In occasione della traduzione italiana – anticipata da Lo Straniero n. 4 nel 1988 – dei discorsi tenuti tra il 1937 e il 1958 a cura di Bompiani [Le conferenze e i discorsi di Albert Camus, Bompiani 2020], Pagina 3 ha letto il brano seguente.
La comunicazione è ciò che oggi dobbiamo tenere vivo per difenderci dall’omicidio. Per questo, ora lo sappiamo, dobbiamo lottare contro l’ingiustizia, contro l’oppressione, contro il terrore, perché sono questi tre flagelli a far regnare il silenzio tra gli uomini e alzare tra di loro barriere. Abbiamo passato una lunga notte, adesso sappiamo cosa fare di fronte al mondo dilaniato dalla crisi. Ma che cosa dobbiamo fare?
1. Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome e renderci conto che uccidiamo milioni di uomini ogni volta che accettiamo di pensare certi pensieri: un uomo non pensa male perché è un assassino, è un assassino perché pensa male. Perciò si può essere un assassino senza apparentemente avere mai ucciso ed è così che siamo più o meno tutti degli assassini. La prima cosa è quindi il rifiuto puro e semplice con i pensieri e con l’azione di qualunque pensiero realista e fatalista.
- La seconda cosa da fare è decongestionare il mondo dal terrore che vi regna e che impedisce di pensare bene. E poiché ho sentito che proprio in questa città (New York) si tiene una sessione importante delle Nazioni Unite, potremmo suggerirle che il primo testo importante scritto da questa organizzazione mondiale proclami solennemente dopo il processo di Norimberga la soppressione universale della pena di morte.
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