In questo articolo (Elites Will Make Gazans of Us All nell’originale inglese) Chris Hedges illustra il quadro drammatico di una nuova distopia, il cui modello è Gaza, caratterizzata dalla radicale separazione tra élites che governano col terrore e la manipolazione, e masse di diseredati sempre più superflue al mercato.
Va detto che la fenomenologia descritta da questo brillante giornalista americano coincide con la prognosi formulata da Jean-François Lyotard ne La condition postmoderne (1979), nella quale il filosofo chiamava, infatti, “terrore”, la condizione postmoderna quando non riesca ad opporre alla chiusura autoreferenziale di settori che si autonomizzano dalla società – ad esempio le élites finanziarie – una completa libertà informazionale e la piena agibilità del dissenso.
Per approfondire il dibattito filosofico su questo tema si vedano gli atti del Colloquio di Belgrado (2011) De la terreur à l’extrême violence (gli interventi sono in francese e in inglese).
Gaza è una finestra sulla nostra prossima distopia. Il crescente divario tra l‘élite mondiale e le miserabili masse dell’umanità è mantenuto da una spirale di violenza. Molte regioni povere del mondo, sprofondate nella crisi economica, stanno cominciando ad assomigliare a Gaza, dove 1,6 milioni di Palestinesi vivono nel più grande campo di internamento del pianeta. Queste zone sacrificate, piene di poveri penosamente intrappolati nelle baraccopoli o tra gli squallidi muri di fango dei villaggi, sono circondate da recinti elettronici, controllate da telecamere di sorveglianza, droni e guardie di confine o unità militari che sparano per uccidere. Queste distopie da incubo si estendono dall’Africa sub-sahariana, al Pakistan, alla Cina. Sono luoghi dove avvengono assassinii mirati, brutali attacchi militari contro popoli inermi, privi di esercito, marina o aviazione. Qualsiasi tentativo di resistenza, benché inefficace, è colpito con i massacri indiscriminati che caratterizzano la moderna guerra industriale.
Nel nuovo panorama mondiale, nei territori occupati di Israele come nei progetti imperiali degli Stati Uniti in Iraq, Pakistan, Somalia, Yemen e Afghanistan, massacri di migliaia di innocenti inermi sono etichettati come guerre.
La resistenza è chiamata provocazione, terrorismo o crimine contro l’umanità.
Lo stato di diritto, nonché il rispetto delle fondamentali libertà civili e il diritto di autodeterminazione, sono una finzione utilizzata nelle pubbliche relazioni per placare le coscienze di coloro che vivono nelle aree di privilegio. I prigionieri sono ordinariamente torturati e “scompaiono”. L’interruzione delle forniture alimentari e mediche è una accettata tattica di controllo. Le bugie permeano le onde radio. I gruppi religiosi, razziali ed etnici sono demonizzati. Missili piovono su baracche di cemento, unità meccanizzate di fuoco su contadini disarmati, bombe sui campi profughi, e i morti, tra cui bambini, sono allineati per i corridoi di ospedali che mancano di energia elettrica e di medicine.
Il crollo imminente dell’economia internazionale, gli assalti del clima, la siccità, le inondazioni, il rapido declino della resa agricola e dei prezzi dei prodotti alimentari sta creando un universo in cui il potere sarà conteso tra una ristretta
élite, che ha in mano sofisticati strumenti di morte, e le masse inferocite. Le crisi stanno provocando una guerra di classe che farà impallidire qualsiasi scenario immaginato da Karl Marx.
Stanno creando un mondo in cui la maggior parte della gente avrà fame e vivrà nella paura, mentre pochi si godranno prelibatezze in zone protette. E sempre più persone saranno sacrificate per mantenere questo squilibrio.
Poiché ha il potere di farlo, Israele – così come gli Stati Uniti – si fa beffe del diritto internazionale, mantenendo una popolazione assoggettata nella miseria.
