L’ambiguo rapporto tra le relazioni di dono e le relazioni utilitarie (stato e mercato) nell’introduzione [traduzione mia con originale sottostante] di Jacques Godbut, teorico canadese del Mouvement anti utilitariste dans les sciences sociales e tra i massimi studiosi del dono, a Le don, la dette et l’identité [2000], liberamente scaricabile qui.
Si tratta di un’ottima introduzione alla specificità delle problematiche comunitarie, anche se risente dell’assenza di riflessione sui quindici anni di trasformazioni sociali trascorsi dalla sua pubblicazione.
La questione del libro è abbastanza semplice da formulare. Perché, anche nella nostra società, così tante cose che ancora circolano attraverso il dono? Perché ci sentiamo ancora il bisogno di complicarci la vita con i doni, con i rituali e le incertezze che accompagnano il dono, mentre la nostra società ha sviluppato meccanismi molto più semplice e molto più efficaci per consentire ai beni e servizi circolare tra i suoi membri secondo le preferenze e le necessità individuali? Mi riferisco ovviamente al mercato, ma anche alla redistribuzione statale. Una percentuale molto elevata di quello che circola è infatti disciplinata da queste due istituzioni fondamentali della modernità. E se si discute molto oggi sull’opportunità di limitare l’intervento dello Stato è più spesso, in questa era di globalizzazione e di trionfo dell’ideologia liberista, per trasferirne la responsabilità al mercato.
La question de ce livre est assez simple à formuler. Pourquoi, même dans notre société, tant de choses circulent-elles encore en passant par le don ? Pourquoi ressentons-nous encore le besoin de nous compliquer la vie avec les cadeaux, avec les rituels et les incertitudes qui accompagnent le don, alors que notre société a développé des mécanismes beaucoup plus simples et beaucoup plus efficaces pour permettre aux biens et aux services de circuler entre ses membres selon les besoins ou les préférences de chacun ? Je fais référence bien sûr au marché,mais aussi à la redistribution étatique. Une proportion très importante de ce qui circule est en effet régie par ces deux institutions fondamentales de la modernité. Et si on discute beaucoup aujourd’hui des possibilités de limiter l’intervention de l’État, c’est le plus souvent, à cette époque de mondialisation et de triomphe de l’idéologie libérale, pour en transférer la responsabilité au marché.
Eppure chiunque getti uno sguardo generale sulla società di oggi non può che essere sorpreso dalla importanza di ciò che circola al di fuori di questi due meccanismi. Adottiamo temporaneamente la definizione data del dono del Dizionario di Sociologia [1999, p. 68]:
E’ la legge che permette di distinguere i due fenomeni [dono e scambio]: il diritto di esigere un corrispettivo caratterizza lo scambio e manca nel dono. Donare è quindi privarsi del diritto di chiedere qualcosa in cambio.
Et pourtant toute personne qui jette un regard d’ensemble sur la société actuelle ne peut qu’être étonné e par l’importance de ce qui circule en dehors de ces deux mécanismes. Adoptons provisoirement la définition que donne du don le Dictionnaire de sociologie [1999, p. 68] :
« C’est le juridique qui permet de distinguer les deux phénomènes [don et échange] : le droit d’exiger une contrepartie caractérise l’échange et manque dans le don. Donner, c’est donc se priver du droit de réclamer quelque chose en retour ».
Non tutto passa attraverso il dono, naturalmente. Ma l’importanza che gli individui moderni continuano a d accordare a ciò che circola fra loro senza contropartita non può non suscitare seri interrogativi nella mente di qualsiasi osservatore che non adotti a priori il postulato liberale. Il dono è infatti onnipresente nelle relazioni che contano di più per loro, quali la parentela e le amicali (quello che i sociologi chiamano legami primari, ma è anche molto presente in quello che circola tra estranee e in che ora chiamiamo terzo settore.
Tout ne passe pas par le don, bien entendu. Mais l’importance que les individus modernes continuent à accorder à ce qui circule entre eux sans exigence contractuelle de retour ne peut que susciter de sérieuses interrogations dans l’esprit de tout observateur qui n’adopte pas a priori le postulat libéral. Le don est en effet omniprésent dans les relations qui comptent le plus pour eux telles la parenté et les relations amicales (ce que les sociologues appellent les liens primaires ; mais il est aussi très présent dans ce qui circule entre étrangers et dans ce qu’on appelle aujourd’hui le tiers secteur.
Come funziona il dono in questi casi? Perché è così importante? Ci sono diversi tipi di donazione? Come confrontare il dono come parte dei legami primari e il dono di estranei? Quali considerazioni si possono trarre per comprendere meglio le organizzazioni del terzo settore? Come confrontare il regalo con il flusso delle cose nel quadro del modello commerciante o statale? In quali circostanze e perché abbiamo scelto l’uno o l’altro di questi tre modi di far circolare le cose tra noi? In altre parole, perché doniamo e perché non doniamo? Queste sono le domande che saranno al centro delle nostre preoccupazioni in questo libro.
