Il primo modello di eccellenza umana della civiltà occidentale.
Indice
1. La paideia greca
1.1 L’educazione e il suo fine
1.2 La paideia
2. L’Iliade
2.1 L’aretè aristocratica
2.2 La figura di Achille e i due maestri
3. L’Odissea
3.1 La Telemachìa
1. La paideia greca
1.1 L’educazione e il suo fine
L’educazione, che i greci chiamano paideia, è l’attività che serve a sviluppare il potenziale umano, cioè quanto di meglio possiamo diventare.
Il fine dell’educazione è infatti l’eccellenza o virtù: aretè in greco.
Ogni popolo però decide quale sia il modello di uomo da forgiare e a cui ispirarsi: ogni società umana ha perciò il proprio ideale umano e i propri eroi.
1.2 La paideia
Lo studio dei modelli educativi sviluppati dalla civiltà occidentale, inizia con i greci.
I greci, infatti, furono i primi a porsi il problema di cosa dovrebbe essere un uomo, cioè a riflettere consapevolmente sull’educazione (paideia) e sulle sue finalità (la virtù, l’eccellenza umana, o aretè).
L’ideale umano della Grecia tra l’VIII° e il V° secolo a.C. si incentra su un individuo che sviluppa la propria personalità sulla base delle proprie qualità fisiche e intellettuali e che si adopera per realizzare le migliori condizioni di convivenza nella polis, con la propria volontà e il proprio pensiero critico.
Questa è l’idea che nasce in Grecia prima nella poesia (Omero), poi nella filosofia e nella politica, dal cosiddetto Medioevo ellenico (1200 a. C.) all’ellenismo (VI° a. C.).
Il primo grande educatore dei greci (già secondo Platone) è stato dunque Omero.
I due poemi dell’Iliade e dell’Odissea infatti ci permettono di cogliere il contenuto originario dell’aretè (ἀρετή) antica (cioè della virtù, intesa come ciò che ognuno dovrebbe essere) dal momento del suo nascere (l’età micenea o medioevo ellenico) al suo sviluppo nella fase classica della cultura greca (paideia). Iliade ed Odissea furono composti infatti tra l’VIII e il VII secolo a. C. sulla base di tradizioni orali precedenti.
2. L’Iliade
2.1 L’aretè aristocratica
L’aretè espressa nell’Iliade è l’ideale di una classe di cittadini greci: quella aristocratica. Il nobile è sempre valoroso, il combattimento e la vittoria sono le ragioni principali della sua esistenza. L’eroe omerico che simboleggia tali valori è Achille.
L’etica di Achille è tutta individuale, ma è legata alla vita sociale: l’atto eroico, infatti, non ha valore se non quando viene riconosciuto socialmente (onore) e oltrepassa se stesso fissandosi nella memoria collettiva (fama, gloria).
Il massimo grado dell’aretè guerriera è la vittoria che procura onore o la morte sul campo di battaglia e assicura la fama. La vita degli eroi è in costante tensione verso l’ideale del sacrificio di sé in cambio dell’immortalità (gloria).
In questo video, tratto da Troy, la nereide Teti annuncia al figlio Achille la morte in battaglia.
2.2 La figura di Achille e i due maestri
Nel video soprastante abbiamo visto un esempio dell’aretè agonale di Achille il piè veloce, la sua eccellenza in battaglia, la forza, il coraggio, la destrezza, il sacrificio della vita per l’immortalità delle gesta, per l’onore, per la gloria.
Nel video seguente, tratto da Troy, vediamo invece, un esempio dell’aretè intellettuale dell’eroe: il discorso ai mirmidoni, suoi soldati (il padre di Achille, Peleo, era infati re di Ftia, una regione della Tessaglia abitata dai mirmidoni).
Il tema è tipico dell’aretè omerica, la conquista dell’immortalità del nome, cioè della gloria sul campo di battaglia. La parola di Achille è persuasiva perché si compia quanto dice il suo maestro, il Principe Fenice, nel X canto dell’Iliade, ricordandogli di quando lo prese bambino come suo figlio, lui che non poteva averne per effetto della maledizione di suo padre:
Con te mi spediva il vecchio Peleo (il padre di Achille) […]
mi t’affidò per tale intento, ch’io t’insegnassi,
e di discorsi tu fossi artiero e autore di gesta.
