Archive for ‘Storia’

2 Febbraio, 2018

Pankaj Mishra, La violenza coloniale

by gabriella

Quella tratteggiata da Pankaj Mishra per Internazionale del 26 gennaio, è una storia novecentesca della violenza coloniale. Negli anni della Grande Guerra, asiatici e africani vennero arruolati in massa per essere inviati sui sanguinosi fronti di guerra, mentre le potenze europee «difendevano una gerarchia razziale costruita intorno a un progetto comune di espansione coloniale».

L’articolo di Pankaj Mishra spiega il legame tra il delirio imperialista e colonialista che ha caratterizzato la fine dell’ottocento e lo scoppio del primo conflitto mondiale, subito seguito dal secondo. In quest’ottica, le guerre e gli estremismi che hanno insanguinato l’occidente durante la prima metà del novecento appaiono come rigurgiti della sconfinata violenza razzista con cui lo stesso occidente aveva umiliato il resto del mondo, nel tentativo vano di esternalizzare le pressioni socioeconomiche interne, ristabilendo un ordine politico irrimediabilmente compromesso dai rapidi cambiamenti sociali ed economici.

Tirando le fila di questo excursus storico, l’autore lancia un monito sulla attuale situazione internazionale, caratterizzata da un risorgere di quegli stessi istinti razzisti e suprematisti e dalla relativizzazione dei diritti civili che già in passato hanno portato all’autodistruzione del mondo occidentale [introduzione di Maria Laura Macchini].

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27 Dicembre, 2017

Adriano Prosperi, Dalla proprietà comune alla proprietà privata

by gabriella

Adriano Prosperi racconta il passaggio dalle gestione comune della terra, proprio dell’età premoderna, a quello privato, tipico della modernità, evidenziando come, insieme con i commons, tramonti l’intero mondo delle relazioni e delle misure di protezione feudali. Tratto da Storia moderna e contemporanea, Torino, Einaudi, vol. I, pp. 435-442.

Contro la minaccia della fame, la comunità si organizza­va in vario modo: in primo luogo, con un’accorta gestione delle proprietà comuni. Erano boschi, dove tutti potevano raccogliere legna e  andare a caccia; prati, per mandare al pa­scolo il bestiame; fiumi e laghi, dove si poteva pescare; cam­pi, per coltivare cereali.

C’erano contadini che non posse­devano terra e che vivevano lavorando nei campi altrui al­l’epoca dei raccolti: si costruivano una capanna, sui terreni comuni, dove potevano allevare qualche animale e racco­gliere legna; poi c’era chi possedeva un po’ di terra e ma­gari anche un animale da tiro e un aratro; e c’erano pro­prietari di grandi appezzamenti che per di più prendevano in affitto terre di grandi tenute nobiliari. Ma c’era un’organizzazione collettiva dello sfruttamento del suolo: le greggi che raccoglievano animali di diversi proprietari poteva­no essere affidate a un solo pastore che le portava al pascolo; la rotazione delle colture era fatta di comune accordo, in modo da garantire una maggiore probabilità di salvare un raccolto adeguato dalle incerte vicende della stagione; infine, la sistemazione delle strade e dei corsi d ’ acqua era frutto di lavoro collettivo. Ma perfino i terreni che appar­tenevano a un solo proprietario non erano considerati suo bene esclusivo: una volta raccolta la messe, tutti  potevano entrare nel campo e raccogliere quel che era sfuggito al pa­drone: la «spigolatura» e poi il pascolo (in Francia, la «vaine pâture») erano un diritto dei poveri e per questo i campi non dovevano essere chiusi da recinzioni.

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27 Dicembre, 2017

Gerrard Winstanley, A DECLARATION from the poor oppressed people of ENGLAND, 1649

by gabriella

We whose names are subscribed, do in the name of all the poor oppressed people in England, declare unto you, that call your selves lords of Manors, and Lords of the Land, That in regard the King of Righteousness, our Maker, hath inlightened our hearts so far, as to see, That the earth was not made purposely for you, to be Lords of it, and we to be your Slaves, Servants, and Beggers; but it was made to be a common Livelihood to all, without respect of persons: And that your buying and selling of Land, and the Fruits of it, one to another, is The cursed thing, and was brought in by War; which hath, and still does establish murder, and theft, In the hands of some branches of Mankinde over others, which is the greatest outward burden, and unrighteous power, that the Creation groans under:

For the power of inclosing Land, and owning Propriety, was brought into the Creation by your Ancestors by the Sword; which first did murther their fellow Creatures, Men, and after plunder or steal away their Land, and left this Land successively to you, their Children. And therefore, though you did not kill or theeve, yet you hold that cursed thing in your hand, by the power of the Sword; and so you justifie the wicked deeds of your Fathers; and that sin of your Fathers, shall be visited upon the Head of you, and your Children, to the third and fourth Generation, and longer too, till your bloody and theeving power be rooted out of the Land.

