Marco Belpoliti, Formiche, l’esercito invisibile che domina il pianeta

by gabriella

formicaApprossimativamente sono almeno 10 mila trilioni, si sono sviluppate 100 milioni di anni fa. La loro forza? Una natura “veramente” sociale. Tratto da La Stampa del 14 luglio 2015.

Tre milioni di anni fa. Un’astronave con a bordo una missione di scienziati extraterrestri plana sulla Terra. Sono venuti per saggiare le forme di vita presenti sul pianeta. Osservano api, termiti e formiche tagliafoglie, tra le specie più evolute del sistema ecologico terrestre. Nel diario di bordo scrivono:

«Verosimilmente non accadrà niente di particolare importanza da qui a migliaia di millenni futuri. Gli insetti sono il culmine dell’evoluzione e gli invertebrati domineranno anche nei prossimi cento mega-anni».

Così immagina Edward O. Wilson, studioso di formiche, padre della sociobiologia, l’ipotetica visita degli extraterrestri ben addentro ai rudimenti della teoria darwiniana e tuttavia privi di immaginazione. Wilson vuole dirci che non solo gli insetti, e in particolare le formiche, non si sono evolute molto nel corso degli ultimi milioni di anni, ma nessuno poteva prevedere l’arrivo dell’Homo Sapiens.

 

Il numero fa la forza

formicheL’uomo ha devastato la Terra, ma le formiche sono ancora qui. Basta sedersi in un prato, sotto un albero, vicino a un muretto, e la prima creatura che si paleserà sarà proprio una formica. Il loro numero complessivo è calcolato per difetto intorno a diecimila trilioni; tutte le formiche presenti sulla Terra pesano circa come tutti gli umani messi insieme. Sono senza ombra di dubbio gli insetti dominanti sulla Terra; per molti tratti ci superano e prevedibilmente, come ha scritto una volta Primo Levi, ci saranno ancora quando noi umani saremo già scomparsi. Come hanno fatto a diventare le padrone invisibili del Pianeta azzurro? Per via della loro natura sociale: tutti i singoli componenti del formicaio sono programmati per agire in modo coordinato. Il numero fa la forza, scrivono Bert Hölldoler e Edward O. Wilson in Formiche e, almeno in questo, ci somigliano. La parola magica è «eusocialità», che significa «veramente» sociale. Nel formicaio gli adulti si prendono cura dei giovani; due o tre generazioni convivono nel medesimo nido; i membri sono divisi in una casta «reale» riproduttiva e una «operaia» sterile.

 

Una storia antica

tempo geologicoGli insetti sono stati i primi animali a colonizzare le terre emerse, 400 milioni di anni fa nel Devoniano; le formiche, le api e le vespe sociali si sono sviluppate nel Cretaceo, circa 100 milioni di anni fa, e sono diventate dominanti nel Terziario, 50-60 milioni di anni fa. Questi insetti non si sono avventurati nel mondo sensoriale che noi occupiamo quasi totalmente, sono rimasti invece maestri di un’arte più antica, quella fondata sugli odori. Mentre noi abbiamo sviluppato i canali di comunicazione acustica e visiva, le formiche fanno molto poco mediante il suono e quasi nulla con la vista. Comunicano in modo mirabile attraverso secrezioni chimiche trasferite da un individuo all’altro, ovvero con il gusto e l’olfatto: operano attraverso i feromoni e possiedono una adeguata sintassi sensoriale. Probabilmente per questa ragione tra umani e insetti non si è stabilita una competizione, ma solo una strana convivenza, o ignoranza reciproca, tra specie altamente sociali.

Il superorganismo

Nel formicaio, che è prima di tutto un «superorganismo», il sistema gerarchico vede al vertice la formica regina che genera tutti gli abitanti del formicaio. Al culmine della stagione riproduttiva le colonie mandano fuori le regine vergini e i maschi che si allontanano volando, o camminando, entrambi alla ricerca dei loro partner. I maschi, i cosiddetti fuchi, sono missili carichi di sperma, ma muoiono nel giro di poche ore o qualche giorno, dopo aver cercato d’inseminare le regine, le quali a loro volta devono sottrarsi ai predatori, scavare un buco e deporre le uova da cui nasceranno le operaie, femmine totalmente sterili. Tutto è possibile grazie alla «banca del seme», la spermateca, di cui sono dotate le regine (contiene 320 milioni di cellule seminali), con cui emettono pian piano le uova fecondate; le operaie si prendono cura della Grande Madre, costruendo il nuovo formicaio. Dopo il periodo iniziale, la regina è però in ostaggio delle sue operaie, che la accudiscono e la nutrono, e decidono se farla sopravvivere oppure ucciderla quando non serve più.

hartNel racconto di Wilson, che ha dedicato alle formiche la sua vita di entomologo, le formiche dedite alla guerra, simili a opliti spartani, sono talmente bellicose e aggressive che, se per ipotesi fossero dotate di armi nucleari, probabilmente, dice, distruggerebbero il mondo nel giro di una settimana. Negli affascinanti volumi di questo studioso e del suo omologo tedesco, Bert Hölldobler (l’ultimo è Il superorganismo), vengono descritte particolarità di questo insetto che lasciano a bocca aperta: ha inventato l’agricoltura prima di noi (coltiva funghi), l’allevamento (munge gli afidi), la tessitura, si alterna nei ruoli lavorativi, non seppellisce i morti, rimuove la terra più dei lombrichi, sviluppa colonie di milioni e milioni di individui. Quando noi non ci saremo più, cosa ne sarà delle formiche? Tornando, gli extraterrestri le vedranno evolversi fino diventare grandi come noi? Johnny Hart in una striscia del suo fumetto, B.C., ha risposto all’interrogativo.

Due formiche in dialogo: – Che ne pensi dei dinosauri? – Penso che siano stupidi. – Perché scusa? Sono anche loro un prodotto dell’evoluzione. Si sono tirati su un po’ alla volta dal niente come gli altri, no? – Appunto! Fossero stati intelligenti, si sarebbero fermati quando erano formiche!

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