Fighting (the fear of) the test

by gabriella

Dopo l’introduzione dei test INVALSI e davanti al proliferare dei test d’accesso ai corsi di Laurea, ho cominciato, non senza dubbi e perplessità, a introdurre nel lavoro scolastico prove a risposta chiusa.

Nelle righe sottostanti, un piccolo resoconto etnografico dell’impatto di questi test su ragazzi abituati a prove di altro tipo, come i miei studenti di Filosofia di quinta di qualche anno fa.

Indice

1. Come fu che cominciai
2. I primi giorni di scuola del settembre 2016
3. Risultati e reazioni

3.1 La didattica tra resistenza e teaching to test

 

4. Epilogo

 

Non credo alla tv, vende la gente lesa,
io leggo libri, leggo solo per autodifesa, sapere più degli altri è la chiave per non farti comandare
e io non voglio comandarti.

Woody Allen


1. Come fu che cominciai

Tre anni fa, nel 2016, gli INVALSI nella scuola secondaria stavano diventando sempre meno aggirabili, con sanzioni sempre più severe per studenti e docenti che si rifiutavano di somministrarli, correggerli o eseguirli. L’opposizione degli insegnanti nelle scuole era così sempre più localizzata e debole.

Nel 2017, la Legge 107 li rese allora condizione d’accesso agli esami di stato, per poi essere ritoccata senza significativi cambiamenti dal successivo governo che li mantenne, rendendoli  facoltativi, lasciando intendere che la materia sarebbe stata affrontata dopo l’osservazione delle eventuali reazioni di una scuola ormai sfiancata.

Decisi allora di cominciare ad allenare i miei studenti con queste prove con le quali avrebbero dovuto misurarsi se non immediatamente, agli esami di stato [nel 2016 erano ancora somministrati solo in secondo Liceo], alle prove d’ingresso all’Università.

 

 

2. I primi giorni di scuola del settembre 2016

Contando sulla presenza in classe di un nuovo proiettore, proposi agli studenti di Filosofia della mia quinta un test Kahoot a risposta chiusa come ripasso dell’ultimo autore studiato (Locke).

Abituati a prove ben più complesse, dall’analisi di testi, a dibattiti, a verifiche a risposta aperta, i test a crocette erano per loro, almeno per la Filosofia, una novità assoluta.

 

 

3. Risultati e reazioni

Per iniziare, proposi loro un test “ironico”, un Kahoot, appunto, che permette di somministrare domande a risposta chiusa con sfondo sonoro da telequiz televisivo, cosa che suscita ilarità (almeno nei miei studenti) proprio per la voluta, grottesca commistione tra cultura e scuola e quella caricatura del sapere che sono i settimanali d’enigmistica o, appunto i test a crocette.

Il divertimento si smorzò, però, abbastanza presto, soprattutto in quelli che si erano sempre divertiti studiando filosofia, quando si resero conto che i compagni che non si ricordavano Locke sbagliavano il test proprio come quelli che ne sapevano quanto la prof.

Riuscivano, invece, a farlo gli studenti che avevano sempre studiato in modo un po’ meccanico, mandando a memoria i concetti principali e lavorando su poche essenziali relazioni tra le cose da sapere.

 

 

3.1 La didattica tra resistenza e teaching to test

Commentai in classe i risultati, poi, vedendo che non li avevo convinti, presi la tastiera per buttar giù qualche chiarimento:

Cari ragazzi,

il test a crocette svolto l’altro ieri con Kahoot ha creato un po’ di sconcerto in classe (ma durante lo svolgimento anche di divertimento): alcuni tra voi hanno avuto infatti risultati molto inferiori ai soliti (altri migliori).

Nel tentativo di rincuorare i delusi, ho forse avvilito quelli che hanno ottenuto i risultati migliori. Non era certo mia intenzione, perciò colgo l’occasione per chiarirci insieme le idee su cosa sono e a cosa servono i test a risposta chiusa, cosa che mi permetterà anche di discutere con voi se dobbiamo farli, temerli o semplicemente evitarli.

Prima di tutto, un test serve a sviluppare certe capacità e solo in secondo luogo a fornire all’insegnante informazioni sull’efficacia degli apprendimenti. Ad esempio: i test a risposta aperta sviluppano capacità di analisi (lettura e comprensione delle domande) e sintesi (uso e scelta delle conoscenze utili a rispondere), mentre quelli a risposta chiusa sviluppano concentrazione, velocità di reazione e intuito (capacità prevalentemente analitiche).

test a crocetteE’ chiaro che se si ha per obiettivo di formare persone in grado di mobilitare le proprie conoscenze per leggere criticamente il mondo, cioè per capire cosa succede e perché, i test a risposta chiusa sono decisamente meno formativi di quelli a risposta aperta e incapaci di seguire e documentare il percorso di crescita di uno studente. Questa è la ragione per cui non li abbiamo mai usati fin qui (d’accordo con Montaigne e Kant che «è meglio una testa ben fatta che una ben piena» e che «bisogna insegnare a pensare invece che insegnare pensieri»).

