I quindicenni europei in condizione socio-economica di svantaggio riescono ancora a superarlo a scuola per ottenere il livello medio di cultura necessario a una buona posizione nel lavoro?
E se si, quanti ci riescono e come? Lo studio OCSE 2011 sulla resilienza scolastica, che ha preso in esame i risultati in scienze (ma l’osservazione è estendibile al profitto scolastico in generale) evidenzia che gli ingredienti dell’inclusione sono due: maggiore tempo scuola e fiducia nelle proprie capacità.
Quanti
▪ Tra i paesi OCSE, il 31% degli studenti in condizioni socio-economiche svantaggiate sono “resilienti”, ovvero ottengono i risultati migliori tra tutti gli studenti con background simili a livello internazionale.
▪ Una differenza fondamentale tra studenti svantaggiati che sono resilienti e quelli che non lo sono è che i resilienti fruiscono di un maggior numero di ore curricolari.
▪ I risultati di PISA mostrano che più gli studenti hanno sicurezza di sé e sono motivati, maggiori sono le possibilità che siano resilienti.
Gli studenti socio-economicamente svantaggiati sono condannati a perpetuare un ciclo intergenerazionale caratterizzato da scarsi risultati accademici, prospettive di lavoro scadenti e povertà? Non se frequentano scuole che offrono loro un maggior numero di ore curricolari.
Gli studenti resilienti nelle indagini PISA 2006 e 2009 hanno ottenuto alti livelli nei risultati, nonostante provenissero da condizioni svantaggiate. Hanno superato le condizioni a loro avverse per ottenere risultati superiori a quelli di studenti con condizioni socio-economiche simili alle loro e si sono collocati nel quarto superiore di tutti gli studenti a livello internazionale.
Nell’indagine PISA 2009, quasi un terzo degli studenti svantaggiati tra i paesi OCSE è stato identificato come “resiliente”.
Di fatto, sono risultati resilienti la maggior parte degli studenti con condizioni di partenza sfavorevoli in Corea e nelle economie partner di Hong-Kong, Macao-Cina e Shangai-Cina e oltre il 35% in Canada, Finlandia, Giappone, Nuova Zelanda, Polonia, Portogallo, Spagna, nei paesi partner Liechtenstein e Singapore e TaipeiCina.
La ricetta dell’inclusione: due ingredienti
Più tempo a scuola
I risultati di PISA 2006, ciclo nel quale la literacy in scienze era ambito principale, hanno mostrato che una grande percentuale di studenti svantaggiati non hanno nemmeno raggiunto il livello base di competenza in scienze. Questi studenti rischiano di terminare la scuola senza aver acquisito le abilità e le competenze necessarie per essere pienamente partecipi della società e continuare ad apprendere per tutta la vita.
Quindi, cosa aiuta gli studenti a superare i limiti del loro status sociale e a raggiungere risultati elevati a scuola? Un elemento associato alla resilienza è il trascorrere un maggior numero di ore in classe. Dalle analisi dei risultati di PISA 2006 emerge che gli studenti svantaggiati fruiscono di un minor numero di ore di scienze a scuola rispetto ai loro coetanei più avvantaggiati. Mentre gli studenti relativamente avvantaggiati fanno più di tre ore di lezione di scienze a settimana, gli studenti svantaggiati ne fanno 2 e mezza. Tra gli studenti svantaggiati, il numero di ore di lezione a scuola è uno dei predittori più forti per identificare quali studenti riusciranno a superare i loro pari (sic!). Sostanzialmente, in tutti i paesi OCSE e in tutti i paesi ed economie partner, lo studente resiliente medio fa più ore di scienze a scuola – in media, tra una o due ore in più a settimana – rispetto allo studente medio svantaggiato che ottiene bassi risultati di profitto. Ad esempio, in Francia, Germania e Paesi Bassi, gli studenti resilienti fanno almeno un’ora e 45 minuti in più di scienze a settimana rispetto a quelle di cui fruiscono gli studenti con condizioni socioeconomiche simili che si attestano su livelli bassi della scala di competenza.
Motivazione e sicurezza di sé
Sembra ci sia un secondo fattore associato all’essere resilienti: la fiducia degli studenti nelle proprie abilità scolastiche. I risultati di PISA mostrano
che maggiore è il senso di sicurezza di sè degli studenti, maggiori sono le probabilità che siano resilienti. I dati di PISA 2006 ci dicono che più del 50% degli studenti resilienti nei paesi OCSE è convinto di imparare con facilità gli argomenti più complessi delle materie scientifiche, mentre solo il 40% degli studenti svantaggiati che ottengono risultati più bassi sulla scala pensa la stessa cosa. Circa il 75% degli studenti resilienti è convinto di poter rispondere correttamente alle domande di un test di scienze, mentre questa convinzione è condivisa da solo il 50% circa degli studenti svantaggiati che ottengono scarsi risultati.
In molti paesi, anche la motivazione, e in particolare quella che proviene da una pulsione interna e personale, piuttosto che quella indotta da uno stimolo esterno – come ad esempio la prospettiva di un lavoro sicuro o di uno stipendio – è associata alla resilienza, ma questa relazione è più debole.
Questi risultati fanno pensare che le scuole possano giocare un ruolo importante nel promuovere la resilienza. Esse potrebbero iniziare con il fornire agli studenti svantaggiati maggiori opportunità di apprendimento in classe, sviluppando attività, esercizi in classe e metodi didattici che incoraggino l’apprendimento e favoriscano la motivazione e la sicurezza di sé di questi studenti. Ad esempio, è stato rilevato che programmi di mentoring di alta qualità sono particolarmente vantaggiosi; è importante che queste attività coinvolgano soprattutto gli studenti svantaggiati, poiché sono quelli che hanno meno probabilità di ricevere questo tipo di aiuto altrove.
In conclusione, gli studenti svantaggiati possono, e spesso riescono, a sconfiggere le condizioni avverse se viene data loro l’opportunità di farlo. Questo comprende l’offrire a questi studenti eque opportunità di apprendimento e
promuovere la loro motivazione e sicurezza di sé in modo da realizzare il loro potenziale.
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