I risultati del più recente studio socio-giuridico sui rapimenti di minori da parte di rom, in un estratto della relazione tenuta da Sabina Tosi (UniFi) al Convegno Internazionale La condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia [Università Milano-Bicocca, 16-18 giugno 2010]. L’inchiesta, che ha esaminato tutti i casi di cronaca dal 1986 al 2007 (quaranta casi in tutto) ha evidenziato come al racconto del tentato rapimento non fosse associato alcun reale rapimento, oltre ad una serie di costanti, come l’assenza di testimoni, e una comunicazione scorretta da parte dei media. L’autrice ha pubblicato lo studio nel 2007 per l’editore CISU, con il titolo La zingara rapitrice. Racconti, denunce, sentenze (1986-2007).
Introduzione
Questo contributo presenta alcuni risultati della ricerca da me condotta sui (presunti) rapimenti di bambini non rom da parte di rom e sinti in Italia1: uno studio condotto in parallelo con quello di Carlotta Saletti Salza volto a verificare quanti bambini figli di rom o sinti siano stati dati in affidamento e/o adozione dai Tribunali per i Minori italiani a famiglie gagé. La ricerca ha coperto gli anni dal 1986 al 2007, i casi sono stati individuati e analizzati partendo dall’archivio Ansa (notizie nazionali e locali) e arrivando alla consultazione dei fascicoli dei Tribunali. L’analisi ha, quindi, preso in considerazione ventinove casi, oltre undici di sparizione di minori (dunque, 40 in tutto), sui quali è da subito opportuno indicare il risultato principale della ricerca, e cioè che non esiste nessun caso in cui sia avvenuta una sottrazione del bambino: nessun esito, infatti, corrisponde ad una sottrazione dell’infante effettivamente avvenuta, ma si è sempre di fronte ad un tentato rapimento, o meglio, ad un racconto di un tentato rapimento. La consultazione
dell’archivio ci ha dato modo di arrivare ad un corpus di notizie che ho studiato sincronicamente e diacronicamente. Alla confusione che generano i media al momento della denuncia del fatto, dando come provato e “vero” il tentato rapimento, se non vi è un arresto non corrisponde quasi mai la notizia dell’esito dell’azione delle Forze dell’ordine. Nei pochi casi in cui questo accade, la notizia non è per comunicare che i rom non c’entrano niente, ma è perché l’esito scioglie in sé altri eventi: truffe, fatti drammatici, situazioni che suscitano ilarità.
In maniera random si è cercato anche di verificare se per i casi in cui era stata sporta denuncia, ma in cui i presunti rapitori si erano dati alla fuga, le indagini avessero risolto la vicenda in qualche modo: si tratta di un ulteriore accertamento rispetto al fatto che se non c’è stata più nessuna notizia in merito questo ci può far dire che non si era poi svolto nessun arresto. D’altra parte – come dicevamo e come alcuni casi dimostrano – laddove le Forze dell’ordine tramite le proprie indagini verificano che è stato solo un equivoco, una percezione errata della situazione, la stampa ne dà poca o nessuna notizia. La comparazione dei casi ha aperto a strade particolarmente significative, attraverso le quali si sono potuti individuare gli elementi cardine dei racconti dei tentati rapimenti, che sono pochi e si ripetono come un frame, un canovaccio concettuale con poche varianti: ad esempio, nella grande maggioranza, si tratta di ‘donne contro donne’ ossia è la madre ad accusare una donna rom di aver tentato di prendere il bambino; non ci sono testimoni del fatto, tranne i diretti interessati; gli eventi accadono spesso in luoghi affollati come mercati o vie commerciali; nessuno interviene in soccorso della madre; non di rado appare la paura che vi sia uno ‘scopo oscuro del rapimento’ per cui la presenza di alcuni mezzi e persone nelle vicinanze vengono interpretate dalle madri (o da altre figure) come complici della zingara (ma i controlli lo smentiscono regolarmente).
