le cure che i Giapponesi riservano di loro bambini.

In America i genitori, pur preparando i loro piccoli ad un tipo di vita molto più sciolto e molto meno stoico di quel­lo giapponese, tuttavia, fin dall’inizio, non esitano a dimostrare al bambino che i suoi piccoli desideri non sono affatto legge a questo mondo. Noi siamo abituati ad imporre al bimbo un certo regime relativamente alla nutrizione e alle ore di riposo, e, anche se il piccolo protesta e fa i capricci, lo obblighiamo ugualmente ad aspettare il momento prestabilito per il cibo e per il sonno.

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10 Novembre, 2013

Moni Ovadia, Sull’identità ebraica

by gabriella

moni ovadiaNel testo dell’intervista Perché lascio la mia comunità ebraica, rilasciata a Il Manifesto e pubblicata il 9 novembre 2013, Moni Ovadia espone la sua visione dell’ebraismo, quale religione fondativa dell’universalismo e del nucleo originario dell’idea di giustizia sociale. Uno spirito che Israele avrebbe da tempo abbandonato, secondo l’attore, abbracciando un sinistro «ein Folk, ein Reich, ein Land», in virtù del quale persegue il genocidio palestinese.

Lunedì scorso tramite un’intervista chiestami dal Fatto Quotidiano, ho dato notizia della mia decisione definitiva di uscire dalla comunità ebraica di Milano, di cui facevo parte, oramai solo virtualmente, ed esclusivamente per il rispetto dovuto alla memoria dei miei genitori. A seguito di questa intervista il manifesto mi ha invitato a riflettere e ad approfondire le ragioni e il senso del mio gesto, invito che ho accolto con estremo piacere. Premetto che io tengo molto alla mia identità di ebreo pur essendo agnostico.

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23 Settembre, 2013

Graziano Cecchinato, Flipped classroom

by gabriella
Laurentius de Voltolina, 1350 ca

Laurentius de Voltolina, 1350 ca

Stralcio da questa introduzione alle flipper classroom (classi capovolte) suggerita da Lim e dintorni, le riflessioni più utili ad aprire il dibattito su una rivoluzione pedagogica affascinante [e problematica]. Le flipper classroom sono infatti classi nelle quali la lezione frontale è messa a disposizione dal docente su supporto multimediale e fruita fuori del tempo scuola, utilizzato invece per la discussione, l’approfondimento e la personalizzazione degli apprendimenti.

Come si vedrà, per molti aspetti, questa didattica rappresenta la possibile resurrezione di un attivismo pedagogico al quale, in Italia, il “riordino” gelminiano ha inferto il colpo mortale (cancellando o esternalizzando ogni tipo di laboratorio) [i lettori già introdotti alla storia della produzione e diffusione del sapere possono saltare l’introduzione].

Introduzione

Questo dipinto è datato attorno al 1350 e riproduce una lezione in una università europea. Ciò che raffigura è estremamente familiare. Ci sono tutti gli elementi fondamentali che contraddistinguono la realtà scolastica attuale: la cattedra e l’insegnante, il libro, gli allievi con i loro testi, attenti nelle prime file, distratti nelle ultime e c’è perfino … lo studente che dorme! Si tratta, ovviamente, di una semplice allegoria, ma guardando questa rappresentazione sembrerebbe che i secoli che ci separano da essa, lo sviluppo tecnologico, la ricerca pedagogica, la sperimentazione didattica e il contributo di generazioni di docenti non abbiano alterato in modo profondo le dinamiche, il clima, i processi che si svolgono nelle aule […]

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31 Agosto, 2013

Ivan Illich, Invece dell’istruzione

by gabriella

Ivan_Illich_1974In pagine che sembrano scritte ieri, tanto arretrato è (fortunatamente, in questo caso) il nostro paese in materia di aggiornamento del sistema scolastico, Ivan Illich commenta l’uso delle sue tesi sulla descolarizzazione da parte dei teorici liberali e dei sostenitori delle “scuole libere” (soprattuto alla fine del secondo paragrafo e nel terzo). Lo fa in uno scritto contenuto in una raccolta di cinque saggi, scritti in periodi diversi e tenuti insieme dall’obiettivo di tratteggiare una fenomenologia della soppressione dell’utilità, della convivialità, della creatività, a vantaggio dello scambio, dell’interesse, del lavoro. In una parola, dell’alienazione nella società industriale, posta a confronto con la sua alternativa, sempre possibile.

Come i calvinisti soppressero i monasteri per poi trasformare tutta Ginevra in un unico convento,
così noi dobbiamo temere che la soppressione della scuola
possa dar luogo a un’unica fabbrica mondiale del sapere.

