Kobane

by gabriella

Noi, popoli delle Regioni autonome, ci uniamo attraverso la Carta in uno spirito di riconciliazione, pluralismo e partecipazione democratica, per garantire a tutti di esercitare la propria libertà di espressione. Costruendo una società liberà dall’autoritarismo, dal militarismo, dal centralismo, e dall’intervento delle autorità religiose nella vita pubblica, la Carta riconosce l’integrità territoriale della Siria con l’auspicio di mantenere la pace al suo interno e a livello internazionale.

Dalla Carta di Rojava

Partigiani curdi del PKK a Kobane. 28 ottobre 2014

Partigiani curdi del PKK a Kobane. 28 ottobre 2014

 

Lettera di Kader Ortakaya ai familiari

Kader

Kader Ortakaya

L’ultima lettera di Kader, uccisa ieri (10 novembre 2014) dai soldati turchi mente cercava di passare il confine a Kobane per unirsi alla resistenza curda. Il testo è stato presentato al parlamento turco, insieme alla richiesta di spiegazioni, da alcuni deputati dell’HDP.

Cara famiglia, sono a Kobanê.

Questa guerra non è solo una guerra del popolo di Kobanê, ma una guerra per tutti noi.
Mi unisco a questa lotta per la mia amata famiglia e per l’Umanità.
Se oggi manchiamo nel vedere questa guerra come una guerra per noi, resteremo soli quando domani le bombe colpiranno le nostre case.

Vincere questa guerra significa che vinceranno i poveri e gli sfruttati.
Io credo di poter essere più utile unendomi a questa guerra che andando a lavorare in un ufficio.
Probabilmente, vi arrabbierete con me perché vi rendo tristi, ma prima o poi capirete che ho ragione.
Auguro a tutte e tutti di vivere liberamente e da uguali.
Non voglio che nessuno venga sfruttato per tutta la vita, per avere un pezzo di pane o un riparo.

Perché questi desideri si avverino, bisogna lottare e combattere.


Ritornerò quando la guerra sarà finita e Kobanê sarà riconquistata.

Quando tornerò per piacere accogliete anche i miei amici.
Per piacere non cercate di trovarmi.
È impossibile farlo.

Una delle ragioni importanti per la quale sto scrivendo questa lettera è che non voglio che facciate sforzi per trovarmi e che ne soffriate.
Se mi succede qualcosa ne sarete informati.
Se non volete che venga incarcerate e torturata in carcere, per piacere non rivolgetevi alla Polizia o ad altre istituzioni dello stato.
Se lo farete, io, voi ed i miei amici, tutti ne soffriremo.
Non dite nemmeno ai nostri parenti che sono andata a Kobanê, in modo che non sarò incarcerata, quando tornerò.
Strappate questa lettera dopo averla letta.

Se volete fare qualcosa per me, sostenete la mia lotta.
Siete rimasti in silenzio rispetto a tutti i malfunzionamenti dello Stato.
Dite basta al fatto che la gente viene uccisa per la strada, esposta a bombardamenti con gas, bombardata come è successo a Roboski.
Continuerei a partecipare alle manifestazioni ed alle attività delle associazioni, se vivessi con voi.
Vi affido la mia lotta fino a quando tornerò.

Vi abbraccio tutti, mia madre, mio padre e Ada, Deniz, Zelal e Mahir, che sta per nascere. Mando un saluto particolare a mio fratello Kadri.
Farà quello che è più adatto a lui.
Vi abbraccio con tutti i miei sentimenti rivoluzionari.
Il telefono è un regalo di mio fratello.
Dentro ci sono le nostre foto.
Mando la mia tessera di studente a mia madre.
Lasciatele comprare le sue medicine fino a quando torno.
Vi amo tutti molto.
Per il momento arrivederci”.

 

 

Un ragazzo sventola la bandiera del PKK a Kobane

Un ragazzo sventola la bandiera del PKK a Kobane

Una donna, dopo il funerale di un combattente curdo a Suruç (Turchia) il 24 ottobre 2014

Una donna, dopo il funerale di un combattente curdo a Suruç (Turchia) il 24 ottobre 2014

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