Ma il racconto omerico ci presenta anche la figura di un altro educatore, il centauro Chirone, che ha reso Achille un modello di virtù insegnandogli norme di vita vissuta, caccia e arti cavalleresche, nozioni di medicina. Grazie all’insegnamento di questi due maestri, Achille diviene così il primo modello di virtù dei greci.
E’ ancora Fenice a riassumere, ricordandogli di averlo formato non solo «a operare opere», ma anche «a imporsi con la potenza della parola»: si tratta della prima formulazione del concetto greco di cultura (paideia). Si intravede così, fin dall’Iliade, il doppio significato dell’aretè antica: l’educazione a diventare un buon parlatore (arétè intellettuale) e quella ad essere uomo d’opere e d’azione (aretè agonale).
Proemio vv. I-IX (trad. Vincenzo Monti)
Cantami o Diva, del Pelide Achille
l’ira funesta che, infiniti addusse
Lutti agli Achei, molte anzi tempo dell’Orco
Generose travolse alme di eroi
E di cani e d’augelli orrido pasto
Lor salme abbandonò (così di Giove
L’alto consiglio s’adempìa), da quando
Primamente disgiunse aspra contesa
Il re de’ prodi Atrìde e il divo Achille
Libro XVI – Patroclo profetizza ad Ettore la sua morte per mano di Achille
Di mia morte la palma Apollo e Giove.
Essi non tu m’han domo; essi m’hano tratto
L’armi di dosso. Se pur venti a fronte
Tuoi pari in campo mi venìan, qui tutti
Questo braccio gli avrìa prostrati e spenti,
Ma me per rio destin qui Febo uccide
Tra gl’immortali e tra’ mortali Euforbo:
Tu terzo mi dispogli. Or io vo’ dirti
Cosa che in mente collocar ben devi:
Breve corso a te pur resta di vita;
Già t’incalza la Parca e tu cadrai
Sotto la destra dell’invitto Achille.
Disse e spirò. Disciolta dalle membra,
scese l’alma a Pluton, la sua piangendo
Sorte infelice e la perduta insieme
Fortezza e gioventù. Sovra l’estinto
Arrestatosi Ettorre: A che mi vai
Profetando, dicea, morte funesta?
Chi sa questo della bella Teti
Vantato figlio, questo Achille, a Dite,
Colto dall’asta mia, non mi preceda?
Libro XVIII –Achille piange la morte di Patroclo, la madre Teti lo consola ma gli annuncia la sua sorte
Figlio che piangi? Che dolore è questo?
No’l mi celar, deh parla! A compimento
Mandò pur Giove il tuo pregar […]Con un forte sospir rispose Achille:
O madre mia, ben Giove a me compiacque
Ogni preghiera; ma di ciò qual dolce
Me ne procede, se il diletto amico,
Se Patroclo è già spento? Io lo pregiava
Sovra tutti i compagni: io di me stesso
Al par l’amava, ahi lasso! E l’ho perduto:
L’uccise Ettorre e lo spogliò dell’armi,Di quelle grandi e belle armi, a vedersi
Meravigliose, che gli eterni dei,
Dono illustre, a Peleo diero quel giorno,
Che te nel letto di un mortal locaro.
O fossi tu dell’Ocean rimasta
Fra le divine abitatrici e stretto
Peleo si fosse a una mortal consorte!Che d’infinita angoscia il cor trafitto
Or non avresti pel morir d’un figlio,
Che alle tue braccia nel paterno tetto
Non tornerà mai più: poiché il dolore,
Né la vita né d’uomo più mi consente
La presenza soffrir, se prima Ettorre
Dalla mia lancia non cade trafittoE di Patroclo non mi paga il fio.
Figlio, no’l dir (riprese lacrimando
La dea), non dirlo; chè la tua morte affretti:
Dopo quello d’Ettòr pronto è il tuo fato.
Lo sia (con forte gemito interruppe
L’addolorato eroe); si muoia, e tosto,
Se giovar mi fu tolto il morto amico.
