Pablo Servigne, La collaborazione, l’altra legge della giungla

by gabriella

Pablo Servigne è un ingegnere agronomo e ricercatore francese dedito alla costruzione di una cultura dell’oltrepassamento della civiltà industriale, ormai al collasso. Il suo lavoro, di cui la presentazione sottostante è un esempio, mi è sembrato quanto di più vicino all’ideale moriniano di un sapere all’altezza della complessità per il nuovo millennio, tessuto su conoscenze interdisciplinari, non riduzionista, scientifico-umanista.

L’entraide, l’autre loi de la jungle (2017), scritto in collaborazione con Gauthier Chapelle, è l’ultimo di diversi volumi dedicati a problemi ecologici e scientifici. Servigne vi si concentra sulla tesi, corredata di evidenze sperimentali, che i risultati migliori si ottengono in presenza della collaborazione oltre che della competizione tra individui. Esperimenti interessanti mostrano infatti come la presenza delle sole spinte competitive impedisce ai gruppi di conseguire i propri obiettivi in ambienti ostili.

Non si tratta, però, dell’ennesima petizione di principio confermata da esempi eccezionali, ma di un cambio di paradigma della sociobiologia che dopo decenni di studi ha dovuto rovesciare le proprie ipotesi sperimentali, ipotizzando che all’origine ci sia la cooperazione e che sia sulla base di questa necessità irresistibile, la seconda legge della giungla in vigore da 3 miliardi e 800 milioni di anni, che gli uomini hanno costituito gruppi di consanguinei.

Non è quindi la prossimità genetica a spingere all’aiuto reciproco ma, al contrario, è l’esigenza originaria della sopravvivenza in ambiente ostile a costituire la premessa per la consanguineità. Non è la famiglia, la trasmissione dei geni, ad essere originaria, ma la solidarietà, la quale ha trovato forme biologiche, quanto culturali, per imporsi ai viventi.

Sotto la traduzione italiana del video [che avrei voluto sottotitolare se le versioni circolanti di questa presentazione non fossero entrambe bloccate]. Seguirlo resta un po’ scomodo per chi non conosce il francese, ma ne vale la pena.

"La loi de la jungle, c'est aussi la loi de l'entraide"

Vous pensiez que dans la nature, seuls les plus forts survivaient ? Absolument pas >> http://bit.ly/2BEj3rH

Publié par L'Obs sur vendredi 22 décembre 2017

Pablo Servigne, La collaborazione, l’altra legge della giungla

Non sono necessariamente i più forti che sopravvivono, ma sono i gruppi più cooperativi.

In effetti, c’è un’idea trasmessa che vuole che la legge della giungla sia la competizione e l’aggressione, la lotta di tutti contro tutti, e che questa sia l’unica legge della giungla.

Nel nostro libro, con Gauthier Chapelle, sviluppiamo l’idea che ci siano due leggi della giungla e che l’altra sia stata davvero dimenticata e divenuta invisibile: è la legge della cooperazione, dell’aiuto reciproco, dell’altruismo.

Allora, non si tratta di negare che esistono la competizione, l’aggressione e l’egoismo, ma notare che sono faticosi. La competizione va bene per un tempo limitato ed è rischiosa e pericolosa. Gli animali lo hanno capito benissimo, perché entrano in competizione molto raramente. A volte fanno perfino finta di battersi, ma non lo fanno perché è troppo rischioso.

E’ un’idea che ci è stata trasmessa da quando eravamo piccolissimi. A scuola, in azienda, all’università impariamo sempre che non c’è altro che la competizione a regolare le relazioni tra gli esseri viventi. ma quando si osserva semplicemente il vivente, dai batteri agli esseri umani passando per i funghi, gli animali, gli alberi, tutti cooperano. Tutti gli esseri viventi sono in relazione di aiuto reciproco con altri esseri viventi.

I batteri si associano per fare delle biopellicole e sopravvivere in ambiente ostile. I leoni cacciano, ma si associano e cooperano per cacciare. Gli alberi si associano, si scambiano nutrimenti attraverso le radici e si scambiano anche il nutrimento tra specie differenti, dalle più forti alle più deboli. Anche i pinguini si associano, si raggruppano per resistere alle condizioni ostili, al freddo nell’Antartide.

Questo principio che associa gli esseri viventi, cooperazione, altruismo, mutualismo è presente da 3,8 miliardi di anni. Ciò che ci insegna è che non sono necessariamente i più forti che sopravvivono, ma i gruppi più cooperativi. Sono le specie e gli individui che si associano e si aiutano che sopravvivono meglio alle condizioni difficili.

Ciò che è affascinante è che dal 2000 c’è un numero molto alto di scoperte sul fatto che non c’è società animale o umana, ma si potrebbero citare anche le piante, i batteri e i funghi, che non lo adotti.

Ma c’è anche quella che potremmo chiamare la “nuova sociobiologia” che aggiorna questa disciplina, che ha fatto studi sulla società animale ed aveva una pessima reputazione. Da 40 anni gli scienziati lavorano sull’ipotesi che è la prossimità genetica che provoca l’altruismo: è perché si è fratelli che ci si aiuta. Ci si aiuta di più tra fratelli che tra vicini. Ci si aiuterà di più tra vicini che con uno straniero. Voi immaginate, a livello ideologico, ciò che questo può fare tra gli esseri umani. Di qui, la pessima reputazione della disciplina.

