26 Gennaio, 2021

Jean Giono, L’uomo che piantava alberi

by gabriella
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Jean Giono (1895 – 1970)

Questo poetico racconto di Jean Giono, insiste sul legame che unisce le cose, di cui gli alberi e la cura del bene comune del vecchio Elzeard sono, rispettivamente, metafora e profonda comprensione. Sapienza e saggezza, conoscenza e dono, suggerisce l’autore, sono aspetti dello stesso modo di essere e di guardare alla vita. Con le parole di Nicolas Gomez Dávila:

«La vera sapienza, come il vero amore, sono uno stato, una maniera di essere, un atteggiamento, una situazione dell’anima, non sono né idee, né principi, né sistema» [Notas].

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Di seguito il testo del racconto nella versione italiana, suddiviso in cinque letture, con percorso facilitato per immagini, che sto usando in un laboratorio di italiano L2. Qui l’originale francese: L’homme qui plantait des arbres.

 

Prima lettura (2.300 battute)

Una quarantina circa di anni fa, stavo facendo una lunga camminata, tra cime assolutamente sconosciute ai turisti, in quella antica regione delle Alpi che penetra in Provenza.

Questa regione è delimitata a sudest e a sud dal corso medio della Durance, tra Sisteron e Mirabeau; a nord dal corso superiore della Drôme, dalla sorgente sino a Die; a ovest dalle pianure del Comtat Venaissin e i contrafforti del Monte Ventoux. Essa comprende tutta la parte settentrionale del dipartimento delle Basse Alpi, il sud della Drôme e una piccola enclave della Valchiusa.

lavanda selvatica

l’unica vegetazione che vi cresceva era la lavanda selvatica

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quel deserto, di lande nude e monotone, tra i 1200 e i 1300 mt di altitudine

Si trattava, quando intrapresi la mia lunga passeggiata in quel deserto, di lande nude e monotone, tra i milledue e i milletrecento metri di altitudine. L’unica vegetazione che vi cresceva era la lavanda selvatica.

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25 Gennaio, 2021

Métro parisien, Le regole del buon viaggiatore

by gabriella

La RATP, rete parigina dei trasporti pubblici, ha promosso sul proprio sito un dibattito tra gli utenti per la codifica del perfetto comportamento del viaggiatore urbano. L’iniziativa di RATP è partita dalla constatazione che ciò che si intende per «buona condotta» varia secondo le culture e le epoche, di qui la necessità di tastare il polso dell’aspettativa comportamentale (maggiormente) condivisa dell’utente di métro.

Il comitato di lettura ha così raccolto oltre duemila messaggi, a volte ironici o impertinenti, che hanno tratteggiato un manuale di savoir vivre piuttosto vintage, per constatazione dell’azienda stessa.

Alla fermata, sui binari

Regola n. 1: Essere cortesi

Essere cortesi oggi sui mezzi pubblici, significa comprendere che l’enorme sigaretta barrata sui binari non è un’opera d’arte contemporanea, ma un divieto di fumo.

 

règle 1

Regola 2: Essere servizievoli

Significa proporre il proprio aiuto alla persona in bermuda che ha in mano la carta del métro e tiene l’altra tra i capelli [se vi trovate in Place de la République provate: lo fanno davvero, anche se solo dai 40 anni in su].

Règle 2

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13 Novembre, 2020

Spunti di riflessione sul Covid

by gabriella

Nove mesi di propaganda Covid: strumentalizzazioni e cialtroneria

Il video di Svevo Moltrasio

 

Capire l’RT e la crescita esponenziale

La spiegazione del prof. Mercadante del Politecnico di Torino

 

Come funzionano i vaccini e le differenti metodologie

Come funzionano

20 Ottobre, 2020

Massimo Passerini, La crisi del Covid e le donne. Più colpite, ma anche più forti

by gabriella

L’articolo di Massimo Passerini è uscito martedì 20 ottobre su Avvenire ed è stato letto e commentato da Prima Pagina a Radiorai3.

