Edoardo Boria, Carte come armi. L’uso della cartografia in geopolitica

by gabriella

Si dice che l’onnipresenza delle immagini sia uno dei tratti più distintivi della nostra epoca. Non v’è dubbio: il nostro quotidiano, tanto nella sfera pubblica quanto in quella privata, è costantemente pervaso di immagini, il nostro sguardo e la nostra attenzione sono incessantemente bersagliati da immagini. In una società che privilegia i linguaggi visivi su quelli testuali è inevitabile che si tenda a valorizzare la dimensione iconica anche nella divulgazione scientifica, utilizzando sempre più le immagini come forma di espressione del sapere. Ciò vale certamente per chi si occupa di geopolitica visto che, come disse Isaiah Bowman, «una carta dice più di mille parole».

Nella carta l’aggressività di Russia e Prussia è espressa tramite la figura del Polipo. In questa carta di Fred W. Rose, Serio- comic War Map for the Year 1877, i tentacoli del polipo russo strangolano la Polonia e avvinghiano la Finlandia, minacciano la Persia, raggiungono la Terrasanta e difendono la Bulgaria oppressa dal dominio ottomano. Gli altri personaggi della carta seguono interessati gli sviluppi dell’azione: l’imperatore tedesco Guglielmo I cerca di respingere il polipo; l’Ungheria è pronta a intervenire ma viene frenata dall’Austria; il maresciallo MacMahon tenta di approfittare della situazione puntando i cannoni francesi contro la Germania; Inghilterra e Scozia assistono alla scena con apprensione; l’Italia, Stato giovane come la fanciulla che la rappresenta, si compiace della propria bellezza e pensa ad altro.

Che la geopolitica venga raccontata anche attraverso le immagini è noto, ma quando si è cominciato a far uso di carte in geopolitica? Da parte di chi? E come si è sviluppato questo settore della rappresentazione visiva? Per rispondere a tali interrogativi Limes ha deciso di dedicare una serie di articoli, a cominciare da questo numero, alla storia del rapporto tra geopolitica e cartografia: verranno indagati gli autori e gli espedienti grafici utilizzati da coloro che hanno raccontato la geopolitica attraverso una carta geografica.

Ma anche le finalità particolari di chi, illustre statista o semplice attivista politico, tramite una carta ha cercato di legittimare l’aspirazione espansionistica del proprio paese o espresso il disprezzo verso i rivali. Perché le carte – è bene chiarirlo subito – non sono rappresentazioni utili unicamente a facilitare l’orientamento o visualizzare la posizione di un luogo. Sono anche, e forse soprattutto, oggetti in grado di illustrare un punto di vista, trasmettere un messaggio, persuadere il lettore, sia per la loro natura convenzionale, che fa apparire come naturale ciò che invece è semplicemente attribuibile a consuetudini, sia per l’elevata attendibilità che il pubblico è portato istintivamente a riconoscergli. Così, ad esempio, è prassi che i planisferi in uso da noi siano centrati sull’Europa, con l’effetto di far risaltare il nostro continente, evidenziarne la sagoma, valorizzarne la posizione relativa, percepita automaticamente come nodale solo perché collocata al centro della carta (avete mai osservato un planisfero centrato sull’Estremo Oriente o sull’America? Lì l’Europa appare marginale, periferica e quindi, per associazione di idee, trascurabile, irrilevante rispetto alle dinamiche mondiali).

Sono poi innumerevoli gli elementi soggettivi stabiliti arbitrariamente dall’autore della carta e in grado di orientarne la lettura: dalla scelta del titolo alla selezione delle informazioni da riportare, agli elementi ornamentali che la decorano. Si pensi, ad esempio, a una carta rinascimentale, i cui fregi artistici e le dedicatorie ossequiavano un potente e i suoi possedimenti comunicando al lettore una sensazione di alta considerazione nei suoi confronti. Le carte geografiche non si trovano solo negli atlanti e nei libri di geografia. La loro ampia e ramificata circolazione le colloca direttamente nel cuore della cultura visiva della nostra società. Non è dunque un caso che le carte condividano con altri prodotti iconici un set di codici di tipo geometrico, cromatico, figurativo ed estetico.

Come non è un caso che tenda ad aumentare la quota di rappresentazioni del territorio prodotte al di fuori del ristretto ambito dei cartografi di professione. È apparso dunque opportuno adottare un approccio «estensivo», prendendo in considerazione un vasto assortimento di prodotti cartografici attinenti alla geopolitica: non verranno presentate solo carte topografiche, cioè basate su rigorosi procedimenti matematici e generalmente eseguite da organi dello Stato, ma anche carte tematiche (turistiche, storiche eccetera) e – perché no? – anche carte curiose o inserite all’interno di quotidiani, riviste, manifesti, emissioni filateliche e altro ancora, che costituiscono di gran lunga il quantitativo maggiore tra le immagini cartografiche che ci passano comunemente sotto gli occhi.