Comment fonctionne le don dans ces différents cas de figure ? Pourquoi revêt-t-il une telle importance ? Existe-t-il plusieurs types de don ? Comment comparer le don dans le cadre des liens primaires et le don aux étrangers ? Quelles considérations peut-on en tirer pour mieux comprendre les organismes du tiers secteur ? Comment comparer le don avec la circulation des choses dans le cadre du modèle marchand ou étatique ? Dans quelles circonstances et pourquoi choisissons-nous l’une ou l’autre de ces trois manières de faire circuler les choses entre nous ? Autrement dit, pourquoi donne-t-on, mais aussi pourquoi ne donne-t-on pas ? Telles sont les questions qui seront au centre de nos préoccupations dans ce livre.
Il dono come fenomeno relazionale
Queste domande ci porteranno a parlare molto di relazione sociale. Perché ciò che accade con il dono passa proprio nelle relazioni sociali, mentre gli altri due sistemi consistono sia in istituzioni che si situano in qualche modo al di fuori dei legami sociali (è il caso dello Stato) sia ciò che potremmo chiamare circuiti dei circuiti di evitamento delle relazioni sociali, un modo sintetico di definire il mercato in termini di relazioni sociali, alla maniera di Simmel o Hirschman. Per questi ultimi, la caratteristica principale del mercato è la facilità con cui gli operatori possono uscire una relazione sociale (uscita). Questa prospettiva è anche vicino a quello dei sociologi come Donati ei suoi collaboratori, e una “teoria relazionale della società”. Crediamo con loro che non dovremmo cercare di capire il dono a partire dai principi di funzionamento delle sfere di mercato e statali ma, al contrario, che dobbiamo cercare di capire queste sfere ricercando ciò che costituisce il dono, e partendo dal dono.
Ce questionnement va nous conduire à parler beaucoup de la relation sociale. Car ce qui passe par le don passe justement dans les relations sociales, alors que les deux autres systèmes constituent soit des appareils qui se situent d’une certaine façon à l’extérieur des liens sociaux (c’est le cas de l’État), soit ce qu’on pourrait appeler des circuits d’évitement des relations sociales, une façon synthétique de définir le marché du point de vue des relations sociales, à la manière de Simmel ou de Hirschman. Pour ce dernier, le trait principal du marché réside dans la facilité avec laquelle les acteurs peuvent sortir d’un rapport social (exit). Cette perspective est également proche de celle de sociologues comme Donati et ses collaborateurs, et d’une « théorie relationnelle de la société ». Nous pensons avec eux qu’il ne faut pas essayer de comprendre le don à partir des principes de fonctionnement des sphères marchande ou étatique, mais au contraire essayer de comprendre ces sphères en cherchant ce qui fonde le don, en partant du don.
Questo approccio al dono, non è il più comune nelle scienze sociali, nelle quali il dono come sistema sociale è quasi un’esclusiva dell’antropologia – o della psicologia se lo si considera come un fenomeno individuale. Ma ciò che mi ha spinto a interessarmi del dono, non è né l’osservazione delle società arcaiche, né i comportamenti individuali nel loro aspetto psicologico o utilitario. E’ lo studio delle strutture politiche e amministrative che mi ha portato a interessarmi a sistemi alternativi di circolazione delle cose tra attori sociali – alternativi alle istituzioni politico-amministrative, da un lato, al mercato, dall’altro. E’ dunque a partire dall’osservazione e dall’analisi di sistemi molto «moderni» che mi sono sempre più interessato a ciò che appariva negli anni settanta come una sopravvivenza: i legami comunitari, il dono, le reti sociali e il modo in cui i beni e i servizi vi circolano.
Cette façon d’aborder le don n’est pas la plus courante dans les sciences sociales, où le don comme système social est une quasi-spécialité de l’anthropologie – ou de la psychologie s’il est considéré en tant que phénomène individuel. Mais ce qui m’a poussé à m’intéresser au don, ce n’est ni l’observation des sociétés archaïques ni celle des comportements individuels sous leur aspect psychologique ou utilitaire. C’est l’étude des structures politiques et administratives qui m’a conduit à m’intéresser à des systèmes alternatifs de circulation des choses entre les agents sociaux – alternatifs aux appareils politico-administratifs d’une part, au marché d’autre part. C’est donc à partir de l’observation et de l’analyse de systèmes sociaux très « modernes » que je me suis progressivement intéressé à ce qui apparaissait à cette époque des années soixante-dix) comme des survivances : les liens communautaires, le don, les réseaux sociaux, et la façon dont les biens et les services y circulent.
Ma perché cercare qualcosa di alternativo ai rapporti di mercato con i consumatori o al settore pubblico coni suoi utenti e beneficiari? Qual era il problema? Qual era la fonte di insoddisfazione? La risposta a queste domande chiarirà il quadro concettuale qui privilegiato.
Mais pourquoi chercher autre chose que le rapport marchand et ses consommateurs, ou le secteur public et sa clientèle de bénéficiaires ? Quel était le problème ? Quelle était la source de l’insatisfaction ? La réponse à ces questions permettra de préciser le cadre conceptuel qui est ici privilégié.
Reti e dispositivi
E’ nel contesto della sociologia delle organizzazioni che ho iniziato a studiare il rapporto tra gli enti pubblici (sanità e servizi sociali) e i loro clienti, in particolare gli utenti le modalità di partecipazione degli utenti a queste organizzazioni. In sociologia delle organizzazioni, si indica questo genere di studi come l’analisi del rapporto tra le organizzazioni e il proprio ambiente.
