Indice
1. Origine e significato del concetto di status
2. Il possesso dello status
3. Il concetto di ruolo
1. Origine e significato del concetto di status
Con il termine latino status si intende la posizione occupata da un individuo nella società.
La posizione sociale è una determinata condizione in un sistema di relazioni, alla quale sono connessi diritti o doveri, e un certo grado di prestigio (onore, rispetto, deferenza) corrispondente a qualche forma di ricchezza o proprietà, di potere o d’influenza. In questa accezione lo status identifica e segnala una posizione sociale, mentre il ruolo ne è la conseguenza sul piano normativo; prescrive, cioè i comportamenti conformi allo status.
Nell’antica Roma, il termine status indicava la condizione giuridica di una persona, ovvero la sua idoneità ad essere il soggetto di un determinato diritto civile, politico, patrimoniale.
Era detta status libertatis la condizione di una persona che nasceva libera, o lo diventava per concessione del padrone o per affrancamento; status civitatis la condizione di cittadino romano, spettante per nascita o per riconoscimento legale; status familiae la condizione di membro di una familia o di un casato.
Nel diritto romano era pertanto implicita la distinzione tra status e posizione, cioè la consapevolezza della natura convenzionale dello status, come mostrano i casi in cui ad uno degli occupanti di un medesimo officium (servizio, posto, carica, corrispondente appunto a posizione) era attribuito per merito uno speciale status, o i casi di acquisto o perdita dello status civitatis, la cittadinanza romana.
Ai romani non sfuggiva nemmeno la natura relazionale e produttrice di diseguaglianza dello status, poiché il filius ne aveva uno meno prestigioso di quello del pater, mentre lo schiavo o lo straniero non ne avevano nessuno.
Da allora il concetto di status è rimasto connesso all’idea di una gerarchia di privilegi, di un confronto tra superiore e inferiore, di una sovrapposizione di strati sociali, cosicché ogni status significa qualcosa soltanto in riferimento a una precisa gerarchia sociale, dispensatrice di maggiori o minori privilegi, gratificazioni, compensi.
Nel corso dei Medioevo il termine status ha designato, progressivamente, oltre che una specifica condizione giuridica, anche il complesso delle persone che si trovavano nella stessa condizione giuridica. Di qui l’indicazione degli «stati» della nobiltà e del clero e, per esclusione, di quello del popolo, il terzo stato, né nobile, né chierico. Il complesso di privilegi e prerogative legati allo status (a partire dal feudo) è ormai ereditario, tanto da confondersi con la posizione sociale.
Emerge così nell’età moderna, un altro significato del concetto di status che segnala il superamento delle rigide divisioni in classi della società tradizionale a vantaggio di una molteplicità di individui capaci di competere da una posizione egualitaria per conquistarsi gradi mutevoli di prestigio e riconoscimento pubblico. Si verificherebbe così il passaggio «from class to status» [Sumner Maine, Ancient Law, 1861].
2. Il possesso dello status
Si può arrivare a possedere un determinato status in due diversi modi: per il possesso naturale di determinati requisiti o per averli in vario modo conquistati. Nel primo caso, corrispondente alla situazione di un maschio Nilo-Camita che nella sua società è destinato ad essere pastore in gioventù, cacciatore e guerriero nell’età adulta e saggio consigliere in vecchiaia, si parla di status ascritto, nell’altro, comune nella società moderna, di status acquisito [Ralph Linton, The Study of Man, 1936].
Le due modalità sono meno distanti di quanto sembri, perché nel primo caso, la capacità del maschio Nilo-Camita nei diversi ruoli viene comunque presa in considerazione e convalidata dalla società, nel secondo, perché la condizione di partenza degli individui influenza in modo sensibile la conquista dei requisiti di uno status più elevato di quello posseduto.
La mobilità sociale comporta acquisto, perdita e ritiro di status. Mentre nell’acquisto e nella perdita di status si è in presenza di circostanze in grado di indebolire o rafforzare la posizione economica e il prestigio sociale del portatore, il ritiro di status è dovuto all’azione intenzionale di un gruppo esterno. Gli ebrei della Germania nazista subirono un massiccio ritiro di status da parte del Reich.
Non esiste status senza una posizione che lo fondi, né status senza ruolo, perciò queste tre dimensioni andrebbero sempre studiate insieme, nei loro nessi reciproci.
3. Il concetto di ruolo
Il ruolo è, in generale, il comportamento atteso di un individuo in riferimento alla posizione occupata in un certo contesto sociale. Il che significa che il ruolo è il complesso di norme sociali relative allo status posseduto, il comportamento che un individuo è tenuto a osservare o il copione che è chiamato a recitare (secondo l’approccio drammaturgico di Erving Goffman), per il fatto di essere un padre, una maestra, un allenatore ecc.. Alle aspettative connesse al ruolo non è possibile sottrarsi senza andare incontro a sanzioni.
