È possibile dire che i greci iniziarono a filosofare quando si resero conto che le opinioni o le narrazioni sono molteplici, ma la verità è una.
La spiegazione mitica di un fenomeno assumeva, infatti, molte forme – lo stesso mito cambiava passando di bocca in bocca o dava più spiegazioni della stessa realtà -, mentre la scoperta razionale dell’elemento che tutto unisce e tutto regola (arché) non può essere smentita, se si accettano le premesse del ragionamento che ha portato a quella scoperta.
Quando la filosofia, da ricerca naturalistica condotta nei centri più vivaci della Ionia, diventa indagine sull’uomo nella grande capitale della potenza economica e militare del Mediterraneo, si rende conto che questa molteplicità dipende dal rapporto di ogni individuo con l’ambiente in cui vive: l’opinione non è altro che la prospettiva adottata dai singoli per osservare le cose dalla posizione che occupano in società, spiegano i sofisti, di qui la molteplicità dei punti di vista che non è altro che il riflesso della diversità di condizione sul pensiero.
La grande elaborazione della filosofia antica consiste, dunque, nello sforzo di comprendere razionalmente la realtà naturale e umana, riportando ad una la variopinta descrizione dei fenomeni naturali e riconoscendo che anche l’uomo è uno, cioè uguale per natura, e che la disuguaglianza nasce dopo, nel rapporto di ognuno con la società in cui è inserito.
Questa, in fondo, è la parabola che porta da Omero a Platone, dalla convinzione che gli dèi assegnino a ognuno un daimon – da conoscere e seguire – e un areté – da coltivare e sviluppare – a quella che ognuno sceglie in proprio destino e la propria virtù tra i flutti della vita che lo condizionano ad ogni passo, moltiplicando le conseguenze della diseguaglianza di partenza (mito di Er).
La filosofia moderna sposta il fuoco dell’attenzione dal rapporto individuo-ambiente a quella sul soggetto.
Nella filosofia antica, infatti, manca persino il concetto di individuo, visto che la realtà personale è considerata senza l’idea che possa sussistere un’entità separata dalla realtà naturale e sociale in cui vive.
Per i greci, così come per tutte le società non moderne, il soggetto senza il suo ambiente (la famiglia, la polis) è inconcepibile, mentre i moderni inizieranno la loro riflessione proprio da qui: dall’unicità e originalità di ogni singolo concepito come soggetto-coscienza di un mondo separato.
Per i moderni il mondo sta davanti a noi e noi lo conosciamo, dominiamo, usiamo; per i greci e per i popoli tradizionali l’uomo è un filo nella trama nel mondo, ne è parte, non è concepibile staccato dal suo ambiente.
Questo modo di concepire l’individuo e il suo rapporto col mondo inizia con Cartesio e si approfondisce con la filosofia inglese del settecento sfociando nel pensiero di Kant ed è a monte di tutti i comportamenti dell’uomo occidentale.
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