C’est dans le cadre de la sociologie des organisations que j’ai commencé à étudier les rapports entre des organisations publiques (services de santé et services sociaux) et leur clientèle, et plus particulièrement les modalités de participation des usagers à ces organisations. En sociologie des organisations, on désigne ce genre d’étude comme l’analyse des rapports entre l’organisation et son environnement.
Questo quadro mi è presto divenuto insoddisfacente perché incapace di rappresentare la ricchezza e la complessità delle relazioni con i clienti, i problemi di potere, e il divario esistente tra l’organizzazione e il suo ambiente, un divario che le strutture di partecipazione allora alla moda non soltanto non colmavano, ma rendevano spesso ancora più profondo. Ecco perché ho intitolato il libro che ho scritto all’epoca sulla questione La partecipazione contro la democrazia questione [1983]. Questa ricerca mi ha portato a sviluppare l’idea che sia il mercato che lo Stato si basano su una divisione tra produttori e utilizzatori. Questa analisi mi ha convinto della necessità di cercare altre basi alle obbligazioni sociali. E’ stato osservando le reti sociali e gli organismi comunitari, e osservando che essi erano basati sul dono che sono giunto a interessarmi a questo modo speciale di far circolare beni e servizi nella società attuale. Poiché il flusso delle cose attraverso il dono ha la caratteristica di non introdurre questa separazione tra il produttore e l’utente tipico del mercato e dello Stato.
Ce cadre d’analyse m’est vite apparu insatisfaisant parce qu’incapable de rendre compte de la richesse et de la complexité des rapports avec la clientèle, des problèmes de pouvoir, et du fossé qui existait entre l’organisation et son milieu, un fossé que les structures de participation alors à la mode non seulement ne comblaient pas, mais avaient même souvent pour conséquence de creuser encore un peu plus. C’est pourquoi j’ai intitulé le livre que j’ai écrit à cette époque sur la question « La participation contre la démocratie » [1983]. Ces recherches m’ont conduit à développer l’idée que tant le marché que l’État sont fondés sur une rupture entre producteurs et usagers. Cette analyse m’a convaincu de la nécessité de chercher un autre fondement aux liens sociaux. C’est en observant des réseaux sociaux et des organismes communautaires, et en constatant qu’ils étaient basés sur le don, que j’en suis arrivé à m’intéresser à cette manière particulière de faire circuler les biens et les services dans la société actuelle. Car la circulation des choses par le don a comme caractéristique de ne pas introduire cette coupure entre le producteur et l’usager typique du marché et de l’État.
Questa idea, spero, diventerà chiara seguendo il testo. Si può esprimerla provvisoriamente mediante l’uso dei concetti di istituzione e di rete. Lemieux definì il concetto di dispositivo nel modo seguente:
I dispositivi sono raggruppamenti di attori sociali organizzati specificamente per la regolazione esterna del pubblico.
Cette idée, je l’espère, deviendra évidente au fil du texte. On peut l’exprimer provisoirement en ayant recours aux concepts d’appareil et de réseau. Lemieux définit ainsi le concept d’appareil :
« Les appareils sont des rassemblements d’acteurs sociaux organisés spécifiquement à des fins de régulation externe des publics. »
La prima caratteristica che una tale definizione contiene è quella di avere un pubblico, vale a dire un insieme di individui che intrattengono un rapporto d’esteriorità con l’organizzazione, senza esserle completamente estraneo. Esiste dunque, alla base del funzionamento di ogni istituzione una separazione tra il produttore e l’utente, tra un “fuori” che chiamiamo pubblico e un interno che costituisce l’istituzione propriamente detta. Qualsiasi dispositivo dedica una parte significativa delle sue risorse a gestire la relazione tra interno ed esterno, perché questi rapporti sono in tensione permanente [1]. Siamo in grado di caratterizzare questo modo di funzionamento dicendo che le istituzioni sono eterodirette o eteronome nel loro principio. Esse si basano sul dualismo, su questa separazione tra se stesse e quelli che rappresentano la loro stessa ragion d’essere: il loro pubblico.
La caractéristique première que retient une telle définition est celle d’avoir un public, c’est-à-dire un ensemble d’individus qui entretient un rapport d’extériorité à l’organisation, sans lui être complètement étranger. Il existe donc à la base du fonctionnement de tout appareil une rupture entre le producteur et l’usager, entre un « extérieur » qu’on appelle un public et un intérieur qui constitue l’appareil proprement dit. Tout appareil consacre d’ailleurs une part importante de son énergie à gérer ses rapports entre l’intérieur et l’extérieur, parce que ces rapports sont en état de tension perpétuelle [1]. On peut caractériser ce mode de fonctionnement en disant que les appareils sont hétérorégulés, ou hétéronomes dans leur principe même. Ils sont fondés sur le dualisme, sur ce fossé entre eux et ceux qui sont leur raison même d’exister : leur public.
Al contrario, le reti non hanno semplicemente un pubblico. Esse riguardano processi di regolazione che si indirizzano a un insieme di membri. Ecco perché possiamo dire che la modalità di funzionamento di una rete è l’auto-regolazione. Esse non controllano un pubblico, ma i membri, vale a dire, gli individui che fanno parte dello stesso insieme. Questa mancanza di separazione che caratterizza le reti utente-produttore è inerente al disegno o modello comunitario.
