7 Aprile, 2018

Kant, l’educazione come umanizzazione

by gabriella
Immanuel Kant (1804)

Immanuel Kant (1724 – 1804)

Le dispense utilizzate da Kant nel suo insegnamento quasi decennale di pedagogia all’Università di Könisberg, furono pubblicate un anno prima della sua morte a cura dell’allievo Friedrich Theodor Rink.

Il fatto che Kant non si sia preso cura di pubblicarle durante la sua attività, potrebbe indurci a credere che la riflessione sull’educazione abbia un ruolo marginale nella sua opera. Ma, l’intero suo pensiero filosofico, al contrario, può essere considerato l’indicazione di un percorso di autoeducazione della ragione.

 

Indice

1. L’autoeducazione della ragione nell’opera di Kant

1.1 Libertà e natura umana
1.2 L’autonomia della ragione nel sapere aude

 

 2. L’educazione come umanizzazione

2.1 La formazione della personalità: dall’anomia all’autonomia
2.2 L’anomia nel bambino e il disciplinamento
2.3 L’eteronomia nel fanciullo e l’interiorizzazione della norma
2.4 La conquista dell’autonomia

3. L’etica kantiana nella filosofia contemporanea

3.1 Dall’interiorizzazione di un modello condiviso alla scoperta della morale universale
3.2 Dalla natura, comunità o Dio alla morale razionale

1. L’autoeducazione della ragione nell’opera di Kant

La ragione si sottomette solo ed esclusivamente alla legge che essa stessa si dà.
[Pensare, significa quindi] cercare in se stessi [non nell’io, ma nella ragione, NDR.] la pietra ultima di paragone della verità.

Non bisogna insegnare pensieri, ma insegnare a pensare.

Che cosa significa orientarsi nel pensare?, 1786

 

Nel suo complesso, l’opera kantiana può essere considerata un percorso di autoeducazione della ragione. 

Nella Critica della ragion pura (1781), infatti, la ragione si rivolge a se stessa per garantirsi della possibilità di conoscere e sapere entro quali limiti [vedi il tribunale della ragione pura (4)], ma può farlo solo dopo aver rinunciato alle proprie illusioni, cioè dopo aver chiarito a se stessa il funzionamento delle proprie facoltà e la natura delle proprie eccessive pretese [vedi la Dialettica trascendentale (10)].

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7 Aprile, 2018

Guglielmo Forges Davanzati, L’economia è una scienza esatta?

by gabriella

T.I.N.A., lo slogan ideologico neoliberale

Un utile articolo sul presente dell’economia e sull’elisione dell’aggettivo «politica» che negli ultimi trent’anni ha trasferito ideologicamente questo sapere dal campo delle scienze umane a quello delle scienze esatte. Tratto da Micromega.it.

In un recente articolo sul blog lavoce.info, il prof. Guido Tabellini, ex Rettore dell’Università Bocconi, propone un’entusiastica recensione di un libro di due autori francesi – Pierre Cahuc e André Zylbrerger, un vero best seller – sul c.d. “negazionismo economico”. La tesi di fondo è che

la conoscenza economica ha ora solide basi empiriche e le sue prescrizioni sono diventate più affidabili” e ciò nonostante “questi progressi sono spesso ignorati al di fuori della disciplina, con la conseguenza che il dibattito di politica economica è di frequente viziato da pregiudizi ideologici.

È evidente il presupposto dal quale Cahuc, Zylberger e e il prof. Tabellini partono: l’Economia è una scienza esatta, esiste un’unica ‘verità in Economia alla quale si arriva mediante un processo di continua e progressiva eliminazione di errori, l’Economia è una scienza sperimentale il cui statuto metodologico è (o deve tendere a) quello delle scienze della natura.

Non è una tesi nuova e le obiezioni rivolte a questo modo di concepire l’Economia sono state e sono molteplici.

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5 Aprile, 2018

La tattica del genio distratto

by gabriella

Dalla distrazione arrogante all’incompetenza strategica all’egocentrismo contemporaneo: l’evoluzione dello stereotipo del genio distratto nello spassoso reportage del filosofo canadese Joseph Heath. Tratto da Internazionale del 3 aprile 2018.

