Archive for ‘Scuola Pubblica’

28 Maggio, 2014

Sesso, tutte le bufale sulla contraccezione a cui credono le giovanissime

by gabriella

baby mammeI dati della più recente indagine della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia sull’ignoranza contraccettiva degli adolescenti italiani, nel resoconto del congresso della Società Europea di Contraccezione che chiede l’immediata introduzione dell’educazione sessuale a scuola.

Una volta non se ne parlava, ma anche oggi che viviamo nell’era della comunicazione circolano ancora molte leggende e falsi miti sul sesso e sulla contraccezione. Dalle ragazze che credono che basti un bacio per restare incinta a quelle che si lavano con la coca cola dopo un rapporto sperando che la bevanda sia un efficace spermicida.

A lanciare l’allarme sulla disinformazione delle giovanissime su questi argomenti sono stati i ginecologi della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), dal congresso della Società europea di Contraccezione (Esc) in corso a Lisbona, illustrando i risultati di un sondaggio che ha coinvolto 17 Paesi, fra cui l’Italia. Dalle interviste di quasi 9mila giovani donne tra i 20 e i 30 anni, di cui 456 italiane, sono emerse le bufale che circolano sul sesso e sulla contraccezione.

Il bacio: nell’elenco delle ‘bufale’ più diffuse resiste ancora il sempreverde effetto bacio. Una ex adolescente su 10 ha creduto che scambiandosi questa effusione poteva restare incinta.

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14 Maggio, 2014

Valeria Pinto, Valutare e punire

by gabriella

pintoValutare e punire. Una critica della cultura della valutazione, Cronopio, Napoli, 2012.

 

I presupposti cognitivisti della valutazione

[…] l’identificazione – assunta spesso del tutto ingenuamente – della conoscenza con i processi computazionali, ovvero con quella che si può ben chiamare una considerazione disincarnata e disincarnante della conoscenza, una certa idea cognitivista. Essa distacca la conoscenza dai processi materiali e soggettivi che la materiano, distillando da un lato una conoscenza meramente funzionale e dall’altro dei portatori di conoscenza sempre più alieni (e alienati) dalla (e nella) conoscenza che ‘supportano’: soggetti neu(t)rali e neu(t)ralizzati, da rendere anzi sempre più tali, cioè sempre meno coinvolti e capaci di interferire con la conoscenza che sono chiamati a produrre. Si tratta di un’idea letteralmente ingegneristica della conoscenza, legata alla progettazione di ‘sistemi esperti’ e guidata dal principio metodico per il quale conoscere qualcosa vuol dire essere in grado di riprodurlo, ovvero essere sempre in grado di delucidare il proprio operato.

Sganciata dalle percezioni corporee, depurata dalle sensazioni e dai sentimenti, dalle fantasie come dai desideri e dai bisogni concreti, dalle aspettative come dalle rinunce, svincolata cioè dall’accidentalità e caoticità dei contenuti di cui è intessuta e del tutto aliena dalla capacità di formulare giudizi, interpretare e determinare svolte o decidere alcunché, questa idea di conoscenza si sposa fino a combaciarvi con le esigenze di controllo funzionale attive negli approcci di tipo sistemico. È un’idea di conoscenza concepita interamente sotto il segno della esecuzione, dell’ubbidienza senza sforzo e senza tentennamenti a un sistema di regole definito in anticipo, dall’esterno e dall’alto.
Le considerazioni di tipo sistemico sono divenute ormai un modello privilegiato per trattare le questioni della conoscenza e della sua organizzazione soprattutto a livello istituzionale, grazie alla loro efficacia in fatto di gestione e progettazione di realtà complesse. Le esigenze di ottimizzazione che la valutazione persegue si intrecciano qui con il principio fondamentale del rendere più lineari e definite le funzionalità di sistema. Ora, in un sistema non meccanico ma ‘socio-tecnico’ qual è il sistema della conoscenza, il maggior elemento di variabilità, divergenza e attrito è rappresentato dalle individualità che lo compongono. Un’esigenza di sistema prioritaria è quindi quella di depurare per quanto possibile i soggetti in gioco dal potenziale di disturbo o ‘rumore’ implicito in ciò che eccede la loro funzione di portatori indifferenti e fungibili della conoscenza. A quest’opera di neutralizzazione e contenimento necessaria all’autoconservazione del sistema la valutazione mette a disposizione la sua capacità di portare in luce, estrarre, rendere trasparente il sapere tacito, cioè trattenuto e/o disperso (due cose che non sono affatto opposte tra di loro) dai suoi possessori.

 

La recensione di Eleonora de Conciliis, da Kainós.