À l’inverse, les réseaux n’ont tout simplement pas de public. Ils concernent des processus de régulation qui s’adressent à un ensemble de membres. C’est pourquoi on peut dire que le mode de fonctionnement d’un réseau, c’est l’autorégulation. Il ne régule pas un public, mais des membres, c’est-à-dire des individus qui font partie d’un même ensemble. Cette absence de rupture producteur-usager qui caractérise les réseaux est inhérente au modèle communautaire.
Da ciò deriva un insieme di caratteristiche uniche proprie delle istituzioni e delle reti. Per le istituzioni ciò porta alla meta-regolazione, a una una gerarchia lineare, a confini rigidi, a bassa ridondanza tra gli elementi. Al contrario, le reti tendono ad essere auto-regolare, ad essere caratterizzate da una gerarchia non lineare che Hofstadter [1985] indica come una “gerarchia intricata”; la frontiera delle reti è fluida e la ridondanza tende ad essere alta. [2]
De là découle tout un ensemble de caractéristiques propres aux appareils et aux réseaux. Pour les appareils, cela entraîne la méta-régulation, une hiérarchie linéaire, une frontière rigide, une faible redondance entre les éléments. Inversement, les réseaux ont plutôt tendance à s’autoréguler, à se caractériser par une hiérarchie non linéaire que Hofstadter [1985] désigne par l’expression de « hiérarchie enchevêtrée » ; la frontière des réseaux est floue, et la redondance tend à être élevée [2].
Se la nozione di istituzione si applica allo stato, essa è adatta anche alla famiglia e all’insieme delle reti sociali. Tuttavia, è necessario distinguere due tipi di reti nelle società moderne. Poiché il mercato è anch’esso una rete. La differenza tra la rete commerciale e rete sociale in senso stretto (perché, naturalmente, il mercato è parte della società e in questo senso è anche una rete sociale) è la dimensione di impegno (sociale) collega i membri della rete sociale. Il mercato è una rete di individui che non hanno obblighi diversi da quelli del contratto mercantile. Al contrario, nelle reti sociali, l’individuo è incorporato in molti collegamenti dove sono tessuti multipli obblighi. La rete familiare rimane l’istituzione sociale in cui le obbligazioni sono maggiori, in contrasto con il modello liberale dell’individuo completamente liberato da tutti i suoi legami sociali. La famiglia è un tutto che è diverso dalla somma delle sue parti, dei suoi componenti.
Si la notion d’appareil s’applique à l’État, celle de réseau convient à la famille et à l’ensemble des réseaux sociaux. Il est toutefois nécessaire de distinguer deux types de réseaux au sein des sociétés modernes. Car le marché est aussi un réseau. La différence entre le réseau marchand et le réseau social au sens strict (car, bien entendu, le marché fait partie de la société et en ce sens, c’est aussi un réseau social) réside dans la dimension d’obligation (sociale) qui relie les membres du réseau social. Le marché est un réseau composé d’individus qui n’ont pas d’obligations autres que celles du contrat marchand. Au contraire, dans les réseaux sociaux, l’individu est imbriqué dans de nombreux liens où se tissent des obligations multiples. Le réseau familial demeure l’institution sociale où les obligations sont les plus grandes, par opposition au modèle libéral de l’individu entièrement libéré de tous ses liens sociaux. La famille est un tout qui est différent de la somme de ses parties, de ses membres.
L’uguaglianza, l’equivalenza, il debito
A partire da questo, come possiamo distinguere i principi di circolazione delle cose propri alle reti sociali, al mercato e allo Stato? Siamo abituati a distinguere le tre sfere in base a criteri diversi. Se si è interessati a come beni e servizi circolano all’interno di ogni sfera, troviamo che ognuna è dominata da un principio diverso. Il mercato è dominato dal principio di equivalenza e la ricerca per l’utilità (o profitto) nello scambio; lo stato è dominato dal principio di autorità, dal diritto e dalla ricerca dell’uguaglianza e la giustizia; la sfera delle reti sociali è dominata dal principio del dare e dal debito. Quest’ultima comprende il mondo delle relazioni personali e le associazioni in cui domina il dono tra estranei.
À partir de là, comment pouvons-nous distinguer les principes de circulation des choses propres aux réseaux sociaux, au marché et à l’État ? On a l’habitude de distinguer les trois sphères selon différents critères. Si on s’intéresse à la façon dont les biens et les services circulent à l’intérieur de chaque sphère, on constate que chacune est dominée par un principe différent. Le marché est dominé par le principe de l’équivalence et la recherche de l’utilité (ou du profit) dans l’échange ; l’État est dominé par le principe de l’autorité et du droit, et la recherche de l’égalité et de la justice ; la sphère des réseaux sociaux est dominée par le principe du don et de la dette. Cette dernière comprend l’univers des rapports personnels et celui des associations où domine le don entre étrangers.
