Quello che segue è l’articolo che Marco Bascetta (Il Manifesto, 8 maggio 2013) ha dedicato ai fatti accaduti lunedì scorso alla Statale di Milano, cioè alla rottura simbolica con il significato di uno spazio consacrato alla formazione e al sapere – dunque all’autonomia e alla libertà – consumatasi con l’intervento della forza pubblica. Aggiungerebbe vergogna, se confermato, quanto sostenuto dal TG3 delle 14,00, che ha indicato nella necessità di liberare i locali dell’ex libreria autogestita per fare spazio ai distributori automatici di alimenti, la ragione della richiesta di intervento del Rettore.
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Perfino nella Spagna franchista degli anni Sessanta l’ingresso della guardia civil nelle Università era motivo di scandalo. L’idea che negli atenei e negli istituti scolastici problemi e conflitti non dovessero essere affrontati per via militare è stato ed è un principio di etica pubblica che, a maggior ragione, non dovrebbe mai essere disatteso negli stati democratici. Il tabù è stato certamente infranto, ma abbastanza sporadicamente e mai in casi innocui come l’occupazione di qualche aula da parte degli studenti.
Fatto sta che proprio per questa ragione il nuovo rettore dell’Università statale di Milano Gianluca Vago ha fatto intervenire polizia e carabinieri per disperdere violentemente gli studenti in agitazione. Rivendicando poi la sua decisione sulla base di una presunta situazione di emergenza e di pericolo, il più classico dei pretesti. L’antefatto, alle origini della mobilitazione studentesca, è lo sgombero con relativa rimozione di tutto ciò che conteneva, della ex libreria Cuem ospitata negli spazi dell’università milanese, fallita e poi occupata dai collettivi studenteschi per trasformarla in uno spazio culturale autogestito (e dunque indipendente dai parametri di giudizio del governo accademico), senza alcun dimostrabile pregiudizio per il normale svolgimento delle attività dell’ateneo. Un gesto, dunque, quello ordinato dal rettore, che aveva tutto il sapore di una vera e propria provocazione o di una semplice e arrogante rivendicazione di proprietà.
L’intervento poliziesco milanese ha immediatamente innescato mobilitazioni studentesche in altre città, prime fra tutte Napoli, dove gli studenti sono stati violentemente caricati dalla polizia in piazza Plebiscito, dove si attendeva la neoministra dell’istruzione Mariachiara Carrozza e Roma dove è stata occupata la sede della Crui, la conferenza dei rettori italiani. La scelta repressiva del rettore milanese è il segno evidente di un governo universitario alla bancarotta, impegnato a destreggiarsi tra le maglie di una riforma che non funziona e non ha mai funzionato, privo di idee, di risorse e di autorevolezza culturale, testimonianza chiarissima del declino di quella casta accademica che cerca nel servilismo di un precariato sotto ricatto e ora anche nell’azione di polizia contro gli studenti il suo certificato di esistenza in vita. Del tutto incapace di rispondere alla domanda culturale e politica che eccede la misera offerta dell’Università pubblica in dismissione.
L’autogestione studentesca, la pratica e la teoria dell’autoformazione sono, pur praticate da una minoranza e con tutti i limiti e le debolezze che gli si possono riconoscere, la contestazione più articolata e decisa del lavoro volontario sotto barone, nonché della politica dei tagli e della vacua retorica meritocratica che accompagna la riconversione elitaria di quella che fu l’Università di massa conquistata negli anni Sessanta, alla rincorsa di un mercato del lavoro che non esiste e dove esiste se ne frega. Sarà per questo che l’occupazione della ex Cuem ha determinato una reazione tanto virulenta? Sarà per questo che il rettore Vago si vanta di aver scongiurato a manganellate addirittura la nascita di una «Università clandestina»?
Una ripresa forte di protagonismo studentesco, che ci si augura non sia lasciato solo da quel poco di vivo e pensante che ancora resta nell’università, potrebbe imporre una vera discontinuità con la gestione Gelmini e con le ancor peggiori trovate aggiuntevi, nel poco tempo avuto a disposizione, dal «tecnico» Profumo.
È un terreno, questo, sul quale il governo delle larghe intese potrebbe trovarsi con non poche gatte da pelare. Nel frattempo il principio che gli Atenei debbano essere tenuti al riparo dall’intervento delle forze dell’ordine e dalla magnifica isteria dei rettori dovrebbe essere riaffermato con la massima forza. Compito che spetterebbe, per cominciare, alla ministra Carrozza.
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