Dopo la comparazione dei casi, ho esaminato i fascicoli giudiziari dei casi per i quali erano state aperte la procedura e l’azione penale. Durante la ricerca, inoltre, ho intervistato alcuni avvocati e Pubblici Ministeri, e seguito i dibattimenti dei casi di Lecco e di Firenze. Su 29 casi di presunto tentato rapimento, solo 6 hanno portato all’apertura del procedimento e dell’azione penale: Desenzano del Garda (Brescia), 1996; Castelvolturno (Caserta), 1997; Minturno (Latina), 1997; Roma 2001; Lecco 2005; Firenze 2005: a questa lista potremmo ora aggiungere anche il caso di Ponticelli (Napoli). Le sentenze sono state differenti: sentenza di colpevolezza per tentato sequestro di persona (art. 56 c.p. e art. 605 c.p.), sentenza di colpevolezza per tentata sottrazione di persone incapaci (art. 56 c.p. e art. 574 c.p.), assoluzione perché il fatto non sussiste, archiviazione del caso. L’analisi di questi casi è cominciata attraverso le notizie dell’archivio ANSA e proseguita con il contatto con le forze dell’ordine. Dopo aver ottenuto le corrette e necessarie informazioni, ho richiesto e ottenuto il permesso di visionare i fascicoli presso i Tribunali. Per quanto riguarda i casi di Lecco e Firenze ho potuto osservare i dibattimenti e le interazioni dei partecipanti nelle aule durante i processi. Inoltre, le trascrizioni – quando contenute nei fascicoli – sono state estremamente
preziose per analizzare il seguito, la forma e il contenuto delle varie “azioni”: formulazione dell’accusa, difesa, interrogazione dei testimoni ecc.
[…] Rispetto alla letteratura citata, qui ci troviamo di fronte a casi che presentano due importanti e contemporanee basi di partenza: – la maggior parte delle volte non c’è nessun testimone oculare dell’evento, per cui abbiamo solo la testimonianza della madre (o dei genitori) e la sua versione dei fatti contro quella dell’imputato – gli imputati (ma potremmo dire le imputate, dato che si tratta esclusivamente di donne) sono immigrati, spesso senza permesso di soggiorno (“sedicenti”), altrettanto spesso senza un domicilio fisso (“senza fissa dimora”), ma soprattutto zingari, nomadi. L’unico che supera in debolezza ‘strutturale’ un immigrato, è – appunto – un nomade. Il secondo dei due elementi è determinante rispetto a molti passaggi della procedura penale. Tra i più significativi, quelli che riguardano l’applicazione delle misure cautelari: la convalida dell’arresto e la decisione da parte del GIP di applicare le misure cautelari in carcere (previa indicazione del PM); e del mantenimento di queste durante tutto il procedimento.
Secondo il Codice di Procedura Penale, come abbiamo visto nell’introduzione e poi nella trattazione dei singoli casi, a seguito di arresto in flagranza gli agenti di polizia pongono l’arrestato a disposizione del PM mediante la conduzione nella casa circondariale dove l’arresto è stato eseguito (art. 386 comma 4). L’udienza di convalida – che deve tenersi entro 48 ore – viene svolta per convalidare l’arresto, da una parte, e per stabilire se deve essere o meno convalidata una misura restrittiva della libertà personale. Questo vuol dire che il processo va avanti ma la persona fino alla sentenza di giudizio è libera, se non viene applicata la misura restrittiva, altrimenti rimane in carcere per tutto il tempo della procedura e dell’azione penale. Secondo il C.P.P., il pubblico ministero dispone che l’arrestato sia custodito nella casa circondariale qualora dalla misura non restrittiva possa derivare grave pregiudizio per le indagini (art. 386 comma 5) ovvero sussistano specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini (art. 274 lett. a) oppure vi sia concreto pericolo che l’arrestato si dia alla fuga (art. 274 lett. b) o ancora quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con l’uso di armi o di altri mezzi di violenza personale (art. 274 lett. c). La personalità, secondo il medesimo articolo, viene desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali.
