Il pogrom di Kielce
Il racconto dell’ultimo progrom di ebrei nella Polonia post-bellica, il 4 luglio 1946. Da Wikiradio.
L’antisemitismo religioso
Una ricognizione storica dell’antisemitismo di matrice religiosa, nello specifico cattolica, da tenere distinto da quello di matrice razziale. Il testo si compone di un articolo di Adriano Prosperi uscito su Repubblica del 10 febbraio 2006 e di uno stralcio del saggio storico di Simon Levis Sullam, pubblicato da Treccani.it, sull’antisemitismo della Chiesa cattolica nell’ottocento.
Vedete – […] – non hanno mai capito Gesù, uno dei nostri rabbi più compassionevoli. Quando escono dalla messa mattutina non hanno compreso ciò che hanno visto, hanno confuso tra il crocifisso e il vitello d’oro. Il mio dipinto intende aiutare i cristiani a fuggire dalla idolatria del nazionalismo cristiano o dalla ideologia dei crociati.
Marc Chagall
Adriano Prosperi, Pasque di sangue
La recensione di Adriano Prosperi a Pasque di sangue di Ariel Toaff.
La data del giorno della memoria è appena passata quando si deve aprire il dossier del cosiddetto “omicidio rituale” ebraico. Lo si fa con grande disagio. Ma due ragioni impongono che si torni a parlare di qualcosa che credevamo sepolto per sempre sotto gli orrori che ha prodotto e legittimato: la prima è che il libro esce in una autorevole collana di cultura storica; la seconda è che l´ipotesi che ci siano state delle “pasque di sangue” – sangue di bambini cristiani torturati e dissanguati – viene avanzata da uno storico che si chiama Toaff e che insegna in una università ebraica.
Giuseppe Panissidi, Se questo è un credente. Albert Einstein a Princeton
E’ in corso la digitalizzazione dei Collected Papers of Albert Einstein che permette di riconsiderare il rapporto di Einstein con la religione. In questa prima parte del suo saggio, pubblicato su Micromega I, e II Giuseppe Panissidi illustra la visione dello scienziato e la sua critica radicale all’idea di un Dio personale.
“Professore, sento dire che lei è profondamente religioso”. “Vero. Cerchi e penetri con i limiti della nostra mente i segreti della natura e scoprirà che, dietro tutte le discernibili concatenazioni, rimane sempre qualcosa di sottile, di intangibile e inesplicabile. La venerazione per questa forza, al di là di ogni altra cosa che noi possiamo comprendere, è la mia religione. A questo titolo io sono religioso”.
Il sito web della Princeton University ha cominciato a pubblicare la corrispondenza e innumerevoli altri scritti di Albert Einstein, migliaia di testi e documenti originali. Dalle lettere ai giornali, al diario personale, fino ai messaggi disseminati dallo scienziato in luoghi improbabili, come, solo per fare un esempio, dentro le scatole da scarpe.
Una parte considerevole degli ‘storici’ “Collected Papers of Albert Einstein” è già stata trasferita nel nuovo archivio, risultato finale di un lungo processo di digitalizzazione di una quantità sterminata di documenti, mentre in precedenza si era fermi a circa 900. Il nuovo archivio digitale è da pochi giorni disponibile per la consultazione online, nell’originale tedesco e in parziale traduzione inglese. Il mese prossimo, si prevede la pubblicazione di un altro migliaio di documenti, ma, complessivamente, i documenti originali su cui si lavora alacremente sono circa 80mila.
Jean François Bossy, Atelier philosophie et Shoah
La scelta di testi (per ora in francese) del laboratorio filosofico tenuto nel novembre 2011 da Bossy al Mémorial de la Shoah. Le questioni affrontate: la sparizione o la cancellazione delle tracce come struttura del crimine; la struttura ricorsiva dell’antisemitismo; l’impossibilità del lutto e dell’oblio [quest’ultimo testo è in traduzione].
I. La disparition ou l’effacement des traces comme structure du crime
Texte 1: « Ainsi la peur des camps des camps de concentration, et les vues qui en résultent quant à la nature de la domination totale, peuvent-elles servir à […] fournir, par delà celles-ci, la principale échelle à laquelle rapporter les événements politiques de notre temps : servent-ils ou non la domination totalitaire ? En tout cas, l’effroi dont est frappée l’imagination a le grand avantage de réduire à néant les interprétations sophistico-dialectiques de la politique, qui sont toutes fondées sur la superstition que du mal peut sortir le bien. De telles acrobaties dialectiques eurent un semblant de justification aussi longtemps que le pire traitement qu’un homme pouvait infliger à un autre était de le tuer. Mais, nous le savons aujourd’hui, le meurtre n’est qu’un moindre mal. Le meurtrier qui tue un homme – un homme qui devait de toute façon mourir – se meut encore dans le domaine de la vie et de la mort qui nous est familier ; toutes deux ont assurément un lien nécessaire, sur lequel se fonde la dialectique, même si elle n’en est pas toujours consciente. Le meurtrier laisse un cadavre derrière lui et ne prétend pas que sa victime n’a jamais existé ; s’il efface toutes traces, ce sont celles de son identité à lui, non le souvenir et le chagrin des personnes qui ont aimé sa victime ; il détruit une vie, mais il ne détruit pas le fait de l’existence lui-même. Les nazis, avec la minutie qui les caractérisait, avaient coutume d’enregistrer toutes leurs activités dans les camps de concentration sous la rubrique « Sous l’épaisseur de la nuit (Nacht und Nebel) ». Le radicalisme des mesures prises pour traiter les gens comme s’ils n’avaient jamais existé et pour les faire disparaître au sens littéral du terme n’apparaît généralement pas à première vue. La véritable horreur des camps de concentration et d’extermination réside en ceci que les prisonniers, même s’il leur arrive d’en réchapper, sont coupés du monde des vivants bien plus nettement que s’ils étaient morts ; c’est que la terreur impose l’oubli. »
Hannah Arendt, Le système totalitaire, Points-Seuil, 1974, p. 179-180.
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