In un’epoca di conformismo gregario travestito da individualismo radical chic, e in un’università, come quella italiana, giunta a sua volta ad uno snodo epocale (ovvero alla definitiva trasformazione in agenzia formativa tra le altre, che vende saperi spendibili su un mercato del lavoro cognitivo ormai tragicamente saturo), Valeria Pinto, che in quest’università insegna come professore associato di filosofia teoretica, ha deciso di prendere posizione – una posizione abbastanza solitaria e quindi scomoda, per non dire paradossale, visto che il suo libro, foucaultiano fin dal titolo e documentato con un’acribia ironicamente coniugata all’impegno teorico, attacca frontalmente la logica della valutazione che ha generato il decreto ministeriale in virtù del quale la stessa Pinto dovrà essere valutata per accedere, o almeno aspirare al ruolo di professore ordinario.

Poiché mi sono formata nella stessa università nella quale si è formata e attualmente insegna Valeria Pinto (la “Federico II” di Napoli), e poiché sono reduce da un’animata discussione intorno a questi temi svoltasi nella sede della casa editrice che l’ha pubblicato (Cronopio), la mia recensione, più che illustrare il contenuto del volume (già ampiamente recensito su quotidiani e riviste) sarà una riflessione su quell’incontro ed anche – in parte – un dialogo con coloro che colà sono intervenuti.

Ciò premesso, il principale merito genealogico di questo libro rischiosamente ‘militante’ ma, come vedremo, assolutamente impolitico, consiste nel mostrare fino a che punto ciò che sembra ormai a molti docenti (universitari e non) qualcosa di assolutamente naturale, apriorico e indiscutibile – la docimologia quantitativa, il sistema dell’istruzione come sistema di servizio per un’utenza e, dulcis in fundo, le famose mediane dell’abilitazione scientifica nazionale – sia in realtà qualcosa di costruito, artificiale, storico, per non dire basso e volgare: allo sguardo illuminante e indocile della critica 1, la sacra triade ‘trasparenza, valutazione e merito’ non appare affatto come natura, ma come storia, così come storica e impura è la logica concorrenziale che si è innestata nelle menti dei valutatori.

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13 Maggio, 2014

Girolamo De Michele, Perché i test a crocette fanno male alla scuola

by gabriella

invalsiDopo la regolamentazione del Sistema Nazionale di Valutazione inflitta alla scuola senza alcun coinvolgimento decisionale degli insegnanti, degli studenti e dei genitori, si avvicina la somministrazione dei test Invalsi (10 maggio per la Primaria, 14 maggio per la Secondaria di primo grado; 16 maggio per la Secondaria Superiore): non è solo una perdita di tempo sottratto al già tagliato orario scolastico, non solo stupidamente innocua e oscenamente costosa, né soltanto spensieratamente vessatoria nei confronti dei ragazzi DSA. Nell’articolo seguente, Girolamo spiega perchè il vantaggio di pochi sta prevalendo sul futuro di molti.

Immaginate di venire a sapere che l’autista dell’autobus, il macchinista del treno della metropolitana o del FrecciaRossa, il pilota dell’aereo su cui state viaggiando, abbia conseguito la patente senza esami e prove pratiche di guida, ma solo con l’esame scritto fatto con una serie di test a risposta multipla e di qualche sessione su un simulatore di guida come quelli che trovate nelle sale giochi. Immaginate di venire a conoscenza del fatto che su quell’autobus, quei treni, quell’aereo non sono stati effettuati dei crash test prima di abilitarli al servizio, e che la garanzia della loro tenuta sia stata ottenuta solo con delle proiezioni computerizzate.

Immaginate di andare a protestare dai dirigenti della rete di trasporto pubblico, dall’amministratore delegato delle ferrovie, dal presidente del consiglio di amministrazione della compagnia aerea, e di sentirvi rispondere che “è così in tutta l’Europa”; che avete ragione, ma “non è il momento di farci dei nemici, bisogna invece farsi furbi”; o che la vostra contrarietà a questi criteri di selezione e misurazione dimostra che “siete difensori di privilegi anacronistici, nemici delle norme di sicurezza e nostalgici del passato”.

Affidereste il futuro vostro e dei vostri cari a questi mezzi, questi conducenti, a questo sistema di trasporto?

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13 Maggio, 2014

Daniele Giglioli, Una risata non li seppellirà

by gabriella

L’amara riflessione di Daniele Giglioli sull’egemonia della demenza valutativa e sul soft fascism che si insinua nelle nostre scuole.

La cultura della valutazione è una forza che si fa ragione, non una ragione che diventa forza.