Come viene giustificata per le nostre arrestate la scelta di farle rimanere in carcere sia prima che dopo la sentenza? Il fatto di essere nomadi apre ad una realtà autoevidente – in cui i tratti non sono messi in discussione – per cui la misura restrittiva è prassi: sia che la persona abbia precedenti penali (in questo caso ne rafforza l’argomentazione negativa) sia che sia incensurata (ma in questo caso diviene preponderante l’aspetto della dimora non fissa – anche quando in realtà la persona è domiciliata – perché tutt’uno con la sua ‘condizione’). Nell’ordinanza di convalida del 5 dicembre 1996, il GIP del Tribunale di Brescia (prendendo in considerazione la richiesta del PM) nella valutazione degli indizi di colpevolezza riconosce completa attendibilità alla versione della madre, alla quale era già stata riconosciuta dai carabinieri, i quali avevano giustificato l’arresto in flagranza “in considerazione dell’esiguo tempo trascorso dal verificarsi del fatto, tenuto conto che la nomade era stata sorpresa con gli indumenti ricevuti immediatamente prima” (dalla relazione di servizio dell’Ispettore L. P. del 02/12/1996). Nell’ordinanza della Corte di Appello di Brescia n. 216/97 del 30 giugno 1997 si legge:
considerato che il reato odiosissimo posto in essere dalla imputata, in una con la sua condizione di nomade, è indice allarmante di una personalità non aliena da comportamenti estremamente antisociali per il che insostituibile difesa della collettività appare il mantenimento della misura cautelare in atto”.
Nell’ordinanza del Tribunale di Napoli per il caso di Castelvolturno n. 253/97 del 31 gennaio 1997, i Giudici scrivono:
Invero la circostanza secondo cui l’indagata, essendo nomade, potrebbe darsi alla fuga e quindi impedire ulteriori individuazioni di persona ad opera delle persone presenti ai fatti…
Così come – sempre per il caso di Volturno – il GIP del Tribunale di S. M. Capua Vetere (ordinanza del 7/2/1997):
Comunque, questo GIP ritiene di ribadire la permanenza ed attualità delle esigenze cautelari, sia in riferimento al pericolo di fuga (art. 274 lett.b) – ricollegabile alle condizioni personali dell’indagata – che in riferimento al pericolo di reiterazione, attese le modalità della condotta che portano a ritenere il fatto non episodico.
Ma – si ricorda – T. M. (l’imputata) possiede regolare carta di identità, è domiciliata in una casa a Castelvolturno, ed è incensurata. Ma il fatto di essere considerata nomade giustifica di per sé qualsiasi decisione a tutela della collettività: per cui il pericolo di fuga sussiste (pur essendo facilmente controllabile dalle forze dell’ordine) e la possibilità che ripeta il delitto è considerata alta (pur essendo una persona incensurata). Allo stesso modo, per il caso di Roma non ha nessun peso il fatto che il certificato dei carichi pendenti di Z. A. risulti negativo: la sua condizione di nomade sedicente basta a renderla pericolosa e capace di commettere ancora delitti. Per Lecco, si ha la stessa conclusione (seppur le due donne rom sono regolarmente soggiornanti sul territorio italiano); così commenta l’avvocato difensore: “Nell’affrontare un processo devi affrontare questi pregiudizi”.
Già dai verbali delle udienze di convalida (e dalle ordinanze derivanti) si intuisce il ragionamento con cui il Pubblico Ministero e i Giudici leggono la situazione che si apre davanti a loro (e precedentemente gli Agenti delle forze dell’ordine): la versione antitetica dei fatti da parte delle uniche due persone presenti, una la madre (o i genitori) del bambino oggetto del presunto rapimento, l’altra (o le altre) le zingare accusate. Il ragionamento di base – in pratica – è che non è possibile che un cittadino (una madre, in questi casi) all’improvviso si inventi una cosa del genere, quindi il resoconto è per forza ‘vero’; come dire: non c’è nessuna ragione per la quale pensare che dica il falso. Tale ragionamento ritorna incessantemente nei documenti dei fascicoli e nelle sentenze, producendo in sostanza una ripetizione a catena della lettura dell’evento la cui matrice è di fatto la relazione delle forze dell’ordine rispetto all’arresto. La colpevolezza è perciò fin da subito data per evidente. I casi mostrano una grave forzatura degli strumenti giuridici riferiti a categorie deboli: l’arresto in flagranza e l’applicazione delle misura cautelari – ben al di là dei criteri di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari e soprattutto l’esistenza del tentativo di rapimento desunta da indizi non gravi né precisi e concordanti, non chiedendosi che cosa le donne rom avrebbero fatto del bambino.
