L’articolo Petite Poucette, tradotto da Bollati Boringhieri nel 2013 con il titolo Non è un mondo per vecchi. Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere, è l’analisi di una rivoluzione cognitiva («ce n’est pas une crise, c’est un changement de monde»). Come Saint Denis decollato percorse la strada verso la collina di Montmartre con la testa sotto il braccio, così le nuove generazioni non devono più memorizzare con lunghi silenzi e ascolti profondi i principi basilari delle discipline insegnate a scuola perché la loro capacità di memorizzare e archiviare queste informazioni verrebbe oggi surrogata dai dispositivi digitali connessi alla rete che ne accompagnano la quotidianità . Né teste piene, né teste ben fatte ma teste senza colli. In questo vuoto, in questo spazio aperto dall’alleggerimento cognitivo delle teste piene, la scuola potrebbe affermare una cultura dell’interpretazione, del cortocircuito cognitivo fra ricognizione e invenzione. Uno spazio paradossale per il futuro degli studi umanistici. Dall’altro lato però, questa stessa fruibilità totale garantita dalla rete genera come effetto paradossale la chiusura del fruitore in piccole patrie cognitive, isole di accesso a informazioni non verificabili, chiuse nel rimbalzo all’interno della bolla dei social network e dei colossi industriali nella gestione dell’informazione [Marco Ambra, citando Yves Citton in Teste e colli. Cronache dell’istruzione ai tempi della buona scuola, p. 27].
Sotto il frammento di Serres [Non è un mondo per vecchi, pp. 23-26].
Nella Leggenda aurea, Jacopo da Varagine racconta che nel secolo delle persecuzioni ordinate dall’imperatore Domiziano avvenne a Lutetia un miracolo. L’esercito romano arrestò Dionigi, eletto vescovo dai primi cristiani di Parigi. Incarcerato, poi torturato nell’isola della Cité, fu condannato a essere decapitato sulla sommità di una collina che si chiamerà Montmarme. La soldataglia sfaticata rinuncia a salire fino in cima ed esegue la condanna a metà, strada. La testa del vescovo rotola a terra. Orrore! Decapitato, Dionigi si alza, raccoglie la testa e, tenendola in mano, continua a salire la china. Miracolo! I legionari fuggono terrorizzati. Jacopo da Veragine aggiunge che Dionigi fece una sosta per lavare la testa a una sorgente e proseguì il cammino fino all’attuale chiesa di Saint-Denis. Ed eccolo canonizzato.
Pollicina accende il computer. Se anche non si ricorda di questa leggenda, ha comunque davanti a sé e tra le mani la sua stessa testa: per l’enorme riserva di informazioni, ma anche perché i motori di ricerca fanno a gara ad attivarvi testi e immagini, e, meglio ancora, dieci software possono trattarvi innumerevoli dati più velocemente di quanto possa fare lei. Lei tiene lì, fuori di sé, la sua facoltà cognitiva un tempo interna, come san Dionigi tenne la testa fuori dal collo. Ce la figuriamo Pollicina decollata? Miracolo? Di recente siamo diventati tutti san Dionigi come lei. La testa intelligente fuoriesce dalla testa ossuta e neurale. Tra le mani, la scatola-computer contiene e fa funzionare, infatti, ciò che un tempo chiamavamo le nostre «facoltà»: una memoria mille volte più potente della nostra; un’immaginazione ricca di milioni di icone; anche una ragione, dal momento i computer possono risolvere cento problemi che non avremmo risolto da soli. La nostra testa è gettata davanti a noi, in questa scatola cognitiva oggettivata.
Dopo la decollazione, cosa ci resta sulle spalle? L’intuizione innovatrice e vivace. Caduto nella scatola, l’apprendimento ci lascia la gioia incandescente di inventare. Fuoco: siamo condannati a diventare intelligenti? Quando apparve la stampa, Montaigne preferì, come ho detto, una testa «ben fatta» a un sapere accumulato, perché il cumulo, già oggettivato, giaceva nel libro, sui ripiani della libreria; prima di Gutenberg, bisognava sapere a memoria Tucidide e Tacito se si praticava la storia, Aristotele e i meccanici greci se ci si interessava alla fisica, Demostene e Quintiliano se si voleva eccellere nell’arte oratoria, dunque occorreva averne piena la testa. Economia: ricordarsi in quale scaffale è il volume costa meno, in termini di memoria, che ritenerne il contenuto. Nuova economia, ancor più radicale: nessuno ha più bisogno di ricordarsi il posto, se ne incarica un motore di ricerca. Ormai la testa decollata di Pollicina è diversa da quelle vecchie, più «ben fatte» che «piene».
Non dovendo più faticare per apprendere il sapere, perché è lì, davanti a lei, oggettivo, raccolto, collettivo, connesso, accessibile a piacere, ricontrollato dieci volte, lei può tornare a del moncone di assenza che sovrasta il suo collo mozzo. Lì passano aria, vento, quella luce che vi dipinse Léon Bonnat, l’esponente dell’art pompier [pomposa, barocca] quando raffigurò il miracolo di san Dionigi su una parete del Pantheon, a Parigi. Lì risiede il nuovo genio, l’intelligenza l’inventiva, un’autentica soggettività cognitiva; l’originalità della ragazza trova rifugio in questo vuoto traslucido, in questa brezza gioiosa.
Conoscenza a costo zero, o quasi, eppure difficile da cogliere. Lei sta celebrando la fine dell’era del sapere?
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