Ferdinando Imposimato, Difendete la scuola pubblica

by gabriella

lo-sciopero-del-5-maggio-dei-lavoratori-scolastici_306091Il discorso tenuto da Ferdinando Imposimato a Roma al convegno Adida del 24 aprile scorso, il suo appello agli insegnanti italiani perché difendano la scuola pubblica e scioperino il 5 maggio dal primo all’ultimo.

La scuola pubblica, la dignità e la libertà di insegnamento

Imposimato

Ferdinando Imposimato

Ringrazio tutti coloro che mi hanno chiesto di partecipare a questo incontro e di dare il mio modesto contributo alla difesa della scuola. Nel 70º anniversario della Liberazione, da cui è nata la nostra Costituzione, siamo chiamati a difendere la scuola pubblica dall’attacco del Governo contro insegnanti precari e di ruolo e i quota 96, vittime di gravi ingiustizie commesse da parte dei Governi degli ultimi 30 anni. È un attacco, quello attuato con la legge in discussione in Parlamento, contro la democrazia e la Costituzione e contro il diritto degli studenti a ricevere gratuitamente una seria educazione e formazione culturale e morale a vantaggio della loro persona e della collettività. A differenza dello Stato totalitario, lo Stato democratico, perseguendo l’interesse collettivo alla cultura, lascia alle persone libertà di formarsi e non stabilisce con arbitraria sopraffazione, quello che è etico e giusto insegnare (Atti costit. relazione A. Moro 18 ottobre 1946).

Questa libertà di contenuti oggi è minacciata dalla riforma del Governo.

Quella che conduciamo oggi, e dobbiamo proseguire in avvenire, è una battaglia di libertà e di dignità dei docenti precari e di ruolo. Ai quali va riconosciuto il diritto di insegnare alle nuove generazioni il frutto della propria esperienza intellettuale e di aiutarle ad aprirsi coscienti alla vita, diritto costituzionalmente garantito col riconoscimento della funzione sociale dell’insegnamento. Questa funzione lo Stato deve soddisfare, ponendo a disposizione degli studenti, docenti preparati e ben retribuiti, affinché possano migliorare la propria formazione culturale ed etica nell’interesse degli studenti. (atti costituente relazione Moro ib). Ed è questo dovere dello Stato, di organizzare la scuola come un servizio pubblico per preparare i giovani ad assumere funzioni sociali, che con la riforma viene violato umiliando i docenti col licenziamento, precarietà e retribuzioni inadeguate.

Contro questa politica, che danneggia la scuola pubblica e l’interesse collettivo, docenti, studenti e lavoratori devono mobilitarsi per una nuova Resistenza. Ma occorre anzitutto l’unità dei docenti, di ruolo e precari, condizione necessaria per la difesa della scuola pubblica. Siamo più che mai convinti che se la scuola pubblica non vuole subire nuove sconfitte, deve affrontare compatta e non divisa le forze del privilegio e della reazione, che 70 anni dopo la Liberazione, non sono morte, ma, come appare da molti segni evidenti, sono più vive che mai e tentano di umiliare la scuola di Stato con grave pericolo per la democrazia.

Ogni volta che tra gli insegnanti si verificano divisioni, alimentate ad arte dai nemici della scuola, le forze della conservazione, ne profittano per ridurre i diritti dei docenti a una retribuzione adeguata ai loro altissimi compiti, alla dignità del lavoro e alla libertà di insegnamento.

L’istruzione pubblica deve tornare a essere, contro la controriforma, punto centrale del nostro sistema morale e politico, lo strumento più alto per la formazione umana della nostra comunità nazionale, l’ambiente più favorevole per risolvere i problemi sociali e politici e soddisfare l’ansia di un mondo più giusto. Agli insegnanti, anima della scuola, umiliati e offesi dai vari Governi che si sono alternati, vadano il rispetto, la fiducia, la comprensione e la gratitudine dei cittadini, riconoscendo ad essi la funzione sociale di aiutare coloro che affrontano le quotidiane fatiche intellettuali per sostenere la vita nuova che avanza dei nostri amati studenti. ( Atti costit relazione A Moro 18 ottobre 1946).