Tra i tanti modi in cui la pandemia di Covid 19 ha impattato con le nostre vite, uno dei più evidenti riguarda la capacità del virus di accentuare le disuguaglianze e colpire dove persistono fattori di fragilità.

In questo l’emergenza sanitaria sembra un rilevatore dei punti deboli di una società, mostrando dove si dovrebbe intervenire per promuovere un contesto più equo, giusto e rispettoso della dignità di tutti. Lo si è visto all’inizio con gli anziani, più colpiti ed esposti di fronte a questo male. Lo si nota pensando ai danni subiti dai più piccoli e dalla generazione privata di opportunità educative, di relazione e di gioco. Lo si osserva guardando al mondo del lavoro e alle categorie meno protette, o alle famiglie con meno mezzi. E lo si vede anche mettendo a fuoco l’universo femminile.

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7 Ottobre, 2020

Umberto Galimberti, Professore, ma che me ne faccio di Dante? Analisi del testo ed esercitazione

by gabriella

DanteNel primo libro della Metafisica Aristotele risponde alla domanda sull’utilità della filosofia, evidenziando che non serve a nulla, ma «proprio perché priva del legame di servitù è il sapere più nobile» [Met, I, 2, 982b].

 

Lettera del Prof. D.

La prima lezione di letteratura per un insegnante di liceo è la più difficile. Lo è perché, nel tentativo di spiegare cos’è la letteratura, si troverà a rispondere alla domanda: “A cosa serve la letteratura?”, che puntualmente gli studenti gli porranno. Mi sono trovato a dover convincere i ragazzi che quello che avremmo letto e studiato tutto l’anno sarebbe servito a qualcosa, e con mille citazioni, più o meno colte, e più o meno adeguate, ho tentato pure di dire a cosa. Mi sono sentito spesso un pazzo, che scimmiottava qualche strampalato professore da film, e penso alla fine di non aver raggiunto il mio scopo. I ragazzi hanno sì apprezzato la prima lezione, ma già alla quarta o quinta il commento: “Ma cosa me ne faccio di Dante?” era trattenuto a stento. Lei come convincerebbe i giovani di oggi dell’importanza e dell’utilità della lettura? Cosa direbbe, o farebbe leggere loro? Perché i ragazzi chiedono l’utilità di ogni materia (“Che me ne faccio dell’analisi logica?”, “A che serve la storia?”), come se avesse senso studiare solo quello che immediatamente garantisce un tornaconto? Prof. D.

 

Risponde Umberto Galimberti

In un mondo dominato dall’utile, l’unica possibile liberazione è nell’inutile

Dal momento che vent’anni di televisione commerciale hanno fatto perdere ai nostri ragazzi qualsiasi interesse per la cultura, e dal momento che il denaro è diventato, soprattutto negli ultimi anni, il generatore simbolico di tutti i valori, è ovvio che, non capendo più che cosa è bello, che cosa è buono, che cosa è giusto, che cosa è sacro, i nostri ragazzi capiscano solo che cosa è utile.

E da questo punto di vista la letteratura è proprio inutile. Anche se ogni cosa è utile a qualcos’altro, e questo qualcos’altro è utile a qualcos’altro ancora, per cui se non si approda a qualcosa di inutile, tutte le catene di utilità diventano insignificanti e prive di senso.

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28 Settembre, 2020

Tema di scienze umane. La libertà ben regolata di Rousseau

by gabriella

Jean-Jacques Rousseau (1712 – 1778)

È molto strano che, da quando ci si occupa di educare fanciulli, non si sia immaginato altro strumento per guidarli che l’emulazione, la gelosia, l’invidia, la vanità, l’avidità, il vile timore, tutte le passioni più dannose, più pronte a fermentare e più adatte a corrompere l’anima anche prima che il corpo sia formato.

Ad ogni insegnamento precoce che si vuol far entrare nella loro testa, si pianta un vizio nel fondo del loro cuore; istitutori insensati pensano di fare meraviglie quando li rendono cattivi per insegnar loro cos’è la bontà; e poi ci dicono gravemente: «Tale è l’uomo». Si, tale è l’uomo che voi avete fatto.