Questa ultima domanda, che sarebbe fondamentale, rimane sospesa forse perché si ritiene che non valga la pena porla in quanto è come se già tutti lo sapessero e tutt’ al più la questione si può mettere in un inciso, come si legge nella sentenza della Corte d’Appello di Milano sul caso di Lecco: “Sottrarre un neonato alla madre, appropriandosene per farne cosa propria, forse – non s’intravede più benevola finalità – da esibir nella questua (magari in altra città od altro Paese), spettacolo peraltro non infrequente…”. Anche il caso e il processo di Ponticelli riproducono pienamente i meccanismi in atto, fuori e dentro le aule dei tribunali, descritti dal lavoro di ricerca qui presentato. Nella motivazione dei giudici napoletani del rifiuto alla minorenne dell’affievolimento della misura della custodia cautelare in carcere – dopo un anno e mezzo dalla condanna -, non solo si vedono agire apertamente gli stereotipi, ma siamo probabilmente di fronte ad una discriminazione diretta. La Motivazione che V.A.
…è pienamente inserita negli schemi tipici della cultura rom. Ed è proprio l’essere assolutamente integrata in quegli schemi di vita che rende, in uno alla mancanza di concreti processi di analisi dei propri vissuti, concreto il pericolo di recidiva” e che gli “…schemi di vita Rom … per comune esperienza determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole,
somma tutta una serie di deformazioni e di forzature. In una successione di luoghi comuni essa attribuisce come colpa ad una ragazza l’appartenenza stessa al suo sistema socio-culturale e familiare; quindi sorregge questa valutazione negativa con il rilievo – che dice tratto dalla “comune esperienza” – che gli schemi di vita Rom determinano nei loro aderenti il mancato rispetto delle regole. In un crescendo, dal livello più generico dell’appartenenza ad una determinata cultura e della propensione del gruppo ad atti criminosi, passa all’ affermazione che proprio per questo c’è un concreto pericolo
di recidiva, logicamente riferita al reato per cui si procede di rapimento di infanti; da tutto ciò conclude che la minorenne è indegna di una misura cautelare più lieve.
28 Ottobre 2013 at 18:38
Credo che gli archetipi della nostra società siano la causa dei pregiudizi e di queste accuse ingiuste verso i “nomadi” come scritto nell’articolo sopra, infatti essi vengono accusati e sentenziati in maniera categorica, pur non disponendo di prove vere e fondate da parte dell’accusa.E’ inaccettabile che ancora oggi, in una società per molti aspetti evoluta come la nostra debbano verificarsi ancora questi fatti. La causa di questo va verso le nostre radici storico-sociali, poichè questi fatti riportano alla mente le accuse alle streghe da parte del tribunale della santa inquisizione verso la fine del XV sec. Personalmente la mia delusione verso la nostra società sta in questo: vedere quanto siano analoghi questi fatti ci fa capire quanto ancora la società moderna sia attaccata all’antica cultura che invece riguardo questi aspetti bisognerebbe abbandonare poichè fondava le sue accuse su criteri infondati.
28 Ottobre 2013 at 19:12
E’ vero: chiunque confronti il progresso scientifico e civile delle nostre società con i residui di questi antichi pregiudizi non può che restare sconfortato [c’è di buono, in ogni caso, che studiamo la società per questo :-)].
PS. Ho inizialmente provato a modificare il tuo commento, lasciando il testo originale barrato in parentesi, poi ho desistito perché troppo macchinoso. Non riconoscerai, quindi, l’inizio .. In particolare volevo segnalarti l’uso del concetto di archetipo che, a meno di incomprensione da parte mia di ciò che vuoi dire, non è corretto. Mi sembra infatti che tu lo pensi nel significato di “qualunque costrutto culturale, sedimentato nel tempo”, mentre si riferisce a idee-portanti proprie di ogni esperienza umana (donna, madre, male ..) come elaborate dalle diverse culture.
28 Ottobre 2013 at 19:23
In questo articolo si parla dei rapimenti di minori da parte di rom. Molto spesso questi racconti di presunti rapimenti sono solo delle storie infondate che hanno l’appoggio dei media che subito sono pronti a parlare senza avere delle prove concrete. Quando accade un episodio del genere non ci sono mai testimoni quindi possiamo basarci solamente sulla testimonianza delle due persone coinvolte ovvero quella del rom che viene etichettato come un immigrato senza permesso di soggiorno e, quella della madre del minore che ovviamente viene presa in considerazione. Oggi la nostra società ci porta ad avere molti pregiudizi riguardo a queste cose infatti, basta soffermarsi su un racconto infondato senza prove certe, per poter subito condannare un rom per un rapimento che magari non c’è nemmeno stato anche perché come detto prima, la stampa è subito pronta a giudicare e non smentisce l’idea che non sia mai avvenuto alcun episodio di questo tipo.