La riforma del Governo va contro l’interesse del paese a una vita scolastica più adeguata alla realtà dei tempi, più vicina ai cittadini, più in grado di preparare i giovani ad affrontare i problemi di una società in profonda crisi a causa delle diseguaglianze tra una piccola classe di privilegiati, che godono di retribuzioni enormi, e una grande massa di cittadini, tra cui i docenti, che vivono in uno stato di bisogno. Ma la libertà senza eguaglianza non esiste, è una falsa libertà. Il docente che non ha un lavoro stabile e una retribuzione dignitosa, non ha la serenità necessaria per educare i nostri amati giovani alla vita e alla lotta per i diritti civili e politici. È persona in apparenza libera, ma di fatto schiava, è una non persona. E noi cittadini abbiamo il dovere di ribellarci a tutto questo.

Questa riforma viola principi fondamentali della Costituzione, anzitutto l’art. 3, secondo cui è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori, tra cui gli insegnanti, alla organizzazione politica, economica e sociale dello Stato. E l’art. 36 secondo cui i docenti hanno diritto a una retribuzione adeguata alla qualità e quantità del lavoro svolto e tale da garantire una vita libera e dignitosa. Ma anche l’art. 4 secondo cui lo Stato deve rendere effettivo il diritto al lavoro, e l’art. 33 sulla libertà di insegnamento.

3. Per questo preoccupa e indigna l’attacco del Governo agli insegnanti. Il presidente Matteo Renzi, dopo avere promesso il 12 marzo 2015, l’assunzione di 150.000 precari, presenta un disegno di legge che lascia ai docenti di ruolo lo stipendio immorale di 1.800 euro al mese dopo 30 anni, e minaccia di licenziare circa 100.000 precari, retribuiti con stipendi indecorosi. Non percependo la diseguaglianza dovuta agli enormi e ingiusti stipendi attribuiti a caste privilegiate, tra cui i dirigenti di enti pubblici, spesso coinvolte in gravi episodi di corruzione, degli enormi sprechi nelle grandi opere spesso inutili come TAV, Expo e Mose, segnalati dall’UE nel rapporto del 3 febbraio 2014, di denaro pubblico che si verifica, e della corruzione impunita che costituisce una tassa immorale di 70 miliardi di euro ogni anno (Corte Conti). E ignorando che la scuola è (Calamandrei) “un organo costituzionale come Parlamento, Governo e magistratura anzi ancora più importante, poiché l’insegnante ha un compito ancora più difficile, istruire e formare i giovani. La scuola è “organo centrale della democrazia” “da essa parte il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, giorno per giorno”.

La riforma minaccia la libertà degli insegnanti (art 33), che saranno costretti ad abbracciare una fede politica, una dottrina filosofica, una ideologia, una scelta educativa e non verità, che viene dall’alto, mentre essi hanno diritto di dare e ricevere criticamente diverse opinioni politiche, diverse filosofie, diverse ideologie (N.Bobbio). La scuola libera non vuol dire scuola indifferente alla sorte del Paese e alla democrazia, né da parte dell’insegnante, che deve avere le sue convinzioni, né da parte dell’allievo, che non deve essere un ricettacolo passivo di tutto quello che legge o ascolta. Il principio etico su cui si fonda la libertà nella scuola è la tolleranza. La tolleranza è rispetto delle opinioni altrui. Tolleranza significa che è lecito e doveroso, il confronto, perché dal confronto deriva tanto da una parte quanto dall’altra una convinzione diversa da quella da cui eravamo partiti. (Bobbio)

La riforma, attribuendo al dirigente scolastico “le scelte didattiche e formative e la valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti”, viola il principio della libertà di insegnamento tipica della scuola di Stato, ma anche la meritocrazia.

