La scuola del grande twittatore

by gabriella

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Poco importa al “Grande Twittatore” che il disegno di legge a cui si ispira la “buona scuola” (Aprea-Ghizzoni) sia stato più volte bocciato da cittadini, genitori, insegnanti e studenti. Un articolo di Alvaro Belardinelli fa il punto sul nuovo attacco alla scuola pubblica statale (assunzioni dei precari, school bonus ..), in coda l’analisi della “Buona scuola” preparata da me a novembre per un convegno CESP.

 

Alvaro Belardinelli, Bocciato dal mondo della scuola, riciclato con patina democratica

Dopo sei mesi di nulla (mascherato da roboanti dichiarazioni), improvvisamente siamo venuti a sapere che il “piano scuola” di Renzi non sarà più imposto mediante decreto-legge, ma seguirà l’iter di un normale disegno di legge per «coinvolgere nell’approvazione della riforma anche le opposizioni». All’improvviso qualcuno a Palazzo Chigi si sarebbe accorto che il progetto del premier (mirante a stravolgere Scuola Statale, status giuridico dei Docenti, organi collegiali, libertà d’insegnamento e di apprendimento) non possedeva affatto quei requisiti di urgenza e necessità che sono indispensabili per poter legittimamente imporre una decisione governativa tramite decreto-legge. Quel medesimo qualcuno, altrettanto inaspettatamente, avrebbe avuto un sussulto di spirito democratico (probabilmente rammentando il nome del proprio partito), e si sarebbe reso conto che non è da “Democratici” ignorare il parere di chi dissente.

Il teatrino delle parti

Quale miracolo è accaduto? Forse il nostro affabile Presidente del Consiglio è stato folgorato sulla via di Damasco da una mistica apparizione del Presidente della Repubblica, che gli ha intimato di rispettare la Costituzione? Forse Renzi ha deciso di non continuare sulla strada dell’arroganza? quell’arroganza pura e dura con cui il Governo ha irriso per mesi le centinaia di Collegi dei Docenti (gli unici organi istituzionalmente competenti in materia didattica) che hanno espresso coram populo con mozioni e documenti ufficiali la propria contrarietà al “pacco Renzie” (come il mondo della Scuola definisce le brillanti trovate del Primo Ministro)? Forse. Quando si parla dei nostri politic(ant)i ogni dubbio è lecito, nessuna certezza è fondata.

Il deprimente spettacolo degli ultimi giorni in materia di scuola conferma il teatrino del primo anno di questo ennesimo inguardabile Governo. Renzi, Reggi, Giannini, Faraone: quattro nomi, mille dichiarazioni contrastanti, in mesi e mesi di propaganda, di fandonie pacchiane, di grossolana incompetenza. Dicono, smentiscono, riaffermano, negano, alludono, aggiungono, rinnegano, sconfessano. Una vergogna totale, nell’assoluto scandalo di questa “riforma” della Scuola che costoro vogliono portare a termine, e che somiglia come una goccia d’acqua a quel disegno di legge Aprea-Ghizzoni che voleva trasformare i Collegi dei Docenti in bivacchi per i manipoli dell’imprenditoria privata[1].

È sempre il berlusconiano Aprea [2]

Poco importa al “Grande Twittatore” che il disegno di legge Aprea-Ghizzoni sia stato più volte bocciato da cittadini, genitori, insegnanti e studenti  (sempre più indignati e sconfortati). A questo Governo di reazionari interessa soltanto che siano soddisfatti i propri committenti, i propri mandanti, i propri padroni: Confindustria, Vaticano, Banca Centrale Europea, Commissione Europea, Fondo Monetario Internazionale. Poco importa che anche le mafie gongolino, all’idea di poter mettere liberamente le mani sulle scuole di mezza Italia.

Precari in ostaggio

Non ci facciamo illusioni. Lorsignori stanno per tornare alla carica, più baldanzosi che pria. In ballo c’è l’assunzione di centottantantamila Docenti precari: i quali dovranno comunque essere assunti dal Governo, prima o poi, volente o nolente, esposto com’è al pericolo imminente di sanzioni miliardarie da parte della Corte di Giustizia Europea; ma il Governo prende tempo, e cerca di barattare le assunzioni con l’imposizione del “pacco Renzie”. Tutto pur di risparmiare sugli stipendi dei Docenti, eliminando gli scatti d’anzianità e sottoponendo i Docenti medesimi al ricatto della “valutazione” e del “merito” (per aumenti massimi di sessanta euro in tre anni!). “Merito” di cui osa cianciare a sproposito persino il trentanovenne (e ben pagato) sottosegretario all’Istruzione, il perito chimico Davide Faraone. Un maestro di demagogia raffinata, di cui ancor ci offende il suo incitamento alle occupazioni. [3]

Più soldi alle private, l’ennesimo espediente si chiama  School Bonus

Si sa, i soldi servono, e il Governo intende risparmiarli. Per poi darli alle scuole private (cattoliche per la stragrande maggioranza). Questo è lo scopo dell’ultima pensata di Lorsignori: una «detrazione per le famiglie di alunni di scuole paritarie». È stata la stessa Ministra Giannini a dichiararlo, lo scorso 2 marzo: «Oltre alla possibilità di destinare il 5 per mille alla scuola, i provvedimenti sulla scuola prevedono sul piano fiscale uno School Bonus per chi investe in progetti legati alla scuola e la detrazione per chi frequenta le scuole paritarie».

