Dalla filosofia alla concezione materialistica della storia

by gabriella

Stralcio alcuni passi da questa introduzione al materialismo storico e alla dialettica di Area globale.

Marx ed EngelsMolto raramente si ricorda che una delle conclusioni teoriche di Marx è quella del superamento della divisione disciplinare della conoscenza (si potrebbe dire, della divisione del lavoro nel campo della conoscenza) e l’adozione di un approccio olistico – diciamo, interdisciplinare – ai problemi che in genere vengono catalogati come “filosofici”, “economici”, “storici”, “sociali”, “psicologici”, ecc…

il marxismo non si lascia collocare in nessuno dei comparti tradizionali del sistema delle scienze borghesi, e anche se si intendesse approntare appositamente per esso… un nuovo comparto chiamato sociologia, esso non vi rimarrebbe tranquillamente, ma continuerebbe a uscirne per infilarsi in tutti gli altri. “Economia”, “filosofia”, “storia”, “teoria del diritto e dello Stato”, nessuno di questi comparti è in grado di contenerlo, ma nessuno di essi sarebbe al sicuro dalle sue incursioni se si intendesse collocarlo in un altro» [K. Korsch, Marxismo e filosofia, Sugar, Milano, 1968, p. 87. Cit. in Nicola Abbagnano, Storia della filosofia, Vol.3, Cap.10 “Marx”].

Più o meno tutti i filosofi “progressisti” criticano benevolmente Marx – il quale sta pur sempre sui manuali di filosofia, economia politica, storia, sociologia, ecc… -, ma riservano un ben diverso trattamento a Friedrich Engels che di Marx è stato per 40 anni amico fraterno e straordinario collaboratore. Ad Engels si rimprovera il supposto scivolamento positivistico verso la scienza e la sovrapposizione tra dialettica della storia e dialettica della natura. Più precisamente, il delitto di Engels sarebbe quello di aver dichiarato la fine della filosofia come principale strumento di conoscenza e la sua riduzione a semplice teoria della conoscenza (gnoseologia) o addirittura a semplice teoria della conoscenza scientifica (epistemologia).

La filosofia intera, nel senso che finora si è dato a questa parola, è finita. Si lascia correre la ‘verità assoluta’ che per questa via e da ogni singolo isolatamente non può essere raggiunta, e si dà la caccia, invece, alle verità relative accessibili per la via delle scienze positive e della sintesi dei loro risultati a mezzo del pensiero dialettico. Con Hegel ha fine, in modo generale, la filosofia [F. Engels, Ludwig Feuerbach e il punto di approdo della filosofia classica tedesca, Autoproduzioni, 2013, pag.9].

D’altra parte, la stessa ricostruzione fatta da Engels nel suo piccolo saggio [L. Feuerbach, cit.] sulla giovanile rottura con Hegel e con i suoi epigoni è a tutti gli effetti un “atto filosofico” e questo vuol dire che esiste ancora uno spazio filosofico dopo la dichiarazione di morte della filosofia. Il punto è che la filosofia diventa solo uno dei diversi strumenti della conoscenza perché una conoscenza puramente filosofica, non supportata da altre forme di conoscenza – le scienze naturali e sociali, innanzitutto -, è una conoscenza che non conosce o che conosce solo in modo insufficiente.

E del resto che la natura stessa (e non solo il pensiero) sia pervasa dal movimento e che dunque solo attraverso la dialettica sia possibile coglierne la dinamica è cosa abbastanza semplice da mostrare. Prendiamo questo semplice esempio: sappiamo tutti che da un semplice seme può nascere una pianta che poi, a sua volta, può svilupparsi in albero. Ma chi direbbe che l’albero è solo un seme più grande o che il seme è un albero ancora piccolo? Chi direbbe che la differenza tra seme ed albero è una differenza solamente quantitativa?

L’albero e il seme sono due cose diverse, così come lo spermatozoo e l’adulto sono due “cose” diverse. Ma quando è successo che la “cosa” che prima era seme e poi è diventata albero ha cessato di essere seme ed ha iniziato ad essere albero? Senza un approccio dialettico che ammetta la contraddizione rispondere a certe domande diventa impresa molto ardua.

Nel 1857, redigendo l’introduzione a Per la critica dell’economia politica (che uscirà due anni dopo, nel 1859), Marx ricorda il periodo in cui lui ed Engels decisero di

…mettere in chiaro, in un lavoro comune, il contrasto tra il nostro modo di vedere e la concezione ideologica della filosofia tedesca, di fare i conti, in realtà, con la nostra anteriore coscienza filosofica. Il disegno venne realizzato nella forma di una critica alla filosofia posteriore ad Hegel.

È una frase dell’Ideologia tedesca, un testo importante rimasto sostanzialmente inedito per molti anni (a parte alcuni brani) e pubblicato in modo rocambolesco dall’inizio del ‘900 (addirittura, le ultime 3 pagine rimaste inedite furono pubblicate nel 1962) [M. Musto,Vicissitudini e nuovi studi de «l’Ideologia tedesca», Critica marxista,n.6, 2004]. Una frase che suggerisce due interessanti elementi di riflessione: il primo riguarda il fine (“fare i conti con la nostra anteriore coscienza filosofica”); il secondo riguarda il mezzo, l’occasione, lo spunto (la “critica alla filosofia posteriore ad Hegel”, ovvero la critica alla “filosofia critica” giovane-hegeliana e al materialismo feuerbachiano).