Ma ora il paradigma è rovesciato: la nuova ipotesi è che sono le condizioni dell’ambiente, difficili, ostili, la penuria, il freddo, etc., che suscitano l’aiuto reciproco tra individui e una volta che ci si è associati, che si è fatto un nido, in quel momento si comincia a vivere insieme e compare al prossimità genetica. Non è la prossimità genetica a favorire la collaborazione, ma l’inverso.

Ciò che è interessante di questa nuova sociobiologia è che emerge l’idea che in natura c’è un equilibrio permanente di due forze: all’interno dei gruppi è piuttosto l’egoismo a prevalere sull’altruismo, gli individui egoisti riescono meglio e infine distruggono la coesione dei gruppi. L’altra forza è che sono i gruppi più cooperativi che sopravvivono e riescono meglio a sopravvivere rispetto ai gruppi più egoisti.

Un piccolo esempio: negli anni 90, il biologo William Mir, ricercatore all’Università dell’Indiana, negli USA, ha selezionato delle galline notevoli per la loro capacità di produrre uova e ha utilizzato due metodi di selezione.

Nel primo metodo, ha messo 9 galline per gabbia, aveva più gabbie, e ha selezionato generazione dopo generazione, la gallina più produttiva di ogni gabbia, poi ha fatto delle super gabbie con delle supergalline. Nel giro di qualche generazione, cinque o sei galline erano talmente produttive e aggressive che la produttività è caduta.

Nel secondo metodo, ha selezionato globalmente le gabbie più produttive, ma queste gabbie molto produttive erano eterogenee: avevano galline forti, galline deboli, galline produttive, meno produttive .., ma globalmente, generazione dopo generazione, in cinque o sei generazioni, la produttività è aumentata del 160%.

In questo caso, la selezione di gruppo è andata meglio della selezione individuale.

Dunque, tra gli esseri umani c’è cooperazione e aiuto reciproco  ovunque. Noi siamo una specie ultrasociale, noi, gli umani. Quindi, in partenza, la nuova sociologia funziona anche tra gli esseri umani, ma in più noi abbiamo una natura culturale, le norme sociali, le istituzioni, ecc., che da molti anni strutturano la cooperazione tra gli esseri umani e permettono di costruire delle società di migliaia, milioni di individui, anche tra individui non imparentati e anonimi, ciò che è abbastanza unico nel mondo animale, ciò che fa di noi una specie ultrasociale.

Noi abbiamo anche una propensione all’aiuto spostaneo: è profondamente radicato in noi. Infatti, i nostri antenati si sono aiutati tra loro in un ambiente ostile, ed è perché loro si sono aiutati che siamo qui. E ciò è entrato perfino nel patrimonio genetico, nella nostra biologia: noi abbiamo delle attitudini prosociali, estremamente potenti.

Ci sono esperimenti che mostrano che quando si pongono gli individui sotto stress, quando li si forza a rispondere velocemente, essi rispondono in modo più prosociale, più partecipe al bene comune.

Quando si dice loro di riflettere, di fermarsi, di aspettare prima di rispondere, essi si comportano in modo più egoista, partecipano meno al bene comune. Ed è ciò che si ritrova nelle grandi catastrofi, gli tsunami, gli uragani, gli attacchi terroristici: i racconti dei testimoni, dei sopravvissuti sono tutte unanimi: in tempo di catastrofe, quando si è iperstressati, in condizioni eccezionali, emerge l’autoorganizzazione, la calma, l’aiuto reciproco, l’altruismo e dell’altruismo eccezionale in situazione eccezionale.

Un esempio, nel 2005, durante l’uragano Katrina su New Orleans, il capo della Polizia ha fatto credere che c’erano degli assassini, dello sciacallaggio, degli stupri, ecc. e ciò ha giustificato l’invio di poliziotti armati fino ai denti e stressati. Alcuni giornalisti hanno fatto un’inchiesta e hanno fatto confessare al capo della Polizia che questi omicidi e violenze non c’erano mai stati. Infatti, le testimonianze attestano che le persone si sono davvero molto aiutate. Cito un testimone: si sono veramente aiutate tantissimo.

Perché la gente ha creduto al capo della Polizia, quando diceva che c’erano degli omicidi, dello sciacallaggio ecc? Perché tutti, semplicemente, credono a questa storia. Da quando siamo piccoli ci si racconta la stessa storia che in natura è la lotta di tutti contro tutti, è la legge della giungla e una favola raccontata 1000 volte diventa vera.

Se voi dite a qualcuno che l’essere umano è naturalmente egoista, vi prenderà per un realista, alla peggio per un economista. Se dite che è naturalmente altruista non ci crederà e vi prenderà per un ingenuo.

Comprendere che la natura non è governata soltanto per l’unica legge della giungla della competizione, ma dalla competizione e dalla cooperazione, ha delle grandi implicazioni politiche ed economiche e permette di intravedere al possibilità di ridisegnare, di riconcepire delle istituzioni radicalmente diverse. E ciò cambia tutto ..

 

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