Ovide Decroly

by gabriella

Ovide Decroly (1871 – 1932)

La teoria e il metodo di uno dei pionieri delle Scuole nuove e dei maggiori innovatori del novecento pedagogico.

 

Indice

1. Dalla pedagogia positivistica a quella sperimentale

1.1 Il ruolo della psicologia sperimentale
1.2 La nascita della pedagogia sperimentale

 

2. Il ruolo di Decroly del dibattito pedagogico novecentesco

2.1 L’insofferenza per la scuola tradizionale e l’interesse per i ragazzi «irregolari»

2.1.1 La fondazione de l’École de l’Hermitage

 

3. Il rinnovamento scolastico

3.1 L’interesse e l’unitarietà dell’esperienza scolastica
3.2 Il metodo Decroly

3.2.1 I problemi della scuola tradizionale
3.2.2 Il piano delle idee associate
3.2.3 La funzione di globalizzazione

 

1. Dalla pedagogia positivistica a quella sperimentale

l’intelligenza è un mezzo di adattamento, gli interessi sono l’equivalente dei bisogni

Decroly è uno dei protagonisti del passaggio da una pedagogia ancora classica, costruita sula base di riflessioni teoretiche, a una pedagogia scientifica intrecciata con la psicologia, la medicina e la biologia e messa alla prova della ricerca sperimentale.

Il filo conduttore di questo passaggio è la ricerca di un’educazione basata su interessi spontanei dei ragazzi legata a stimoli adeguati al ritmo del loro sviluppo psico-biologico.

È evidente l’influenza dell’evoluzionismo che in questo contesto, spiega l’intelligenza come uno strumento adattivo di sopravvivenza [vedi L’intelligenza come problem solving] e gli interessi dell’individuo come l’equivalente dei bisogni nell’adattamento di un organismo biologico al suo ambiente.

 

1.1 Il ruolo della psicologia sperimentale

Sono pietre miliari di questa ricerca gli studi degli psicologi francesi Binet e Simon sul quoziente intellettivo e l’età mentale, la fondazione della rivista americana The pedagogical Seminary (1891) a cura di Granville Stanley Hall e la sistemazione teorica del pedagogista tedesco Ersnt Meumann tesa a definire il quadro della conoscenza scientifica della fanciullezza

Wundt e collaboratori nel laboratorio di psicologia sperimentale, 1879

Meumann che era stato allievo di Wundt – tra i padri della psicologia scientifica con i suoi laboratori di psicologia sperimentale di Lipsia – chiamò pedologia questa nuova scienza, riprendendo il nome da uno studio uscito qualche tempo prima.

Critiche decise ad una pedagogia che perdeva il suo riferimento essenziale all’efficacia dei processi di insegnamento e apprendimento concretamente esperiti a scuola per legarsi allo sperimentalismo della psicologia da laboratorio furono avanzate da Dewey e dagli stessi Binet e Simon.

L’intelligenza

John Dewey (1859 – 1952)

Dalla sua scuola sperimentale di Chicago, il pedagogista americano faceva notare che l’oggetto di studio della pedagogia era lo scolaro e non un individuo in laboratorio astratto dal suo contesto di apprendimento mentre, un anno prima di morire, lo stesso Binet osservava:

Alfred Binet (1857 – 1911)

Vorrei paragonare la pedagogia tradizionale a una vecchia carriola che avanza stridendo e lentamente ma, bisogna ammetterlo, bene o male avanza. Contro di essa e per distruggerla e soppiantarla si sono levati da vent’anni molti novatori. Fanno del gran lavoro, osservano, sperimentano, ma gli educatori che hanno voluto conoscere, analizzare, applicare e comprendere i risultati della nuova scienza sono rimasti delusi e sorpresi scoprendo che pur se si penetrassero tutte le esperienze non ne caverebbero alcun profitto, alcuna applicazione pratica nel modo di fare scuola.