La cosa più sbagliata da fare è prenderli sottogamba, metterla in burletta, lasciarsi sedurre dall’incredibile mole di pasticci, retromarce, figuracce, ragionamenti sghembi e trattative levantine che hanno accompagnato in questi anni, in Italia, l’introduzione tardiva della cosiddetta «cultura della valutazione»: nell’università, nella scuola, nella pubblica amministrazione. Un paranoico potrebbe perfino pensare a una geniale strategia di comunicazione suggerita da qualche costosissimo spin doctor: non abbiate paura, siamo buffi.

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13 Maggio, 2014

Renato Foschi, Costruire il cittadino desiderabile: le prove INVALSI e la psicopedagogia

by gabriella

social engineeringC’è una pedagogia autoritaria dietro agli INVALSI: non si tratta di misurare competenze, ma di guidare attraverso i test la scelta delle competenze e dei saperi utili alla società di mercato del futuro. Gianni Rodari sarà ancora un autore desiderabile per questa scuola?

Apri, – gridò alla moglie, – in nome della legge.
Ma quale legge? Cosa le vuoi fare, a questa povera bambina?
Domanda piuttosto a lei cos’ha fatto. Domandale dove e come ha perso la scarpina. […]
(…) Nostra figlia è una spia, – esclamò il sor Meletti, buttandosi su una sedia. E agitando la scarpina che teneva in mano aggiunse: – Ne ho le prove. […]
Non c’è dubbio alcuno, – concluse, – nostra figlia lavora per i marziani.

Gianni Rodari, da La torta in cielo

Per una pedagogia a misura di bambino
non che misuri il bambino.

Renato Foschi

Nella introduzione alla terza edizione del suo Metodo, Maria Montessori scrisse che i test psicopedagogici somministrati ai bambini non portavano a riforme educative, ma a riforme degli esami fondate sulla misura delle abilità mentali degli allievi.

Di questi giorni è la polemica sulle prove INVALSI, dal nome dell’ente (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione) deputato alla standardizzazione di test destinati agli alunni delle scuole italiane e all’analisi dei risultati. Tali prove di abilità cognitive, in particolare relative all’italiano e alla matematica, iniziano nella seconda elementare e, per follow up successivi, intendono testare le generazioni degli studenti italiani, senza discriminare a livello individuale, [il che non è esatto, visto che sono inclusi anche in prove d’esame, ndr.] con l’intento di fornire la fotografia di come funziona il sistema educativo italiano per poi modificarlo di conseguenza. Tali prove da quest’anno, sono obbligatorie per legge (art. 51 comma 2 del Decreto-Legge 9 febbraio 2012, n. 5 convertito in legge n. 35).

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13 Maggio, 2014

L’imbarazzo dell’INVALSI davanti agli studenti con bisogni educativi speciali

by gabriella

L’imbarazzata precisazione dell’INVALSI sulle modalità di svolgimento delle prove per gli alunni con bisogni educativi speciali, in 7 pagine riesce a dire che i ragazzi con disabilità intellettiva, con limitazioni funzionali o con DSA, possono svolgere le prove con strumenti compensativi, purché non alterino la somministrazione del test al resto della classe. E’ esclusa la presenza dell’insegnante di sostegno (se assegnato) ed è possibile far svolgere le prove in un’altra stanza o in un’altra data.

Si sostiene, inoltre, che per ragioni legate alle peculiarità dei disturbi, le scuole, attraverso i Dirigenti scolastici, potranno decidere se esentare i ragazzi con bisogni educativi speciali dalle prove.

Per chi fosse curioso di leggersi la storia delle battaglie delle associazioni dei genitori con il SNV, si veda l’interessante ricognizione dell’AID del 9 maggio 2010. Balza evidente, in ogni caso, l’ipocrisia di chi non riesce a dichiarare che i test non hanno alcuna finalità educativa e che davanti alle necessità di standardizzazione, i ragazzi disabili o dislessici farebbero meglio a restarsene a casa.

 

Nota sullo svolgimento delle prove del SNV 2011‐2012 per gli allievi con bisogni educativi speciali

1. Premessa
A titolo di premessa generale, si precisa che la presente nota si riferisce solo ed esclusivamente alle prove del Servizio Nazionale di Valutazione (classe II e V scuola primaria, classe I scuola secondaria primo grado, classe II scuola secondaria secondo grado). Per la Prova nazionale prevista nell’ambito dell’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, invece, si rinvia a quanto previsto dalla normativa vigente.