Molti autori hanno sviluppato un simile tipo di classificazione. In altre parole, facciamo parte di un insieme di ricercatori il cui punto di partenza è la sensazione che non è possibile comprendere la società partendo dallo stato o dal mercato, e che dovrebbe invece comprendere entrambi le istanze come proveniente da essa. Questa inversione non è facile da operare tanto siamo influenzati dalle categorie di stato e mercato. Così la stessa espressione terzo settore si riferisce ovviamente al mercato e lo Stato, e Donati [1993] a ragione, in questo senso, a preferirle quella di “privato sociale”. Da parte nostra, noi partiremo dal legame più lontano tra stato e mercato: per prima cosa analizziamo il dono nei legami primari, prima di osservarlo nel dono tra estranei che caratterizza il terzo settore. Ci auguriamo di poter contribuire a questa definizione necessaria della società, indipendentemente dalle categorie di mercato e stato, ciò che significa, in particolare, indipendentemente dal rapporto salariale. Perché è la conseguenza sia la più ovvia e la più universale del mercato e lo Stato, ed è la base del loro funzionamento.
De nombreux auteurs ont développé un type de classification analogue. Autrement dit, nous faisons partie de ces chercheurs dont le point de départ est le sentiment qu’il n’est pas possible de comprendre la société en partant de l’État ou du marché, et qu’il faut au contraire comprendre ces deux instances comme émanant d’elle. Ce renversement n’est pas facile à opérer tant nous restons sous l’influence des catégories marchandes et étatiques. Ainsi l’expression même de tiers secteur fait évidemment référence au marché et à l’État, et Donati [1993] a raison en ce sens de lui préférer celle de « privato sociale ». Pour notre part, nous partirons ici du lieu le plus éloigné de l’État et du marché : nous analyserons d’abord le don dans les liens primaires avant de l’observer dans le don aux étrangers qui caractérise le tiers secteur. Nous espérons ainsi contribuer à cette nécessaire définition de la société indépendamment des catégories du marché et de l’État, ce qui signifie, notamment, indépendamment du rapport salarial. Car celui-ci est la conséquence à la fois la plus évidente et la plus universelle du marché et de l’État, et c’est le fondement de leur fonctionnement.
Questa topologia non significa che i principi di equità, di uguaglianza o di debito, siano assenti al di fuori della sfera di cui sono il principio dominante. Tutti gli ingredienti sono presenti in tutte le sfere della società; ma svolgono un ruolo diverso e la loro articolazione sono differenti – poiché tale prospettiva equivale all’assunzione che in ogni sfera uno dei principi è in modo il principio regolatore. Esso serve come norma di riferimento agli attori per giudicare loro comportamento per quanto riguarda la circolazione dei beni e servizi in un determinato ambito.
In Quebec, Aline Charles ha mostrato come il mondo degli ospedali è stato a lungo dominato dal principio del dono nella forma del volontariato. Il volontariato è stato la norma di riferimento del mondo ospedaliero, anche strutturando i rapporti di mercato (rapporti di lavoro) che erano presenti. I volontari erano allora i protagonisti principali e A. Charles ha mostrato che, come parte di questo sistema di valori dominante, i dipendenti sentivano lo stesso disagio e sentito il bisogno di giustificare i loro stipendi. Oggi, come tutti sanno, è esattamente la situazione opposta: il mondo degli ospedali è strutturato principalmente da una relazione stipendio base di competenza tecnica e professionale, e il rapporto gerarchico autoritario; e il rapporto salariale è la norma. Ma in questo ambiente dominato dal metodo del patrimonio netto, la legge, e, talvolta, il profitto, ci sono anche relazioni di dono, particolarmente attraverso la presenza di volontari. Ma come il dono non è più il modello di riferimento, il lavoro dei volontari tende ad essere dominato dai criteri del principio mercantile dai quali devono continuamente difendersi. Oggi, un volontario nel settore ospedaliero è considerato anche un potenziale usurpatore del lavoro di un salariato. Il principio dominante non è più lo stesso.
Cette topologie ne signifie pas que les principes de l’équivalence, de l’égalité ou de la dette, soient absents en dehors de la sphère dont ils constituent le principe dominant. Tous les principes sont présents dans toutes les sphères de la société ; mais ils y jouent un rôle différent et leur articulation y diffère – puisqu’une telle perspective revient à faire l’hypothèse que dans chaque sphère un des principes est en quelque sorte le principe organisateur Il sert de norme de référence aux acteurs pour juger de leur comportement face à la circulation des biens et des services dans une sphère donnée. Ainsi, au Québec, Aline Charles montre bien comment le monde des hôpitaux a longtemps été dominé par le principe du don sous la forme du bénévolat. Le bénévolat constituait la norme de référence du monde hospitalier, structurant même les rapports marchands (les relations de travail) qui s’y trouvaient. Les bénévoles y étaient alors les personnages principaux ; et A. Charles montre que, dans le cadre de ce système de valeurs dominant, les salariés éprouvaient même un certain malaise et ressentaient le besoin de justifier leur salaire. Aujourd’hui, comme chacun sait, c’est exactement la situation inverse qui prévaut : le monde des hôpitaux est principalement structuré par un rapport salarial fondé sur la compétence technique et professionnelle, et sur le rapport autoritaire hiérarchique ; et le rapport salarial y est la norme. Mais dans ce milieu dominé par l’équivalence, le droit, et parfois le profit, il existe aussi des rapports de don, notamment au travers de la présence de bénévoles. Mais comme le don n’est plus la norme de référence, l’action des bénévoles tend à être dominée par les critères du principe marchand dont ils doivent continuellement se défendre. Aujourd’hui, un bénévole dans le secteur hospitalier est même potentiellement considéré comme usurpant le travail d’un salarié. Le principe dominant n’est plus le même.
