This Latina journalist interviewed members of the KKK in North Carolina. She’s the first black person to ever set foot on their property. pic.twitter.com/i86cdvGowJ
— Jessie 🇰🇪 (@JMKTV) 16 agosto 2017
Ku Klux Klan
Enrico Manera, La colpa dei terremoti

Il terremoto di Lisbona del 1755
Una bella ricognizione delle ragioni antimoderne del finalismo che punteggia con persistente tenacia ogni manifestazione del negativo, dai terremoti ai conflitti umani. Tratto da Doppiozero.it.
Ci risiamo. A quanto pare per alcuni il terremoto sarebbe correlato alla colpa del peccato originale o delle unioni civili, mentre in rete altri (r)umori trash si sono addensati sul “karma” negativo delle città produttrici di salumi o sulla “necessità” di “benedire” la terra.
Superfluo dire quanto sia inaccettabile che in mezzo a tanto dolore e a tanti problemi le persone colpite dal sisma debbano anche sopportare che nel discorso pubblico circolino simili dabbenaggini (non trovo parole più adeguate e non mi piace usare quelle offensive); detto questo non ce la caveremo semplicemente additando o irridendo l’irragionevolezza, il fanatismo, la superstizione, la pochezza, la paura e la follia che stanno lì dietro.

Democrito
C’è un tratto di lunghissimo periodo nella storia del pensiero umano, una tesi comune ai pensatori religiosi o metafisici di ogni tempo che suona più o meno così: rifiutare un disegno di senso teleologicamente orientato e garantito dal divino comporta crisi etica e disordine civile e naturale, se non anarchia e violenza. Il che è tanto più falso se si pensa che Democrito e Spinoza, ad esempio, sono stati tra i filosofi più attenti alla dimensione etica e a quella politica nel senso di una democrazia “terrestre” e sensibile alle ragioni dell’intersoggettività.

Spinoza
È sempre stata proprio la concezione finalistica invece a veicolare superstizione e pregiudizi, come mostrano i noti dibattiti storici settecenteschi sui passaggi delle comete (Halley nel 1682) e sul terremoto di Lisbona (del 1755): i teologi infatti leggevano i fenomeni naturali come castighi divini, particolarmente rivolti a chi non accettasse le concezioni religiose dominanti.
Gilles Deleuze, Poscritto sulle società di controllo
Per ricordare Deleuze, nel ventunesimo anniversario della morte, rileggiamo il Post-scriptum sur les sociétés de contrôle [pubblicato ne L’autre journal (1990), poi in Pourparler (1990), trad. it. Pourparler] la cui visione ha realizzato l’auspicio foucaltiano che «il secolo» sarebbe stato «deleuziano».
I. Storia
Foucault ha collocato le società disciplinari tra il Diciottesimo e il Diciannovesimo secolo; giungono al loro apogeo all’inizio del Ventesimo. Procedono all’organizzazione di grandi ambienti di reclusione. L’individuo non cessa di passare da un ambiente chiuso all’altro, ciascuno dotato di proprie leggi: dapprima la famiglia, poi la scuola («non sei più in famiglia»), poi la caserma («non sei più a scuola»), poi la fabbrica, ogni tanto l’ospedale, eventualmente la prigione che è l’ambiente di reclusione per eccellenza. È il carcere che serve da modello analogico: la protagonista di Europe 51 può esclamare quando vede degli operai «ho creduto di vedere dei condannati…».
Charles Wright Mills