Aristotele esaltava la scuola pubblica 450 anni prima di Cristo dicendo

che il legislatore deve preoccuparsi soprattutto dell’educazione dei giovani; ed è questo, che trascurato in uno Stato, rovina la democrazia. E poiché lo Stato ha un unico fine, il bene comune, è evidente di necessità che anche l’educazione sia unica e uguale per tutti, che la cura di essa sia pubblica e non privata, come adesso fa ognuno prendendosi cura in privato dei propri figli e impartendo loro l’insegnamento che gli piace […] È evidente, dunque, che deve esserci una legislazione sull’educazione e che questa deve perseguirsi in comune; quale sia l’educazione e come la si debba impartire non deve restare nascosto. [Aristotele, La politica, Laterza, pp. 263- 264].

Ed invece il Governo finanzia le scuole private come le scuole pubbliche, mentre la Costituzione dice “enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Anzi la riforma Renzi peggiora la legge Berlinguer 2000, pone scuole statali e private sullo stesso piano. Un’assurdità! Se prevarrà la scuola privata, costosa e confessionale, molti studenti saranno esclusi dall’istruzione a causa della povertà e della fede non cattolica. Mentre la scuola pubblica è laica, aperta a tutti e gratuita.

Contro la riforma, chiediamo che il merito sia valutato non dal dirigente scolastico, ma con criteri oggettivi fissati da leggi e regolamenti. Diceva Aristotele:

È preferibile, senza dubbio, che governi la legge più che un qualunque cittadino. Chi raccomanda il governo della legge raccomanda il governo della ragione; mentre chi raccomanda il governo dell’uomo vi aggiunge anche quello della passione sconvolge anche gli uomini migliori. Mentre la legge è ragione senza passione… quelli che stanno ai posti di governo (anche nel governo della scuola, nda) sono soliti fare molte cose per dispetto o per favore” [Aristotele, Politica, Laterza, 1993, pp. 108-109].

La riforma si risolve ancora una volta in tagli alla scuola pubblica, alle università statali e a centinaia di migliaia di studenti. L’idea è assoggettare la scuola alle leggi del mercato e dell’efficientismo come si è fatto per il lavoro trattato come una merce. Ma la Repubblica non si ispira a principi utilitaristici ma con lo studio gratis, deve adempiere ai doveri di solidarietà politica economica e sociale .

Tutto questo va contro la democrazia. L’insegnante, temendo il licenziamento, non sarà più libero di esprimere il proprio pensiero ma dovrà seguire scelte didattiche di regime che ledono la libertà del docente e dell’allievo di non essere indottrinato. L’allievo sarà condizionato da insegnanti cui è precluso il diritto di esprimere un’opinione critica, un giudizio politico o morale sulla classe dirigente una valutazione della correttezza dell’azione del Governo.

Il costo della scuola pubblica è diventato insostenibile per milioni di lavoratori e ancor più quello della scuola privata aperta solo ai ricchi; ma il monopolio della ricchezza porta fatalmente al monopolio della cultura, sicché le scuole medie ed universitarie, sbarrate agli ottimi quando sono figli di poveri, si riempiono di mediocri e anche di pessimi, figli di ricchi che diventano pessimi professionisti, pessimi magistrati, pessimi politici e pessimi governanti che pensano al loro vantaggio personale e non al bene comune.

Verrà a mancare quel continuo ricambio attraverso il quale si verifica senza posa, nelle vere democrazie, il rinnovamento della classe politica di governo, che non deve rimanere una casta chiusa, come oggi, ma deve essere la espressione aperta e mutevole delle forze più giovani e meritevoli della società. Ed è in questo cristallizzarsi del potere nelle mani di una minoranza inetta e ignorante, la ragione delle diseguaglianze sociali e del declino della classe dirigente, esaltata da media asserviti e da intellettuali senza nerbo e senza dignità. Ed è qui da la causa del trionfo del nuovo fascismo che si ammanta di democrazia, in questa fiacchezza, in questa anemia, in questa indifferenza popolare, narcotizzata dai grandi fratelli e dalle fiction.