28 Ottobre 2013 at 20:52
Qual è la ragione secondo te?
28 Ottobre 2013 at 19:32
questo articolo presenta troppe coincidenze e divaga su stereotipi sul razzismo classici,ma basta guardarci intorno per capire che chi non ha lavoro fà questo e altro,gli zingari sono sul gradino più alto del razzismo stereotipato,in poche parole i più odiati.L’italiano medio è razzista ma poi magari compra lo spinello da stranieri che fine a un’attimo prima erano odiati,questo paese manca di coerenza e vive nella confusione,ma sopratutto nel silenzio come ha citato l’articolo nessuno testimonia in favore della madre che è convinta di avere subito un furto ma chissà forse si è distratta un attimo,passano dei rom li vicino ed è facile dare la colpa,per concludere anchio ho subito vicende simile a quelle di alessio ma preferisco parlarne in classe
28 Ottobre 2013 at 21:23
Non capisco se, a tuo avviso, la povertà dei rom (e non solo) è causa di delitti tra cui i rapimenti o se ritieni infondate queste notizie. Precisa meglio il tuo pensiero e aggiungi anche episodi personali, se vuoi, purché ti confronti con i testi che stiamo commentando.
28 Ottobre 2013 at 20:09
In questo frammento di relazione tenuta da Sabina Tosi, vengono presi in esame alcuni episodi di presunto rapimento di bambini da parte di famiglie rom o comunque sia straniere, questo perchè nella stragrande maggioranza dei casi, dopo una sparizione di minorenni, quasi sistematicamente si identifica il colpevole con un appartenente alle categorie sociali più deboli (minoranze), le quali non hanno mezzi con cui controbattere e inevitabilmente vengono etichettate come colpevoli dell’accusa. Si è notato che questi casi di presunto rapimento avvengono per lo più in luoghi molto affollati in cui nessuno sia poi in grado di testimoniare e le uniche protagoniste siano solo le dirette interessate, quindi si ha soltanto la versione della madre contro quella dell’imputata, la quale spesso senza permesso di soggiorno e senza dimora, risulta quasi inevitabilmente colpevole. Questi pregiudizi inoltre, scattano anche da parte dei media, i quali corrono all’attacco dei presunti colpevoli, ma qualora l’imputato risulti innocente, la notizia o scompare o le si da poco rilievo. Da questo estratto, risulta che nel nostro paese i pregiudizi hanno preso piede e sono molto evidenti, ovviamente sono rivolti a gruppi minori rispetto a colui che giudica sentendosi superiore…bisognerebbe seguire le parole di un avvocato difensore il quale dice: “Nell’affrontare un processo devi prima affrontare i pregiudizi” ma essendo questi molto radicati, non è facile liberarsene.
28 Ottobre 2013 at 21:27
Quel commento ha colpito anche me, quasi che sia inevitabile per un rom dover prima sgombrare il campo dalle accuse fittizie per confrontarsi poi con i capi d’accusa ..
28 Ottobre 2013 at 21:17
partiamo dal presupposto che quella che gli “zingari” rapiscono i bambini è una leggenda metropolitana vecchia quanto la scoperta del fuoco in quanto non si ha alcun dato certo che possa testimoniare che effettivamente un “nomade” abbia mai rapito un bambino a una qualche famiglia; di certo la cronaca non aiuta a combattere questo pregiudizio in quanto i giornali non riportano eventualmente l’errore da parte dei magistrati. Se davanti alle porte dei tribunali italiani troviamo la scritta ” la legge è uguale per tutti” c’è da chiedersi per quale motivo in un aula di tribunale i “nomadi” siano considerati pericolosi per la società e non possano essere rilasciati nonostante la mancanza di prove. Pochi sono i casi di presunto rapimento che hanno portato all’apertura di un procedimento penale e per mancanza di prove i casi sono stati archiviati. Si tratta di uno stereotipo razzista che al tempo vedeva al centro delle accuse gli ebrei. La società dal tempo dei tempi ha sempre avuto la necessità di attribuire i mali a qualche fascia ristretta di persone diverse o minoranze, e la testimonianza di ciò si può vedere oggi con il razzismo nei confronti di nomadi, gay,obesi.
28 Ottobre 2013 at 21:33
Una posizione molto chiara, la tua. Cosa hai pensato del caso della piccola Maria (fino a quando anche in questo caso si è chiarito che non si tratta di rapimento)?