Charles Wright Mills (1916 – 1962)
Uno stralcio [con modifiche] dell’articolo dedicato da Benedetto Vecchi su Il manifesto a Charles Wright Mills in occasione della ristampa de L’immaginazione sociologica [Il Saggiatore, 2014].
Quando esce, il suo nome è già noto ed è associato a due saggi che hanno terremotato il paludato mondo delle cosiddette scienze sociali statunitensi. Negli anni Cinquanta, Charles Wright Mills aveva, infatti, messo sotto accusa la formazione e i meccanismi di selezione delle élite al potere e l’ascesa dei «colletti bianchi», quel ceto medio che occupava il centro della scena sociale, spodestando dal podio il self made man, figura mitica attraverso la quale gli Stati Uniti erano presentati il regno delle infinite possibilità di successo.
L’abbazia di Sant’Eutizio, il Santuario di Macereto.
L’abbazia di Sant’Eutizio, uno dei luoghi del Progetto natura che dedichiamo alle nostre prime classi, è stata danneggiata dalla scossa del 26 ottobre: è crollato, infatti, il bellissimo rosone della facciata. Macereto ha, invece, resistito.
L’Abbazia di Sant’Eutizio si trova a Preci in Valnerina a circa 18 Km. da Norcia. Fu fondata dai monaci Siriani (i Padri del Deserto) nel V secolo ed è stata la culla del monachesimo occidentale poiché San Benedetto da Norcia si recava spesso da questi monaci che sono stati i suoi padri spirituali. L’abbazia sorse quindi su questo luogo dove era un oratorio eretto alla Vergine Maria, poi ampliato e il cui complesso venne restaurato nel 1236.
L’esterno è caratterizzato da una facciata originale, opera di Mastro Pietro, con un bel portale romanico ed un rosone chiuso dai simboli degli Evangelisti. L’interno, ad una navata, con il presbiterio rialzato e la cripta divisa da due colonne, custodisce un pregevole tempietto scolpito nel 1514 da Rocco di Tommaso da Vicenza dove sono custodite le spoglie di Sant’Eutizio; un coro ligneo del XVI secolo opera dell’artista locale Antonio Seneca ed una pietra scolpita dell’VIII secolo appartenente alla primitiva chiesa dedicata a Maria Vergine.
Molto suggestive le grotte del V secolo dove vivevano gli eremiti e il precorso naturalistico e storico da cui si diparte con un sentiero (grazie ad un intervento di Legambiente) fino a Norcia, nell’incantato scenario della Val Castoriana. Da segnalare che in quest’abbazia nacque la scuola di chirurgica preciana, sorta come diretta emanazione delle conoscenze e delle arti curative introdotte nella Valle Castoriana, intorno al V secolo. Presso il complesso monastico si formò una delle prime scuole di microchirurgia specializzata.
Elisabetta Cannitano, Valentina, a cui non è restato che morire di parto
La ricostruzione dell’atroce morte della giovane di Catania, alla 19esima settimana nella ricostruzione di Elisabetta Canitano, ginecologa e presidente della Associazione Vita di Donna di Roma. Tratto da IlManifesto.info
Il cuore del bambino batte ancora. In tutta Italia nei reparti dei punti nascita religiosi, e dei punti nascita a schiacciante maggioranza religiosa, si usa questa frase per mettere a rischio le donne. Ancora. Ancora vuol dire che la gravidanza è ormai irrimediabilmente compromessa, ma il cuore del feto continua a battere. Per le donne fra la 16esima e la 22esima settimana, con feti che secondo i protocolli internazionali, non vanno rianimati in quanto incompatibili con la sopravvivenza, questa frase rischia di diventare una condanna a morte tutti i giorni.
La maggior parte di queste donne hanno il sacco rotto (non riusciamo a sapere se era anche il caso di Valentina alla 19esima settimana) e la grande parete dell’utero, carne viva, è dunque a contatto con l’esterno, a rischio di grandissima infezione, la setticemia, modernamente chiamata sepsi. Certo, la sepsi non sempre arriva, prima o poi il battito cessa, o arrivano le contrazioni, in qualche modo il corpo della donna riesce a liberarsi del suo contenuto, e non succede niente. Ma lasciarle lì, dicendo «non possiamo intervenire, c’è il battito», per ogni ora aumenta il loro rischio di avere una sepsi mortale.
Ezio Mauro, la solitudine dell’indigeno italiano
Dodici donne provenienti da Nigeria, Guinea e Costa d’Avorio, una delle quali incinta all’ottavo mese, respinte in piena notte da alcune decine di persone a Gorino, piccola frazione in provincia di Ferrara, Comune di Goro, Delta del Po. Tratto da Repubblica.it.
Qui non c’è niente. Niente per noi, che ci siamo nati: figurarsi per gli altri.
Potrebbe finire sui manuali di storia dei nostri anni complicati questa frase di una cittadina italiana, probabilmente moglie e madre, abitante della frazione di Gorino sul delta del Po, che ha partecipato al blocco stradale del suo paese per impedire l’arrivo di dodici donne immigrate coi loro figli nell’ostello requisito dal prefetto.
Le straniere sono state dirottate in tre altri centri del Ferrarese, Gorino continuerà a non ospitare nemmeno un immigrato, la protesta ha vinto. Smontate le barricate e il gazebo notturno i bambini possono tornare a scuola, i pescatori riprenderanno il mare. Tutto come prima? Non proprio. Quella frase dimostra che dall’egoismo del niente può nascere una vera e propria guerra per il nulla in cui viviamo. Che ci angoscia, ma che non vogliamo dividere con nessuno.
I fiori del male. Donne in manicomio nel regime fascista
Su segnalazione di Chiara (3F), sono andata a vedere la presentazione della mostra dedicata dalla Casa della memoria di Roma alla reclusione femminile in manicomio sotto il fascismo. La mostra è aperta fino al 18 novembre.
[…] i volti di figlie, madri, mogli, spose, amanti vissute durante il Ventennio sono affiancati, in mostra, a diari, lettere, relazioni mediche che raccontano la femminilità a partire dalla descrizione di corpi inceppati e restituiscono l’insieme di pregiudizi che hanno alimentato storicamente la devianza femminile.
Il regime esasperò l’ambito dell’emarginazione e della devianza femminile trasformando i manicomi in luoghi di controllo e repressione dove venivano rinchiuse anche donne non malate, bensì solo riottose ad adeguarsi alle logiche socio-familiari di puro stampo fascista.
L’idea della mostra è nata dalla volontà di restituire voce e umanità alle tante recluse che furono estromesse e marginalizzate dalla società dell’epoca. Spiegano i curatori Annacarla Valeriano e Costantino Di Sante:
“Ci è sembrato importante raccontare le storie di queste donne a partire dai loro volti, dalle loro espressioni, dai loro sguardi in cui sembrano quasi annullarsi le smemoratezze e le rimozioni che le hanno relegate in una dimensione di silenzio e oblio. Alle immagini sono state affiancate le parole: quelle dei medici, che ne rappresentarono anomalie ed esuberanze, ma anche le parole lasciate dalle stesse protagoniste dell’esperienza di internamento nelle lettere che scrissero a casa e che, censurate, sono rimaste nelle cartelle cliniche”.
Il manicomio, in questo senso, è stato un osservatorio privilegiato di analisi dei modelli culturali – di matrice positivista – che hanno storicamente contribuito a costruire la devianza femminile e che durante il Ventennio furono ideologicamente piegati alle esigenze del regime. Il lavoro di ricerca e di valorizzazione condotto su questi materiali ha permesso così di recuperare una parte fondamentale della nostra memoria e di restituirla alla collettività.
Raniero la Valle, Approvate il superamento della democrazia parlamentare?