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22 Dicembre, 2017

George Gordon Byron, Discorso sul luddismo

by gabriella
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George Gordon Byron (1788 – 1824)

Nel 1812, allarmato dal dilagare degli episodi di luddismo, il governo inglese decise di emanare il famigerato Frame Breaking Bill che infliggeva la pena capitale a chi distruggeva i telai meccanici, reato fino ad allora punito con la deportazione da sette a quattordici anni. La legge venne approvata a grande maggioranza da un Parlamento preoccupato dall’estensione della rivolta popolare.

Alla Camera dei Lord l’unica voce contraria fu quella del poeta Lord Byron, che il 27 febbraio 1812 pronunciò uno storico discorso in cui si scagliava contro la crudeltà di una legge che trascurava di soccorrere un popolo allo stremo e ne inaspriva la condizione con la violenza degna di «una giuria di becchini e un giudice servo».

Il testo è tratto da Opere di Lord Byron voltate dall’originale inglese in prosa italiana da Carlo Rusconi [Padova, 1842, pp. 171-174] di cui ho riformulato la traduzione, ormai antiquata.

«Alcuni pensarono, senza dubbio, che è scioccante
quando la fame invoca e la povertà geme
che la vita sia valutata ancor meno di una merce
E che rompere un telaio
conduca a rompere le ossa .
Se almeno questo mostrasse d’essere, lo spero, un segno
(e chi rifiuterebbe di condividere questa speranza)
che le carcasse degli sciocchi saranno le prime ad essere rotte.
Di quelli che, quando gli si domanda un rimedio,
Raccomandano una corda».
George Gordon Byron,

Signori,

il soggetto sottoposto in questo momento per la prima volta alle Signorie Vostre, sebbene nuovo per la Camera, non lo è certo per il paese. Questa controversia aveva attirato l’attenzione di ogni tipo di persone, prima che venisse a quella dei legislatori, i quali erano i soli a poter intervenire in modo davvero utile. Benché straniero non solo a questa Camera, ma anche a quasi tutti quelli di cui oso implorare l’attenzione, la conoscenza personale che ho delle sciagure della contea di cui ci stiamo occupando, mi spinge a reclamare l’indulgenza delle Signorie Vostre, per le ragioni che ho da sottoporvi in questa materia alla quale, lo confesso, mi sento assai interessato.
7 Novembre, 2017

1917. La Rivoluzione d’ottobre

by gabriella

Nome di battaglia Lenin 

Un bilancio dell’eredità sovietica a 100 anni dalla rivoluzione tratto da SenzaSoste.it, e la cronaca dei fatti raccontata da Ezio Mauro su Repubblica.

[…] sono due i grandi insegnamenti di Lenin e della rivoluzione d’ottobre immediatamente utili ai giorni nostri. Il primo è dovuto al fatto che i cambiamenti epocali, come le rivoluzioni classiche insegnano, si fanno solo con una rete di professionisti della politica. Magari evitando l’impressione, che ebbe Rosa Luxemburg di una Russia “governata solo da una dozzina di persone” pochi mesi dopo la rivoluzione. Uno scandalo comunque in una politica odierna che, non solo in Italia, pullula di professionisti di ogni tipo, di “tecnici” di ogni genere meno che dell’agitazione politica di massa (che è un qualcosa di più complesso che saper coltivare un account sui social media).

La seconda è che i grandi cambiamenti epocali si pensano e si progettano sapendo guardare allo scenario del capitale finanziario globale. Non esiste cambiamento, non esiste politica, non esiste scenario di rottura senza la comprensione di ciò che accade nel cielo della finanza. In poche parole, solo dalla comprensione di ciò che accade nella finanza, e nelle reti di potere macro e microfisico che determina, è possibile dare spessore politico all’insurrezione.

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16 Ottobre, 2017

16 ottobre 1943, il rastrellamento del ghetto di Roma

by gabriella

Rai – La storia siamo noi, il racconto di Radiorai3 [Prima parteSeconda parte; Terza parteLa testimonianza di Pietro Terracini; La testimonianza di Giulia Sermoneta Coen] nel settantaquattresimo anniversario del rastrellamento.

rastrellamentoE’ morto all’inizio del mese di ottobre Leone Sabatello, ultimo sopravvissuto della razzia nazista nel ghetto di Roma. Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica romana, nel dare la notizia, ha così commentato la triste circostanza:

Leone, che aveva tatuato sul braccio il numero 158621 che gli imposero i nazisti in campo di sterminio, non era mai voluto tornare a visitare Auschwitz e non aveva mai raccontato la sua storia, che si è portato nella tomba. Questa morte pone di nuovo il problema della trasmissione della memoria a mano a mano che scompaiono sia i sopravvissuti sia i carnefici. L’angoscia che proviamo per la morte di Sabatello si sovrappone alla paura che nel tempo si possa modificare la verità di quegli anni bui.

È il 16 ottobre del 1943, il “sabato nero” del ghetto di Roma. Alle 5.15 del mattino le SS invadono le strade del Portico d’ottavia e rastrellano 1024 persone, tra cui oltre 200 bambini. Due giorni dopo, alle 14.05  del 18 ottobre, diciotto vagoni piombati partiranno dalla stazione Tiburtina. Dopo sei giorni arriveranno al campo di concentramento di Auschwitz in territorio polacco. Solo quindici uomini e una donna (Settimia Spizzichino) ritorneranno a casa dalla Polonia. Nessuno dei duecento bambini è mai tornato.