La podologia ha l’aspetto di una macchina di precisione, d’una locomotiva misteriosa, scintillante e complessa, ma i pezzi non sembra combacino bene e la macchina ha un difetto: non cammina [1910].

Théodore Simon

Il suo stretto collaboratore, Théodore Simon, aggiungeva qualche anno più tardi che «le applicazioni di psicologia sperimentale non fanno pedagogia; è impossibile servirsi di quel caos come taluno si ostina» [Tratto da R. Tassi, Itinerari pedagogici, IV,2009, p. 146].

 

1.2 La nascita della pedagogia sperimentale

Con la nascita della pedagogia sperimentale, le scienze coinvolte nelle ricerche sull’educazione (biologia, psicologia, sociologia) recuperano le loro connotazioni disciplinari e la propria autonomia.

La pedagogia sperimentale si occuperà dei mezzi e dei metodi educativi elaborando proprie ricerche e sperimentazioni che tornano nella scuola comune, lasciando i laboratori psicologici e le scuole sperimentali.

 

 

2. Il ruolo di Decroly nel dibattito pedagogico novecentesco

Jean Ovide Decroly

Decroly adottò il principio di derivazione evoluzionista dell’interesse come espressione psicologica di un bisogno naturale e condivise la necessità che la metodologia educativa si fondasse su basi psicologiche rigorosamente controllate, ma trasferì la ricerca sperimentale del laboratorio alla scuola.

Era convinto che l’energia che pervade l’intero universo dando luogo a forme viventi diverse e in continuo cambiamento si esprimesse in bisogni originari ed essenziali in funzione della conservazione individuale, attraverso l’adattamento dell’individuo all’ambiente, e della specie, con l’integrazione dell’individuo nella comunità: l’educazione è quindi chiamata strutturare percorsi che partano dalle esigenze dell’individuo per raccordarli progressivamente con quelli della vita sociale.

Scriveva, infatti,

L’uomo, come ogni altro essere vivente, ha alcuni bisogni fondamentali: nutrirsi, proteggersi dalle intemperie, difendersi dai nemici. Egli, una volta raggiunta la maturità, dovrà essere capace di badare a se stesso e di soddisfare le esigenze della sua famiglia, assolvendo al tempo steso a tutti i suoi obblighi sociali.

Ciò riassume perfettamente – estendendoli anche all’uomo – i due attributi fondamentali della vita: la conservazione della vita e la conservazione della specie.

 

2.1 L’insofferenza per la scuola tradizionale e l’interesse per i ragazzi «irregolari» 

Ovide Decroly era nato nelle Fiandre orientali nel 1871. Cresciuto in campagna insieme ai fratelli, prendendosi cura di piante e animali, fa esperienza delle prime difficoltà scolastiche all’ingresso nella scuola secondaria, centrata sullo studio del latino e lontana dalla sua esperienza infantile.

Incapace di adattarsi, era entrato in conflitto con gli insegnanti e cacciato da scuola. Riesce comunque a laurearsi in medicina dove sceglie di specializzarsi in anatomopatologia e psichiatria, completando gli studi a Berlino e alla Salpétrière di Parigi.

Decroly con sua moglie e i loro tre figli

Nel 1898 presta servizio presso un ospedale situato in quartiere popolare di Bruxelles dove si occupa di disturbi infantili del linguaggio. È là che prende coscienza della condizione di abbandono dei ragazzi che hanno difficoltà a frequentare la scuola.

Nel 1901, accetta la direzione di una clinica per bambini “anormali”, che preferisce chiamare “irréguliers”, a patto che sia realizzata all’interno della sua abitazione per poter lavorare con i bambini in una condizione di normale vita quotidiana.

Nasce così l'”Institut d’enseignement spécial pour enfants des deux sexes” dove i piccoli ospiti sono educati insieme ai tre figli del direttore.