La continuata presenza delle forze di occupazione israeliane sfida quasi un centinaio di risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che intimano loro di ritirarsi. Il blocco israeliano di Gaza, stabilito nel giugno 2007, è una forma brutale di punizione collettiva che viola l’articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, che stabilisce le regole per la
“protezione dei civili in tempo di guerra.” Il blocco ha trasformato Gaza in un angolo di inferno, un ghetto ammministrato dagli israeliani – dove sono morti migliaia di civili, compresi i 1.400 uccisi nell’incursione israeliana del 2008. Con il 95 per cento delle fabbriche chiuse, l’industria palestinese ha praticamente cessato di funzionare.
Il rimanente 5 per cento opera al 25-50 per cento della capacità. Anche l’industria della pesca è moribonda. Israele si rifiuta di lasciare che i pescatori si allontanino oltre tre miglia dalla costa, e all’interno della zona di pesca spesso le imbarcazioni si trovano sotto il fuoco israeliano. Le pattuglie di frontiera israeliane hanno sequestrato il 35 per cento dei terreni agricoli a Gaza per costituire una zona cuscinetto. Le infrastrutture al collasso e il sequestro israeliano delle falde acquifere significano che in molti campi profughi, come Khan Yunis, non c’è acqua corrente. UNRWA (l’agenzia delle Nazioni Unite di soccorso per i profughi palestinesi nel Vicino Oriente) stima che l’80 per cento di tutti gli abitanti di Gaza dipendono dagli aiuti alimentari. E la pretesa di Israele all’autodifesa smentisce il fatto che è Israele stessa che mantiene da anni un’occupazione illegale e viola il diritto internazionale con la realizzazione di punizioni collettive dei Palestinesi. E’ stata Israele che ha scelto l’escalation di violenza quando durante un’incursione a Gaza all’inizio di questo mese le forze Israeliane hanno colpito a morte un ragazzo di 13 anni.
Mentre il mondo crolla, questo diventa il nuovo paradigma – i signori della guerra moderna pieni di armi e tecnologie terrificanti assassinano interi popoli. Facciamo la stessa cosa in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Yemen e Somalia.
Le forze del mercato e i meccanismi militari che tutelano queste forze sono l’unica ideologia che governa gli stati industriali e il rapporto dell’umanità con il mondo naturale. Si tratta di una ideologia che si traduce in milioni di morti e altri milioni di persone scomparse dalle loro case nei paesi in via di sviluppo. E l
‘algebra terribile di questa ideologia significa che alla fine queste forze saranno scatenate anche su di noi. Coloro che non possono essere utili alle forze del mercato, sono considerati sacrificabili. Non hanno alcuna legittimità e diritti. La loro esistenza, che sia a Gaza o in altre degradate città postindustriali, come Camden, New Jersey, è considerata una perdita di efficienza e di progresso. Sono considerati come dei rifiuti. E come rifiuti non solo non hanno voce né libertà; possono essere, e sono, imprigionati o estinti a piacimento. Questo è un mondo dove solo il potere e il profitto sono sacri. E’ un mondo di barbarie.
[…]
Ci sono 47,1 milioni di americani che dipendono dai buoni pasto per mangiare. Le
élites stanno complottando per eliminare questi buoni, insieme ad altri programmi di assistenza per i poveri. Il taglio di migliaia di miliardi di dollari per Medicare, Medicaid e altri programmi sociali, causa la situazione di stallo politico a Washington e l’incombente “
fiscal cliff”, sembra ormai certo. Ci sono 50 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, ma la soglia di povertà è così bassa – 22.350 dollari all’anno per una famiglia di quattro persone – che questa cifra non significa nulla. Se aggiungiamo le decine di milioni di americani che vivono nella categoria “vicino alla povertà”, in cui rientrano tutte quelle famiglie che vivono con meno di 45 mila dollari l’anno, c’è almeno il 30 per cento del paese che vive in condizioni di povertà. Una volta che queste persone arriveranno a capire che non c’è ripresa economica, che il loro tenore di vita è destinato a continuare a cadere, che sono intrappolati, che la speranza nel futuro è un’illusione, diventeranno pieni di rabbia, come i manifestanti in Grecia e in Spagna, o i militanti di Gaza o in Afghanistan. Le banche e le altre società finanziarie hanno ricevuto miliardi di dollari senza interessi dalla Federal Reserve, e nel frattempo hanno accumulato 5.000 miliardi dollari, in gran parte saccheggiati dal Tesoro degli Stati Uniti.