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13 Maggio, 2014

Girolamo De Michele, Salvate il soldato Rigoni Stern

by gabriella

Alla vigilia della somministrazione dei quiz Ivalsi nelle scuole italiane Girolamo De Michele è andato a studiare la documentazione delle prove dell’anno scorso [l’intero fascicolo delle prove è scaricabile dal sito dell’INVALSI, quella di italiano per le scuole secondarie è l’Appendice 9]. Ciò che la sua inchiesta mostra con la consueta efficacia, è non soltanto il livello di approssimazione ed ignoranza degli estensori delle prove distribuite dal Servizio Nazionale di Valutazione, ma soprattutto le conseguenze sul piano didattico di cui il riduttivismo quantitativo di questi test è portatore.

Questa inchiesta è quindi rivolta a tutti quei colleghi che credono, o piuttosto sperano, che la valutazione esterna, una valutazione “più oggettiva” e “indipendente” o “meno benevola” della nostra, possa migliorare la didattica e gli apprendimenti nel loro insieme; é rivolta agli studenti perché esaminino le proposte e lo scenario formativo che si sta disegnando sotto i nostri occhi e possano chiedersi (anche perché nessuno gliel’ha ancora chiesto) se risponde ai loro bisogni e ai loro desideri; ed è rivolto ai genitori perché valutino con noi se la scuola che si sta progettando corregge o piuttosto demolisce quel sistema pubblico d’istruzione che è ancora l’unico a costruire inclusione e cittadinanza per i loro figli.

Siamo noi, com’è giusto, a valutare gli INVALSI.

Girolamo De Michele, Salvate il soldato Rigoni Stern

Lo scorso maggio gli studenti del secondo anno di istruzione superiore (licei e istituti tecnici e professionali) sono stati sottoposti alle prove dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI). Lo scopo di queste prove di “valutazione esterna” in italiano è di “accertare la capacità di comprensione del testo e le conoscenze di base della lingua italiana” (vedremo dopo le finalità più generali dell’INVALSI).

Per verificare queste capacità e conoscenze è stato chiesto agli studenti di leggere dei testi e rispondere a un certo numero di “domande a risposta chiusa”. Uno dei testi era il racconto di Mario Rigoni Stern “Sulle nevi di gennaio”, compreso all’interno della raccolta Aspettando l’alba e altri racconti (Einaudi, Torino 2004, in appendice). Il racconto, originariamente pubblicato su “La Stampa” del 19 gennaio 1994 col titolo “Sul Don, quel lontano inverno”, fa parte del “Ciclo del Don”: e infatti nel Meridiano Rigoni Stern è inserito, dopo i romanzi, tra i racconti della seconda guerra mondiale (alle pp. 859-863].

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13 Maggio, 2014

Matteo Vescovi, Testificare le menti, banalizzare la scuola

by gabriella

Un intervento di Matteo Vescovi sulla relazione valutativa e i test INVALSI uscito su Carmillaonline. In coda l’inchiesta di Silvia Di Fresco sulla chiusura di una piccola scuola e l’esclusione di chi ha di meno nell’Italia dei tecnocrati.

Silvia e Matteo, insieme a Girolamo De Michele miei amici e colleghi, sono diventati un costante punto di riferimento della scuola pubblica italiana più attiva, le penne capaci di esprimere il meglio di ciò che siamo. Hanno già scritto insieme L’arrestabile ascesa della scuola delle competenze e non li ringrazierò mai abbastanza.

I test scolastici sono un mezzo per misurare il grado di banalizzazione. Se lo studente ottiene il punteggio massimo, ciò è segno di una perfetta banalizzazione: lo studente è completamente prevedibile, e quindi può essere ammesso nella società. Non sarà fonte di sorprese, né di problemi.

Heinz Von Foerster

Che dalla voce di un Ministro “tecnico” di un governo “tecnico” non potessero che uscire elogi nei confronti di uno strumento anch’esso “tecnico” di valutazione “oggettiva” degli apprendimenti dei nostri studenti, certo non poteva stupirci. Come non ci ha stupito sentirlo tessere l’elogio di un sistema di valutazione finalmente “moderno” ed europeo che basandosi sulle evidenze di questi test possa fornire ai decisori gli strumenti necessari per conoscere e intervenire nel sistema di istruzione nazionale. Come non ci ha stupito nemmeno la sede squisitamente “tecnica” (un convegno organizzato dalle Fondazioni San Paolo e TreeLLLe) in cui queste affermazioni sono state rilasciate per la prima volta dal Ministro ai mezzi d’informazione.

Cerchiamo, però, di prendere in considerazione anche alcuni aspetti sgradevoli, ma purtroppo necessari quando si ha a che fare con “obsoleti” esseri umani e non con moderne tecnologie d’avanguardia.

