Archive for ‘Storia’

28 Ottobre, 2014

Kobane

by gabriella

Noi, popoli delle Regioni autonome, ci uniamo attraverso la Carta in uno spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, per garantire a tutti di esercitare la propria libertà di espressione. Costruendo una società liberà dall’autoritarismo, dal militarismo, dal centralismo, e dall’intervento delle autorità religiose nella vita pubblica, la Carta riconosce l’integrità territoriale della Siria con l’auspicio di mantenere la pace al suo interno e a livello internazionale.

Dalla Carta di Rojava

Partigiani curdi del PKK a Kobane. 28 ottobre 2014

Partigiani curdi del PKK a Kobane. 28 ottobre 2014

 

Lettera di Kader Ortakaya ai familiari

Kader

Kader Ortakaya

L’ultima lettera di Kader, uccisa ieri (10 novembre 2014) dai soldati turchi mente cercava di passare il confine a Kobane per unirsi alla resistenza curda. Il testo è stato presentato al parlamento turco, insieme alla richiesta di spiegazioni, da alcuni deputati dell’HDP.

Cara famiglia, sono a Kobanê.

Questa guerra non è solo una guerra del popolo di Kobanê, ma una guerra per tutti noi.
Mi unisco a questa lotta per la mia amata famiglia e per l’Umanità.
Se oggi manchiamo nel vedere questa guerra come una guerra per noi, resteremo soli quando domani le bombe colpiranno le nostre case.

Vincere questa guerra significa che vinceranno i poveri e gli sfruttati.
Io credo di poter essere più utile unendomi a questa guerra che andando a lavorare in un ufficio.
Probabilmente, vi arrabbierete con me perché vi rendo tristi, ma prima o poi capirete che ho ragione.
Auguro a tutte e tutti di vivere liberamente e da uguali.
Non voglio che nessuno venga sfruttato per tutta la vita, per avere un pezzo di pane o un riparo.

Perché questi desideri si avverino, bisogna lottare e combattere.

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20 Luglio, 2014

Shostakovich, Sinfonia n. 10

by gabriella

Composta in occasione della morte di Stalin dal compositore sovietico, più volte censurato durante gli anni dello zdanovismo.

 

11 Maggio, 2014

Jean François Bossy, Atelier philosophie et Shoah

by gabriella

La scelta di testi (per ora in francese) del laboratorio filosofico tenuto nel novembre 2011 da Bossy al Mémorial de la Shoah. Le questioni affrontate: la sparizione o la cancellazione delle tracce come struttura del crimine; la struttura ricorsiva dell’antisemitismo; l’impossibilità del lutto e dell’oblio [quest’ultimo testo è in traduzione].

 

I. La disparition ou l’effacement des traces comme structure du crime

camera a gas del Krematorium I

Auschwitz Birkenau, Camera a gas del Krematorium I

Texte 1: « Ainsi la peur des camps des camps de concentration, et les vues qui en résultent quant à la nature de la domination totale, peuvent-elles servir à […] fournir, par delà celles-ci, la principale échelle à laquelle rapporter les événements politiques de notre temps : servent-ils ou non la domination totalitaire ? En tout cas, l’effroi dont est frappée l’imagination a le grand avantage de réduire à néant les interprétations sophistico-dialectiques de la politique, qui sont toutes fondées sur la superstition que du mal peut sortir le bien. De telles acrobaties dialectiques eurent un semblant de justification aussi longtemps que le pire traitement qu’un homme pouvait infliger à un autre était de le tuer. Mais, nous le savons aujourd’hui, le meurtre n’est qu’un moindre mal. Le meurtrier qui tue un homme – un homme qui devait de toute façon mourir – se meut encore dans le domaine de la vie et de la mort qui nous est familier ; toutes deux ont assurément un lien nécessaire, sur lequel se fonde la dialectique, même si elle n’en est pas toujours consciente. Le meurtrier laisse un cadavre derrière lui et ne prétend pas que sa victime n’a jamais existé ; s’il efface toutes traces, ce sont celles de son identité à lui, non le souvenir et le chagrin des personnes qui ont aimé sa victime ; il détruit une vie, mais il ne détruit pas le fait de l’existence lui-même. Les nazis, avec la minutie qui les caractérisait, avaient coutume d’enregistrer toutes leurs activités dans les camps de concentration sous la rubrique « Sous l’épaisseur de la nuit (Nacht und Nebel) ». Le radicalisme des mesures prises pour traiter les gens comme s’ils n’avaient jamais existé et pour les faire disparaître au sens littéral du terme n’apparaît généralement pas à première vue. La véritable horreur des camps de concentration et d’extermination réside en ceci que les prisonniers, même s’il leur arrive d’en réchapper, sont coupés du monde des vivants bien plus nettement que s’ils étaient morts ; c’est que la terreur impose l’oubli. »

