Roberto Lolli, Elogio dei sofisti

by gabriella

sofistiContro i Sofisti

Il movimento dei pensatori Sofisti ha goduto sempre di pessima fama, tanto che i termini oggi in uso nella lingua italiana derivati da questa denominazione sono perlopiù connotati negativamente e, comunque, indicano un’alterazione rispetto alla verità (sofisma, sofisticato, sofisticazione…). In realtà, la parola ‘sofisti’ per i greci significava ‘sapienti’, ma questo termine, alla luce dell’ironica professione di ignoranza formulata da Socrate, per gli avversari assumeva esattamente il significato opposto. Come noto, fu soprattutto Platone a scatenare contro di loro tutta la potenza di fuoco dei suoi scritti, accusandoli di essere depositari di un sapere vuoto, prostituti del pensiero, seguaci dell’opinione (dòxa). In breve, agli occhi di Platone, un sofista è tutto ciò che è contrapposto al vero filosofo, al cercatore di sapere.

Il giudizio di Aristotele è meno drastico, in quanto lo Stagirita, se contrasta la critica dei Sofisti alla possibilità di fondare un sapere scientifico, almeno riconosce loro il merito di avere individuato e teorizzato le regole di una retorica razionale, fondata su argomentazioni razionali e non sul sentimentale appello alle viscere. La retorica dei sofisti, per Aristotele, possiede un legittimo spazio di applicazione in quei campi – il tribunale, le assemblee politiche – dove la verità non è semplice da accertare e le opinioni che esprimono legittimi interessi contrapposti hanno pieno diritto di cittadinanza.

Attaccati ferocemente da Platone e, sia pure più blandamente, da Aristotele, i sofisti non entrarono a far parte del canone degli studi dei filosofi successivi e non passarono il vaglio dei copisti medievali, apparendo incompatibili con le esigenze del monoteismo, che non può sussistere se non in uno spazio di pensiero imperniato sul ruolo centrale e imprescindibile della nozione di Verità.

A favore dei Sofisti

La rivalutazione dei sofisti in epoca moderna è dovuta a Hegel e alla sua simpatia nei confronti di tutte le posizioni di pensiero che potessero servirgli a identificare la cosiddetta “potenza del negativo”, ossia che adempissero la funzione di contrastare una precedente tesi “forte”, mostrandone la debolezza e l’inconsistenza. Così, per Hegel, alla pretesa ontologicamente forte dell’eleatismo si contrappone dialetticamente la negazione della metafisica a favore della discussione sull’uomo e sulla polis da parte dei sofisti. Ciò consente al cammino dello Spirito di procedere verso nuove sintesi attraverso pensieri di più alto profilo come quelli di Platone e Aristotele la confutazione delle cui tesi, più avanti, spetterà allo scetticismo, in qualche misura prefigurato dai Sofisti.

Un altro difensore ottocentesco dei Sofisti è Friedrich Nietzsche, il quale vede in loro dei precorritori del prospettivismo e, per questo, tende a difenderli dalla cultura socratico-platonica, che sappiamo essere, per il filosofo di Röcken, l’origine della morte della tragedia e della risentita, nichilistica negazione della complessità dionisiaca dell’esistenza.

In Italia, a riconoscere il valore fondamentale dei sofisti, anzi a riconoscere che in essi si trovi la più alta espressione del senso tragico dell’esistenza, è Mario Untersteiner (1899-1981) autore di un saggio tuttora considerato di valore mondiale (I Sofisti, 1949 ampliato nel 1967).

L’insegnamento previo compenso

I Sofisti sono imprescindibili per molte ragioni. Prima di tutto, essi introducono l’insegnamento a pagamento che Platone tanto disprezza. Attraverso l’insegnamento previo compenso, però, avviene un ampliamento della sfera della partecipazione democratica nella città di Atene. Prima di loro, infatti, la paideia, la cultura necessaria per la formazione individuale e per fornire gli strumenti per partecipare in prima persona all’agone politico, era riservata all’aristocrazia, che la deteneva in esclusivo appannaggio all’interno di un ‘cerchio chiuso’ costituito dai propri rampolli ed, eventualmente, da qualche giovane promettente, cooptato fuori casta all’interno di una relazione amante-amato – del quale si parla nel Simposio – che, forse, non scandalizzava i Greci, ma che sicuramente ai nostri occhi appare equivoca e che lo stesso Aristotele criticava.