Quanto più a lungo si perpetuerà in tutto il mondo questa disparità e disuguaglianza, tanto più le masse si rivolteranno e più si ripeterà nei nostri paesi il modello Israeliano di controllo interno – droni sulla testa, ogni dissenso criminalizzato, squadre d’assalto speciali che irrompono nelle case, l’uso della forza letale come forma accettabile di sottomissione, il cibo utilizzato come arma, e una sorveglianza costante.
A Gaza e in altre parti degradate del mondo vediamo questa nuova configurazione del potere. Quello che sta accadendo a Gaza, come quello che sta accadendo alla gente di colore in comunità marginali negli Stati Uniti, è il modello. Le tecnologie del controllo, messe in atto dagli israeliani, o da unità di polizia militarizzate nella guerra alla droga dei nostri centri urbani, o dalle forze speciali militari o mercenarie in Pakistan, in Afghanistan o in Iraq, vengono prima testate e perfezionate sui deboli e gli indifesi. La nostra insensibile indifferenza alla situazione dei Palestinesi, e alle centinaia di milioni di poveri nelle baraccopoli urbane in Asia o in Africa, così come ai nostri sottoproletari, fa sì che le ingiustizie che capitano a loro capiteranno anche a noi. Abbandonando loro abbandoniamo noi stessi.
Come implode l’impero degli Stati Uniti, le forme più dure di violenza impiegate sulle zone più lontane dell’impero stanno regolarmente ritornando in patria. Nello stesso tempo, i sistemi interni di governance democratica si sono sclerotizzati. L’autorità dello stato è devoluta nelle mani di un gruppo esecutivo che serve pedissequamente gli interessi delle imprese globali. La stampa e il potere giudiziario e legislativo sono diventati inefficaci e ornamentali. Lo spettro del terrorismo, come in Israele, è utilizzato dallo Stato per deviare spese gigantesche sulla sicurezza del territorio, sul controllo militare e interno. La privacy è abolita. Il dissenso è tradimento. L’esercito, con il suo mantra di forza e obbedienza cieca, caratterizza l’oscuramento etico della cultura nel suo complesso. Bellezza e verità sono abolite. La cultura è degradata nel kitsch. La vita emotiva e intellettuale dei cittadini è devastata dallo spettacolo, volgare e osceno, oltre che dagli antidolorifici e dai narcotici. L’ambizione cieca, la sete di potere e una vanità personale grottesca – esemplificate da David Petraeus e dalla sua ultima amante – sono i motori del progresso. Il concetto del bene comune non fa più parte del lessico del potere. Questo, come scrive il romanziere JM Coetzee, è
“il fiore nero della civiltà”. È Roma sotto Diocleziano. E siamo noi.
Gli imperi, alla fine, decadono in regimi dispotici, corrotti e assassini che finalmente consumano se stessi. E noi, come Israele, ora stiamo sputando sangue.
Christopher Hedges è un giornalista, scrittore ed ex corrispondente di guerra specializzato in Medio Oriente. Ha insegnato giornalismo alla Columbia University, a Princeton, all’Università di New York e di Toronto e ha ricevuto il Premio Pulitzer di giornalismo e l’Amnesty International Global Award for Human Rights. Ha scritto 12 libri, di cui l’ultimo nel 2011, The World As It Is: Dispatches on the Myth of Human Progress.
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