Alla fine degli anni 80, aveva fatto abbastanza rumore col suo You are not a gadget il libro che rifiutava il culto acritico del radioso avvenire digitale e articolava la critica proprio di internet come forza distruttiva della creativita’ a vantaggio economico di un manipolo di monopolisti.
Ora l’ostinato profeta dell’ala creativa digitale si ripropone come Savonarola umanista di Silicon Valey con Who Owns the Future in cui approfondisce la sua analisi espandendola alle conseguenze prettamente economiche. Secondo Lanier la saturazione tecnologica e la diffusione delle reti digitali hanno contribuito direttamente alla attuale crisi e all’erosione di benessere e ceti medi, un effetto di “appiattimento” destinato ad aumentare esponenzialmente nei prossimi anni con effetti ben piu’ gravi e duraturi che non quelli attribuibili alla crisi ecnomico-finanziaria. Lanier aggiunge la propria voce al coro crescente analisti che vedono in atto un mutamento epocale ed inesorabile delle dinamiche del lavoro, la natura dei mezzi produttivi e la ripartizione della ricchezza. L’azione congiunta di globalizzazione, automazione e “deflazione” dei contenuti creativi in rete promette di avere nel breve termine effetti catastrofici sulla stabilita’ sociale.
“Come mai”, si chiede Lanier nelle dichiarazioni riportate da Amazon, “gli anni della rivoluzione digitale corrispondono ad un periodo di recessione, austerity, riprese fasulle e alla progressiva perdita di mobilita’ sociale? Qualcosa e’ chiaramente andato storto”.
Un equivoco fondamentale riconducibile all’utopismo che ha caratterizzato gli albori di questa terza rivoluzione industriale che avrebbe dovuto democratizzare ogni cosa e che sta invece producendo enormi benefici per i nuovi oligarchi digitali.
“L’ideologia che oggi accomuna giovani brillanti e neo-plutocrati e’ che l’informazione debba essere libera e gratuita. L’idea originaria, di libera informazione nell’era informatica pero’ ha finito per fregare tutti tranne i padroni dei computer piu’ potenti . Network che sono stati utilizzati per gestire reti di spionaggio e modifica del comportamento con l’effetto di concentrare potere e ricchezza”.
Il problema che pone, e con lui un numero sempre maggiore di osservatori, e’ fondamentalmente una questione della propreta’ dei mezzi di produzione nell’universo ‘social’ dove il “bene” non sono l’infratruttura dei mega server delle multinazionali ma l’informazione liberamente immessa in rete da miloni di utenti/contribuenti e convertita in bene commerciabile. E’ diffice dargli torto il giorno in cui i fotoblog mantenuti da utenti volontari su Tumblr sono stati valutati $1,1 miliardi dall’acquirente Yahoo. La proposta di Lanier e’ di ridistribuire il valore dell’informazione ai legittimi proprietari, cioe’ a noi, medainte un sistema universale di micropagamenti che permetta di distibuire equamente i benefici tecnologici.
http://www.jaronlanier.com/
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