Ivan Illich

Verso la fine degli anni ’60 tenni al Centro intercultural de documentaciòn (CIDOC) di Cuernavaca, Messico, una serie di seminari sul monopolio del modo di produzione industriale e sulle alternative concettuali adatte a un’epoca post-industriale. Il primo settore industriale che analizzai fu il sistema scolastico e il suo presunto prodotto, l’istruzione. Sette saggi che scrissi in quel periodo furono riuniti in volume nel 1971 col titolo Descolarizzare la società (trad. it. Mondadori 1972). Dal modo in cui il libro fu accolto mi accorsi che la mia descrizione delle funzioni latenti involontarie della scuola obbligatoria (il “programma occulto” della scolarizzazione) veniva usata impropriamente non soltanto dai fautori delle cosiddette “scuole libere” ma, ancor più, da maestri di scuola anelanti a trasformarsi in educatori degli adulti.

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24 Agosto, 2013

Alberto Bagnai, La scienza contro l’opinione e l’informazione

by gabriella

BagnaiEra parecchio che non leggevo una dimostrazione platonica così frizzante e convincente. L’occasione è la garbata lettera di un  giovane universitario che chiede al professore di indicargli della letteratura di indirizzo opposto a quello da lui difeso, nonché l’opinione su un tema già affrontato.

Bagnai coglie l’occasione per demolire con la consueta divertita irruenza le tesi comuni sulla liceità di ogni opinione (cioè dell’errore e della menzogna) senza cadere nell’aristocratica condiscendenza verso il giovane o l’ignorante: che il giovane si faccia saggio e l’ignorante studi è infatti necessario in democrazia.

Ho evidenziato in rosso i passaggi cruciali, in verde i miei commenti.

Una domanda lecita (?)

Ricevo da un lettore questa lettera, che commento brevemente e offro alla vostra discussione:

Professor Bagnai buonasera.

Le faccio innanzitutto i complimenti per il lavoro di divulgazione che sta svolgendo e che già ha svolto nel corso di questi mesi con indefessa passione ed efficacia comunicativa insolita tra gli economisti. Come me ha avvicinato molta gente alla materia economica e ha reso palese, con dovizia di argomentazioni, quanto il modello economico adottato da un Paese (o gruppo di Paesi) possa influire sulle scelte politiche e sugli ordinamenti dei singoli Stati (o esattamente il contrario). Sono un laureando in Farmacia e grazie agli strumenti da lei forniti ho potuto avere un approccio “soft” ed entrare umilmente in meccanismi che, diversamente, mi sarebbero rimasti per sempre oscuri.

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10 Agosto, 2013

Romano Luperini, Introduzione alla cultura medievale

by gabriella

Le linee generali della cultura medievale, da Studia Humanitatis.

Caratteri generali

 codice miniato cavaliere tedescoLa parola “Medioevo” significa “età di mezzo. Fu usata dalla cultura umanistica dei secoli XV e XVI, che voleva ricollegarsi direttamente al mondo classico dell’antichità greco-romana scavalcando idealmente l’“età di mezzo”. Quest’ultima era dunque rappresentata dai secoli intercorsi fra la caduta dell’Impero romano d’Occidente e la nascita della nuova cultura umanistica del Quattrocento e del Cinquecento. Il concetto di “età di mezzo” implicava una valutazione storica negativa di questo lungo periodo storico: nasceva infatti all’interno di una battaglia culturale volta a valorizzare il “nuovo” (il nascente Umanesimo) contro il “vecchio” (la cultura medievale, che occorreva superare per riprendere l’eredità del mondo classico). Questo giudizio negativo si è tramandato sino ad oggi, entrando a far parte del senso comune: si continua a dire, per esempio, “concezione medievale”, per significare che una determinata visione del mondo è superata o reazionaria.

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28 Giugno, 2013

Danilo Dolci, Ciascuno cresce solo se sognato

by gabriella

 Il prossimo 28 giugno ricorre il novantesimo anniversario della nascita di Danilo Dolci, alla cui opera Fahrenheit ha dedicato l’apertura della trasmissione del 5 marzo.

danilo dolci

C’è chi insegna
guidando gli altri come cavalli
passo per passo:
forse c’è chi si sente soddisfatto
così guidato.

C’è chi insegna lodando
quanto trova di buono e divertendo:
c’è pure chi si sente soddisfatto
essendo incoraggiato.

C’è pure chi educa, senza nascondere
l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni
sviluppo ma cercando
d’essere franco all’altro come a sé,

sognando gli altri come ora non sono:
ciascuno cresce solo se sognato.

 


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