29 Ottobre 2013 at 18:16
Sinceramente penso che anche i rom, nonostante i modi un pò bruschi e “selvaggi” ,forse per mancata educazione ,abbiano affetto da dare ai propri figli o a quelli che considerano tali, penso quindi che le loro azioni abbiano sempre un motivo dietro, che ovviamente non è uguale per tutti ma è soggettivo.. prima di sapere che Maria non era stata rapita ho pensato che magari avendo i rom modo di fare altri figli se per qualche oscuro scopo gli servissero non avevano motivo di rapire una bambina che non gli apparteneva, è quindi da apprezzare il gesto di questi genitori che hanno accolto come loro una figlia che non lo è..
29 Ottobre 2013 at 22:10
Questo aspetto non sembra ancora chiaro: al momento sembra anzi che i coniugi abbiamo frodato l’anagrafe (iscrivendo come loro figli, bambini nati a quattro, sei mesi di distanza) per poter incassare gli assegni familiari ..
30 Ottobre 2013 at 16:43
si, però mi è sembrato strano il fatto che allora non abbiano fatto altri figli loro..
30 Ottobre 2013 at 16:47
mi pare ne abbiano nove
30 Ottobre 2013 at 16:53
appunto, ho pensato che non lo avevano rubato perchè siccome ne hanno già nove loro avrebbero potuto farne altri..
28 Ottobre 2013 at 21:32
La ragione per la quale i rom vengono emarginati e visti negativamente è che vengono considerati dalla società una minoranza e quindi loro non hanno mezzi per potersi difendere e questo discorso si ricollega alla personalità autoritaria di Adorno.
28 Ottobre 2013 at 21:34
in effetti SONO una minoranza, e perciò vengono discriminati, dici ..
29 Ottobre 2013 at 14:30
Sono d’accordo con tutti i commenti che sono stati fatti, soprattutto con quello di Simone che mette in evidenzia la degenerazione e l’incoerenza dello stato Italiano. Zingari, nomadi, Rom, o qualunque nome si voglia usare, sono persone come noi, come tutto il resto del mondo, non è giusto il basarsi su aspetti esteriori o comunque su minoranze per accusare ed incolpare per poi rovinare vite preziose e magari innocenti (dico magari perchè non è ancora certo al 100%).
Se tutti questi piccoli commenti potessero essere messi in bella vista, potrebbero (forse) portare la gente a riflettere in modo giusto, ma i pregiudizi, oramai sono diventati indistruttibili a causa delle profondissime radici che anno dopo anno crescono sempre di più.
29 Ottobre 2013 at 21:59
Immagino che per “stato italiano” tu intenda il sistema giudiziario, magari insieme a quello dei media. Questi “piccoli commenti” sono già in bella vista e fanno riflettere chi li scrive e chi li legge: il pregiudizio è resistente, ma non indistruttibile, non credi?
29 Ottobre 2013 at 17:04
Chi potrebbe dare ascolto alle parole di una donna immigrata, spesso senza permesso di soggiorno e senza un domicilio fisso? L’articolo di Sabina Tosi riflette appunto su questo, è mirato a far crollare tutti quei pregiudizi, giudizi che sono privi di fondazioni. In questo caso si tratta del pregiudizio contro i rom o gli immigrati, i quali sono spesso accusati di rapimento di bambini. Molto frequentemente le donne rom vengono accusate dalle madri dei bambini di un rapimento del quale non ci sono testimoni e che probabilmente non ha avuto luogo. Ma le versioni delle mamme e i ragionamenti su cui si basano le accuse, inizialmente, non vengono messe in discussione per il semplice fatto che non è possibile che un cittadino all’ improvviso si inventi una cosa falsa, non c’è alcun motivo, per questo il ragionamento viene considerato vero. Le madri, inoltre, accusano le rom senza pensare al motivo per il quale un bambino potrebbe essere rapito.
Non essendoci quindi prove, le accusate vengono spesso scagionate, ma devono comunque trovarsi a fare i conti con i mass media, che deformano le notizie degli avvenimenti, facendo passare i rom per dei veri colpevoli. Infine, come dice un avvocato, per affrontare queste accuse bisogna prima affrontare i pregiudizi.
