Tra quattrocento e cinquecento, nel percorso che va dalla dissoluzione del mondo an
tico alla scoperta del soggetto (‘600) [per comprendere l’essenza della modernità filosofica si vedano i paragrafi La svolta cartesiana e la soggettività del mondo], che costituisce il tratto fondamentale del pensiero moderno, ci si imbatte in tre cambiamenti rivoluzionari che determinano i caratteri di fondo della modernità: la scoperta dei popoli altri, la rivoluzione della stampa e la crisi del principio d’autorità.

Le scoperte geografiche che culminano nella scoperta dell’America (1492) e nella conquista, impongono il confronto degli europei con la diversità culturale, preparando il terreno per una riflessione sulla convenzionalità e la relatività degli usi e costumi quale quella di Montaigne (qui l’articolo dedicato a questo tema).
La seconda grande rivoluzione è l’invenzione, ad opera
di Johann Gutemberg, della stampa a caratteri mobili (1455) che permetterà un drastico abbattimento dei costi di riproduzione del libro, democratizzando e laicizzando un sapere non più riservato ai chierici, e facilitando la circolazione di idee e informazioni che alimenteranno i dibattiti filosofici e scientifici del Rinascimento e dei secoli successivi, a partire da Lutero. Benchè non sia certo, infatti, se il monaco agostiniano abbia davvero affisso le 95 tesi sulla porta della chiesa di Wittemberg (1517) (visto che la maggior parte della popolazione non sapeva leggere), non ci sono dubbi che i testi delle tesi in cui condannava la vendita delle indulgenze e la corruzione della Chiesa romana circolavano da tempo all’interno dell’Università nella quale insegnava e avevano una circolazione a stampa.


A dimostrazione delle conseguenze rivoluzionarie di una Riforma protestante che si lega fin dall’inizio alla scoperta della stampa e determina la prima scolarizzazione popolare nel Nord Europa, alla fine della guerra dei trent’anni, poco più di un secolo dopo la protesta di Martin Luther, veniva trovata nelle campagne tedesche devastate dagli eserciti una bibbia contadina, all’interno della quale il capofamiglia aveva annotato: «Dicono che la terribile guerra è finita. Ma qui non ci sono segni di pace […] Viviamo come animali, strappando l’erba coi denti. Molti dicono che qui non c’è Dio». Era il 17 gennaio 1647, per la prima volta un contadino aveva potuto mettere per iscritto la sua disperazione – la parte d’Europa rimasta cattolica conserverà per questo un secolare ritardo, si pensi all’analfabetismo dei personaggi dei Promessi sposi, ambientato nello stesso periodo storico.
Se Lutero mette in crisi l’ordine politico della cristianità, spezzando la Respublica Christiana e negando legittimità al magistero della Chiesa, nell’orizzonte mondano/divino del Medioevo l’autorità della Chiesa è solo una della auctoritates su cui si fonda la cultura europea. In piena scolastica, l’autorità degli antichi, soprattuto di Aristotele, nella ricerca delle verità, trova espressione nella formula dell’ipse dixit e sarà solo quando alla parola della tradizione si sostituirà la necessità di trovare conferma nell’esperienza che il lungo percorso di dissoluzione del mondo antico potrà dirsi compiuto. La modernità nasce sotto il segno della critica e del cambiamento.
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