Questo viaggio geopolitico-cartografico si rivolge sia a chi, quando guarda una carta, sente volare la propria fantasia, sia a chi non ne ha ancora mai subìto il fascino. I primi troveranno altri oggetti in grado di solleticare la loro immaginazione, i secondi si avvieranno a scoprire – glielo auguriamo – le capacità suadenti e persuasive delle carte geografiche. Perché una carta è molto più di una riproduzione fredda e semplificata di un luogo. Se la si guarda attentamente si scopre che è un documento con una storia da raccontare, sia sull’autore e le ragioni che l’hanno spinto a realizzarla, sia sul contesto culturale all’interno del quale ha preso forma.

Carta di Walter Crane, The Graphic, 24 luglio 1886.

In uno stile tipicamente liberty, l’immagine raffigura l’impero britannico all’apice della sua potenza. Britannia, armata del suo tridente e di uno scudo con la bandiera dell’Union Jack, è seduta su un planisfero che le fa da trono. A rimarcare la varietà dei possedimenti coloniali, figure in costumi tipici di tutto il mondo contornano la carta, dalla donna in veste adamitica (in alto a destra) all’aggraziata donna orientale fino al capo pellirossa (in alto a sinistra) passando per il cercatore d’oro australiano affiancato dalla ragazza aborigena (in basso a destra), l’ufficiale britannico in India con i suoi servitori (in basso a sinistra) e altri ancora.

Alcune linee sulla carta rappresentano la rete di rotte marittime che innervano l’impero. In alto campeggiano le parole «libertà», «fratellanza» e «federazione», sintesi della visione imperiale dell’Inghilterra vittoriana.

Il confronto con la situazione di un secolo prima, riportata nel riquadro cartografico in alto a destra, evidenzia la ragguardevole espansione territoriale avvenuta nel periodo, che ha aggiunto vastissime superfici continentali quali l’Australia.

La carta evidenzia in bianco i territori persi e in basso a destra riporta, attraverso alcuni istogrammi, i dati delle perdite in termini di territorio, popolazione e risorse. In più, introduce un altro tema classico della cartografia tedesca di questi anni: l’appartenenza etnica. Una miriade di macchie rosa a est e a sud individua le comunità germanofone rimaste al di fuori dei confini del Reich; popolazioni che, nella retorica nazionalista, andavano prima o poi reintegrate nella madrepatria.

F. KNIEPER, “Gli armamenti dei nostri vicini”, in Geopolitik für die Unterrichtspraxis, Bochum 1934, Kamp, p.30.

Variando leggermente la scala, si potevano includere nella rappresentazione anche quegli Stati confinanti perennemente ostili alla Germania e, dunque, sempre pronti ad aggredirla.

Ma non bastava: occorreva che l’accerchiamento risultasse deliberatamente minaccioso, come un dato inequivocabile di pericolo incombente e che tutto ciò spiccasse agli occhi dell’osservatore, colpendone l’immaginazione.

Occorreva, pertanto, dare alla rappresentazione un senso di dinamismo in grado di mostrare che quell’accerchiamento si sarebbe tramutato, inevitalbilmente in aggressione aperta, come dimostrano le figure 3, 4 e 5.

F. KNIEPER, “La Francia accerchia l’Italia”, in Geopolitik für die Unterrichtspraxis, Bochum 1934, Kamp, p.115.

A parte alcuni caratteri stilistici comuni, un elemento distinguerà in modo sostanziale le carte impiegate in ambito scolastico e militare da quelle geopolitiche: il livello di politicizzazione. Come rileva l’introduzione al suo atlante, l’intento di Letoschek era quello di favorire  negli allievi della scuola la memorizzazione della geografia politica d’Europa. Nelle rappresentazioni geopolitiche, invece, domina un pregiudizio di tipo politico-ideologico. Il messaggio della carta è direttamente connesso ad una specifica idea dello spazio e intende palesemente spingere il lettore ad abbracciarla. Nelle precedenti, invece, era sì pedagogico, ma privo di specifiche connotazioni ideologiche. E’ la differenza tra la carta come ausilio didattico e la carta come arma politica. Quest’ultima non ha il compito, considerato quasi degradante, di informare, ma quello molto più nobile di spiegare, e tal fine le è permesso il ricorso all’allusione, all’evocazione, alla suggestione.

“Deutscher Lichtbild Dienst”, in K. HAUSHOFER, E. OBST, H. LAUTENSACH, O. MAULL, Bausteine zur Geopolitik, Berlin 1928, Vowinckel, p.333.

Tratto da: http://temi.repubblica.it/limes/?s=boria

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