“Lavoro con molti esempi dello stereotipo del professore distratto”,

scriveva tempo fa il filosofo di Toronto Joseph Heath sul blog canadese In due course. Un ex collega, ricordava,

“un venerdì sera mi ha chiamato per chiedermi perché non ero ancora a casa sua. Sua moglie gli aveva affidato il compito di fare gli inviti per la cena, lui se n’era dimenticato e poi si era dimenticato di essersene dimenticato”.

Gli accademici tra i miei lettori capiranno sicuramente di che cosa sto parlando, ma anche tutti gli altri, perché è uno stereotipo che risale a migliaia di anni fa: si racconta che l’astronomo dell’antica Grecia Talete, un giorno cadde in un pozzo perché camminava guardando le stelle. Quelli che hanno sempre la testa tra le nuvole dovrebbero tenerlo presente, ma anche quelli che camminano mentre mandano messaggi dal telefono.

A rendere particolarmente fastidiosa questo tipo di smemoratezza è che non dovrebbe neanche darci fastidio: il professore distratto può non presentarsi a un appuntamento o dimenticare che vi deve dei soldi, ma il mondo

“la trova una cosa adorabile e forse anche un segno di genialità”.

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3 Aprile, 2018

Gianfranco Marini, Le fallacie argomentative: comprendere e riconoscere i ragionamenti non validi

by gabriella

Esaminando il sito argomentare.it, e la raccolta di fallacie del progetto Linux Nizkor.org, tradotto da Matteo dell’AmicoGianfranco Marini ha raccolto e organizzato un materiale completo e interessante sulle fallacie argomentative, difetti strutturali del ragionamento capaci di ingannare, inducendo false conclusioni.

Si tratta, come osserva il curatore, di un buon contributo alla diffusione del pensiero critico e argomentativo e una interessante risorsa didattica per l’educazione al ragionamento.

 

Indice

1. L’età della post-verità

1.1 Non solo fake news ma anche fake argument

 

2. L’argomentazione e le fallacie argomentative

2.1 I 41 tipi di fallacie


3.
Una classificazione delle fallacie
4. Uno schema di classificazione delle fallacie

 

1. L’età della post verità

William Hogarth, False Perspective 1753

Molti ritengono che l’attuale ecosistema dell’informazione sia strutturalmente contraddistinto dal fenomeno della post-verità che consiste in un modo di rapportarsi alle informazioni e  notizie senza che venga presa in considerazione la loro verità o falsità; queste sarebbero percepite su basi emotive – acritiche, senza porsi il problema della loro attendibilità e oggettività.

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3 Aprile, 2018

Luoghi comuni: la struttura delle credenze

by gabriella

I luoghi comuni sono idee generali, valori, giudizi condivisi spesso inconsapevolmente dall’uditorio, la cui ovvietà tende a occultare l’influenza dei valori che contengono.

I luoghi sono infatti, l’articolazione di base del tessuto di credenze di una comunità di parlanti. Rielaborato a partire da argomentare.it..

Il luogo comune è quindi un asserto che non serve quasi mai citare, che si nasconde negli entimemi, che si tralascia perché scontato o, viceversa, si enfatizza senza argomentarlo quando sembra che qualcuno lo neghi.

Per questo, è il posto migliore in cui stabilizzare le credenze fondanti una comunità di parlanti.

 

Indice

1. Alcune definizioni
2. Una classificazione dei luoghi

2.1 Luoghi della coerenza
2.2 Luoghi dell’ideale
2.3 Luoghi dell’esistente
2.4 Luoghi dell’ordine
2.5 Luoghi della persona

 

1. Alcune definizioni

Cicerone (106 – 43 a. C.)

Come trovare ciò che è stato nascosto diventa facile una volta indicato e segnalato il posto, così, se vogliamo investigare qualche argomento, dobbiamo conoscere i “luoghi”; così infatti sono chiamate da Aristotele quelle basi, per così dire, dalle quali vengono tratti gli argomenti. Dunque si può stabilire che il luogo è la base dell’argomento e che l’argomento è invece la prova che garantisce un tema su cui si è in dubbio.” Cicerone, Topica, 44.a.C.