A seconda delle epoche e delle società, esiste dunque un rapporto globale tra i diversi principi, una diversa gerarchia. Tutti sanno che il momento di gloria dello stato è dominio del passato e che il principio mercantile attualmente gode di un prestigio che si estende a tutti gli ambiti, facendo di tutte le attività non salariate un’anomalia [qui il testo che ha quindici anni, risulta datato, ndr]. Dovremo riflettere questo fatto.
Selon les époques et les sociétés, il existe donc un rapport global entre les différents principes, une hiérarchie différente. Et chacun sait que l’heure de gloire de l’État est du domaine du passé et que le principe marchand jouit actuellement d’un prestige qui s’étend à toutes les sphères, rendant par exemple plus ou moins anormale toute activité non salariée. Nous devrons tenir compte de cet état de fait.
La specificità dell’approccio attraverso il dono
Nelle pagine che seguono, quindi analizziamo il legame sociale, ma quale appare a partire da ciò che circola come dono. Il fatto di comprendere le relazioni sociali con il dono piuttosto che, per esempio, analizzando il terzo settore come fanno molti ricercatori, ha diverse conseguenze che può essere utile sottolineare.
Dans les pages qui suivent, nous analyserons donc les liens sociaux, mais tels qu’ils nous apparaissent à partir de ce qui y circule sous forme de don. Le fait d’appréhender les relations sociales par le don plutôt que, par exemple, par l’analyse du tiers secteur comme le font beaucoup de chercheurs, a plusieurs conséquences qu’il n’est pas inutile de relever.
Interessarsi a ciò che accade intorno a
In primo luogo, anche se si è costantemente interessati alle relazioni sociali, non si punta direttamente il fascio di luce sulla relazione, ma su ciò che vi circola. L’oggetto dello studio non la relazione come tale, ma che passa tra i terminali di un rapporto. Occorre ricordarlo? Ciò che circola è di solito compreso nel quadro del modello di mercato, vale a dire in riferimento ad una matrice non-relazionale, una matrice da cui è stato estratto – disembedded (scorporato) come dice il sociologo Mark Granovetter [1985] seguendo Karl Polanyi [1957] – dalla relazione ciò che circola per cercare di spiegare in sé, postulando l’esistenza di una sola categoria di relazione sociale, un significato univoco dato ai legami sociali: l’interesse. È per questo che siamo arrivati a studiare separatamente i legami sociali e il movimento delle cose. Come hanno ben mostrato Colozzi e Bassi [1995, pag. 48], analizziamo ciò che circola adottando il punto di vista economico-sociale del mercato (o della redistribuzione statale), e studiamo i legami sociali nel quadro di un punto di vista simbolico-relazionale – o psicologico. I due soggetti sono generalmente separati. Si può persino dire che tale separazione è parte dell’ideale della modernità: i legami affettivi da un lato, le cose materiali dell’altro.
D’abord, même si l’on est constamment préoccupé par les relations sociales, on ne braque pas le projecteur directement sur la relation mais sur ce qui y circule. L’objet de l’étude n’est pas la relation en tant que telle, mais ce qui circule entre les termes de la relation. Or, faut-il le rappeler ? ce qui circule est habituellement appréhendé dans le cadre du modèle marchand, c’est-à-dire en référence à une matrice non relationnelle, une matrice où l’on a extrait –disembedded comme dit le sociologue Mark Granovetter [1985] à la suite de Kari Polanyi [1957] – de la relation ce qui circule pour essayer de l’expliquer en soi, en postulant l’existence d’une seule catégorie de relation sociale, d’un sens univoque accordé aux liens sociaux : l’intérêt. C’est pourquoi on en est arrivé à étudier de façon séparée les liens sociaux et la circulation des choses. Comme le montrent bien Colozzi et Bassi [1995, p. 48], on analyse ce qui circule en adoptant le point de vue économico-social du marché (ou de la redistribution étatique), et on étudie les liens sociaux dans le cadre d’un point de vue symbolico-relationnel – ou psychologique. Les deux sujets sont généralement séparés. On peut même avancer qu’une telle séparation fait partie de l’idéal de la modernité : les liens affectifs d’un côté, les choses matérielles de l’autre.
Lo studio della società a partire dal dono considera tale separazione come una proiezione ideologica. Essa richiede necessariamente di unire le due prospettive, perché l’oggetto di studio – ciò che circola – appartiene al mondo socio-economico, ma la domanda che gli poniamo – il suo rapporto al legame sociale – cade in un quadro simbolico-relazionale. Studiando il dono, facciamo quindi risaltare questa rottura tra lo studio di ciò che circola materialmente da un lato, e lo studio delle relazioni sociali, dall’altro. L’oggetto è di natura economica e sociale, ma lo sguardo è simbolico e relazionale.