 

2.1.1 La fondazione de l’École de l’Hermitage

Ecole de l’Hermitage, 1907

Con l’attività della clinica-laboratorio per bambini con handicap, Decroly porta il suo interesse su questioni di pedagogia, inquadrate attraverso l’approccio scientifico della psicologia dell’età evolutiva.

Sei anni dopo, nel 1907, fonda a Ixelles l’École de l’Hermitage – contemporanea, quindi, alla casa dei bambini di Maria Montessori) trasferendola poi a Uccle ai margini del bosco, per occuparsi integralmente dell’educazione dei bambini.

 

3. Il rinnovamento scolastico

Il suo spiccato interesse pedagogico, porta Decroly a ricercare un metodo didattico e un piano di studi che mettano bambini e ragazzi nelle condizioni di riconoscere i propri bisogni naturali e impadronirsi degli strumenti culturali capaci di soddisfarli in un rapporto positivo con l’ambiente.

Dal momento che dobbiamo preparare il fanciullo alla vita, è logico e ovvio istruirlo su ciò che la vita è. Ora, poiché la vita implica due elementi essenziali, l’essere che ne è dotato e l’ambiente che lo circonda, l’insegnamento dovrà articolarsi nelle due direzioni:

a) dello studio dell’essere vivente in genere e dell’uomo, in particolare;
b) dello studio della natura, ivi compreso il genere umano in quanto collettività e considerato come elemento dell’ambiente.

Da queste premesse, Decroly ricava una metodologia che lo inserisce a pieno titolo nella corrente dell’attivismo pedagogico.

 

3.1 L’interesse e l’unitarietà dell’esperienza scolastica

Secondo Decroly, il limite maggiore della scuola tradizionale risiede nel fatto che, pur dichiarando di voler preparare bambini e ragazzi alla vita, nella realtà le separa, al punto che le attività scolastiche perdono ogni contatto con i bisogni degli alunni e con l’unitarietà della loro esperienza quotidiana.

Nel 1908 scrive Una scuola per la vita attraverso la vita nel quale riferisce le esperienze didattiche dell’École de l’Hermitage, in cui sostiene che le attività educative devono:

a. aggregare i contenuti intorno a un interesse centrale (principio dell’unità);
b. adeguarsi ai livelli e alle caratteristiche psicologiche dei singoli alunni (principio dell’individualizzazione dell’insegnamento);
c. prevedere un insieme di conoscenze che consentano ai ragazzi di inserirsi positivamente nella vita (principio dell’adattamento all’ambiente);
d. promuove lo sviluppo integrale del bambino (principio dell’integralità dello sviluppo).

La psicologia del fanciullo e le esigenze della società esigono, quindi, il collegamento di tutti gli argomenti tra loro e l’individualizzazione dell’apprendimento, indispensabile per il successo scolastico del maggior numero possibile di ragazzi.

Ciò che è importante nella scuola, non è tanto che i ragazzi assimilino un certo numero di conoscenze, ma che ciò che fanno a scuola infonda loro il desiderio di conoscere e gli fornisca gli strumenti per apprendere. Ciò può accadere più facilmente se la scuola trasmette un sapere utile e aderente all’esperienza che i ragazzi vivono fuori di essa.

 

3.2 Il metodo Decroly

3.2.1 I problemi della scuola tradizionale

la scuola tradizionale esclude ed è essa stessa fattore di disadattamento

In Verso la scuola rinnovata (1927), riprendendo il suo metodo dei centri di interesse e il programma delle idee associate sperimentato nelle sue scuole, Decroly analizza la scuola pubblica belga, mostrando con dati statistici come solo il 15% dei ragazzi riesca a percorrere regolarmente il corso di studi obbligatorio, con conseguenze rilevanti per lo sviluppo affettivo e cognitivo dei singoli e per la collettività.

Alla luce di questi dati si deve affermare non solo che la scuola tradizionale non riesce a realizzare i propri fini istituzionali, ma è essa stessa fattore di disadattamento ed emarginazione.

