Davanti a una diagnosi di dislessia o altro disturbo specifico d’apprendimento, molti insegnanti si chiedono per quale ragione il loro studente non comprende adeguatamente anche quando non deve leggere, cioè quando ascolta la spiegazione dell’insegnante o può avvalersi di ausili visivi, ad esempio, degli schemi o delle mappe concettuali che di solito inglobiamo nelle nostre lezioni.
Si tratta di domande cruciali, che presuppongono attenzione per i disturbi specifici d’apprendimento, ma che non trovano risposta se non si riflette su cos’è e come funziona il processo d’apprendimento.
In mancanza di questa riflessione si rischia di adottare un atteggiamento scettico-nominalistico verso la diagnosi di dislessia, pensando che si tratti del nuovo nome al vecchio problema dell’apprendimento per il quale non c’è che da applicarsi e studiare.In realtà, dietro una diagnosi di Disturbo specifico d’apprendimento c’è una modalità specifica di apprendimento che si lega spesso a difficoltà di lettura (comprendo a fatica perché spendo buona parte delle mie energie intellettuali in compiti “bassi” di decodifica quindi, quando ho finito di capire cosa c’è scritto non so più cosa voleva dire), ma anche a problemi della memoria di lavoro (leggo normalmente, ma tendo a recuperare con difficoltà le nozioni che ho letto nella pagina precedente per legarle a ciò che leggo ora) e di attenzione (fatico così tanto a leggere e capire che mi stanco presto e non concludo mai il lavoro che mi hai assegnato).
Ne segue che i ragazzi DSA hanno bisogno di imparare, prima ancora che ciò che vogliamo imparino, quelle strategie e metodi di studio che i loro compagni scoprono spontaneamente. Ovviamente, è compito nostro indicargliele e aiutarli ad usarle. Una volta inquadrate le difficoltà, individuate le strategie di lavoro e accertata la loro rimotivazione (su questo dobbiamo riflettere: crediamo nelle loro possibilità di riuscire o facciamo solo finta di crederci? Perchè nel secondo caso, loro lo sapranno benissimo e non ci ascolteranno) ai ragazzi DSA chiediamo gli stessi apprendimenti che chiediamo ai loro compagni, non abbassiamo le richieste (sono intelligenti, dobbiamo aiutarli a crescere) perché non è questo ciò di cui hanno bisogno.
Le slide seguenti, elaborate da un gruppo di psicologi e logopedisti che hanno dato vita a un corso di formazione a cui ho partecipato recentemente, spiegano tutto questo:
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