L’étude de la société à partir du don considère une telle séparation comme une projection idéologique. Elle oblige nécessairement à joindre les deux perspectives puisque l’objet d’étude – ce qui circule – appartient au monde économico-social, mais que la question qu’on lui pose – son rapport au lien social – relève d’une approche symbolico-relationnelle. En étudiant le don, nous faisons donc nécessairement éclater cette rupture entre l’étude de ce qui circule matériellement d’une part, et l’étude des rapports sociaux d’autre part. L’objet est économico-social, mais le point de vue est symbolico-relationnel.
Qui abbiamo una prima specificità dell’approccio a partire dal dono: l’obbligo di analizzare il flusso delle cose e dei legami sociali all’interno di un unico modello; vale a dire l’obbligo di fare il collegamento tra il soggetto abituale della economia e quello tradizionale della sociologia.
On a là une première spécificité de l’entrée par le don : l’obligation d’analyser la circulation des choses et les liens sociaux à l’intérieur d’un même modèle ; autrement dit, l’obligation de faire le lien entre l’objet habituel de l’économique et l’objet habituel de la sociologie.
Cercate il significato del gesto
Si è quindi portati da subito a prendere in considerazione il tutto, e quindi a non separare dai legami sociali ciò che circola, perché studiare il movimento delle merci e dei servizi dal punto di vista del dono, è prima di tutto cercare di comprenderne il senso per gli attori. A un intervistato che aveva osservato di aver ricevuto molto dalla sorella maggiore abbiamo subito ribattuto: “Non ho ricevuto, ho preso”. Come ha detto Descombes [1996], «lasciando da parte l’intenzione, la descrizione che si attacca ai fatti nudi ignora il dono stesso». Noi crediamo che qualsiasi osservazione del movimento delle cose che mette parentesi il significato di questo movimento per gli attori e mantiene solo la quantità di cose che scorrono è destinato a adottare il quadro commerciale – il racconto di ciò che accade intorno in un senso e nell’altro, e si applicano per più o meno regola a lungo termine di equivalenza. In altre parole, ad applicare un solo senso, quello di uno scambio equilibrato. Noi non facciamo questa ipotesi.
On est donc conduit dès le départ à considérer le tout, et donc à ne pas séparer des liens sociaux ce qui y circule, car étudier la circulation des biens et des services dans la perspective du don, c’est d’abord chercher à en comprendre le sens pour les acteurs. Un interviewé à qui on faisait remarquer qu’il avait beaucoup reçu de sa sœur aînée nous a aussitôt rétorqué : « Je n’ai pas reçu, j’ai pris. » Comme dit Descombes [1996], « en laissant de côté l’intention, la description qui s’en tient aux faits bruts laisse de côté le don lui-même ». Nous pensons que toute observation de la circulation des choses qui met entre parenthèses le sens de cette circulation pour les acteurs et ne retient que la quantité des choses qui circulent est condamnée à adopter le cadre de référence marchand – à faire le compte de ce qui circule dans une direction et dans l’autre, et à postuler à plus ou moins long terme une règle de l’équivalence. Autrement dit, à postuler une seule signification, celle d’un échange équilibré. Nous ne faisons pas ce postulat.
Ma non appena si considera la domanda di significato per attori è il problema del senso “reale” in contrasto con razionalizzazioni che le persone si sono costruite, quello dell’interpretazione del ricercatore rispetto a quella del nativo [3 ]. Ciò non significa negare che la gente (si) mente a volte, o che (si) costruisce giustificazioni che non corrispondono a realtà o alla vera motivazione per le proprie azioni. In questo caso, è sicuramente vero che a volte diamo per ricevere (consapevolmente o, più o meno consapevolmente – e con più o meno vergogna, perché c’è una norma del dono) o che si dà per dominare l’altro e che, ovviamente, non andremo a dirlo necessariamente all’intervistatore (né a se stessi, se è per questo). Come discriminare allora? Nel sondaggio che presentiamo qui di seguito, abbiamo avuto il privilegio, raro a quanto pare, di interrogare più membri di una stessa rete familiare, e quindi essere in grado di confrontare ciò che dicono i partner dello stesso scambio. Questo è ciò che si potrebbe chiamare il “metodo di punti di vista”. Questo metodo evidenzia anche il fatto che analizziamo il dono come un rapporto e non come un atto isolato, ciò che ci distingue da un approccio psicologico. Il dono, come il mercato, è una relazione. Ma il suo significato è diverso. Noi ci collochiamo sempre sempre dalla prospettiva che tutte le parti interessate accordano al gesto (l’autore del gesto, come gli altri membri della rete). Questo è ciò che noi chiamiamo lo spirito del gesto che è posto.