Hannah Arendt, Le système totalitaire, Points-Seuil, 1974, p. 179-180.

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1 Aprile, 2014

Sulla morte di Mohammad Al Durrah

by gabriella

AlDurrahIl 30 settembre 2000, muore a Gaza, durante la seconda intifada, la rivolta popolare esplosa nei territori palestinesi in reazione alla provocatoria passaggiata di Ariel Sharon sulla spianata delle moschee, il dodicenne Mohammed Al Durrah. Tre anni dopo i fatti, dopo un silenzio seguito all’iniziale ammissione di responsabilità di Israele nell’assassinio dei civili gazawi tra i quali il ragazzino, inizia una violenta campagna – in Francia e in Israele, con echi in tutto il mondo – contro Charles Enderlin, autore del reportage ritenuto un montaggio propagandistico con finalità di antisemitismo.

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11 Febbraio, 2014

Cecilia Calamani, I Patti lateranensi

by gabriella

patti_lateranensiEsattamente 85 anni fa il Duce firmava i Patti che ancora oggi governano i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica e così li consacrava: «Con gli atti dell’11 febbraio il fascismo raccomanda il suo nome ai secoli che verranno».

Maggio 1929. Il capo del governo Benito Mussolini mette ai voti nel parlamento fascista la ratifica dei Patti lateranensi già firmati l’11 febbraio con il cardinale Pietro Gasparri in rappresentanza della Santa Sede. Nel discorso conclusivo al Senato, il Duce bacchetta apertamente Benedetto Croce, che ravvisa nei Patti un tradimento del principio “Libera Chiesa in libero Stato” evocato da Cavour subito dopo la costituzione del Regno di Italia:

«Ma ora debbo occuparmi del discorso del Senatore Croce […] Ed allora siccome il protocollo lateranense si compone di tre parti: trattato, concordato e convenzione finanziaria, bisogna scendere al concreto. E’ il “modo” del trattato che non vi piace? Vi sembrano forse eccessivi quei quarantaquattro ettari, cioè l’attuale Vaticano con qualche cosa in meno, passati in sovranità al Sommo Pontefice, oppure vi sembra sterminato il numero di quattrocento sudditi volontari, non tutti italiani, che formeranno il popolo della Città del Vaticano? Sono i millecinquecento milioni di lire carta che feriscono la vostra sensibilità di cauti amministratori delle vostre rendite, oppure è il concordato, oppure tutte le tre cose insieme? […] Ho molto riflettuto su questa formula; ma io credo che lo stesso Cavour non si rendesse conto di che cosa, in realtà, questa formula potesse significare. Libera Chiesa in libero Stato! Ma è possibile? Nelle nazioni cattoliche, no. Le nazioni protestanti hanno risolto il problema, facendo in modo che il capo dello Stato sia anche il capo della loro religione, e hanno costituito la Chiesa nazionale.