Decidere quale test usare è una bella responsabilità, eppure oggi i test a crocette decidono la promozione o la bocciatura di un ragazzo di terza media e l’iscrizione o meno all’Università di quelli che hanno un anno più di voi (sempre più corsi di laurea sono ora ad accesso “programmato” o numero chiuso).

Insomma, i test a crocette sono intorno a noi e decidono cose sempre più importanti per noi.

alpha testMolti insegnanti, tra i quali io stessa, criticano questo uso “riduzionistico” dei test che seleziona gli studenti sulla base delle conoscenze e competenze medie, scartando spesso, insieme a chi banalmente “non sa”, le competenze superiori: le intelligenze critiche, il pensiero divergente, la riflessione profonda, l’approccio dubitante, modi di essere, insomma, che a scuola cerchiamo di far crescere e moltiplicare, non certo di mortificare (almeno nel nostro caso).

Selezionare con i test a crocette, introduce una forma darwinismo scolastico che modella la popolazione studentesca favorendo le risposte medie (il buon senso, l’intuito, il senso pratico) e l’adattamento (cioè il conformismo).

Se date un’occhiata all’immagine sottostante, tratta da una lezione del Dipartimento di Matematica dell’Università di Genova, potete vedere rappresentato cosa accade in un contesto di selezione stabilizzante, quale è quello in cui si trova chi viene valutato sistematicamente (ed esclusivamente) con test a risposta chiusa.

Come si osserva nella prima immagine in alto a sx, gli individui medi e le loro qualità vengono favorite, perché più adatte a rispondere alle sfide ambientali: sono infatti mediamente più comuni e diffuse perché più utili e dunque allenate e allevate nel tempo da più persone.

Nel grafico sottostante [2] si può apprezzare l’esito: aumenta il numero di individui che presentano le caratteristiche premiate (le più adatte, non le migliori), ma anche il divario tra questi individui e i diversi (che vengono esclusi).

darwinismo dei test

Ai nostri fini, ciò significa che se faremo questi test aumenterà il numero di studenti che impareranno a farli, mentre resterà un gruppo che continuerà a non trovarsi a proprio agio in questo contesto (e non è detta che si tratti di studenti impreparati o incapaci) a cui auguro di non doversi misurare più avanti con questo tipo di prove.

Per tutte queste ragioni, non propongo di sostituire i test a risposta chiusa alle modalità per noi classiche di verifica, ma di integrarle e aggiungersi ad altre attività che quest’anno, anche su vostro suggerimento, vorrei incentivare o introdurre, come alcuni lavori sui testi filosofici e analisi di immagini.

Credo che l’uso di strumenti diversi possa rassicurarvi sull’affidabilità dei risultati e abbassare il rischio di sorprese, ma vorrei anche che se di cattive sorprese dobbiamo parlare, queste avvengano qui, in un contesto riflessivo in cui certe abilità possono essere allenate tranquillamente e comprese per ciò che significano davvero. Qui, dove possiamo usarle senza che diventino subito un voto e in cui possiamo persino giocare con esse.

Insomma, vorrei aiutarvi a controllare questi test per evitare che siano loro a controllare voi.

Usare questi test vi allenerà a risolverli più facilmente e, a mio avviso, vi aiuterà a curare la vostra preparazione più meticolosamente e a studiare in modo più concentrato con vantaggi innegabili in vista dell’esame. Capacità e risorse niente affatto trascurabili che i filosofi possono acquisire senza rinunciare alle proprie specificità o tradire se stessi.

Non intendo imporveli, ma apro ufficialmente la discussione: decideremo se mantenerli dopo aver sentito l’opinione di tutti (opinione, non mugugno).

Prof.

 

 

Ecco come andò a finire.

Affrontarono la cosa in una delle nostre consuete discussioni. Chiesero spiegazioni, qualcuno volle approfondire leggendosi qualche articolo pedagogico sugli effetti delle prove di verifica [due ragazze intenzionate ad iscriversi a Scienze della Formazione Primaria per diventare insegnanti] poi, decisero all’unanimità che se quello era ciò che li attendeva era meglio conoscerlo, capirlo e cercare di non farsi fregare. 

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