Mais aussitôt que l’on considère la question du sens pour les acteurs se pose le problème du « vrai » sens par opposition aux rationalisations que les gens se construisent, celui de l’interprétation du chercheur par opposition à celle de l’indigène [3]. Il n’est pas question de nier que les gens (se) mentent parfois, ou qu’ils (se) construisent des justifications qui ne correspondent pas à la réalité ou à la véritable motivation de leurs actes. En l’occurrence, il est sûrement vrai que parfois on donne pour recevoir (consciemment, ou plus ou moins consciemment – et avec plus ou moins de honte aussi, car il y a une norme du don) ou que l’on donne pour dominer l’autre, et que, évidemment, on ne va pas nécessairement le dire à l’enquêteur (ni à soi-même d’ailleurs). Comment discriminer ? Dans l’enquête que nous présentons plus loin, nous avons eu le privilège, rare paraît-il, de pouvoir interroger plusieurs membres du même réseau familial, et d’être ainsi en mesure de comparer ce que les partenaires disent du même échange. C’est ce que l’on peut appeler la « méthode des regards croisés ». Cette méthode met également en évidence le fait que nous analysons le don comme une relation et non pas comme un geste isolé, ce qui nous distingue de l’approche psychologique. Le don, comme le marché, est une relation. Mais son sens est différent. Nous nous situons toujours du point de vue du sens que tous les acteurs accordent au geste (l’auteur du geste comme les autres membres du réseau). C’est ce que nous appelons l’esprit du geste qui est posé.
In breve, la circolazione del materiale (oggetti, servizi, denaro, ospitalità …) è la strada di accesso allo studio della circolazione del dono. Ma la circolazione simbolica (affetto, odio, ecc) non viene mai espunta dall’analisi. Abbiamo anche visto che nella donazione di organi, la distinzione tra circolazione reale e simbolica si rivela indispensabile.
Bref, la circulation matérielle (objets, services, argent, hospitalité…) constitue la voie d’accès à l’étude de la circulation du don. Mais la circulation symbolique (affection, haine, etc.) n’est jamais évacuée de l’analyse. On verra même que, dans le don d’organes, cette distinction entre circulation réelle et circulation symbolique se révèle essentielle.
Il dono come forma di legami comunitari
Il problema nasce dalla constatazione dei limiti di Stato e di mercato. Ma concentrandosi sul dare, il punto di partenza non può essere tra i due sistemi – in cui la donazione non è il principio dominante – ma piuttosto, abbastanza naturalmente, il campo dei legami primari, dove si trova. E’ da lì che analizzano forme intermedie tra legami primari e lo Stato o il mercato, questo luogo dalle frontiere fluide che chiamiamo terzo settore, economia sociale, ecc
Le problème s’est posé à partir du constat des limites de l’État et du marché. Mais en nous centrant sur le don, le point de départ ne peut plus être ces deux systèmes – où le don n’est pas le principe dominant –, mais bien plutôt, tout naturellement, le champ des liens primaires, où il l’est. C’est à partir de là qu’on analysera les formes intermédiaires entre les liens primaires et l’État ou le marché, ce lieu aux frontières floues qu’on appelle le tiers secteur, l’économie sociale, etc.
Solo dopo aver presentato i risultati di una ricerca sulla circolazione del dono nei legami primari (in questo caso, i rapporti di parentela) si affronterà questo spazio sociale del dono tra estranei, cercando di vedere come differisce da quello dei legami primari, ma anche da quello del mercato e dello stato. Focalizzando l’attenzione su ciò che sta circolando e come ciò che accade intorno sia collegato al sociale, vedremo quali conclusioni possiamo trarre su questioni altamente trattati come opportunità di partenariato tra i diversi settori. Questa estensione alla fine ci condurrà allo studio della donazione di organi.
C’est seulement après avoir présenté les résultats d’une recherche sur la circulation du don dans les liens primaires (en l’espèce, les rapports de parenté) que nous aborderons cet espace social du don entre étrangers, en tentant de voir comment il se différencie des liens primaires, mais aussi du marché et de l’État. En se centrant sur ce qui circule et sur la façon dont ce qui circule est relié aux liens sociaux, on verra ensuite quelles conclusions il est possible d’en tirer sur des questions très discutées comme les possibilités de partenariat entre les différents secteurs. Cette extension nous conduira finalement à l’étude du don d’organes.
Dal dono nei legami primari a quello tra estranei, il libro cercherà lo “spirito del dono”: ciò che sta accadendo per il donatore nel ricevente, quando il dono circola. Saremo portati a concludere che, al di là di ciò che accade intorno, ciò che mettiamo in gioco nel fatto di dare, ricevere e rendere, è la nostra identità. Questo fenomeno è dimostrato dall’analisi della donazione di organi, e porterà a mettere in discussione la visione moderna della circolazione delle cose e a proporre il postulato del dono.
Du don dans les liens primaires au don entre inconnus, le fil conducteur sera la recherche de « l’esprit du don » : de ce qui se passe chez le donneur, chez le receveur, lorsque le don circule. Nous serons conduit à conclure que, au-delà de ce qui circule, ce qui est enjeu dans le don, ce que nous mettons enjeu dans le fait de donner, de recevoir, de rendre, ce que nous risquons, c’estnotre identité. Ce phénomène sera mis en évidence par l’analyse du don d’organes, et conduira à questionner la vision moderne de la circulation des choses et à proposer le postulat du don.
[1] La participation est un effort pour résoudre cette tension [Godbout, 1983].
[2] Ces notions sont développées dans Lemieux [1981].
[3] On connaît le reproche de Lévi-Strauss à Mauss à ce sujet, et le débat toujours ouvert qu’il a suscité. Deux ouvrages français récents le reprennent [Godelier, 1996 ; Descombes, 1996].
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