Roland Barthes (1915 – 1980)

I luoghi retorici sono i punti da cui sorge la possibilità di un argomento, le fonti da cui va scaturendo un argomento” R. Barthes, Luogo comune, Enciclopedia Einaudi, v. VIII p.572

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1 Aprile, 2018

La condizione senile e i suoi stereotipi

by gabriella

30 Marzo, 2018

Michel de Montaigne, Dell’educazione dei fanciulli

by gabriella

michel-de-montaigne

Michel Eyquem de Montaigne (1533 – 1592)

L’occasione di parlare di educazione viene a Montaigne dalla prima maternità dell’aristocratica Charlotte Diane de Foix, Contessa de Gurson, alla quale si rivolge idealmente nel capitolo ventisei del «primo libro degli Essais (1580).

Dopo aver indugiato sulla propria formazione che, a suo giudizio, gli ha dato i rudimenti di tutti i saperi senza aver coltivato in lui vera conoscenza, Montaigne esprime la propria opinione sulla «maggiore e più grave difficoltà della scienza umana», quella pedagogica, considerando la quale è bene scegliere per il proprio figlio «un precettore che abbia piuttosto la testa ben fatta che ben piena».

Una guida di questo tipo, capace di sacrificare i saperi che servono solo da ornamento di una scienza pedante, saprà portare l’allievo a conoscere l’umanità e se stesso, «a saper ben morire e ben vivere» scegliendo tra le arti liberali, quella «che ci fa liberi».

Ad una filosofia grottesca e sfigurata, Montaigne risponde che «il vero specchio dei nostri ragionamenti è il corso della nostra vita», e che «non c’è che da assecondare il desiderio e l’amore, altrimenti non si fanno che asini carichi di libri». La scienza, infatti, non va portata con sé, «bisogna sposarla».

Ho riletto il testo basandomi sull’edizione Bompiani del 2012 [pp. 261-323] rivista in qualche passaggio a partire dall’originale francese [pp. 79-97].

Comunque sia, voglio dire, e quali che siano queste sciocchezze, non ho deciso di tenerle nascoste, non più di un ritratto di me calvo e incanutito dove il pittore avesse messo non un volto perfetto, ma il mio. Perché, allo stesso modo, ci sono qui i miei umori e le mie opinioni. Le do come cose che credo io, non come cose che si debbano credere. Qui miro soltanto a scoprire me stesso, e sarò forse diverso domani, se una nuova esperienza mi avrà mutato.

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29 Marzo, 2018

Diego Angelo Bertozzi, Il primo maggio durante il fascismo

by gabriella

Il 19 aprile del 1923 Mussolini, dall’ottobre a capo di un governo di coalizione tra forze cosiddette nazionali, annuncia:

il giorno 21 aprile dedicato alla memoria della fondazione di Roma sarà celebrata in tutto il Regno d’Italia la Festa Nazionale del lavoro e saranno passati in rassegna i reparti della Milizia volontaria” [1]. Il capo del governo giustifica così la decisione alla Camera dei Deputati: “La grande guerra, che ha valorizzato ogni manifestazione di attività, ha sviluppato anche in tutte le classi una più profonda coscienza delle energie e del lavoro individuale. Celebrare, in un giorno all’anno, queste energie e questo lavoro è sprone ad una più fervida, proficua attività collettiva e nazionale; ed è bene che ciò sia formalmente riconosciuto in una legge dello Stato. E perché la celebrazione si ricongiunga ai ricordi della nostra storia e del genio della stirpe, il Governo ha voluto farla coincidere con la data del 21 aprile: la fondazione di Roma, data immortale da cui ha inizio il lungo, faticoso, glorioso cammino dell’Italia.

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27 Marzo, 2018

Cosa significa senziente?

by gabriella

Forse questo?

O questo?

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27 Marzo, 2018

Felice Cimatti, Filosofia dell’animalità

by gabriella

orang-outanIn occasione dell’uscita del suo nuovo libro, Filosofia dell’animalità [Laterza, 2013], Asinus Novus ha intervistato Felice Cimatti sul suo persorso di ricerca e sulle implicazioni che il tema dell’animalità ha per la filosofia.

Il tuo interesse per il tema della natura non-umana risale ormai a molti anni fa. Ricordo i tuoi studi importanti sulla zoosemiotica e un’opera importante come La scimmia che si parla in cui hai provato a trarre un primo bilancio sul nostro rapporto con l’animalità, la questione spinosa della “specificità” dell’umano ecc. Puoi dirci che posto occupa questo libro nel percorso della tua ricerca?

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