School Bonus: sentite come suona bene? Fa quasi dimenticare che stanziare ancora soldi pubblici per le scuole private rappresenta un ennesimo insulto alla Costituzione e al suo articolo 33: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Fa anche scordare quanti interessi si muovano dietro questo far strame delle leggi e dei diritti; e quanti finti oppositori di questo regime eversivo fingano costantemente di combatterlo, senza in realtà far nulla. Come quella Cgil che, con i suoi cinque milioni di iscritti, potrebbe scatenare la rivoluzione domani (o quantomeno fermare il Governo), essendo il sindacato più forte d’Europa: come amaramente ha ricordato lo stesso Giorgio Cremaschi, sindacalista Cgil “a Denominazione d’Origine Controllata”[4].

Non ci caschiamo

No, non dobbiamo a costoro, se nel Paese esiste un’opposizione a questo Governo di reazionari, e se l’informazione sulla realtà del “pacco Renzie” è comunque circolata nonostante la censura dei media ufficiali. Lo dobbiamo ai sindacati di base (come Unicobas Scuola e pochi altri). Lo dobbiamo a poche migliaia di donne e uomini valorosi (insegnanti, genitori, studenti, semplici cittadini) che si sono battuti come leoni in questi mesi, con le uniche armi della ragione e della parola, dedicando energie, tempo e denaro alla diffusione di notizie, all’elaborazione di controproposte, alla resistenza attiva per difendere la Costituzione, la democrazia e la giustizia in questo sventurato Paese.

Le loro parole, le nostre parole, hanno bucato il muro del silenzio di regime e sono diventate semi di intelligenza e di libertà, che non potranno non dare frutto. Perché, per continuare ad esistere, occorre resistere.

[1] http://www.periodicoliberopensiero.it/pdf/periodico-dicembre-2014/belardinelli-articolo.pdf ; http://www.periodicoliberopensiero.it/voci/voci_20141013-belardinelli-la-scuola-di-renzi.htm ; http://www.periodicoliberopensiero.it/news/news_20140905-la-buona-scuola-di-renzi-fumo-negli-occhi.htm ;

[2] http://www.periodicoliberopensiero.it/news/news_20120420-ritorna-disegno-aprea.htm ;

http://temi.repubblica.it/micromega-online/sos-scuola-statale/  ;http://www.periodicoliberopensiero.it/news/news_20081019_aprea.htm ;

[3] http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2014/12/09/maria-mantello-faraone-aspirante-leader-delle-occupazioni/

[4] http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-resa-del-piu-forte-sindacato-deuropa/

 

Gabriella Giudici, La “Buona scuola”

Il 15 novembre si è conclusa la pseudo consultazione con la quale Renzi e il Ministro Giannini hanno preteso di ascoltare le proposte dei cittadini sulla scuola, opponendo il loro pessimo modello alle tante elaborazioni collettive preesistenti.

Personalmente, mi sono rifiutata di compilare un questionario pilotato che affidava a pochi spazi residuali la possibilità di esprimere un parere su questa oscenità. Ho preferito rispondere con lo sciopero e con un’attività di informazione verso tutti quelli che pensano che la scuola li riguardi per ragioni non trascurabili di libertà e giustizia.

Infatti, a fronte dell’assunzione di metà dei precari oggi in servizio – peraltro imposta all’Italia dalla Corte di Giustizia europea (speriamo sia la volta buona almeno per questa metà) -, la scuola di Renzi è un progetto di precarizzazione degli insegnanti: da cattedra a organico funzionale e viceversa, oltre che sulle tre fasce di merito (di cui l’ultima, quella del 33%, potrebbe coincidere con la messa in mobilità prevista dalla L. 150/2009-Brunetta), di gerarchizzazione delle relazioni scolastiche (Preside; Nucleo di valutazione; Mentor; docenti mediamente bravi; docenti scadenti) e di mobilità permanente: geografica (nelle scuole), e professionale (da cattedra o organico funzionale e probabilmente perfino su insegnamenti affini alle discipline per le quali siamo abilitati).

Se Renzi riuscisse a realizzare questo disegno, il lavoro dell’insegnante diverrebbe un mestiere itinerante, senza alcun rimborso delle spese di mobilità e a fronte di un aumento di stipendio di max 60 euro netti ogni tre anni; stipendio che per un insegnante laureato con otto anni di servizio non arriva a millecinquecento euro al mese. Diverrebbe un mestiere alienante in cui l’enorme lavoro sommerso (stimato in 42 ore settimanali) che oggi svolgiamo per passione e per uno stipendio minimale, ci verrebbe imposto dietro il ricatto della mobilità, della perdita della cattedra e della gogna (il profilo di ogni insegnante sarà esplorabile dal sito della scuola e da quello del Ministero) .

Il motore di questa mobilitazione permanente dei docenti è una valutazione incentrata sui risultati dei test INVALSI (dunque, com’è dimostrato, non sulla qualità degli apprendimenti), sulla formazione permanente in servizio (con la quale possiamo immaginare l’apertura di un nuovo mercato dei corsi di formazione, “democraticamente” aperto anche ad eventuali “associazioni di insegnanti”, nel quale spenderemo in anticipo lo “scatto di merito” che ci prepareremo a conquistare) e su crediti professionali acquisiti lavorando a scuola oltre le 18 ore di didattica frontale.

La scuola di Renzi è la scuola di Gelmini, Monti e Aprea con l’aggiunta del faccione rassicurante di un Presidente del Consiglio a cui basta il proprio ridicolo inglese per fare notizia in tutto il mondo. 

 

carriera

 

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locandina cesp

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