Marx riconosce che nella propria concezione (e in quella di Engels) è ormai giunto a maturazione un passaggio decisivo (quella che Althusser avrebbe poi definito enfaticamente una “rottura epistemologica”) ovvero la comprensione che la trasformazione della realtà non può avvenire per effetto di una battaglia delle sole idee e che la base materiale -economica e sociale -è il vero terreno su cui si gioca ogni trasformazione. Bisogna dunque abbandonare il terreno esclusivamente filosofico (tanto più quello di matrice idealista che fa discendere la realtà da un’Idea che si colloca a priori rispetto ad essa) per abbracciare il terreno della lotta politica. È la prima Tesi su Feuerbach

Il difetto principale di ogni materialismo fino ad oggi, compreso quello di Feuerbach, è che l’oggetto, il reale, il sensibile è concepito solo sotto la forma di oggetto o di intuizione; ma non come attività umana sensibile, come attività pratica, non soggettivamente. E’ accaduto quindi che il lato attivo è stato sviluppato dall’idealismo in contrasto col materialismo, ma solo in modo astratto, poiché naturalmente l’idealismo ignora l’attività reale, sensibile come tale. Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce l’attività umana stessa come attività oggettiva. Perciò nell‘Essenza del cristianesimo egli considera come schiettamente umano solo il modo di procedere teorico, mentre la pratica è concepita e fissata da lui soltanto nella sua raffigurazione sordidamente giudaica. Pertanto egli non concepisce l’importanza dell’attività ‘rivoluzionaria’, dell’attività pratico-critica”.

In realtà gli studi di economia di Marx sono già iniziati da tempo ed hanno portato alla stesura di una serie di appunti (generalmente noti come Manoscritti parigini e successivamente definiti, appunto, Manoscritti economico-filosofici del 1844). In questi appunti Marx ha già maturato la propria idea fondamentale anche se la sua realizzazione pratica in quella fase (i “manoscritti”) è ancora largamente influenzata dai temi e linguaggi mutuati dal campo filosofico. Del resto, come scrive Althusser, anche le Tesi su Feuerbach, che costituiscono “l’estremo margine anteriore” della “rottura epistemologica” di Marx, lasciano trasparire “dentro la vecchia coscienza e dentro il vecchio linguaggio, e quindi in formule e in concetti per forza disequilibrati ed equivoci”, “la nuova coscienza teorica”.

Pur essendo sostanzialmente corretto affermare che è con l’Ideologia tedesca e con le Tesi su Feuerbach che Marx ed Engels portano a conclusione il superamento – l’aufhebung – della propria vecchia concezione e cominciano ad incamminarsi verso e su quella nuova, è probabilmente altrettanto vero che i prodromi di questa transizione si delineano già in precedenza, proprio nei Manoscritti

Attraverso il lavoro alienato l’uomo non genera soltanto il suo rapporto con l’oggetto e l’atto della produzione come con un uomo estraneo e nemico, ma genera anche il rapporto in cui altri uomini stanno con la sua produzione e il suo prodotto, ed il rapporto con cui egli sta con questi uomini.

Generalizzato oltre i limiti del lavoro alienato – scrive Marx -sarà questo il concetto di rapporti di produzione e di struttura economica (‘anatomia’ della società civile). È un germe di enorme importanza. Non vi è infatti più bisogno di presupporre negli individui una misteriosa e metafisica ‘qualità sociale’; essenza la cui ‘oggettivazione’ produrrebbe la società e le sue istituzioni. Basta constatare e presupporre il fatto empirico del lavoro umano associato (di individui, cioè, associati e cooperanti, in qualche modo, nella produzione e riproduzione della loro vita materiale) la cui origine non spetta alla filosofia bensì a scienze empiriche ricercare e ricostruire (nell’evoluzione dall’animale all’uomo), per rendersi conto delle forme della società, delle loro mutazioni e dei loro svolgimenti. Per contro, la diametrale contrapposizione di individuo e società risulta a sua volta erronea e metafisica: l’individuo quale lo conosciamo (a livello umano) è sempre sociale; cioè non esiste mai fuori del condizionamento dei rapporti sociali e delle strutture di base (famiglia, rapporti di produzione e loro intersecazioni) in cui i rapporti sociali si stabilizzano per lunghi periodi, evolvono o si rivoluzionano [C. Luporini, Introduzione a Karl Marx – Friedrich Engels, Ideologia tedesca, Dalla filosofia alla scienza, Editori Riuniti, 2000, p. XVI].

In sostanza, non c’è bisogno di ricorrere alla filosofia per osservare che gli uomini si uniscono in società e formano rapporti sociali che condizionano la loro coscienza e che possono essere studiati grazie alle scienze storiche e sociali. E allora, dalla grande domanda ontologica “cos’è l’Uomo?” si può passare alla più semplice – ma più concreta -domanda “come è evoluto storicamente il modo attraverso il quale gli uomini hanno riprodotto la propria vita materiale?” e da lì, semmai, ricostruire il modo attraverso il quale gli uomini hanno pensato sé stessi ed hanno costruito le proprie rappresentazioni, le proprie idee.

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