Una buona parte di ragazzi, non solamente non trae che un vantaggio limitato dl passaggio alla scuola dal punto di vista delle acquisizioni indispensabili, ma subisce persino, sotto certi aspetti, un danno più o meno considerevole, rappresentato da cognizioni incomplete, e soprattutto da abitudini di distrazione, di disinteresse per l’attività intellettuale, di disgusto per lo studio, spesso di pigrizia, e ciò che è peggio ancora, di avversione per il lavoro in generale, senza contare i fermenti di ribellione, di scoraggiamento, che sono il risultato delle offese all’amor proprio e dei disinganno subiti nel corso della vita scolastica [Tratto da R. Tassi, Itinerari pedagogici, cit., p. 150].

Decroly non ignora l’importanza dei fattori di ordine familiare e socio-economico, ma è convinto che il rinnovamento della scuola possa essere un momento essenziale del cambiamento sociale.

il metodo tradizionale è fatto per insegnare ad adulti attraverso la parola, non a ragazzi attraverso il coinvolgimento e l’attività

Secondo Decroly, il limite più vistoso del metodo tradizionale è un insegnamento fondato sulla logica scientifica delle discipline e del sapere “adulto” che privilegia la parola del maestro a danno del coinvolgimento attivo degli allievi.

La scuola tradizionale è, infatti, separata dalla vita, ignara dell’evoluzione dei ragazzi e delle loro esigenze affettive e cognitive ed è del tutto distaccata dall’ambiente.

Questo approccio deve essere rovesciato, puntando ai bisogni dell’alunno, così da attivare un processo di apprendimento basato sulla motivazione e l’interesse personale e non percepito come estraneo e imposto dall’esterno.

Decroly individua quindi i bisogni originari di nutrimento, di difesa dalle intemperie e dai nemici, di collaborazione e ricreazione come punto di partenza del proprio metodo.

3.2.2 Il piano delle idee associate

I quattro bisogni essenziali individuati da Decroly costituiscono la struttura metodologica della sua proposta didattica per tutti i gradi d’istruzione, dalla scuola materna all’Università.

A questi bisogni si collegano i centri di interesse ai quali deve essere associato un programma di idee associate che provvede a collegare gli interessi con le diverse direzioni culturali che può prendere in riferimento all’ambiente vicino e lontano nelle due realtà naturale e sociale, da avvicinare attraverso esperienze attive e coinvolgenti capaci di stimolare lo sviluppo delle capacità d’espressione concreta (disegno e lavoro) e astratta (scritta e orale).

 

3.2.3 La funzione di globalizzazione

parte e tutto

Uno dei contributi più originali e influenti di Decroly è il principio di globalità o funzione di globalizzazione in base al quale la scuola, particolarmente la primaria, adegua il proprio metodo alle caratteristiche psicologiche dell’età evolutiva.

La scuola si sbarazza dell’idea empirista del bambino come tabula rasa

Con la sua introduzione, la scuola si libera dall’immagine empirista di un soggetto in apprendimento come tabula rasa e della conoscenza come  somma delle impressioni che il soggetto ricava dall’esperienza, collegata a una didattica che per tutto l’ottocento fino a Montessori si prefigge di andare dal semplice al complesso e dalla parte al tutto.

Decroly infatti osserva che:

ciò che è semplice per la psicologia empirista non lo è per il bambino: semplice per il bambino è il “tutto” la percezione in blocco di una totalità, o la espressione in blocco di un contenuto di esperienza.

L’attività intelligente, nel suo insieme, è analitico-sintetica, ma il bambino che muove i suoi primi passi nell’esperienza ha un approccio concreto e globale con essa che va, quindi, considerato e sfruttato per facilitare i processi di apprendimento.

L’intuizione di Decroly trova corrispondenza nelle ricerche sulla percezione condotte negli stessi anni dagli psicologi della forma dell’Istituto di Psicologia del’Università di Berlino, la cosiddetta Gestalt.

La percezione: storia e analisi del processo cognitivo

 

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