Alcune ovvietà sulla relazione valutativa a scuola

Cominciamo esaminando alcuni aspetti generali della relazione valutativa [1]. Aspetti che ogni insegnante conosce bene anche se spesso rimangono sottintesi alla sua attività didattica. È evidente infatti che, prima ancora di qualunque riflessione sugli obiettivi e sulle metodologie, prima ancora delle griglie e delle scale alfanumeriche o delle strategie di correzione che fanno il mestiere dell’insegnare, l’attività di valutare è parte fondamentale della relazione educativa.

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13 Maggio, 2014

Domenico Chiesa, Perchè la valutazione dell’Invalsi può e deve essere sottoposta a critica

by gabriella

Traggo dal blog http://lavagna.wordpress.com un’interessante intervista a Domenico Chiesa, presidente del forum regionale per l’educazione e la scuola del Piemonte, realizzata da Cinzia Giubbini.

Come ogni intervento che cerchi legittimazione nell’ordine del discorso della scuola odierna, anche l’articolo di Chiesa non può che iniziare distinguendosi “dagli approcci ideologici, dalle chiusure e dalle paure” di tutti quelli che dissentono dal Ministero. A parte questa concessione al mainstream ormai rituale, l’intervista chiarisce aspetti importanti della valutazione che per sua natura è guardata dai professori con religiosa deferenza (per molti ormai, valutare, più che insegnare è il core business della professione docente).

di Cinzia Gubbini

Domenico Chiesa è presidente del Forum regionale per l’educazione e la scuola del Piemonte, un’associazione che raccoglie le 13 più importanti associazioni professionali di insegnanti, dirigenti e scuole che operano in regione. Inoltre coordina il servizio della provincia di Torino “laboratorio del biennio”. L’obiettivo è sostenere le scuole superiori nell’assolvimento dell’obbligo scolastico fino a 16 anni, e tra i settori di lavoro c’è quello del fornire strumenti per la documentazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi migliorativi messi in atto nella scuola superiore. E’ con lui che parliamo dei test Invalsi, quest’anno proposti anche nelle scuole superiori e che tante proteste hanno suscitato nel mondo della scuola. Un dibattito interessante quello che si sta sviluppando, macchiato però da chiusure, paure, ideologie contrapposte. La questione della valutazione, invece, è un elemento cruciale per rimettere in moto un processo positivo nella scuola italiana. Ma i limiti dei test Invalsi sono certamente molteplici, e Chiesa propone in questa intervista di aprire un dibattito e una riflessione approfondita su questi limiti proprio per cercare di avviare un ragionamento sulla valutazione scolastica.

Quali sono secondo lei i limiti principali dei test proposti dall’Invalsi? A mio avviso il problema principale è che la valutazione non può mai essere slegata da uno scopo specifico. Se voglio valutare qualcosa devo sapere cosa voglio valutare e dotarmi degli strumenti coerenti. La valutazione, insomma, non può essere uno scopo in sé. Per questo motivo non può essere valutata indipendentemente dallo scopo.

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13 Maggio, 2014

Gianluca Gabrielli, Contro i devoti della misurazione

by gabriella

Il collega Gianluca Gabrielli ha pubblicato per il Centro Studi per la Scuola Pubblica uno studio completo sugli INVALSI, dalla storia all’epistemologia fino alle finalità e agli errori.

Negli anni Ottanta del secolo scorso si aprì un dibattito storiografico tra i sostenitori del metodo quantitativo e quelli del metodo interpretativo. La critica che questi ultimi rivolgevano ai nuovi adepti della quantificazione assoluta era la confusione nelle categorie e la sottovalutazione dei presupposti teorici che erano sottintesi a questa nuova metodologia di ricerca. Insomma: con l’entusiasmo del nuovo metodo, potenziato dall’uso allora pionieristico dei primi calcolatori, gli storici quantitativi spesso dimenticavano di ragionare su “cosa contare” e si mettevano a farlo senza andare troppo per il sottile, evitando un doveroso chiarimento sui presupposti dell’operazione. La scientificità del lavoro non scaturiva – per essi – dalle caratteristiche del campione, dalla scelta degli oggetti di ricerca e dei particolari aspetti di essi da contare, dallo studio dei contesti e dei condizionamenti esercitati dagli altri elementi della realtà e dalle categorie dell’osservatore sugli oggetti isolati per l’“esperimento” quantitativo, dall’attenzione nel soppesare i diversi elementi in gioco; l’oggettività per essi emanava dalla misurazione, dalla quantificazione, dalla massa di dati che potevano essere standardizzati ed elaborati con procedure statistiche.

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