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1 Gennaio, 2014

Lorenzo Possamai, L’evoluzione politica delle poleis greche

by gabriella

bassorilievoIndice

1. Dall’aristocrazia alla democrazia
2. L’evoluzione politica
3. L’età dei tiranni (650- 500 a.C.)
4. La democrazia
Conclusione

 

1. Dall’aristocrazia alla democrazia

Il miglioramento delle tecniche agricole e il conseguente aumento della popolazione, avevano profondamente trasformato il sistema economico uscito dal Medioevo ellenjco. A questa situazione di forte crescita demografica si aggiunse l’impulso al commercio che l’espansione coloniale continuava ad alimentare, sia fra città madre e colonia, che fra tutte le poleis tra loro.
La proprietà fondiaria, appannaggio dell’aristocrazia, cominciò ad essere superata come fonte di ricchezza dal commercio marittimo. Il sistema economico stava trasformandosi: commercio ed artigianato diventavano i settori chiave. Verso la fine del VII secolo, questo processo raggiunse il traguardo importantissimo dell’introduzione della moneta. Ogni polis batteva la sua moneta, recante da un lato l’effige della dea protettrice e dall’altro il simbolo della città. Nacquero presto delle vere e proprie banche, che prestavano denaro ad interesse e che garantivano ai propri clienti la possibilità di prelevare e depositare i propri guadagni, presso una filiale in un’altra città. Ciò è sufficiente a dare l’idea dei progressi che l’economia delle poleis greche compì nel breve spazio di meno di due secoli. Ma quale fu l’impatto sulla società e sugli equilibri politici di simili mutamenti?

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7 Dicembre, 2013

Mandela

by gabriella
mandela

Nelson Mandela (1918 – 2013)

Stralcio da Senzasoste alcuni passi del ritratto di Nelson Mandela, icona di un Sudafrica liberato dall’apartheid, ma non ancora dalla diseguaglianza di cui quel razzismo era giustificazione.

Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa e il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!

Nelson Mandela, 1980

Il carisma di Mandela, sopravvissuto a 27 anni di carcere nel Sudafrica dell‘apartheid, è stato sicuramente quello del liberatore. Quello di una figura, costruita da un popolo, che deve indicare un percorso di uscita dalla minorità e dalla schiavitù. Per tre quarti di esistenza la biografia politica di Mandela è stata questo.

Poi ci sono stati gli anni ’90, la fine dell’apartheid e il suffragio universale. Ma anche gli anni dell’ingresso a pieno titolo del Sudafrica nel mercato globale, dopo la fine delle sanzioni legate all’apartheid, grazie a quella corposa zona che sta tra diamanti, oro e finanza, ben presente negli affari dello stato africano. Mandela ha innegabilmente accettato e favorito questo processo e il suo partito, l’African National Congress, è diventato un organo di potere, tra ripetuti scandali di nepotismo e corruzione. Con condizioni di lavoro nelle miniere che restano inaccettabili. Come è inaccettabile la disparità sociale ancora presente, come 20 anni fa, in Sudafrica.

L’altro quarto di vita di Mandela, alla cui morte una delle figlie era al cinema con gli eredi al trono di Inghilterra, è stato quello di icona pop del capitalismo globale. Ma non si è trattato di quello che George Jackson, un grandissimo rivoluzionario nero, definiva un “negro bianco”. Ovvero un nero addomesticato dalle leggi del capitalismo dei bianchi. Si è trattato di un liberatore che ha accettato il capitalismo globale quasi fosse ineluttabile. Le cui scelte di politica estera sono scivolate verso un solido nazionalismo sudafricano.

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Sudafrica 2012

Agosto 2012, La polizia uccide 34 minatori a Marikana

soweto

Soweto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La lotta di Mandela e la solidarietà delle commesse di Dublino, ricordate dal TG1

[rai=http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-caf9d678-700f-4328-ac3e-ee9e8624a1b0-tg1.html]

22 Novembre, 2013

Anne Grynberg, L’hitlerismo

by gabriella

L'impossible oubliPropongo la traduzione [mia] del capitolo, L’Hitlerisme, del libro di Anne Grynberg, L’impossible oubli (Paris, Gallimard, 1995). Il volume fa parte della documentazione offerta ai partecipanti del seminario sulla Shoah organizzato dal Mémorial de la Shoah di Parigi nel novembre 2009, nel quadro del Programme Pestalozzi del Consiglio d’Europa.

 

Dal Mein Kampf – 1924

L’Ebreo resta nel posto dove si è stabilito e ci si radica a tal punto che non si può cacciarlo che molto difficilmente anche impiegando la violenza. Egli è, e resta, il parassita tipo, l’incubatore che come un bacillo nocivo, si stende sempre più lontano appena che una sola opportunità favorevole gli si presenta. L’effetto prodotto dalla sua presenza è quello delle piante parassite: là dove si attaccano i popoli che li accolgono si spengono».