Libro XIX – Il cavallo divino Xanto ricorda ad Achille la sua sorte
Chinò la testa l’immortal corsiero Xanto:
diffusa per lo giogo andava
Fino a terra la chioma ed ei, da Giuno
Fatto parlante, udir fe’ questi accenti:
Achille, in salvo questa volta ancora
Ti trarremo noi, si: ma ti sovrasta
L’ultim’ora, né fia nostra la colpa,
Ma di Giove e del Fato.
3. L’Odissea
L’Odissea è un’opera più tarda dell’Iliade e riflette meglio l’epoca in cui Omero le diede forma: il mondo dell’Odissea è quello di corti civilissime, mentre è impossibile immaginare gli eroi dell’Iliade se non sul campo di battaglia o nei ludi che preparano le azioni militari.
Gli eroi dell’Odissea si muovono in uno spazio più vasto di quello dell’Iliade, in cui l’eroismo spesso coincide con la capacità di levarsi d’impaccio più attraverso l’intelligenza che con la vigoria fisica.
E’ quindi nell’Odissea che l’aretè del guerriero assume la sua forma più matura, dando maggior rilievo alle qualità intellettuali che nell’Iliade erano poste sullo stesso piano della forza fisica.
Con l’aretè omerica (si è vista l’unitarietà dell’ideale dell’Iliade e dell’Odissea), l’idea educativa greca giunge ad un’elevata consapevolezza di sé: l’educazione non è più un semplice processo di acculturazione o di socializzazione (trasmissione di conoscenze, valori e modelli di comportamento dalla vecchia alla nuova generazione), ma si propone come imitazione di modelli ideali, incentrati sulle figure degli antichi eroi che incarnano le espressioni più elevate della forza, del coraggio e dell’energia intellettuale.
3.1 La telemachia
Nei primi 4 libri del poema, la cosiddetta Telemachia, viene sviluppato una sorta di romanzo pedagogico, incentrato sulle vicende del giovinetto Telemaco, figlio di Ulisse.
Telemaco ascolta i consigli del suo maestro Méntore, che lo accompagna nel viaggio da Pilo a Sparta e gli insegna come comportarsi davanti a personaggi illustri e come conseguire i propri scopi, proponendogli modelli di condotta che, a differenza dell’Iliade, sono posti in primo piano.
Così disse pregando e Atena gli venne vicino
Sembrando Mentore all’aspetto e alla voce
E a lui rivolta parole fugaci parlava:
«Telemaco, mai vile e sciocco sarai,
se pure hai del padre la nobile forza,
com’era lui per compiere imprese o promesse:
vano dunque o incompiuto non potrà esserti il viaggio.Se invece non fossi figlio di lui e di Penelope,
allora non spero che compirai quanto mediti.
In verità pochi figli sono simili al padre;
i più son da meno, pochi migliori del padre.
Ma siccome tu mai sarai sciocco e vile,
e davvero l’ingegno d’Odisseo non ti manca,
c’è dunque speranza che tu compia l’impresa.Dei pretendenti lascia pur perdere piani e discorsi,
pazzi, perché non sono né giusti né saggi:
non sanno vedere la morte, la tenebrosa Chera,
che ormai si appressa e tutti li finirà in un sol giorno.
Il viaggio, che mediti, non tarderà molto;
tanto fedele amico del padre io ti sono,
che l’agile nave voglio approntarti e seguirti.
Nel brano è messa in rilievo l’importanza dell’esempio paterno e la promessa di valore nel sangue regale di Telemaco.
Nell’ideale aristocratico dell’epos omerico, l’aretè passa ancora per la nobiltà di sangue e per il valore trasmesso attraverso la discendenza dei re.
Esercitazione
1. Spiega perché l’eccellenza (areté) che emerge nei poemi omerici è aristocratica e individualistica.
2. Spiega in cosa consiste l’areté agonale di Achille e quali sono i fini della sua azione.
3. Spiega perché nella figura di Achille emerge anche un’areté intellettuale e in cosa consiste.
4. Quale tipo di eccellenza prevale nell’Odissea?
5. Qual è il significato pedagogico del discorso di Mentore-Atena quando parla a Telemaco del sangue di suo padre che gli scorre nelle vene?
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