Il termine proviene dal francese rôle, contrazione del latino rotulas, che indicava il rotolo sul quale l’attore leggeva in scena la propria parte. L’osservazione che una stessa persona agisce in un modo relativamente prevedibile, quando occupa una determinata posizione sociale, e in modo diverso al variare della sua posizione sociale risale almeno ai Greci, che diedero rilievo nella loro letteratura alle «parti» che l’uomo si trova a recitare nelle vari circostanze della vita.
I maggiori contributi all’idea di ruolo sociale sono stati forniti da Marx e Durkheim, benché nessuno dei due abbia usato il termine. Specialmente nel Capitale, Marx distingue accuratamente tra la persona del capitalista e il capitalista come personificazione di una categoria economica, il quale agisce in un determinato modo — al pari dell’operaio — in virtù della posizione che occupa nei rapporti di produzione [nonostante lo sdegno che l’osservazione dello sfruttamento brutale gli provocava, Marx non ha mai incluso i giudizi morali in ambito scientifico]. Durkheim, a sua volta, ha teorizzato il carattere vincolante delle norme sociali che impongono all’individuo il modo più appropriato di agire a seconda delle circostanze, facendone l’oggetto di studio specifico della sociologia (fatto sociale).
La formazione dei ruoli e i conflitti
In generale, i ruoli sono determinati dall’istituzione nella quale ci si trova ad operare. L’istituzione scolastica, ad esempio, provvede a determinare il role-set (l’insieme) dei ruoli formali dell’insegnante: docente, membro del collegio docenti, di più consigli di classe, di portavoce della scuola nei colloqui coi genitori ecc.. I ruoli possono emergere però anche spontaneamente nei gruppi, come quello di chi media sempre e trova una soluzione nei conflitti, si parla allora di ruoli informali.
I ruoli istituzionali sono in gran parte prestabiliti, dettati dalla struttura stessa dell’istituzione. Ad esempio, il ruolo del docente in classe è in gran parte prefissato, almeno nelle linee generali, perché la scuola esige determinati comportamenti. Chi ricopre un ruolo risponde ad altri, che indicano cosa fare e controllano che venga fatto. L’insegnante, ad esempio, risponde dei suoi comportamenti e delle sue scelte ai colleghi, al capo d’istituto, agli alunni, ai genitori, all’ufficio scolastico, al ministero della pubblica istruzione, agli studiosi delle proprie discipline e agli psico-pedagogisti. Il loro ruolo è quindi definito e regolato da gruppi di riferimento. Questi non fissano mai il ruolo in modo totalmente rigido: gli individui conservano una certa autonomia rispetto ad essi e negoziano, entro certi limiti, varianti, personalizzazioni e adattamenti.
Nello svolgimento di un ruolo ci si può trovare esposti a pressioni diverse e contradditorie. Quando l’individuo è spinto a tenere comportamenti inconciliabili a causa della molteplicità di posizioni sociali che si trova a rivestire, si trova impegnato in un conflitto di ruolo. È frequente il conflitto inter-ruolo, quando entrano in conflitto richieste di ruoli diversi che uno stesso individuo detiene, come nel caso di un insegnante che sia anche padre di un proprio alunno. Può verificarsi anche un conflitto intra-ruolo, dovuto ad ambiguità o contraddizioni presenti nella definizione di un’unica posizione sociale, come nel caso del medico che deve conciliare la doppia esigenza di curare il paziente e risparmiare sulla spesa pubblica.
Nel video seguente, uno spezzone de Il massacro del Forte Apache di John Ford, va in scena una serie di conflitti inter-ruolo e di dominio territoriale che vengono segnalati dalla comunicazione verbale e non verbale dei personaggi. La scena si svolge nell’alloggio del Sergente O’Rourke (spazio territoriale della famiglia O’Rourke). All’inizio, seduti attorno al tavolo, sono presenti i componenti della famiglia che è composta dal Sergente Maggiore Michael O’Rourke (marito e padre); Emily Collingwood (moglie e madre) e dal Luogotenente Michael Shannon, “Mickey” O’Rourke (il figlio).
Bussa alla porta ed entra Philadelphia Thursday (figlia del Tenente Colonnello Owen Thursday che comanda il forte) ed infine arriva come una furia, preannunciato da una terrorizzata inserviente, il Tenente Colonnello Owen Thursday. Nell’episodio, Michael O’Rourke è il padre, il marito e il “capo della casa, che funge da alloggio privato” ma, secondo la gerarchia militare del forte è, tra i presenti, il soldato di grado inferiore. Michael Shannon O’Rourke, figlio di Michael ed Emily e spasimante ricambiato di Philly, è fresco di accademia militare ed ha un grado superiore a quello del padre ed è un sottoposto del Tenente Colonnello Owen Thursday. Il Tenente Colonnello Owen Thursday è il padre vedovo di Philly e l’ufficiale più alto in grado di Fort Apache, ma nell’alloggio è un ospite. Emily Collingwood è la padrona di casa, la moglie e la madre di due militari ed ex amica della madre di Philly che è morta.
Esercitazione
Descrivi la scena evidenziando il carattere dei personaggi, i conflitti di ruolo e di status che generano tensione, e come gli attori rendono il clima psicologico attraverso la prossemica e la comunicazione non verbale.
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