Con i Sofisti, invece, chiunque possa pagare le lezioni può accedere al sapere e, con esso, al potere che ne consegue. Platone, nostalgico dei privilegi dell’aristocrazia storica o innamorato della propria Kallipolis, la Città dei Filosofi, vede in Protagora, Gorgia e compagni i colpevoli della degenerazione di Atene: sono stati loro ad aprire la strada a mercanti, bottegai e altri nuovi ricchi, e costoro hanno votato per la condanna di Socrate, il vero sapiente.

L’uomo è misura di tutte le cose

Un secondo motivo per apprezzare il contributo dei Sofisti sta nella loro scelta di avere trasferito l’interesse della riflessione filosofica dalla natura e dalla metafisica allo spazio della politica e all’antropologia.

L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, di quelle che non sono in quanto non sono”: la celeberrima frase di Protagora sintetizza il trasferimento dell’orizzonte del pensiero filosofico nell’ambito di ciò che concerne l’uomo. Platone nel Teeteto (26-27) ironizza su questo punto: “Ma io guardo stupefatto l’inizio del suo discorso, perché non ha sostenuto dando inizio al suo lavoro sulla Verità, che di tutte le cose misura è il maiale o il cinocefalo, o qualche essere ancora più strano tra quelli capaci di sensazione”. Platone intuisce il pericolo rappresentato dal relativismo e lo attacca attraverso una delle più antiche strategie argomentative: la banalizzazione. Nel relativismo, al contrario, non vi è nulla di banale e proprio ai Sofisti dobbiamo la prima formulazione di questo approccio filosofico: in una società complessa, quale quella in cui vivevano gli Ateniesi al tempo delle guerre del Peloponneso – non meno di quella in cui viviamo noi oggi – la capacità di riconoscere le ragioni altrui e il modo in cui l’altro, anch’egli portatore di interessi legittimamente diversi, si rappresenta la realtà, costituisce una dote fondamentale per chi non voglia ripararsi dietro i pregiudizi, gli stereotipi e le ideologie. La cui prima funzione, come dice Hannah Arendt, è di proteggerci dall’obbligo di doverci occupare in prima persona della realtà.

La potenza del discorso

Una terza ragione per studiare con attenzione i Sofisti è che a loro si deve la scoperta della potenza comunicativa del Discorso. Esempio lampante è L’Encomio di Elena di Gorgia: qui il filosofo di Lentini si esercita in un’immaginaria orazione per difendere Elena, la donna più vituperata della Grecia, rea di avere causato la guerra di Troia tradendo Menelao e fuggendo con Paride. Ma fu veramente colpevole? Se scappò per volere di una dea certo era innocente: chi è una mortale per resistere a una divinità? Se venne confusa dall’Amore anche in questo caso va dichiarata innocente: Eros, forza irresistibile, confonde le menti. Se venne rapita con la forza da Paride anche in questo caso nulla deve essere imputato a una donna, tanto più debole fisicamente. Se, infine, essa è stata semplicemente persuasa dalle parole di Paride, ebbene anche in questo caso Elena sarebbe innocente, poiché il Discorso è un potente signore: spinge gli uomini a morire in guerra, a spostare montagne, a compiere grandi imprese.

Se pensiamo a quanti effetti ogni giorno sui mercati finanziari, nella politica, nella diplomazia sono causati da una parola giusta o da una parola sbagliata, da un o un no, non possiamo non riconoscere la straordinaria attualità dell’approccio razionale dei sofisti nel decodificare la complessità della condizione umana.

Bibliografia

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