Si son tentati tutti gli strumenti, fuorché uno, e precisamente il solo che può riuscire: la libertà ben regolata.

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25 Settembre, 2020

Cos’è la scienza

by gabriella

neuronsPer scienza intendiamo sia tutti i metodi logici, si­stematici che conducono alla conoscenza, sia il corpo effettivo di conoscenze prodotte da questi metodi.

Comunemente le scienze vengono distinte in due branche principali: le scienze naturali, che studiano i fenomeni fisici e biologici, e le scienze sociali, che studiano i vari aspetti del comportamento umano. Esi­stono importanti differenze tra le due branche, ma entrambe hanno lo stesso impegno in fatto di meto­do scientifico.

Tutte le scienze, naturali o sociali, partono dall’as­sunto che nell’universo esiste un qualche ordine sot­tostante. Gli avvenimenti, sia che riguardino le mo­lecole sia gli esseri umani, non sono casuali. Seguo­no un modello che è abbastanza regolare da permet­tere che su di essi si facciano delle generalizzazioni. Essi sono di importanza cruciale per la scienza perché ordinano avvenimenti apparentemente privi di significato in modelli che possiamo comprende­re. Diventa allora possibile analizzare i rapporti di causa ed effetto e spiegare così perché una cosa ac­cade e predire che, nelle stesse condizioni, accadrà ancora in futuro.

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21 Settembre, 2020

Oliver Sacks, Il paradosso creativo del deficit e della malattia

by gabriella

Antropologo su Marte

«Sono stato un essere senziente, un animale pensante di questo splendido pianeta, ed è stato un enorme privilegio e un’immensa avventura».

30 agosto 12015

Oliver Sacks è morto il 30 agosto 2015. Sotto un brano del suo Antropologo su Marte sul potenziale benefico dell’ipercompensazione – una dinamica psicologica di per sé non esente da rischi.

La circostanza da cui Sacks prende avvio, nella prefazione di Un antropologo su Marte [Milano, 1998], mi ha ricordato un’esperienza analoga di molti anni fa e la sottile soddisfazione nel constatare quali possibilità possano aprirsi a chi abbia deciso di sbucciarsi una mela pur avendo perso temporaneamente l’uso di un braccio.

Le osservazioni di questo clinico, così comuni ma anche così innovative in un ambito oggi incline al riduzionismo e al biologicismo delle neuroscienze, meritano di essere attentamente considerate dagli studiosi di psicologia.

L’immaginazione della natura è più ricca della nostra

Freeman Dyson

Sto scrivendo con la mano sinistra, sebbene io sia decisamente destrimane. Un mese fa sono stato operato alla spalla destra e a tutt’oggi non devo usare il braccio destro – né sarei capace di farlo. Scrivo in modo lento e goffo, ma ogni giorno che passa acquisto disinvoltura e naturalezza. E’ un continuo adattarmi a imparare a usare la sinistra: non solo per scrivere ma anche per fare molte altre cose. Per compensare il fatto di avere un braccio appeso al collo, sono diventato molto abile – prensile – con le dita dei piedi.

oliver-sacksSulle prime, quando mi immobilizzarono il braccio, per qualche giorno mi sentii sbilanciato; ma ora cammino in modo diverso e ho scoperto un nuovo equilibrio. Sto sviluppando modelli diversi, abitudini diverse ... un’identità diversa, si direbbe, almeno in questa sfera particolare.

Di sicuro, in alcuni dei miei programmi e dei circuiti del mio cervello stanno avvenendo dei cambiamenti: cambiamenti che alterano i pesi, le connessioni e i segnali sinaptici, ma i nostri metodi di visualizzazione dell’attività cerebrale sono ancora troppo grossolani per poterli mostrare.

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10 Settembre, 2020

Albert Camus, Il manifesto del libero giornalismo (Les quatre commandements du journaliste libre)

by gabriella

Poco più di anno fa Le Monde pubblicò Il manifesto censurato di Camus, scritto il 25 novembre 1939 per Le Soir Républicain e mai pubblicato, ritrovato da una ricercatrice presso gli Archives nationales d’outre-mer, ad Aix-en-Provence.

