Cosa meglio di Rostand per incorniciare la giornata di chi sciopera mentre tanti si rassegnano, piegano la testa e fanno finta di trovarsi d’accordo?
LE BRET: Se tu provassi a mettere un po’ da parte questo tuo animo da moschettiere, Cirano, il successo e gli onori ti…
CIRANO: E che dovrei fare? Cercarmi un protettore? Trovarmi un padrone? Arrampicarmi oscuramente, con astuzia, come l’edera che lecca la scorza del tronco cui si avvinghia, invece di salire con la forza?
No, grazie.
Dedicare versi ai ricchi come qualsiasi opportunista? Fare il buffone nella speranza vile di vedere spuntare sulle labbra di un ministro un sorriso che non sia minaccioso?
No, grazie.
Mandar giù rospi tutti i giorni? Logorarmi lo stomaco? Sbucciarmi le ginocchia per il troppo genuflettermi? Specializzarmi nel piegare la schiena?
No, grazie.
Accarezzare la capra con una mano e annaffiare il cavolo con l’altra? Avere sempre a portata di mano il turibolo dell’incenso in attesa di potenti da compiacere?
No, grazie.
Progredire di girone in girone, diventare un piccolo grande uomo da salotto, navigare avendo per remi madrigali e per vele sospiri di vecchie signore?
No, grazie.
Farmi pubblicare dei versi a pagamento dall’editore Sercy?
No, grazie.
Farmi eleggere papa da un concilio di dementi in una bettola?
No, grazie.
Affaticarmi per farmi un nome con un sonetto invece di scriverne degli altri?
No, grazie.
Trovare intelligente un imbecille? Essere angosciato dai giornali e vivere nella speranza di vedere il mio nome apparire sulle riviste letterarie?
No, grazie.
Vivere di calcolo, ansia, paura? Anteporre i doveri mondani alla poesia, scrivere suppliche, farmi presentare?
No, grazie. Grazie, grazie, grazie, no!
Ma invece… cantare, ridere, sognare, essere indipendente, libero, guardare in faccia la gente e parlare come mi pare, mettermi – se ne ho voglia – il cappello di traverso, battermi per un sì per un no o fare un verso! Lavorare senza curarsi della gloria e della fortuna alla cronaca di un viaggio cui si pensa da tempo, magari nella luna! Non scrivere mai nulla che non sia nato davvero dentro di te! Appagarsi soltanto dei frutti, dei fiori e delle foglie che si sono colte nel proprio giardino con le proprie stesse mani! Poi, se per caso ti arriva anche il successo, non dovere nulla a Cesare, prendere tutto il merito per te solo e, disprezzando l’edera, salire – anche senza essere né una quercia né un tiglio- salire, magari poco, ma salire da solo!
LE BRET: Da solo, d’accordo! Ma non contro tutti! Si può sapere come diavolo t’ha preso questa mania sfrenata di farti sempre e dovunque dei nemici?
CIRANO: A forza di vedere gli altri smaniare per farsi degli amici e scambiarsi sorrisi che fanno sembrare la bocca un culo di gallina. Preferisco vedere diradarsi sulla mia strada i saluti della gente e poter dire ogni volta: ecco un nemico di più.
LE BRET: Che pazzia!
CIRANO: Sì, lo ammetto. E’ il mio vizio. Mi piace non piacere. Adoro essere odiato. Sapessi, amico mio, come si cammina meglio sotto il fuoco eccitante degli sguardi ostili! Che macchie piacevoli ti lasciano addosso il fiele degli invidiosi e la bava dei vigliacchi! La molle aura di amicizia di cui gli altri si circondano, invece, somiglia a quei vaghi paesaggi italiani, indefiniti, nella cui cornice ci si annienta. Certo, ci si sta comodi… ma ci si lascia andare. Per me è diverso: l’odio mi tiene vivo. Ogni nuovo nemico è un raggio. L’odio è una gogna ma anche un aureola.
Cyrano de Bergerac (edizione originale)
Cyrano de Bergerac (traduzione italiana)
LE BRET:
Si tu laissais un peu ton âme mousquetaire,
La fortune et la gloire. . .
CYRANO:
Et que faudrait-il faire ?
Chercher un protecteur puissant, prendre un patron,
Et comme un lierre obscur qui circonvient un tronc
Et s’en fait un tuteur en lui léchant l’écorce,
Grimper par ruse au lieu de s’élever par force ?
Non, merci. Dédier, comme tous il le font,
Des vers aux financiers ? se changer en bouffon
Dans l’espoir vil de voir, aux lèvres d’un ministre,
Naître un sourire, enfin, qui ne soit pas sinistre ?
Non, merci. Déjeuner, chaque jour, d’un crapaud ?
Avoir un ventre usé par la marche ? une peau
Qui plus vite, à l’endroit des genoux, devient sale ?
Exécuter des tours de souplesse dorsale ?. . .
Non, merci. D’une main flatter la chèvre au cou
Cependant que, de l’autre, on arrose le chou,
Et, donneur de séné par désir de rhubarbe,
Avoir son encensoir, toujours, dans quelque barbe ?
Non, merci ! Se pousser de giron en giron,
Devenir un petit grand homme dans un rond,
Et naviguer, avec des madrigaux pour rames,
Et dans ses voiles des soupirs de vieilles dames ?
Non, merci ! Chez le bon éditeur de Sercy
Faire éditer ses vers en payant ? Non, merci !
S’aller faire nommer pape par les conciles
Que dans des cabarets tiennent des imbéciles ?
Non, merci ! Travailler à se construire un nom
Sur un sonnet, au lieu d’en faire d’autres ? Non,
Merci ! Ne découvrir du talent qu’aux mazettes ?
Être terrorisé par de vagues gazettes,
Et se dire sans cesse: “Oh, pourvu que je sois
Dans les petits papiers du Mercure François ?”. . .
Non, merci ! Calculer, avoir peur, être blême,
Aimer mieux faire une visite qu’un poème,
Rédiger des placets, se faire présenter ?
Non, merci ! non, merci ! non, merci ! Mais. . .chanter,
Rêver, rire, passer, être seul, être libre,
Avoir l’œil qui regarde bien, la voix qui vibre,
Mettre, quand il vous plaît, son feutre de travers,
Pour un oui, pour un non, se battre,—ou faire un vers !
Travailler sans souci de gloire ou de fortune,
A tel voyage, auquel on pense, dans la lune !
N’écrire jamais rien qui de soi ne sortît,
Et modeste d’ailleurs, se dire: mon petit,
Soit satisfait des fleurs, des fruits, même des feuilles,
Si c’est dans ton jardin à toi que tu les cueilles !
Puis, s’il advient d’un peu triompher, par hasard,
Ne pas être obligé d’en rien rendre à César,
Vis-à-vis de soi-même en garder le mérite,
Bref, dédaignant d’être le lierre parasite,
Lors même qu’on n’est pas le chêne ou le tilleul,
Ne pas monter bien haut, peut-être, mais tout seul !
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