La sola speranza di riscatto viene da docenti e studenti, che non siano condizionati dal ricatto di un governo insolente e prepotente .

Nella nostra fragile ed ingiusta democrazia, la scelta di governanti non cade su persone culturalmente dotate, ma, grazie ad una scuola impoverita e umiliata, su mediocri che ignorano il bene comune e l’eguaglianza dei diritti sociali. Mentre si tende a privilegiare una scuola privata riservata alle classi benestanti.

Laddove, attraverso il potere discriminatorio della istruzione, il governo democratico che dovrebbe essere aperto ai meritevoli, resterà il governo dei ricchi, non progrediremo verso l’eguaglianza dei diritti sociali, necessaria per lo sviluppo del paese. Di tutti i privilegi che la ricchezza conferisce agli abbienti, anche se incapaci, quello della istruzione è il più ingiusto, odioso e pericoloso. L’uomo e la donna figli di operai e contadini non potranno mai esser capaci di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, come previsto dall’art. 51 della Costituzione, se non si garantisce loro una educazione sufficiente per prendere coscienza di sé, per alzare la testa dalla terra, e per intravveder fini più alti che non siano quelli di saziare gli stimoli della fame.

Dopo l’asservimento a una oligarchia dominante del sistema mediatico TV e della carta stampata, che con adulazione esalta il Presidente del Consiglio non lasciando spazio alla critica, dopo il nuovo conformismo di molti intellettuali alla ricerca di protettori, il solo comparto da soggiogare resta la scuola pubblica. E questo il Governo sta facendo.

Rivolgo un appello al Presidente della Repubblica, garante supremo della Costituzione, affinché, in ossequio all’art. 54 della Costituzione -per il quale i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche come Governo e Parlamento debbano osservare la Costituzione con disciplina e onore-, intervenga fin da ora per richiamare il Governo sulle palesi illegittimità costituzionali presenti nella riforma sulla scuola pubblica in discussione davanti alle Camere.

Rivolgo un appello a tutti gli insegnanti a battersi uniti in difesa della scuola pubblica, ma anche agli studenti perché amino e rispettino i loro insegnanti precari e di ruolo e il sacrificio che essi sopportano giorno per giorno. Gli studenti, i lavoratori e i disoccupati devono scendere in campo accanto agli insegnanti in difesa della scuola pubblica gratuita, della dignità dei docenti e contro l’abbandono scolastico. Guai a spezzare questa unità di docenti studenti e lavoratori, ogni rinnovamento si arresta. Dobbiamo ribellarci e dire un no netto alla riforma liberticida del Governo, che intacca le nostre libertà e la nostra democrazia, e chiedere al Governo di riconoscere il posto di lavoro agli insegnanti precari, una categoria benemerita che tanto fa per i nostri studenti, i diritti violati di quota 96, e perché il governo garantisca stipendi adeguati a insegnanti di ruolo e non di ruolo. Dobbiamo pretendere dal Governo che i miliardi assegnati alle grandi opere, che sono spesso inutili tanto da restare incompiute, veri e propri tangentifici e distruttori dell’ambiente, siano invece destinati alla scuola pubblica, che è pilastro della nostra democrazia, e alle migliaia di precari da stabilizzare. Vogliamo che dalla classe operaia possano uscire, attraverso la scuola pubblica aperta a tutti, uomini come Giuseppe Di Vittorio e Sandro Pertini. Forze vive capaci di rinnovare la classe dirigente, giovani che non si lascino prendere dal mito del successo, che premia spesso ingiustamente chi ottiene molto senza dare niente, perché siano gli alfieri di una Nuova Resistenza. Viva la scuola pubblica viva gli insegnanti precari e di ruolo di ogni scuola, viva la democrazia e la libertà.

 

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