Bisogna che tutto cambi, se vogliamo che tutto rimanga com’è
Nell’intervento seguente, pronunciato il 30 settembre davanti al meeting dei Focolari di Loppiano (FI) di cui propongo qualche stralcio, Raniero la Valle ha indicato una questione di verità e una questione di giustizia nel referendum costituzionale, dimostrando che il messaggio di cambiamento che il governo invia è ingannevole e che la sostanza del referendum è iniqua, comportando, nel quadro di norme vigenti, non il solo superamento del bicameralismo paritario, ma quello della democrazia parlamentare. Tratto da Micromega.
Allo stato attuale delle cose, il bicameralismo perfetto consiste in due Camere che hanno gli stessi poteri: danno la fiducia, controllano l’esecutivo e fanno le leggi. Avendo entrambe la stessa dignità e la stessa centralità nel sistema, non c’è una Camera alta e una Camera bassa, tutte e due sono Camere alte.
La diversa misura delle due Camere era invece la caratteristica del Regno d’Italia. Secondo lo Statuto Albertino c’era una Camera alta, che era il Senato del Regno, ed era chiamata alta perché i senatori erano nominati dal Re. La Camera dei deputati, i quali invece erano eletti dal popolo, era detta Camera bassa. Era evidente in quella concezione che il Re era l’alto, e il popolo era il basso. Il Senato, nella varietà delle vicende politiche, doveva garantire la continuità del Regno. Questa è la ragione per cui nel Gattopardo un messaggero del Re va a chiedere al principe di Salina di fare il senatore: perché anche con l’unità d’Italia i signori continuino a regnare come prima e tutto cambi perché tutto resti com’era. La stessa continuità il Senato del Regno doveva assicurare nel passaggio dallo Stato liberale allo Stato fascista, ma Mussolini preferì fare la Camera dei Fasci e delle Corporazioni, sicché fu poi la Costituente che sciolse il Senato; e i costituenti, trovando il terreno vergine, senza Camera né alta né bassa, decisero di fare due Camere, ambedue elette dal popolo e perciò aventi la stessa statura.
David Hume, La critica alla nozione di causa

David Hume (1711 – 1776)
Nel Trattato sulla natura umana (1739/1740), la critica alla nozione di causa, affine a quella svolta da Sesto Empirico nell’ambito dello scetticismo antico, ha un ruolo centrale.
Secondo Hume, la causa e l’effetto non sono proprietà delle cose, ma idee prodotte dall’attitudine associativa della nostra immaginazione. Di conseguenza, al di fuori della rappresentazione immaginativa, la relazione causale risulta indefinibile, dato che nei fatti non si può trovare nulla che basti a stabilirne il significato oggettivo.
La causalità è, quindi, senza dubbio una relazione indispensabile per la nostra conoscenza, ma è impossibile cercare di verificare se le “cose” stanno veramente così [trad. it. Bari, Laterza, 1982, I, pp. 22-24 e 87-90].
—-
1. Se le idee fossero interamente slegate e sconnesse, soltanto il caso potrebbe congiungerle; ma è impossibile che le stesse idee semplici si raccolgano regolarmente in idee complesse (come di solito accade) senza un legame che le unisca tra loro, senza una proprietà associativa, sì che un’idea ne introduca un’altra naturalmente. […]
2. Le proprietà che danno origine a quest’associazione e fanno sì che la mente venga trasportata da un’idea all’altra sono tre: somiglianza, contiguità nel tempo e nello spazio, causa ed effetto. Io non credo necessario attardarmi a dimostrare che le suddette proprietà producono un’associazione fra le idee, sì che, all’atto in cui se ne presenta una, ne fanno sorgere naturalmente un’altra. E ovvio, infatti, che nel corso del nostro pensiero e nel costante giro delle idee, la nostra immaginazione passa facilmente da un’idea ad altre che le somigliano: questa proprietà, da sola, è già un legame e un’associazione sufficiente per l’immaginazione. […]
read more »
Commenti recenti