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23 Agosto, 2017

23 agosto 1927, l’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti

by gabriella

Novant’anni fa la condanna a morte dei due anarchici italiani, operai immigrati aderenti al sindacato americano IWW. La loro storia raccontata da Marcello Flores su Wikiradio.

Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano due anarchici italiani. Accusati di rapina a mano armata e omicidio, morirono innocenti sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 nel penitenziario di Charlestown, dopo sei anni trascorsi nel braccio della morte.

Nel 1977 il governatore dello Stato del Massachusetts riconobbe ufficialmente gli errori commessi nel processo e riabilitò completamente la loro memoria, ma la confessione del responsabile dell’omicidio di cui erano accusati (1925) e la persecuzione giudiziaria subita a causa della loro adesione all’IWW (Industrial  Workers of the World) fa sì che la loro condanna sia ricordata come un omicidio politico piuttosto che come un errore giudiziario.

Il coraggio con cui lottarono contro l’ingiustizia nella loro condizione di operai immigrati e con cui affrontarono la morte, ne fece un simbolo della lotta contro l’oppressione.

“Here’s to you Nicola and Bart
rest forever here in our heart
the last and final moment is yours
that agony is your triumph!”

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7 Luglio, 2017

Eccidio di Reggio Emilia, 7 luglio 1960

by gabriella

57 anni fa, la polizia sparava sulla folla riunita per una manifestazione antifascista, uccidendo 5 operai tra i diciannove e i quarant’anni. I manifestanti protestavano contro l’appoggio esterno del MSI (partito di esplicita ispirazione fascista) al governo democristiano guidato da Fernando Tambroni. Le foto d’archivio. Mimmo Franzinelli racconta la storia dell’eccidio su Wikiradio.

La sera del 6 luglio la CGIL reggiana proclamò lo sciopero cittadino di protesta contro le violenze dei giorni precedenti. La prefettura proibì gli assembramenti nei luoghi pubblici e concesse unicamente i 600 posti della Sala Verdi per lo svolgimento del comizio.

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2 Giugno, 2017

Fabrizio Gatti, Il naufragio dei bambini

by gabriella

Il servizio dell’Espresso che rivela come la sala operativa della Guardia costiera omise i soccorsi chiesti dai profughi per tre volte, le ultime quando molti erano già in acqua, allontanando la nave Libra che incrociava a poche miglia.

Una telefonata di due minuti e cinquantasette secondi, che pubblichiamo in parte in questa anticipazione, ribalta quanto i vertici della Marina militare hanno fatto riferire alla Camera dal ministro della Difesa, Roberta Pinotti.

L’Espresso, nel nuovo videoracconto “La legge del mare” che vedrete integralmente su questo sito da lunedì 5 giugno, ha raccolto le comunicazioni tra gli ufficiali del Comando della squadra navale della Marina, il Cincnav di Roma, cioè il braccio operativo dello Stato maggiore. E anche le telefonate tra gli ufficiali del Cincnav e la centrale della Guardia costiera.

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2 Giugno, 2017

2 giugno 1946: la repubblica, il voto delle donne

by gabriella

Era un giorno bellissimo, quando i presentimenti neri mi opprimono
penso a quel giorno e spero.

Anna Banti

e_nata_la_repubblica_italianaUn tempo il 2 giugno era la festa della Repubblica, non delle forze armate. Il commento di Ascanio Celestini, tratto da Il fatto quotidiano.

Perché il 2 giugno si festeggia con una parata militare? Si celebra la Repubblica non un colpo di stato. Un motivo ci sarà. Forse più d’uno anche se non riesco ad inquadrarlo nell’Italia del 2014. Non sono esperto di divise, né di celebrazioni.

Qualche decennio fa l’Italia ha chiuso col passato monarchico dopo aver sconfitto quello fascista. C’è stato un referendum che ha aperto il nostro paese alla democrazia. Dovremmo sfilare con matite copiative, schede e urne elettorali. E invece in piazza ci stanno pistole e fucili. Sa la nostra Repubblica democratica è fondata sul lavoro potremmo sfilare coi lavoratori. Anche quello del militare lo è. E in una sfilata di lavoratori democratici (nonostante qualche tentennamento rispetto all’articolo 11 della Costituzione) i militari ci possono stare. Fino a qualche anno fa la leva era obbligatoria e, in un modo o nell’altro, era un esercito di popolo. Ma ora è sotto molti punti di vista un mestiere come tanti altri.

Anche loro avrebbero diritto ad esserci, ma non loro soltanto. Anche operai e contadini, insegnanti e bidelli, artigiani e artisti. E pure i precari e i disoccupati. Sarebbe più allegra una parata dove spunta solo qualche pistola in mezzo ad una selva di zappe e chiavi inglesi, gessetti e cancellini, scalpelli e martelli, trombe e tamburi […].

È la nostra storia, migliaia di giovani hanno sacrificato la vita per lei. Auguri alla nostra Repubblica.

Publié par Agorà Fanpage.it sur jeudi 1 juin 2017


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