Nell’articolo lo scrittore indicava la lucidità, l’indipendenza, l’ironia e l’ostinazione come «i quattro comandamenti del giornalista libero», spingendosi fino ad indicare le modalità della scelta di ciascuno, prima ancora che della collettività, di costituirsi come uomo libero. In questo messaggio, la cui conclusione è posta come incipit, è l’appello di Camus a costruire un mondo nuovo attraverso il compito, ambizioso e modesto ad un tempo, di formare spiriti capaci di giustizia e generosità. Più del messaggio, colpisce, leggendolo, il fatto che riesca a dircelo senza un filo di retorica. Di seguito il testo, con traduzione mia.

Qui, invece il saggio dedicato a Camus da Paolo Flores d’Arcais e distribuito in CC da Micromega il 7 novembre 2013, nel centenario della nascita.

 

«Nessuno vuole ricominciare tra venticinque anni la doppia esperienza del 1914 e del 1939. Bisogna dunque sperimentare un metodo ancora tutto nuovo che sarà la giustizia e la generosità. Ma queste non si esprimono che nei cuori già liberi e negli spiriti che vedono ancora chiaramente. Formare questi cuori e questi spiriti, risvegliarli piuttosto, è il compito ad un tempo modesto e ambizioso che spetta all’uomo indipendente. Bisogna attenervisi senza guardare più avanti. La storia terrà o non terrà conto di questi sforzi. Ma saranno stati compiuti».

Albert Camus

Il est difficile aujourd’hui d’évoquer la liberté de la presse sans être taxé d’extravagance, accusé d’être Mata-Hari, de se voir convaincre d’être le neveu de Staline. Pourtant cette liberté parmi d’autres n’est qu’un des visages de la liberté tout court et l’on comprendra notre obstination à la défendre si l’on veut bien admettre qu’il n’y a point d’autre façon de gagner réellement la guerre.

E’ difficile oggi evocare la libertà di stampa senza essere tacciato di stravaganza, accusato d’essere una spia o il nipote di Stalin.  Ciononostante questa libertà, tra le altre, non è che uno dei volti della libertà come tale e si comprenderà la nostra ostinazione nel difenderla se si vuole ammettere che non c’è altro modo di vincere davvero questa guerra.

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10 Settembre, 2020

Albert Camus, La crisi dell’uomo

by gabriella

In occasione della traduzione italiana – anticipata da Lo Straniero n. 4 nel 1988 – dei discorsi tenuti tra il 1937 e il 1958 a cura di Bompiani [Le conferenze e i discorsi di Albert Camus, Bompiani 2020], Pagina 3 ha letto il brano seguente.

La comunicazione è ciò che oggi dobbiamo tenere vivo per difenderci dall’omicidio. Per questo, ora lo sappiamo, dobbiamo lottare contro l’ingiustizia, contro l’oppressione, contro il terrore, perché sono questi tre flagelli a far regnare il silenzio tra gli uomini e alzare tra di loro barriere. Abbiamo passato una lunga notte, adesso sappiamo cosa fare di fronte al mondo dilaniato dalla crisi. Ma che cosa dobbiamo fare?

1. Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome e renderci conto che uccidiamo milioni di uomini ogni volta che accettiamo di pensare certi pensieri: un uomo non pensa male perché è un assassino, è un assassino perché pensa male. Perciò si può essere un assassino senza apparentemente avere mai ucciso ed è così che siamo più o meno tutti degli assassini. La prima cosa è quindi il rifiuto puro e semplice con i pensieri e con l’azione di qualunque pensiero realista e fatalista.

  1. La seconda cosa da fare è decongestionare il mondo dal terrore che vi regna e che impedisce di pensare bene. E poiché ho sentito che proprio in questa città (New York) si tiene una sessione importante delle Nazioni Unite, potremmo suggerirle che il primo testo importante scritto da questa organizzazione mondiale proclami solennemente dopo il processo di Norimberga la soppressione universale della pena di morte.

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