A. Hitler, Mein Kampf

L’Antisemitismo è uno dei principali fondamenti della concezione del mondo di Hitler, come è esplicitata nel Mein Kampf (La mia battaglia), l’opera che Hitler redige nel 1924 nella prigione di Landsberg dove era stato incarcerato per nove mesi dopo la sconfitta del putsch di Monaco, e che costituisce al tempo stesso una autobiografia, un trattato teorico e un programma di governo.

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22 Novembre, 2013

Francesco Cecchini, Ascari e massacri fascisti in Eritrea

by gabriella

Eritrea, l’altopiano e Asmara la capitale, la Dankalia, vulcani e un lago di sale, una costa di centinaia di chilometri lungo il Mar Rosso, Massaua, porto tropicale di fronte alle isole Dahalak. Nell’immaginario di molti italiani, non solo di quei pochi, ancora in vita, che hanno perduto un’esistenza di privilegi, questa terra era una volta l’Eritrea Felix. Se nelle vicine Libia ed Etiopia i colonialisti ed i fascisti avevano stuprato, torturato ed ucciso, qui si erano comportati bene, portando civiltà e benessere anche per gli eritrei.

Ma  è  una falsità storica che la nostalgia per il paradiso perduto alimenta. I bianchi hanno costruito  per loro stessi. Le infrastrutture, strade, ponti, ferrovie, fabbriche ed aziende agricole sono state costruite e formate per  il proprio sviluppo economico e  benessere. Hanno edificato ville ed alberghi dove vivere con privilegi, chiese dove pregare il proprio dio, bar, ristoranti e bordelli  dove divertirsi.  Non sono stati regali di civiltà al popolo eritreo. La missione dei coloni non è stata quella  di migliorare le condizioni di vita degli indigeni. Eritrea felix per il bianco, Eritrea infelice per il popolo eritreo, una razza integrata al progetto coloniale come razza inferiore con funzioni subordinate e servili. La ferrovia Asmara-Massaua, i ponti, le architetture di Asmara ed altro, esistono ancora e sono utilizzati, ma non sono un regalo, bensì un bottino di guerra del popolo eritreo, che ha conquistato con l’indipendenza le opere degli italiani.

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6 Novembre, 2013

Adriano Prosperi, Sanzionare per legge il negazionismo

by gabriella

 

PriebkeSull’onda emotiva del caso Priebke è stato proposto un emendamento al codice penale che punisce con il carcere chi nega l’esistenza di crimini di genocidio o contro l’umanità. Ma una norma del genere contro un reato di opinione non può entrare nel codice di un paese erede dei principi dell’Illuminismo senza alterarlo in modo sostanziale. Tratto da Repubblica, 30 ottobre 2013.

Col processo e con la condanna di Priebke l’Italia aveva dato una lezione di civiltà giuridica al mondo intero. Non vendetta, solo giustizia: una regolare estradizione dell’assassino delle Ardeatine dall’Argentina, un processo, la sentenza. E dopo la condanna la concessione dei benefici dell’età.

Così l’antico capitano delle SS ha potuto muoversi tranquillamente per Roma in mezzo agli eredi delle sue vittime. Ne ha fatto uso per rivendicare un miserabile orgoglio di soldato e per negare l’ingranaggio di morte di cui era stato un piccolo anello. Dietro di lui intanto altri pensavano a come farne un’icona politica dopo il vicino decesso. A favore del disegno c’era la prevedibile benedizione della Chiesa e il consueto facile perdono italico. Ma stavolta dall’alto di quel Vaticano che non aveva visto il rastrellamento degli ebrei del 1943, qualcuno ha visto il disegno e ha inceppato il meccanismo.

E subito dopo l’onore dell’Italia civile è stato salvato dal popolo di Albano Laziale. È fallito così il tentativo di una burocrazia cieca e di un manipolo di antisemiti in tonaca di inscenare una celebrazione del morto e del nazismo nei luoghi bagnati dal sangue delle vittime.

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