29 Ottobre 2013 at 22:02
La tua ricostruzione mi fa pensare a quanto dicevamo in seconda a proposito dell’affidabilità delle testimonianze oculari. Ne parlavamo a proposito degli studi sulla percezione e del dibattito americano sulla pena di morte, ricordi?
29 Ottobre 2013 at 17:34
Sabina Tosi, attraverso la propria relazione, evidenzia il fatto che dal 1986 al 2007 non c’è stato alcun caso di vero rapimento anche se ci sono state molte accuse di questo tipo.
Vennero accusate principalmente donne appartenenti a religioni,nazionalità diverse dalla propria, specialmente nomadi.
Queste donne, essendo spesso prive di permesso di soggiorno e vivendo in condizioni poco dignitose, non venivano credute ed erano facilmente accusate da genitori di bambini “sottratti”.
Tutta questa arroganza e cattiveria nei confronti di queste persone si può “semplificare” in molti casi con un termine : pregiudizio.
Non è un caso che queste accuse siano state fatte proprio a donne nomadi e rom( anche senza avere un testimone oculare pronto a testimoniare che tutto ciò non sia avvenuto) dal momento che è più semplice attribuire colpe o reati a persone appartenenti a gruppi deboli o minori, a maggior ragione se questi gruppi sono presi sotto mira da molte persone e non hanno modi per difendersi.
Personalmente penso che la nostra società non può ancora, dopo tantissimi casi, continuare a pensare e giudicare senza avere conoscenze come questa.
29 Ottobre 2013 at 22:05
Credo anch’io che bisognerebbe bonificare la comunicazione pubblica intorno a questi temi.
29 Ottobre 2013 at 21:50
leggendo questo articolo confermo sempre di più che le persone valutano per sentito dire che per concretezza dei fatti.Queste persone sono talmente attaccate al loro pregiudizio(in questo caso,odio verso i rom)che anche se ci sono dati VERI,continuano sempre a pensarla allo stesso modo.La cosa che mi spaventa di piu in questo articolo è il trattamento che la nostra giustizia riserva ai rom,ovvero trattamenti disuguali a sfondo raziale che possono rievocare sentimenti pericolosi(nazismo,fascismo).Come se non bastasse,lo stato etichetta questi gruppi di persone come la causa del degrado in Italia(esattamente come la Germania nazista con gli ebrei)perchè essendo una minoranza è piu facile attaccarla, e in società,guarda caso,iniziano a circolare giudizi negativi su di essa al fine di creare malessere tra la popolazione suscitando in essa un forte odio.La conclusione è che il pregiudizio è socialmente costruito per far si che le persone,davanti ad un problema,optino per una soluzione di ragionamento facile e SOPRATTUTTO FALSA.
29 Ottobre 2013 at 22:30
Vero, facile, quanto falsa: la costruzione del nemico pubblico è uno degli ingredienti del controllo sociale (ricordi il seminario sulla paura dell’anno scorso?).
30 Ottobre 2013 at 14:45
Si,molto di quello che ho scritto l ho ripreso dalle lezioni sulla paura dell anno scorso.Mi è rimasto in mente perchè l ho considerato molto interessante e soprattutto utile.
30 Ottobre 2013 at 16:11
🙂 (son soddisfazioni ..)
