La rivalità tra simili e la logica del campanilismo nel gioco di identità e differenza che Simmel definì la «tragedia dell’inezia». Il commento è di Roberto Escobar, Metamorfosi della paura, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 170-171.
L’intolleranza e l’avversione sono scatenate con maggior violenza quando le differenze sono appunto piccole, e dunque all’interno d’una generale rassomiglianza. […]. Il contrasto che nasca all’interno d’un qualche rapporto d’unità e “vicinanza”, osserva, è di solito tanto radicale e violento da apparire sproporzionato.
Lo stesso accade per l’odio reciproco fra stati confinanti, per razze che convivano nello stesso territorio. Il motivo di questa sorprendente accentuazione emotiva dell’antagonismo dipende dalla circostanza che gli uomini sono esseri caratterizzati da differenze. Quando queste siano nette, la «totalità» d’un individuo tende a non «associarsi» a quella d’un altro.
Tra i due c’è un confine netto, una linea di difesa, qualcosa come uno spazio di neutralità. Il conflitto è così prevenuto da una serie d’accortezze, di meccanismi innescati proprio dalla distanza, dalla nettezza dell’alterità.
Data la grande differenza complessiva che li caratterizza e separa, ognuno «riserva la propria personalità»: perciò la singola piccola differenza non li coinvolge interamente e violentemente. L’opposto accade quando le affinità siano forti: allora non c’è più confine, neutralità, non c’è più difesa, ma «passione indifferenziata».
Sullo sfondo d’una generale somiglianza, la minima dissonanza giganteggia, assumendo un’importanza relativa del tutto particolare e producendo quella che ben si può chiamare tragedia dell’inezia .
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