30 Ottobre 2013 at 18:09
Allora è molto bello vedere tutti questi commenti cosi ideali, cosi sublimi, cosi perfetti… da non essere Veri! purtroppo tutti nonostante sembrino dei angioletti hanno dei pregiudizi, ne ho anche io !. Come abbiamo detto il pregiudizio per tutti noi è un sistema di difesa, esso serve a difenderci dall’ambiente da cui siamo circondati pieno di insidie… Quindi non facciamo dei moralismi, che nessuno è perfetto. Riguardo i Rom beh è ovvio che le persone abbiano paura di loro per molti motivi, ad esempio : il loro stile di vita,la religione, la provenienza, la lingua , chi più ne ha più ne metta… Essi visto che si trovano in piccole comunità sono le vittime preferite di pregiudizi e violenze ; questo perchè noi siamo circondati da molte ingiustizie sociali economiche, politiche, e i giornali politicizzati,e non solo, fanno distogliere lo sguardo dei cittadini dai veri problemi a problemi inesistenti come i Rom che sono “diversi”; cosi è accaduto in Germania con il Nazzismo che ha sfamato il popolo,affamato dopo la crisi del’29 e della sconfitta nella 1 guerra mondiale, con l’odio verso gli ebrei. Come nella Germania glie ebrei rubavano i bambini, ora sono “i Rom a farlo” nonostante non c’è nemmeno un caso documentato dai organi della polizia o di stato, anzi siamo noi che rubiamo i loro bambini quando li prendiamo dalle loro case per metterli nei orfanotrofi solo perchè crediamo che essi stanno male perchè circondati da Rom… Tutto viene alimentato dall’ ignoranza della gente e dalla disinformazione , e per questo che il mondo rischia di ritornare ai vecchi regimi Totalitari! Quindi ragazzi prima di giudicare i rom , parlare male di gay o cett…. informiamoci da fonti sicure perchè si rischi di ritornare ai secoli più bui che abbiamo mai avuto nella storia dell’uomo, e non nascondiamo nel subconscio i nostri pregiudizi perchè cosi rafforziamo le ali estremiste dei partiti , un esempio? beh abbiamo in francia un certo partito di estrema destra guidato da Le Pen di sfondo fascista che nega di averli , e la cosa più pericolosa è che esso sta avendo un ampio successo perchè utilizza i pregiudizi e non solo, che riempiono la testa dei poveri scusate il termine “ignoranti” quindi Vigiliamo qui in italia!
30 Ottobre 2013 at 22:43
il problema ti è davvero molto chiaro, ti andrebbe di approfondire la conoscenza dei rom?
2 Novembre 2013 at 16:43
Prima di poter affronta la lettura di un articolo del genere, si dovrebbe svuotare completamente la mente da ogni qualsiasi forma di pregiudizio o archetipo presente, anche se in maniera inconscia, in noi. Cosa IMPOSSIBILE, il pregiudizio è una forma di economia cognitiva, un ragionamento che può partire da premesse vere ma che giungerà inevitabilmente ad una conclusione errata, ma soprattutto infondata. Nel caso dei Rom ci troviamo di fronte ad una minoranza, ad un “ATRO”, molto diverso dalla nostra cultura, a partire dall’aspetto esteriore fino alle fondamenta della cultura stessa, ed è proprio questo che fa fare un passo indietro a tutti e guardare con aria di superficialità e pochezza tale cultura. “Mai giudicare un libro dalla copertina” , rimanendo in tema di “cultura popolare” , tale proverbio è quello che tutti quanti dovrebbero applicare di fronte ad un atto del genere, come quello del rapimento di una bambino; i testimoni non ci sono e le uniche persone presenti sono la madre del bambino e la/e donna/e, già da questo ci si dovrebbe porsi delle domande. “Non è forse la donna che disperata per la scomparsa del figlio, è involontariamente giunta ad una conclusione voluta proprio da un pregiudizio?” , tali considerazioni non sono mai presenti in nessuno dei rapporti, qui sopra riportati poichè si da per scontato che la cultura dei rom, li spinge a fare tali atti, senza ascoltare in maniera “concreta” e seriamente le testimonianze dei rom. Da l’altro lato, il popolo Italiano passa da VITTIMA, facendo in maniera incosciente il “CARNEFICE” del popolo Rom ed allo stesso tempo rafforza i pregiudizi che vengono poi amplificati dai medi e si ossidano nella mente rigida di tutti coloro che pongono alla base delle loro giornate la massima “Si stava meglio quando si stava peggio”. Un ultimo esempio che forse può essere di aiuto per spiegare ancora meglio le ali della mente verso il futuro verso la comunione del mondo, è quello di due autori latini Catone e Cicerone. Catone respingeva in maniera autoritaria l’ellenizzazione di Roma, mentre Cicerone l’accoglieva a braccia, o meglio ancora, a mente aperta e grazie a lui il mondo a potuto conoscere gli stupendi autori greci. Pensate ora se invece avesse avuto la meglio il rifiuto categorico di Catone….
3 Novembre 2013 at 13:40
Comprendere la struttura del pregiudizio (una forma di economia cognitiva, cioè di risparmio dell’intelligenza) non dovrebbe renderci pessimisti e indurci alla rinuncia. I Ron, inoltre, sono l'”altro” per tutti, per tutte le società “sedentarie” non solo per gli italiani (non so se hai seguito il caso di Leonarda, sedicenne rom fermata dala polizia francese mentre era in gita con la scuola e rispedita in Romania con l’intera famiglia ..)